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Autore: Brume    10/10/2022    5 recensioni
"…Ho passato anni immersa nella mia missione, nel mio mondo.
Ho sempre guardato avanti e accettato le sfide, combattuto contro nemici in forma umana e verso i miei demoni finché, ad un certo punto della mia vita, mi sono accorta che - come lama il cui filo è rovinato da chissà cosa - anche io ho cominciato ad osservare piccole crepe, pertugi che aprendosi nel cuore e nell’ anima si andavano a dilatare ed allargarsi sempre più, facendosi contaminare da una serie di cose… dal sentimento, dalle passioni…Ecco; per questo motivo, ad un certo punto, non me la sono più sentita di portare avanti la mia missione: stavo cambiando, inesorabilmente.
Ma non ho in ogni caso dimenticato chi sono, né ho mortificato me stessa.
Ho solo accettato alcune cose, ho lasciato che i sentimenti si avvicinassero sempre più al raziocinio. Ho aperto il mio cuore, ho amato, sono stata amata. Ho portato avanti i miei ideali, accettando questo cambiamento, lasciando che la vita mi travolgesse…e ne è uscito un quadro fantastico. "
NB: Aggiornamenti settimanali, compatibilmente con impegni lavorativi.
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Scusate, innanzitutto, il ritardo di questo aggiornamento; mi ero ripromessa di pubblicarlo prima della mia partenza per Parigi invece... è passata una settimana dal mio ritorno...un filino in ritardo =) =) =) 
E' un capitolo piuttosto intimo, dove sarà Oscar a parlare. 
Nel mi stile solito.

Spero sia di vostro gradimento. Buona lettura. B.





Provo una grande rabbia dentro di me.
Vorrei urlare, muovermi, correre ma ogni fibra del mio corpo è ferma, solo la mia anima è attiva. I pensieri, disordinati e caotici, si rincorrono l’un l’altro; immagini si presentano, sovrapponendosi, confondendomi.
Cosa sta accadendo?
Dove mi trovo?
Ricordi confusi, dolore, risentimento.
Caldo, poi freddo. Ancora caldo.

Voci.




Ora ricordo.
Credo di trovarmi da Rosalie, si; ne sono quasi certa: era il nostro unico appiglio e siamo giunti a Parigi per questo…per ritrovare vecchi amici e per cercare un posto dove stare…ma… André? Dove sei?
Riapro gli occhi, la luce subito mi colpisce ed una raffica di piccoli aghi sembrano conficcarsi all’ interno delle mie pupille, provocandomi fitte dolorose; ci metto un attimo prima di recuperare la vista ed osservare cosa c’è intorno a me. Provo anche a sedermi e, all’ improvviso, mi rendo conto che riesco a respirare, che non faccio alcuna fatica… che qualcuno mi abbia curato?

“…André…” sussurro, anche se non noto nessuno, vicino a me.

“André!” riprovo a chiamare, con voce un poco più alta. Ma ciò che esce dalla mia bocca è a malapena un rantolo e la gola mi fa male.
Seduta su un giaciglio di paglia, la schiena curva ed il capo chino a fissare i piedi e tutti i segni che portano, rifletto sul fatto che sono davvero fortunata ad essere qui, ad essere viva.

Provo ad alzarmi. Ritento.

Mi faccio forza con le braccia, le gambe tremano un po' ma la mia tempra è forte e la mia mente di più; traballando ed appoggiandomi a tutto ciò che trovo sul mio cammino ovvero una sedia, un piccolo tavolo, un bacile arrivo alla porta, mi appoggio, afferro la maniglia e la apro.
“…André…” dico, ancora, sperando che qualcuno mi ascolti.

E ti vedo.

Incredulo, mi compari davanti all’ improvviso, il rasoio da barba in una mano ed una pezza umida nell’ altra: li lasci cadere entrambi quando mi vedi. Mi corri incontro.

