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Autore: AcchanBaka    09/09/2009    3 recensioni
Questa storia forse non può essere collocata nel “vostro” tempo.
È una storia complicata, ma allo stesso tempo è una storia banale, semplice.
La nostra storia si svolge in un luogo senza tempo, in un tempo senza circostanze ben definite, in una bolla di sapone che vaga senza meta ai confini del vostro mondo.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho finalmente provato a scrivere qualcosa y__y Sono su Efp da secoli, con diversi account (in ordine: Momoka Takahashi – con d

Ho finalmente provato a scrivere qualcosa y__y Sono su Efp da secoli, con diversi account (in ordine: Momoka Takahashi – con diversi simboli che non ricordo – poi Sephta, poi questo) e le storie che pubblicavo con i primi due non sono mai riuscite ad arrivare alla fine – per quanto riguarda le longfic, ovviamente – perché l’ispirazione svaniva, nonostante la gente mi incitasse a scrivere. Adesso, ho ritrovato la mia ispirazione, grazie ad un sogno. Cercherò di rendere quel sogno realtà, di imprimere quelle immagini su carta tramite la tastiera.

Grazie in anticipo per chi leggerà o – eventualmente – recensirà!

Makoto

 

 

 

 

 

History

 

 

Questa storia forse non può essere collocata nel “vostro” tempo. È una storia complicata, ma allo stesso tempo è una storia banale, semplice.

Una storia come tante.

La “mia” storia è un po’ speciale, un po’ ordinaria.

Una storia di amicizia e di amore, sincerità e falsità, di guerra e di pace, di sangue e coraggio.

Vi renderete conto che è difficile raccontare tutto in poche parole.

La nostra storia si svolge in un luogo senza tempo, in un tempo senza circostanze ben definite, in una bolla di sapone che vaga senza meta ai confini del vostro mondo.

 

Il nostro villaggio si trova a metà tra una montagna e un lago, ed è attraversato dal fiume che sgorga dal monte per poi terminare la sua breve corsa in quell’enorme specchio d’acqua dolce.

Siamo suppergiù cinquecento anime e ognuno di noi ha sempre avuto un’occupazione ben precisa, anche gli anziani oramai sul tramonto del loro cammino o i bambini che ancora non sanno parlare.

Tutti venivano ben presto istruiti al lavoro e spesso c’era chi non riusciva più a staccarsene, anche se in tarda età.

Era il caso dell’Anziano – ironico appellativo – che fa parte della cerchia del Consiglio. Sembra una struttura gerarchica classica, che avrete sicuramente ritrovato in diversi romanzi della vostra epoca, ma vi assicuro che era l’unico modo per portare avanti la nostra minuscola società.

L’Anziano è l’uomo più vecchio del paese, si sussurra abbia più di cent’anni, ma solo io e la mia famiglia conosciamo la sua vera età, poiché si tratta del mio trisavolo. Il caro nonnetto può allegramente vantare ben centotrentadue anni, quasi quanto i metri che misura la sua lunga barba bianca, in contrapposizione con la sua “zucca pelata” – come la definisce amorevolmente suo figlio, il mio bisnonno, in carica per diventare il successivo capo del Consiglio.

Essere il pronipote dell’Anziano non significa “lusso” o gratificazioni e agevolazioni di alcun genere: al contrario, sgobbavo e sgobbo come tutti gli altri.

Il villaggio è ragionevolmente diviso in periferia e centro. Nella grande piazza attraversata dal fiume sorgono i negozi di alimentari, la merceria, il palazzo del consiglio – chiamarlo così è esagerato: non è in effetti né più né meno una costruzione come le altre – la scuola e il cancello del villaggio. Tutt’intorno alla piazza sorgono le varie abitazioni, che si estendono fino ai limiti del villaggio perdendosi in un dedalo di vicoli dentro i quali spesso i giovani ancora si perdono.

Non ci sono mura a proteggerci, ma a tale scopo bastano la montagna, il lago e la fitta foresta che ci circonda, popolata da bestie feroci che attaccano i predatori intenzionati a distruggere la tiepida armonia della nostra piccola comunità.

Dal lato del fiume, alle falde della montagna, si sono stabiliti i nostri campi. Portiamo avanti una modesta storia di agricoltori e riusciamo a cavarcela anche con l’allevamento, esattamente dal lato opposto.

Insomma, agli occhi altrui il nostro villaggio è come un paradiso in terra. Un piccolo angolo di mondo sovrastato da un pezzetto di cielo che regala da sempre una splendida pace in tutte le stagioni.

L’organizzazione del lavoro è semplice.

Una parte degli abitanti, circa un centinaio, è relegata all’agricoltura e un altro centinaio all’allevamento. Il resto consiste in gente comune che lavora per il Consiglio, oppure in un proprio negozio, che fosse di piacere o qualche articolo di alimentari.

La mia famiglia gestisce la macelleria, perché da parte di madre siamo allevatori da generazioni.

