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Autore: Eevaa    09/10/2022    7 recensioni
Dopo il primo mirabolante scontro con Broly, Goku decide di recarsi sul pianeta Vampa per potersi allenare con lui.
Il tempo vola quando ci si diverte, no? Tre anni passano in un batter d'occhio, tuttavia Goku non può immaginare che di ritorno sulla Terra troverà dei grossi, dolorosi cambiamenti.
[Post-Dragon Ball Super] [No Spoiler al manga] [Kakavege]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
 
 
 


- SOMETHING HUMAN -


Capitolo 6
Un battito



 
 
Beh, allora vai a dirglielo”.
Pensava di aver trovato coraggio e risposte, sì, ma quando si ritrovò di fronte alla porta blindata della casa di Vegeta, tutti i buoni propositi sembravano svaniti e annebbiati come i ricordi di una notte di sakè.
Gli era quasi sembrato facile; le parole di Bra erano state incoraggianti. Ma Goku avrebbe saputo davvero dire qualcosa che rendesse Vegeta meno cupo, meno triste?
L'ultima volta che si erano visti avevano trascorso più di un'ora a guardarsi in faccia dopo tremende confessioni di smarrimento, poi si erano allontanati senza più dirsi niente.
Non si vedevano da un mese. Goku aveva voluto rispettare il silenzio di Vegeta, il fatto che ciò che stesse accadendo sembrasse quasi sbagliato.
“Non è così che dovrebbe essere”, aveva detto.
Era sbagliato che dopo la sua partenza Vegeta si fosse lasciato andare, che avesse trascurato sua moglie per colpa sua. Era sbagliato che l'unico chiodo fisso nella mente di Goku, una volta tornato, fosse stato quello di riportare le cose come prima con Vegeta. Era diventata quasi un'ossessione e, questo lo sapeva, le ossessioni non erano mai una buona cosa.
Però poi Bra gli aveva detto che il suo papà era sempre triste per colpa sua, e gli si era spezzato il cuore. Non voleva essere la causa della tristezza di nessuno... di Vegeta in special modo.
Quindi avrebbe fatto qualsiasi cosa purché quella situazione trovasse una fine. Che tutto tornasse come prima.
Solo che sembrava facile a parole ma, a fatti, era bloccato davanti a quella stracazzo di porta blindata. Quasi se l'era dimenticato, però, che la sua Aura fosse più che riconoscibile.