“Oscar!” esclami, sorpreso. I tuoi occhi brillano e credo che anche i miei stiano facendo la stessa cosa “Oscar, mia amata… “ ripeti. La tua voce è aria, per me.
Con le mani tasti le mie braccia, accarezzi il mio viso, mi sostieni. Le tue labbra cercano le mie, indugi per un attimo, poi sfiori la mia guancia.
“Sei fresca… come stai, Oscar? Perché non mi hai chiamato?” domandi. Ti sorrido.
“Veramente l’ ho fatto, forse eri immerso nei tuoi pensieri, non saprei” rispondo. Non c’è alcun risentimento nelle parole, solo verità.
“Ti prego di perdonarmi…ma …vieni, Oscar. Torna a letto: sei ancora debole” aggiungi; mi prendi sottobraccio, torniamo di là. Dopo avermi fatta sedere, ti accomodi vicino a me e prendi la mia mano.
“Non sai quanto ho sperato in questo momento. Ho avuto paura di perderti” dici. Il cuore inizia a battermi forte, stringo ancora di più la tua mano.
“Anche io, André. Ho fatto molti sogni, mentre dormivo…e non tutti sono stati gradevoli. Ho perso la cognizione del tempo e dello spazio ed anche ora…anche ora sono un po' confusa”.
Deglutisco, mi guardo intorno. Non so nemmeno che giorno possa essere e cosa possa essere successo durante la mia…assenza; come al solito, sembra che tu mi legga nel pensiero.
“Rosalie è fuori, per lavoro. Bernard è ad una delle sue solite riunioni. C’è solo Alain di la, ma sta ancora dormendo; è arrivato qui ieri sera ed abbiamo parlato tutta notte. Sarà felice di vederti” mi rispondi.
“Ne sono felice!” dico, con sincerità. Sono molto grata al mio vecchio soldato ed amico e non vedo l’ora di poterlo rivedere…non fosse stato per lui…

André si ferma, mi osserva. I suoi occhi sono colmi di parole che aspettano di essere pronunciate; mi appoggio alla sua spalla. Insieme guardiamo fuori dalla piccola finestra.

“Come…come è la città? “domando.
Ti sento ridere, mi volto per guardarti.
“Ma come ? Sei rimasta in un letto, tra la vita e la morte…hai aperto gli occhi solo che da qualche minuto e mi chiedi la situazione a Parigi? Certo che sei più unica che rara!” mi dici. Anche io ci provo, a ridere, come stai dacendo tu.
 Effettivamente, non hai tutti i torti.
“Ora devo lasciarti un attimo, Oscar. Debbo andare a chiamare il dottore…così staremo tutti più tranquilli. Avremo tempo, dopo, per parlare e stare insieme. Ti dispiace?” mi dici: so che non ne hai nessuno voglia di andare via, te lo leggo addosso, ma lo devi fare. Io, però, non ho nessuna voglia di farmi visitare…

“Va bene” rispondo; e ti saluto, con un bacio, prima di vederti uscire.
Poi, rimango sola. Ma non ho paura, affatto.
Il tempo che ci impieghi a cercare il medico io lo uso per pensare, riflettere.
Penso innanzitutto ai miei genitori, a tua nonna; mi chiedo se siano ancora in salute, confido in Nostro Signore e nella sua protezione. Quanto vorrei rivederli ed aiutarli…Non vorrei proprio accadesse qualcosa di irreversibile… anche perché, nonostante non condivida più alcune cose che già mi stavano strette nel mio vecchio mondo, amo mio padre e mia madre. Vorrei fare qualcosa per loro…sempre che sia ancora fattibile. Possibile.
 
Ma cosa? Cosa potrei fare ?
Obbligarli a fuggire, forse?
 
La testa mi pulsa.

Decido di stendermi ed aspettarti. Troppi pensieri mi stanno facendo male.
Il suono nemmeno troppo lontano di una pendola da qualche parte in questa casa suona le undici, sei via da quella che sembra una eternità; ma non ho finito di formulare dentro me questa considerazione che risento la tua voce e, dopo un attimo, inviti il medico ad entrare.