Fin da piccolo sono stato istruito a leggere, scrivere e far di conto per poter tenere i libri contabili e non farsi fregare dai clienti sul prezzo – o non fregare loro, possibilmente. Il mio cervello si è sviluppato abbastanza da permettermi un certo sarcasmo o ironia, a seconda della situazione, e sono diventato una creatura silenziosa che si esprime solo quando si rende assolutamente necessario.

Sono sempre stato affascinato dai meccanismi con i quali si muove il Consiglio; tempo fa, non appena avevo un minuto libero, ero sempre al palazzo, cercando di sbirciare attraverso i complicati ingranaggi che tenevano e tengono in piedi la cittadinanza. Ero riuscito a sapere abbastanza da potermi rendere conto che tutto era organizzato secondo una scala in base al grado di età e di abilità della persona.

A questo punto si penserà che fosse l’Anziano il capo del nostro villaggio e colui che prende le decisioni più importanti.

Ma in realtà c’è qualcuno ancora più in alto di lui, colui al quale ci siamo sempre rivolti nei momenti di difficoltà.

Il nostro personalissimo Dio.

Non è un Dio come gli altri: andiamo, nel vostro mondo ne esistono di divinità sotto le più varie forme e dalle storie più svariate.

Il nostro Dio è… una bollicina. Anzi, diverse bollicine. Vive racchiuso in una grotta sotterranea all’ingresso di un tunnel, simile a quella che voi chiamate “terme”, e si rivela ai nostri occhi sotto l’aspetto di una massa d’acqua rossastra, come vino, al centro della quale si raccolgono milioni di bollicine sussurranti.

La sua storia è affascinante, ma molto lunga e complicata, e non è il momento di svelarla.

Quella grotta non è certo un luogo di piacere, ed è difficile riuscire a parlare con il Dio. Bisogna arrivarci digiuni e solo al tramonto, quando la divinità è generalmente disposta ad ascoltare. Chi l’ha disturbata la mattina presto, si dice non sia più tornato indietro.

In ogni caso, non si tratta di una divinità malvagia, come si può immaginare; al contrario, è la sua protezione a permetterci di andare avanti e l’Anziano ogni due giorni si reca in visita a porgergli i suoi omaggi e a chiedere consiglio.

Lo chiamiamo “Dio Bolla” per comodità. Con lui, il villaggio ha un rapporto amichevole e quando la gente si reca a parlargli – ovviamente con tutte le disposizioni del caso – ha a che fare quasi con un suo pari. È sempre stato molto piacevole, opinione di tutti.

 

Forse avrete pensato che il mio villaggio sia fuori dalla sua epoca, totalmente estraneo ai conflitti che intanto devastavano il resto del mondo.

Non è così.

Anche se non siamo collegati alle nostre terre tramite treni o navi, possediamo qualcosa che si rende notevolmente più utile.

Il nostro Oracolo.

È una donna, di circa trentacinque anni. Da che ho memoria non è mai cambiata di una virgola, e stando ai libri di storia non ha mai variato il suo aspetto da quando fece la sua comparsa al villaggio, circa tre secoli fa.

È abbastanza alta da riuscire a catalizzare l’attenzione di chiunque quando di tanto in tanto si muove per il villaggio. Per quanto il Consiglio tenti di proteggerla, lei asserisce che non ce ne sia bisogno, in quanto la sua protezione era il villaggio stesso, e viceversa.

Ho avuto occasione di parlarle soltanto una volta, dalla mia nascita.

Per quanto lei sia sempre presente in mezzo a noi, è impossibile avvicinarla. Non perché abbia un’aria truce, una scorta indistruttibile o ignorasse ipotetici tentativi di conversazione; ma è la sua aura che ci impedisce quasi di guardarla negli occhi.

Il suo aspetto è quello di una qualunque donna della sua età: capelli castani, lisci e portati in un caschetto un po’ più lungo della media, ricadono in ciuffi sbarazzini sul viso e spesso coprono gli occhi, molto grandi e belli. Sono di un verde polveroso, affascinante. Il resto del corpo e del volto non hanno caratteristiche particolari: un mento un po’ troppo pronunciato, un naso un po’ troppo sporgente e forme un po’ troppo abbondanti.

Quella donna è davvero un po’ troppo comune, per essere un personaggio così di spicco.

Forse l’espressione del viso, forse il fatto che qualunque cosa uscisse dalla sua bocca diveniva realtà, o forse era proprio il tono di voce così melodioso e ritmico, ma nessuno poteva avvicinarsi a lei a testa alta e guardandola negli occhi.

È impossibile.

Riuscii a parlare con lei una sera di tempesta, nell’autunno gelido dei miei undici anni.

Anche se “parlare” non è esattamente il termine adatto.

Avevo fatto tardi a lezione e stavo correndo a casa, sollevando schizzi di fango e scusandomi a caso con gente che magari non avevo neanche sfiorato.

Finché non la vidi, al centro della strada. La pioggia non sembrava minimamente sfiorarla e – forse un’allucinazione – la sua figura pareva circondata da un alone biancastro. Mi immobilizzai anch’io, imbambolato da quell’apparizione improvvisa, quando lei si mosse. I suoi piedi non sembravano smuovere la fanghiglia a terra e li seguii, ipnotizzato, finché lei non mi fu di fronte.