Quando il portone si aprì, Vegeta apparve con un cipiglio poco che amichevole – e quando mai! - ma non arrabbiato. Sembrava... confuso?
Sentimento condiviso da Goku che, al posto che introdursi come una persona normale, si esibì in una manifestazione di imbecillità sgrammaticata.
«Buon Vegeta, Natale!» cinguettò, per poi arrossire fino alla punta delle orecchie. «Ehm, volevo dire-»
«Cosa accidenti ti sei messo in testa? Sei ridicolo» lo interruppe Vegeta. «Più del solito».
Goku si ricordò che stesse indossando un cappellino rosso tipico della tradizione natalizia. Se lo tolse con una risata nervosa, poi parlò.
«Oh, ehm... per i bambini! Eheh!»
Vegeta scosse il capo e alzò gli occhi al cielo, poi andò dritto al punto. Senza passare dal via.
«Che ci fai qui?»
«La festa stava finendo e i gemelli piangevano troppo. Trunks e Goten sono scappati per andare a giocare ai videogames, Pan e Bra si sono addormentate dopo aver aperto i rega-»
«Non ti ho chiesto perché non sei più lì, ti ho chiesto perché sei qui». Sempre più dritto al punto.
Goku arrossì di nuovo, e meditò che in effetti non avesse ancora trovato alcunché da dirgli, nonostante gli innumerevoli attimi di riflessione trascorsi dietro la porta.
«Volevo... chiederti come stai» borbottò.
«Che perdita di tempo» controbatté Sua Maestà, un sopracciglio sollevato e le braccia incrociate al petto.
Goku si maledisse per non essere in grado di fare un discorso di senso compiuto, ma poi si ricordò di essere una persona sincera, trasparente. Perché non esserlo? Perché continuare a rigirare intorno alle cose quando, forse, la soluzione più efficace sarebbe potuta essere la sincerità?
Forse perché tutto tornasse come prima sarebbe bastato comportarsi come prima, e smettere di farsi tutte quelle paranoie.
Goku prese un grosso respiro e lasciò che l'istinto prendesse il sopravvento.
«E volevo chiederti cosa posso fare per... perché tu sia... più felice. Anzi, visto che so che questa cosa apre a un ventaglio di possibilità che vanno da “muori, Kakaroth” a “vai a farti fottere, Kakaroth”, ti propongo due opzioni nuove per stasera. Uno: ordiniamo una valanga di yakisoba e mangiamo fino a scoppiare, come ai vecchi tempi. Due: andiamo ad allenarci, anche se la notte di Natale dovremmo essere tutti più buoni».
Vegeta spalancò gli occhi talmente tanto da sembrare Lord Beerus in una delle sue esagerate reazioni da divinità felina. Lo fissò incredulo per qualche secondo e sembrò persino pensarci, poi scosse la testa.
«Tu sei pazzo» convenne. Goku fu sul punto di gettare la spugna quando, dopo un attimo esitazione, Vegeta si allontanò dalla porta e la lasciò aperta. «Ma facciamo entrambe le cose» disse infine, voltandosi verso di lui in un chiaro segno che stesse aspettando solo che entrasse. «Hai mai giocato a Satan Kombat?»