“E’ sveglia, sembra in buona forma” sento che gli dici.
“Ne sono lieto” ti risponde lui “ ora le farò un controllo e poi decideremo come muoverci”.
Questa ultima frase, lo ammetto, mi fa preoccupare giusto un poco. Attendo con impazienza.

“Oh, eccovi, cittadina Jarjayes” esordisce il medico “non credo vi ricordiate di me quindi permettetemi di presentarmi. Mi chiamo Luc Gillard”. E’ davvero molto giovane tuttavia pare sapere il fatto suo. Lo saluto con un cenno del capo, come si conviene.
Gillard si muove svelto; appoggia la borsa sul primo ripiano utile, prende ciò che serve, si avvicina al letto. Non chiede ad André di andarsene ed io ne sono ben lieta. Senza ulteriori indugi mi chiede se riesco a sollevare la camiciola da notte, ci provo, non riesco. Per fortuna accorre André.
“Lascia che ti aiuti” dice, quando già le sua mani stanno delicatamente spostando la tela leggera. Dopo un attimo mi trovo seminuda, inerme ma solo per un attimo il pudore prende il sopravvento, poi la mia mente razionale e da soldato e attendo, silenziosa, che la visita avvenga.
Il giovane medico prima mi tasta il polso, poi ausculta la mia schiena ed il mio petto avendo la delicatezza di posare un velo di stoffa tra il suo viso e la mia pelle; prova i miei riflessi, controlla che la mia vista non abbia problemi. Poi, sempre in silenzio, si allontana, versa su mani e strumenti liquido da una boccetta, asciugando poi con cura.
“Potete rivestirvi” dice, nel frattempo. André mi aiuta e torno finalmente a mio agio.

“Dottore, è tutto a posto?” chiedo con un filo di voce.Lui volta appena il capo, sorride.
“Direi di si, Madame: il vostro fisico temprato vi ha sicuramente aiutato ma…vi parlerò chiaramente, così come ho fatto già con Monsieur Grandier ed i vostri ospiti…”
Io e André ci guardiamo. Lui pare sapere l’argomento della nostra prossima conversazione o, perlomeno, questo è ciò che mi trasmette.

“Cittadina, le vostre condizioni non dono dovute alla tisi ma ad una infezione ai polmoni , trascurata per troppo tempo…tutto ciò, unito ad una serie di fattori riconducibili alla vita che avete sempre condotto; avete sicuramente bisogno di riposo ma, soprattutto, di lasciare Parigi per luoghi più ameni e salutari. Con una serie di cure mirate ed una esistenza relativamente tranquilla tutto si risolverà. Ah, una ultima domanda: siete a conoscenza del vostro stato interessante?”
 
Fisso André e poi il medico.
Che significa?
Stato interessante?
 
Aspetto un figlio?
 
Credo di impallidire perché vedo il mio André guardarmi preoccupato. Il dottore si avvicina a me.

“Aspettate un figlio, Cittadina Jarjayes… ora, non so dirvi molto con esattezza tuttavia, se la mia esperienza non mi inganna, dovrebbe essere proprio così. Mia madre e mia sorella sono levatrici, le ho seguite molto nel loro operato…se volete, posso domandare loro di venire a farvi visita…” dice. I pensieri , dentro di me, nel frattempo cercano di rimettersi in ordine. Apro la bocca un paio di volte per dire qualcosa, non ci riesco.
Gillard rimane ad osservarmi per un attimo, le braccia conserte al petto; poi, si allontana, recupera i suoi armamentari e, prima di uscire, si volta verso di noi.

“Mandatemi a chiamare, se serve. Per i momento continuate con la cura che vi ho lasciato sul comodino, un paio di volte al giorno. Quando vi sentire pronta, vi manderò mia sorella” dice. Annuisco, André lo ringrazia. Se ne va.