«Così ti bagnerai», aveva sussurrato con quella sua voce da usignolo. Si era sfilata la mantella e me l’aveva appoggiata sul capo e sulle spalle. Ero forse troppo sconvolto per accorgermi dell’ondata di calore e di asciutto che quegli indumenti mi avevano provocato.

Mi aveva sorriso, prima di superarmi, e io mi pietrificai sul momento, tanto che rimasi per un minuto buono in mezzo alla strada finché non ero riuscito a smuovermi per correre a casa. Mi ero voltato per poterla guardare allontanarsi, ma era sparita dalla strada, forse in un vicolo secondario, forse no.

Quella mantella fu restituita il giorno dopo, asciutta e intatta, e di tanto in tanto gliela vedo ancora addosso e ricordo quel nostro incontro fugace. Se mi incontrasse ancora una volta per strada, mi riconoscerebbe? Mi userebbe di nuovo la stessa cortesia? È un dubbio che mi dilania.

Ed è un dubbio che sicuramente non troverà mai sbocco.

La vita dell’Oracolo coincide con la vita del villaggio. Per questo a lei piace così tanto girare per le strade, perché dice di sentire una connessione intima con ogni pietra di ogni vicolo.

Si dice che sia anche collegata al Dio delle bollicine, ma forse nessuno troverà mai la risposta a questo quesito.

Solo grazie a lei conosciamo le guerre che devastavano il pianeta, solo grazie a lei i nostri raccolti e le nostre bestie possono trovare terreni favorevoli. Grazie a lei conosciamo in tempo le catastrofi naturali e grazie a lei riusciamo a vivere serenamente.

 

La storia del villaggio che ci insegnano a scuola è zeppa di falle, che io ho potuto colmare grazie alle mie incursioni nel palazzo del Consiglio.

Dalla sua nascita, il villaggio ha dovuto far fronte a due catastrofi naturali e due guerre più o meno disastrose. Forse vi starete chiedendo come potevamo combattere, visto che non ho menzionato né un esercito né qualcosa che ci somigliasse.

Semplice: non combattiamo.

La nostra offensiva è la difesa, come dice quel vecchio detto.

Avvisati dall’Oracolo, tutto il villaggio rimaneva a digiuno per riunirsi nella grotta del Dio, al tramonto. La divinità, soddisfatta da quei sacrifici e dai doni che gli venivano fatti, proteggeva il villaggio, in un ciclo eterno.

Sembra così semplice, così ovvio, così stupido, ai vostri occhi, vero?

Sembra così facile rimanere a digiuno tutto il giorno e pregare con l’intensità di ogni singola fibra del corpo, vero?

Conoscete la parola “sacrificio”?

Veniva scelta una pecora, di solito.

Ma in anni di magra l’Oracolo sceglieva una persona.

La seconda guerra avvenne quando avevo tredici anni. Aveva provocato pestilenze e sofferenze incredibili, stando a quel che ci diceva l’Oracolo, e non eravamo stati in grado di trovare un animale che fosse abbastanza in forze da soddisfare le esigenze del Dio.

Così l’Oracolo scelse una persona.

Mia madre.

Era una donna forte e non si sottrasse alla volontà del cielo. Sapevano tutti che l’Oracolo e il Dio Bolla erano in connessione e se entrambi volevano che fosse lei a sacrificarsi, allora lo avrebbe fatto.

Ricordo come avessi tentato di invadere la dimora del Dio Bolla, imprecando ad alta voce contro il suo volere, la sua crudeltà, ricordo come dovettero tenermi buono due uomini adulti per impedirmi di fare del male a me stesso e agli altri.

Mia madre, sorridendomi, mi si era avvicinata e mi aveva accarezzato i capelli.

«La mamma vi salverà, piccolo mio» mi sussurrò con dolcezza, e sentii i miei bollenti spiriti calmarsi, lasciando posto a una violenta vergogna, che accese di rosso le mie guance. Lei sorrise ancora e avanzò fino alle scale scavate nella pietra che conducevano nell’acqua, dal Dio.

Chiuse gli occhi mentre continuava a scendere fino a scomparire.

Gridai il suo nome con tutte le mie forze, accasciandomi a terra.

Fui il primo, insieme all’Oracolo, ad iniziare la preghiera che si levò alta, rimbombando nelle pareti della grotta.

Quell’anno non ci furono altre perdite e la guerra riuscì a non scalfire ulteriormente la nostra civiltà.

 

Da allora sono passati cinque anni.

L’Oracolo ci assicura che nelle terre vicine gli imperatori hanno stipulato armistizi e contratti di pace e solo due anni fa ci fu una battaglia particolarmente violenta che rischiò di colpire anche il nostro piccolo paradiso, ma fortunatamente così non successe.

Quest’anno festeggiamo il raggiungimento di un primo lustro felice e abbondante, e la ricorrenza del sacrificio della mamma.

Quest’anno è il termine di un’era, e l’inizio di un’altra.

L’inizio della fine.

  
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