Inizialmente Goku non aveva capito niente di quello che stesse succedendo. Ma, dopo aver ordinato a domicilio sei porzioni di yakisoba in scatola (come se non avessero mangiato abbastanza in quei giorni di festa), Vegeta aveva acceso la consolle collegata alla TV. Poi aveva iniziato a smanettare fino a quando, con soddisfazione, aveva annunciato di essere pronto al combattimento più epico degli ultimi anni.
“Player1: SuaMaestàIlPrincipeDeiSaiyan” versus “Player2: DecerebratoIdiotaDiTerzaClasse”.
In effetti era stato davvero uno scontro con i fiocchi. Non si erano risparmiati gli insulti reciproci, dissing, giocate scorrette.
Poi avevano messo in pausa, avevano mangiato come se fossero davvero stati stanchi da reali combattimenti, infine avevano ripreso a giocare fino a tarda nottata.
Goku ci aveva messo un poco a comprendere le funzionalità di quel videogioco – nonostante avesse già guardato Trunks e Goten sfidarsi – ma poi si era creato una personalissima tecnica che aveva dato preziosi frutti: a caso.
Ciò, ovviamente, non era bastato.
«VITTORIA! L'ennesima. Anche nei videogiochi sono superiore a te!» esultò Vegeta, in modo molto – ma molto – simile a come lo faceva con gli scontri veri. Beffardo, tronfio. Vegeta, insomma.
«Seh, seh, tu stai barando, altroché» si lagnò Goku.
«Non prendertela, Kakaroth, accetta la tua miserabile sconfitta e facciamola finita qui».
«Vorrò la rivincita, prima o poi».
Vegeta divenne silenzioso, taciturno. Forse nella realizzazione che avessero appena trascorso ore serene come un tempo, senza rendersene conto. Allora perché era così difficile accettare che, ancora, erano capaci di essere... amici?
Quel silenzio fu come lo scoppiare di una bolla.
«Non essere arrabbiato con te stesso, Vegeta. Sono io che ho sbagliato tutto... non tu» cercò di rassicurarlo Goku, nel tentativo di riportare la situazione a livelli accettabili di serenità.
Vegeta poggiò il joypad sul tavolino e si poggiò con i gomiti sulle ginocchia, testa bassa e mani unite.
«È complicato» sussurrò infine.
Goku, al suo fianco sul divano, aggrottò le sopracciglia e tentò di abbassarsi per poterlo spiare in faccia.
«Cos'è complicato? Sono io che ho abbandonato tutti, sempre. Anche Bra me lo ha detto, e nemmeno mi conosce».
«Bra ha fatto che?!» Vegeta si rizzò e spalancò gli occhi.
«Per favore, Vegeta... io vorrei rimediare e, se posso far qualcosa perché tu e Bulma torniate insieme, ti prego... dimmelo» supplicò Goku, speranzoso, almeno fino a che Vegeta non gli scoppiò a ridere in faccia.
Una risata sarcastica, ma davvero divertita.
«Kakaroth, a volte penso che tu sia davvero un grandissimo imbecille».
Goku non capì. Non capì il motivo della risata, non capì perché Vegeta si sorprendesse così tanto del fatto che volesse aiutarlo a mettere a posto le cose.
«Perché?»
«Ma non capisci? Non è vero che è colpa tua. Non è colpa tua, tu saresti potuto partire e io avrei potuto reagire come qualunque altra persona sana di mente: incazzandomi. E invece... e invece...» sospirò, interrompendosi e tornando con lo sguardo nel vuoto di fronte a sé.
«Ma mi hai sempre detto che è stata colpa mia!» Goku era confuso.
«Quella di andartene? Sicuro. E, nonostante l'orgoglio da combattente, posso anche pensare di poterti perdonare un giorno - così come hanno fatto tutti - visto che ti stai dimostrando pentito. Ma la fine del mio matrimonio non è colpa tua. È a causa tua, che è diverso».
Le rotelle di Goku iniziarono a girare: non era stato direttamente lui a far fallire il suo matrimonio. Come poteva esserne la causa, però, non riusciva ancora a comprenderlo. O stava inconsciamente facendo di tutto per rimuovere ogni spettro di possibilità.
«E perché sarebbe a causa mia?» domandò.
Vegeta sospirò di nuovo.
«Bulma lo aveva capito già da tempo... già... dalla prima volta, dopo Cell. Mi aveva accusato e io ero andato su tutte le furie. Io non ho mai capito... niente. Tutt'ora non lo capisco, non lo accetto e... non è giusto che sia così...» il Principe dei Saiyan divenne livido in volto, gli occhi lucidi, le mani tremanti e uno sguardo pieno di consapevolezza «... sono malato, Kakaroth».