Quando è uscito, rimaniamo soli, io e te.

“Tu lo sapevi?” ti chiedo.

Annuisci.

“Si. E’ stato uno shock anche per me” rispondi. Sei serio, preoccupato.

“… beh…a quanto pare…diventeremo genitori” dico. E’ l’ unica frase che esce dalle mie labbra, in questa atmosfera irreale, mista di gioia immensa ed una sottile paura. So che posso sembrare fredda, ma tu mi conosci bene. Sai che non è così.

“Andrà tutto bene, Oscar” dici. Ci fissiamo, occhi negli occhi; lunghi attimi dove sono i nostri animi a scambiarsi parole e carezze. Finalmente, riesco a tranquillizzarmi.
“Ne sono certa. Perdonami André, sono felicissima di tutto ciò…ma devo ancora…devo ancora capire, rendermi conto. Ma sono felice: avremo un bambino!” ti dico. Sorrido, lo faccio davvero, ti osservo.
“Tu non ti eri mai accorta di nulla?” mi domandi. Poi vieni a sederti accanto a me ed il tuo braccio avvolge le mie spalle. Mi lascio andare, appoggio il capo al tuo petto, ascolto il tuo respiro profondo.
“…Lo sai, André: non sono pratica di certe cose” rispondo timidamente; no, non sono una sprovveduta, ma molte cose mi sono state celate o non le ho mai osservate come avrei dovuto.
La tua mano mi accarezza la schiena.

“Sarà un bellissimo bambino.” mi sussurri in un orecchio, avvicinandoti al mio viso.
“Ne sono certa” rispondo; e cerco il tuo ennesimo abbraccio ed un bacio, che arrivano presto e mi donano la forza che al momento mi manca.

Restiamo così, abbracciati, appoggiati al muro dietro di noi, seduti sul giaciglio.
Passa un’ora, forse due; poi una voce dalla cucina: Alain si è svegliato.
“André, dove ti sei cacciato?” sento che domanda; infine, passi trascinati e poi… La porta che si apre.
“Oscar!” esclama, raggiungendomi a grandi falcate. André gli sorride.
“Non ti abbiamo svegliato…ti dispiace?” chiede.
Alain si gratta la testa, lo vedo un pochino impacciato.
“Ci mancherebbe, ragazzi…. Oscar, tu come stai?” domanda. Lo osservo, è più magro, la barba lunga ed il viso stanco.
Allungo una mano per stringere la sua.
“Bene, Alain. Al momento bene” rispondo. Lui sorride, è un po' imbarazzato; credo voglia dirmi qualcosa ma in tal senso, dalle sue labbra, non esce nulla.
“Ne sono lieto. Senti, André, io…tra un attimo vado: tu resta pure  qui con Oscar. Raggiungo Bernard, torneremo verso sera prima che rientri Rosalie” dice. Andrè muove il capo, gli fa cenno di aver compreso. Alain saluta e se ne va.
“Dove avreste dovuto andare, insieme?” ti chiedo.
André si alza, va alla finestra, poi si rivolge a me.
“Ad una delle riunioni di Bernard. Oscar, mia amata…dobbiamo andare via dalla città e non solo per la tua salute, ma perché qualcuno ci vuole morti. Non tutti si fidano di te, anche se ti sei schierata a favore del popolo” rispondi: ne avevo il sentore, già da parecchio tempo..

Chino il capo.

Mi accorgo che la realtà mi sta cadendo addosso, pesante come il piombo fuso.

Un figlio in arrivo.
La Rivoluzione che, di fatto, è appena iniziata.
La ricerca, molto prossima, di un posto sicuro dove stare.

“ Oscar, ora devi solo stare tranquilla. Ci sono qui io, con te” mi dici, leggendo i miei pensieri, come hai sempre fatto.
“Lo spero proprio, André: sono molto preoccupata” rispondo.
Il tuo viso si avvicina, appoggi la tua fronte alla mia ed io aspiro, forte, il rumore della tua pelle…mi è sempre piaciuto, anche se non te l’ho mai detto.

“Come lo chiameremo?” sussurri.
Sorrido. Forse è un po' prematuro pensarci ora anche perché io sono sempre molto cauta, nelle cose…e questa non è una cosa, è un figlio. Non voglio essere pessimista – non lo sono mai stata – ma realista. In ogni caso non voglio turbare André con i miei pensieri; faccio finta di nulla, rispondo.
“ Se fosse femmina, vorrei chiamarla come mia madre o tua nonna. Non saprei che altro nome dare, sono state le donne più importanti della mia vita...” dico. Annuisci.
“E se fosse maschio?” chiedi.
“…quello lo lascio decidere a te “rispondo pronta.
Mi guardi.

“Non vuoi chiamarlo come tuo padre?”

Mio padre.
Il mio pilastro, l’ uomo con il quale più che un rapporto padre figlia ho costruito una sorta di…gerarchia militare. Mio padre… tanto buono, generoso e capace di tutto, per amore della Patria o della donna che ha sempre amato…
Mio padre, che avrebbe voluto uccidermi per onore.


“Non lo so. Non credo” rispondo. E torno a sedermi. Sono stanca.

Mi segui con lo sguardo, le tue mani mi aiutano nel coricarmi poi, quando appoggio finalmente il viso sul cuscino, chiudo gli occhi.

“André, cosa ne sarà di noi?” chiedo.

Non ti sento rispondere; allora mi volto, sei ancora li vicino a me ma il tuo sguardo è lontano e, probabilmente, sta cercando una risposta.

“Credo di averti già risposto, Oscar. Ce la faremo.” Dici.

“… io mi fido di te” rispondo “ ma ho paura, una dannata paura. Mi sento come…come se tutto quello che ho sempre nascosto ora si ripresenti, chiedendo il conto. Tutto quello che…che ho sempre celato …sta tornando allo scoperto… ho paura, André: il momento che viviamo è tremendo, come faremo, con un figlio?”
Nascondo il mio viso tra le lenzuola mentre pronuncio queste parole, quasi mi vergogno di me stessa, non sono mai stata incline alla autocommiserazione…ma in questo momento ho davvero molta paura…
Mentre faccio questi pensieri le mie orecchie odono il fruscio della stoffa , sento il lenzuolo sollevarsi e poco dopo il tuo peso sul letto. Sei dietro di me, le tue braccia mi avvolgono, raccogli il mio corpo e lo proteggi, chiudendomi all’ interno di uno scrigno prezioso la cui chiusura sono le nostre dita intrecciate.

Respiro. Profondamente.

Non dici nulla: mi stringi forte, molto forte, a te.
 
 
 
  •  
 
 
 
Rosalie e Alain sono rientrati in casa da qualche secondo.
Tu ancora dormi, la tua testa appoggiata accanto alla mia.
Non so che ore possano essere, sinceramente; ho ancora gli occhi chiusi.

“Preparo la cena, Alain. Tu vai pure a darti una rinfrescata. Bernard starà fuori ancora un po'” sento dire a Rosalie; poi ascolto i passi pesanti di Alain allontanarsi.
Credo proprio sia sera, a quanto pare. Un altro giorno è volato così, come aria tra le dita.

“Forse è meglio farsi vedere…”
La tua voce è roca; forse eri già sveglio, non me ne sono accorta? Mi giro lentamente verso te, mi accogli sorridendo.
“…che dici? Proviamo ad alzarci?” domandi.
Chiudo gli occhi ancora per un attimo: poi, piano piano, prima ti alzi e poi aiuti me. Con calma, grazia, recuperi una lunga vestaglia che Rosalie deve aver preparato e mi aiuti ad indossarla. Siamo pronti.