Goku sussultò, preoccupato.
«Oh, diamine, che malattia hai? Niente di grave, spero! Cioè, puoi guarire? Ti prego, dimmi che puoi guarire» farfugliò, squadrandolo meglio alla ricerca di qualche sintomo di una strana patologia.
Vegeta si portò le mani sulla faccia a nascose una risata che non pareva affatto sarcastica.
«A volte penso che si possa guarire, soprattutto quando ti comporti così da imbecille tonto senza cervello» affermò, poi divenne di nuovo serio. «Però poi mi ricordo che... che fa tutto parte del pacchetto. E mi maledico. Mi odio, mi detesto. Perché questa cosa non dovrebbe esistere e invece a quanto pare c'è».
Goku si sentì stupido. Forse l'intento di Vegeta era proprio quello di farlo sentire un completo imbecille. Poi, piano piano, il subconscio iniziò a suggerire lui che tra quel ventaglio di possibilità che non aveva preso in considerazione, ce ne fosse una oramai piuttosto plausibile.
E iniziò ad avere paura.
«C-cos'è?» balbettò.
Ciò che fece Vegeta lo lasciò completamente senza parole. Non si era mai, mai permesso di fare nulla del genere. Solo il fatto di prendergli la mano per utilizzare il Teletrasporto, una volta, era qualcosa che lo metteva in imbarazzo.
Invece in quell'istante si voltò di scatto, gli afferrò una mano e se la cacciò dritta sul centro del petto. Sul cuore. E, sotto il suo palmo, Goku lo sentì battere forte. Troppo, troppo forte.
Goku guardò la sua mano, poi guardò Vegeta negli occhi. Erano neri e così dilatati da sembrare quelli di un gatto impaurito.
«Non so cosa sia. Ma succede questo» mormorò lui, lento, con un tono quasi minaccioso. «Quando ti vedo. Quando combattiamo. Quando te ne sei andato e mi sentivo spezzato. Quando penso che tu sia il più grande idiota di tutti i dodici universi. Succede questo. Ed è sbagliato» concluse e, con un gesto secco, gli cacciò via la mano dal petto e volse lo sguardo altrove.
La possibilità che si era precluso anche solo di pensare travolse Goku il quale, finalmente, comprese tutto quello che fosse successo. Sia a lui che a Vegeta. Al matrimonio tra lui e Chichi, al matrimonio tra Bulma e Vegeta.
Comprese tutto, anche quello che non si era mai concesso di pensare. La sua bramosia di riaverlo indietro, di stare con lui, di pensarci in ogni istante libero della sua vita. Ciò che l'aveva spinto a cercare lui, prima di tutti, l'istante in cui aveva deciso di tornare sulla Terra. Quel senso di oppressione a livello del petto quando sapeva che Vegeta fosse triste, arrabbiato, quando lo vedeva strano, quando lo vedeva diverso.
Tutto gli fu più chiaro. Quel battito era stato un forte vento di ponente che aveva spazzato via le nubi nella sua testa. E un altro battito si fece più incessante, traducibile, comprensibile.

Goku, senza alcuna esitazione, prese la mano di Vegeta e la appoggiò sul petto, al centro. Sul cuore.
«Credo che... che tu mi abbia attaccato questa malattia» confessò Goku.
Vegeta, invece, divenne così rosso in volto da sembrare sotto il power-up del Kaioken. La mano sul suo petto bruciava. A dirla tutta Goku avvertì bollore fino alla punta delle orecchie, ma non si mosse neanche di un centimetro.
Non sapeva cosa fare, l'istinto gli suggeriva qualcosa di troppo strano e troppo forzato, quindi rimase fermo. Fino a che Vegeta, lentamente, tolse la mano.
Aveva gli occhi lucidi.
«Non dobbiamo più vederci. Non va bene» concluse.
Per Goku fu come uno schiaffo. In che senso? «Non voglio» obiettò, sicuro. La situazione l'aveva senza dubbio preso alla sprovvista, ma in nessun futuro contemplava la possibilità di non vedersi più. Perché mai avrebbero dovuto smettere di vedersi? Perché mai, se stare l'uno accanto all'altro li faceva stare in quel modo, avrebbero dovuto allontanarsi?
Vegeta si alzò di scatto e iniziò a disegnare linee rette avanti e indietro per la stanza, camminando repentino. Agitato, impazzito.
«È l'unico modo, Kakaroth. Non dobbiamo vederci. Non dobbiamo parlarci. Non dobbiamo allenarci. A volte penso che sarebbe stato meglio se tu fossi rimasto su Vampa. Ma questo pianeta è più tuo che mio, hai una famiglia, hai degli amici. Quindi è giusto che tu stia qui, e sono felice che tu sia rinsavito e abbia deciso di collegare la testa al resto del corpo ma... io non voglio vederti. Questa cosa non va bene».
Goku trattenne il respiro. Altri schiaffi in piena faccia, secchiate d'acqua gelida. Una pugnalata al petto laddove prima c'era quella mano bollente.
Non voleva niente, se non stare insieme a lui. In che modo non lo sapeva, ma gli sarebbe bastato tutto, qualsiasi cosa, anche senza che niente cambiasse, anche solo vedersi, allenarsi e salutarsi. Perché doveva essere così difficile? Perché prendere coscienza di quella cosa doveva rendere tutto così complicato?
«Ma io-»
«Non è colpa tua» lo interruppe Vegeta, brusco. Poi però divenne più calmo, quasi supplichevole. «Ma, per favore... mi fai... male. Vattene di qui» lo implorò.
E quello fu per Goku il colpo di grazia.
Sentire che la sua presenza gli facesse male lo faceva star male a sua volta. Vegeta voleva che se ne andasse per davvero.
Quindi Goku, con una ferita aperta nel petto, ricercò la prima flebile Aura che gli venne in mente e se ne andò. Veloce come il vento, veloce come un battito.