“Ce la fai?” domandi
Annuisco.
“Andiamo, André” ti rispondo…e per la prima volta dopo tanto tempo, mi pare di riuscire a camminare, respirare come si deve. Sottobraccio, lentamente, ci avviamo nell’ altra stanza. Quando Rosalie ci vede, sbianca; poi ci corre incontro e, finalmente, può lasciarsi andare , il suo viso contro il mio petto e tu da parte, pronto a sorreggermi, a sorreggerci.



***
 
 
“E’ così, André. C’è molto fermento e tante nuove idee. Già ci sono stati molti cambiamenti, ora…ora vedremo cosa succederà. A mio parere, se qualcuno non abbassa la testa, non sarà proprio così come avevamo sognato…” Bernard ha il volto scuro, è preoccupato. A dire il vero tutti noi, seduti intorno a questa tavola, lo siamo.

Sono passati alcuni giorni da chè mi sono ripresa.

L’ angoscia si è fatta un po' da parte e cerco di guardare al futuro con serenità… ma c’è sempre un qualcosa che mi attanaglia, che mi fa desistere dal riuscire ad essere felice. E’ come un sesto senso…io mi sforzo, ci provo; sono grata di questa nuova opportunità che la vita mi ha dato e le rendo grazie ad ogni respiro tuttavia… so che dovrò superare ancora una prova, so che non sarà facile riprendere la mia vita in mano e ricominciare con te, André…

“Oscar, qualcosa ti preoccupa?”

E’ Alain a parlare, anticipandoti giusto di qualche secondo. Tutti si voltano, in attesa di una risposta…
“No, sono solo stanca” dico; mi sfioro la pancia, cerco di raddrizzare la schiena, che duole. La mano di André mi sfiora.
Rosalie, impegnata a sistemare dei piatti, si volta verso tutti noi.
“Ti stai strapazzando un po' troppo” dice, teneramente. Ha ragione, forse…ma sono troppo interessata a ciò che dice Bernard. Voglio sapere tutto, nei minimi particolari, voglio capire cosa sta succedendo, capire cosa passa per la testa di Robespierre…
“Non ti preoccupare, Rosalie, è solo un istante” dico. Lei mi guarda negli occhi, sorride. Riprende a fare le sue mansioni.

“Riguardo a voi, Oscar…André…io e Alain abbiamo pensato una cosa. VI avremmo trovato una casa e…anche una nuova identità. E’ stato Luc, il dottor Gillard, a proporla.
Ci guardiamo, io e te, curiosi di sapere cosa ci attende.
“Si trova poco distante da qui, in Saint Antoin”.


Guardiamo Bernard.

“Non è troppo pericoloso? Il quartiere è pattugliato giorno e notte, c’è sempre un gran via vai…non sarebbe meglio una zona più tranquilla?” obietti. Ti alzi e ti seguo con lo sguardo; vai alla finestra, incroci le braccia al petto, guardi fuori.

“Appunto per quello” risponde presto Bernard. E’ sicuro, i suoi occhi anche.
Ti giri.
Alain è zitto, pensieroso. Rosalie pure.
“ Vi mischierete alla folla, li nessuno vi riconoscerà. Chi ci vive fa l’operaio, la lavandaia… Ci saranno soldati, è vero, ma sono tutti popolani. Robespierre preferisce i salotti borghesi e non troverete noie. Inoltre…potrò tenervi d’ occhio, visto che una delle nostre sedi si trova li vicino”.
Io non mi esprimo ma come prima impressione è buona. Andare nella tana del lupo, per così dire…li non verranno mai a cercarci…almeno lo spero.

Ti vedo pensare, il tuo volto si fa pe un attimo scuro, prendi tempo.

Attendo la tua risposta.

“Che ne dici, Oscar?” mi domandi, invece.

Allungo il braccio e prendo uno dei bicchieri posati sul tavolo. Alain lo riempie di acqua.

“Penso sia la migliore scelta che in questo momento possiamo e dobbiamo considerare” dico.