 

Una vera fortuna che il Genio stesse dormendo quando Goku giunse da lui, o altrimenti si sarebbe preso un colpo nel vederlo ribaltarsi su se stesso, affamato d'aria.
Non respirava.
Scese le scale faticando a tenersi in piedi, poi si accasciò sulla battigia dell'isola e vomitò.
Gli faceva male il petto, ma in modo diverso da quando era stato malato di quella malattia mortale. Sentiva gli occhi pizzicare e bruciare, le gambe molli, le dita che tremavano nel tentativo di sciacquarsi il viso con l'acqua di mare.
La sensazione di mancanza non si affievolì, né la pesantezza a livello del torace.
Quella cosa di cui tutti parlavano nei film, quella cosa che pensava di non aver mai provato davvero in vita sua e invece era sempre stata lì, sopita, in attesa di essere scoperta e portata a galla.
L'amore.
Da quanto lo provava? Se lo domandò più volte quella notte, non seppe dargli una collocazione temporale. Forse era cresciuto nel tempo, forse il suo inconscio aveva fatto di tutto per non farglielo vedere.
Quello che narravano nei film era che ci si accorge di provarlo soprattutto quando manca. Non era mai stato nelle condizioni di perdere Vegeta, forse anche per quello non si era mai accorto di quanto Vegeta significasse per lui. Com'era successo con i suoi figli: non si era accorto di quanto gli mancassero fino a quando non avevano messo muro, quando era tornato.
Una lezione di vita molto amara, come tante altre che aveva ricevuto dal suo ritorno sulla Terra.
Quella era senz'altro la più difficile, la più incomprensibile. Si sentiva morire, ma fisicamente era certo di stare benissimo.
Stava male. Avvertiva l'Aura di Vegeta, lontana, e gli faceva male solo quello. Ma il Principe era stato chiaro: non lo voleva vedere. Stava male ad averlo intorno e Goku, piuttosto che fargli male... preferiva soffrire lui stesso.
Ebbe come l'innato istinto di andare lontano, su un altro pianeta, laddove l'Aura di Vegeta sarebbe stata troppo lontana per essere percepita e magari sarebbe riuscito a dimenticare quanto potesse rendergli la vita un Inferno.
Ma poi pensò ai suoi figli, ai suoi nipoti, a quanto di bello avesse costruito in quei mesi. Rabbrividì al solo pensiero di deluderli un'altra volta e realizzò che non avrebbe potuto fare niente, niente per rendere quell'allontanamento da Vegeta meno insopportabile.
Odiava l'amore.
Da quanto tempo era diventato a tutti gli effetti un essere umano?


 



Le due settimane più lunghe della sua vita.
Soprattutto per il fatto che le avesse tentate tutte – ma proprio tutte – per mostrarsi lo stesso di sempre con la sua famiglia. Un vero peccato che i “ma sicuro che vada tutto bene?” fossero stati martellanti e incessanti da parte di tutti.
Era così evidente che non andasse affatto tutto bene? A giudicare dal riflesso che trovava ogni mattina nello specchio, sì, era evidente. Non ricordava l'ultima volta che aveva avuto delle occhiaie così pesanti.
Videl, nel vederlo mangiare ogni giorno la metà di quanto si scofanasse di solito, gli aveva persino prenotato una visita dal gastroenterologo. Era fuggito dalla finestra alla vista della puntura per prelievi e si era sforzato poi di mangiare con la stessa foga di sempre, anche se di fame non ne avesse molta.
Ringraziava ogni santo giorno che Katsuki, Kyōka e Pan gli dessero del gran da fare, o le giornate non sarebbero passate mai.
Vedere Trunks, poi, era un attentato alla sua incolumità. Somigliava così tanto a suo padre che il suo pensiero volava direttamente alla Città dell'Ovest e quindi accampava scuse qualunque per non stargli intorno.
E, sebbene la maggior parte dei suoi pensieri notturni scivolassero comunque nella direzione sopracitata, molto spesso di ritrovava sommerso da un sentimento forse anche peggiore: il senso di colpa. Verso Bulma.


Sebbene non fosse stata colpa sua la fine del suo matrimonio con Vegeta, era ormai chiaro che fosse una causa direttissima.
Voleva bene a Bulma come una sorella, il pensiero di averle fatto indirettamente del male lo distruggeva - almeno quanto non poter stare accanto a Vegeta.
Avrebbe voluto davvero fare qualcosa per riportare tutto alla normalità. Forse se Bulma e Vegeta si fossero rimessi insieme lei sarebbe tornata ad essere felice, e anche Vegeta. Vegeta avrebbe smesso di... amarlo. E non avrebbe più sofferto nel stargli vicino.
E magari un giorno sarebbero almeno potuti tornare amici.
Goku voleva che tutto tornasse come prima, che tutti smettessero di soffrire in quella maniera. Lo doveva a Vegeta, ma soprattutto a Bulma, che era colei che aveva sofferto più di tutti, in modo ingiusto, per eventi persino indipendenti dal suo volere.

 


Il senso colpa si fece ogni giorno più pesante, opprimente, come una pianta rampicante che piano piano ricopre tutto il corpo e ne prende possesso.
Fino a che, una fredda notte di metà gennaio, si ritrovò a bussare alla finestra di Bulma.
E, per la prima volta, riuscì finalmente a piangere.
«Goku! Goku, cosa ti succede?» si allarmò lei, accogliendolo tra le braccia.
«Mi dispiace, mi dispiace!» singhiozzò, disperato.
«Ma che...»
Bulma lo strinse più forte.
«Io non volevo, Bulma, davvero. Non volevo! Mi dispiace tanto» ringhiò tra i singhiozzi.
Non ricordava l'ultima volta che avesse pianto. Forse quando Radish aveva tentato di rapire Gohan.
Erano passati anni, ma fu quanto più di liberatorio potesse esserci. Soprattutto dopo quelle due settimane infernali.
Bulma lo staccò con delicatezza e lo trascinò fino al letto, concedendogli di sedersi.
«Mi dispiace» ripeté Goku, trovando la forza di calmarsi.
«Cosa è successo?» domandò lei, seria. Fin troppo seria. Probabilmente già ben conscia di ciò che si sarebbe sentita dire.
«Vegeta mi ha detto tutto» balbettò. Pronunciare il nome di Vegeta fu come una coltellata.
Bulma, come previsto, non si scompose. Continuò a guardarlo seria, senza battere ciglio. Con le mani si aggrappò più forte alla camicia da notte bianca che indossava.
«E tu?» domandò, dopo qualche secondo.
Goku chiuse gli occhi e perse le ultime due lacrime che si erano aggrappate alle ciglia. Si vergognò da morire.
«E io... io mi sono accorto che... non avevo mai capito che-»
«Goku. Cosa è successo tra te e Vegeta?» lo interruppe Bulma, prima che potesse dire altro.
«Niente!» assicurò Goku, prendendole le mani. «Assolutamente niente. Mai, Bulma, mai! Non ora, non prima... non avrei mai potuto, credimi. Non avrei mai voluto!»
Bulma storse la bocca in un sorriso amaro, come se già si aspettasse quella risposta. Lei sapeva sempre tutto, lei capiva sempre tutto.
Con un gesto delicato sciolse la presa dalle sue mani, si avviò verso le grandi finestre di camera sua e si perse con lo sguardo verso la luna.
«Lo so... mio marito ti amava da molto prima che scegliesse di stare con me con impegno. Mi ha scelta perché sono stata la via più facile, più comoda. Ma tu sei... della sua stessa specie. Solo tu lo puoi capire per davvero... e gli hai dato la possibilità di vivere. Di essere buono, di diventare una persona umana. Forse per un certo periodo mi ha amata davvero ma... tu sei tu. E non ci posso fare nulla, non è colpa mia e nemmeno colpa tua».
Consapevole, fiera, elegante, orgogliosa. Bulma lo era sempre stata, e Goku l'aveva sempre ammirata per il suo modo di gestire ogni situazione. Forse perché anche Vegeta possedeva quelle caratteristiche.
Ciò che stupì Goku, però, è che Bulma non se la fosse presa affatto con lui.
«Tu non... non mi detesti?» domandò, stupito.
«C'è stato un momento in cui un po' ti invidiavo, soprattutto tanto tempo fa. Quando ho realizzato - molto prima di Vegeta - ciò che stesse accadendo. Ma ora mi sono rassegnata. E tu non hai fatto nulla di male. Andartene, certo... forse se non te ne fossi andato io e lui staremmo ancora insieme, ma il nostro matrimonio era destinato a finire. Forse era una mezza copertura per lui, per quanto io odi ammetterlo. No, Son-kun, non ti detesto». Si voltò finalmente per guardarlo in faccia.
Sorrideva stanca, ma era sincera. Eppure il senso di colpa nel petto di Goku pesava. Non tanto come prima, ma pesava ancora.