Ci guardiamo un po' tutti,  ti avvicini a noi. Lo vedo che non sei convinto. Tuttavia, dai il tuo assenso.
“Credimi, André, è davvero la scelta migliore che possiate fare. Alain ha trovato casa li vicino” dice Bernard “ ed io o Rosalie saremo li spesso. Vi aiuteremo come potremo”

Li guardo, uno ad uno.

I nostri amici.

Mi rendo conto di quanto siamo fortunati, di quanto sia importante un sentimento come
l’ amicizia che molte volte diamo per scontato; sono grata a Nostro Signore di avermi dato tutto ciò.

“Quando potremo trasferirci?” domandi. Ti passi una mano tra i capelli.
“Anche domani, con il favore della notte, se volete” risponde Alain. Infine si alza in piedi, si stiracchia un po'.
“Ora che è tutto a posto…credo tornerò a casa. Sono davvero molto stanco. Il lavoro al macello mi rompe davvero le ossa” dice.
Ci alziamo tutti.
“A domani, Alain” dice Rosalie.
“Ti accompagno!” fai eco, André.

Io mi alzo, lentamente. Sono stanca e vorrei dormire.
“A domani” dico “ io ora andrei a stendermi…buonanotte!”
Alain si avvicina e mi bacia la guancia poi prende il corridoio, Bernard lo accompagna.

Io ed te torniamo nella nostra stanza.

“Sei silenzioso” ti dico mentre ci spogliamo per metterci a letto.
“Pensieri, Oscar” mi rispondi. Ti levi la camicia, la pieghi e poi l’appoggi sulla sedia. Poi è il turno delle coulottes; infine, ti prepari per la notte.
“…Credo che sia la soluzione migliore, non crucciarti. Non è che abbiamo chissà quali alternative…”
Mi guardi, ti avvicini, le tue mani sistemano la veste che ho indossato in qualche modo.

“Ecco” dici, quando hai finito. Adoro queste piccole cose. Hai sempre avuto attenzioni per me. Ci mettiamo a letto, finalmente e chiudiamo li il discorso.
tu, come al solito, ti posizioni sul fianco destro e mi accogli tra le tue braccia. Il tuo respiro lento e questo silenzio mi mettono pace. È notte fonda, ormai, quando prendiamo sonno davvero; sei tu il primo a cedere. So che nella tua testa ci sono mille pensieri e preoccupazioni. Ti sono grata, André, per le cure e le attenzioni che da sempre mi hai dedicato…



Il nostro sonno, però, dura poco.

A svegliarci è un gran fracasso, passi, un vociare sempre più forte. Infine, una porta che si spalanca: è Alain, in compagnia di non so chi.
“Dovete andare via, subito. Alcuni amici di Saint Just stanno per arrivare!” ci urla spaventato.

Sono stordita: osservo te, Alain, Rosalie parlare.
Sei balzato in piedi come una furia e stai cercando di capire cosa fare.  
Alain dice che dobbiamo muoverci, mi alzo, cerco di dare un senso ai miei pensieri ed alle frasi che sento; ad un certo punto ti giri, vieni verso di me, mi prendi sulle spalle ed inizi a correre dietro al nostro amico; sento i singhiozzi di Rosalie, rimasta senza parole, vedo lo sguardo di Bernard su di noi. Urla qualcosa come portali via ora, preparò i lasciapassare subito ma ora vai, corri!. Sono le ultime parole che sento: una fitta, al basso ventre, mi toglie forze e respiro; tu corri, sempre più veloce, ora siamo in strada.

“André, fermati, c’è qualcosa che non va!” ti dico; la prima volta nemmeno mi senti, allora ti picchio forte sulla spalla e ti fermi.
“Cosa c’è? “ mi domandi. Hai il fiato corto.
“Qualcosa non va….” Sussurro, piano. Sono improvvisamente senza forze.

Mi guardi.
Guardi le tue mani.

Sono cariche, sporche di sangue.
 
 











 
   
 
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