«Bulma, io e lui non staremo mai insieme. Mi ha allontanato, e forse è giusto così. Non ci vedremo più. Magari... potete ritentarci!» propose, alzandosi in piedi per raggiungerla.
Bulma aggrottò le sopracciglia e storse il naso. Quello forse non se l'era aspettato.
«Tu mi stai dicendo che vorresti starne fuori... non insistere con lui, sicché io e lui tornassimo insieme?
«Sì. Non te lo nascondo: se lui non avesse avuto la prontezza di allontanarmi, forse non avrei la forza di dirti ciò. Scusa» ammise Goku. Il solo pensiero di quella sera gli mozzò il fiato. Quella mano sul cuore, quell'istinto di gettarsi a capofitto verso di lui senza avere la minima idea di cosa fare. Si costrinse però a riprendere le redini della situazione e tornare alla realtà. «Ma mi ha dato la possibilità di riflettere e sì, mi farei da parte, per te. Lo farei senza ripensamenti».
Bulma sorrise con amarezza, poi sospirò.
«Apprezzo questa cosa, dico sul serio, ma non voglio un matrimonio finto. Ho preso io la decisione di lasciarlo proprio per questo. Non voglio essere la seconda scelta di nessuno» spiegò lei, con seria convinzione.
«Potremmo... potremmo chiedere a Shenron!»
Bulma ridacchiò di quell'entusiasmo totalmente fuori luogo, di quei tentativi inutili ma fatti con il cuore. Si avvicinò a lui e gli portò una mano sulla guancia, con fare materno.
«Goku... no».
Gli vennero le lacrime agli occhi. Mai come in quel momento desiderò di non essere mai partito. Non c'era niente che potesse fare per riuscire a fare del bene, per poter far tornare a tutto alla normalità.
«Tu lo ami ancora?» domandò Goku infine, nella speranza che almeno la sua amica non stesse più soffrendo.
«Sono abbastanza grande e matura da capire che è una storia impossibile. L'ho amato tanto... ma ho sofferto troppo. Mi ha spezzato il cuore e sono arrabbiata con me stessa - più che con lui - perché in fin dei conti so bene che sono io che mi sono illusa. Quindi no... oramai non lo amo più. È rimasto solo... del risentimento, perché lui non mi ha mai concesso sincerità su questo. Gli voglio bene, è un ottimo padre e ama i nostri figli. Magari un giorno riusciremo anche a essere più sereni l'uno con l'altra. Ma temo che fino a che lui non accetterà completamente che io avessi ragione, non si libererà mai di quella rabbia. Ed è per questo che... che, Goku... se tu ricambi quello che lui prova... dovresti insistere».
Goku divenne una statua di sale. Gli stava dando il... permesso? Gli stava dando il benestare?
Era giunto lì alla Capsule Corporation con la sola aspettativa di farsi urlare addosso di quanto fosse uno sfascia-famiglie, uno stronzo senza cuore... e lei invece gli stava dando il benestare per quella cosa?!
Ad ogni modo, purtroppo non c'era possibilità né di illudersi né di fasciarsi la testa.
«Mi ha chiesto di non vedermi più» ribadì Goku, affranto.
«Lo ami?» domandò quindi Bulma, seria e impassibile.
Quella domanda era inaspettata. Lo amava? Era davvero amore? Aveva appurato in quelle settimane come si potesse star male per una persona sola. Aveva provato sulla propria pelle cosa volesse dire avere il cuore spezzato. Se quello non era amore... forse era davvero una grave malattia che dava gli stessi sintomi. Diamine, non avrebbe dovuto rifiutare il prelievo del gastroenterologo!
«Io... credo di sì...» ammise infine, rifiutando con coscienza di non avere una patologia fisica.
«Allora vai via di qui, Son-kun». Non era un invito ad andarsene per davvero. Era un invito ad andare da Vegeta.
Goku abbassò lo sguardo e avverti il senso di colpa farsi di nuovo più pesante.
«Non voglio perderti, Bulma».
«Mi hai dimostrato un'altra volta di essere troppo una brava persona e un bravo amico. Non ti aspettare che io vi inviti insieme alle cene in famiglia ma... non... non mi hai persa» concluse Bulma e, trascinandolo verso di sé, gli baciò la fronte con fare materno.
«Sei sicu-»
«Fuori dalle palle, Goku, sono le tre del mattino!»
Quello, invece, era un chiaro invito ad andarsene.


 
 
Continua...

Riferimenti:
-Satan Kombat: la version di Mortal Kombat nel mondo Dragon Ball. Ovviamente l'ho appena inventato. Ciò che non ho inventato io invece è la tecnica di combattimento di schiacciare tasti a caso xD

ANGOLO DI EEVAA GRACE:
Buongiorno, bellezze!
Ohhh, finalmente abbiamo avuto delle dichiarazioni degne di tale nome. Beh, anche se quel romanticone di Vegeta definisce l'amore una malattia, ma che vogliamo pretendere! Già è tanto se è riuscito a confessare tutto.
Il povero Goku invece è andato in crisi mistica. Finalmente ha trovato la sua umanità, e con questa anche la capacità di fare due più due. Spero che il dialogo con Bulma vi sia piaciuto.
Come molti di voi sapranno io la adoro e adoro la coppia VegetaxBulma. Ho sempre scritto Kakavege sempre improntate dopo la morte di Bulma proprio per questo, quindi per me è stato difficile "profanare" la VegeBul in questo modo. Spero non sia stato too much, per chi come me ama la coppia. 
Non volevo nemmeno abusare dell'espediente narrativo del "Vegeta sta con Bulma ma lei accetta anche la sua relazione con Goku", perché - per quanto io apprezzi leggerlo - non sarei capace di gestire una relazione poliamorosa nelle mie storie. 
E niente... ora rimane solo da vedere se Goku riuscirà a conquistare Sua Maestà :)
Un abbraccio e a presto!
Eevaa Grace




 
Nel prossimo capitolo:
Vegeta si sforzò con molta evidenza di non scoppiare a ridere, o forse di non tirargli un pugno in faccia – di nuovo.
«Sei un deficiente».
Goku, invece, non si trattenne affatto dal ridere. Gli erano mancati anche i suoi insulti.
«È bello sentirtelo dire».


 
  
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