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Autore: Ode To Joy    10/10/2022    2 recensioni
[BakuTodo]
[DabiHawks]
[Past- BakuDeku]
Touya davvero non lo capiva.
“Perché continui a provarci tanto ostinatamente con me?”
Tutti avevano gettato le armi, dichiarandolo una causa persa, un fallimento. Tutti. I due uomini più importanti della sua vita per primi.
E ora arrivava questo fanciullo, che aveva il suo stesso viso ma non lo conosceva affatto.
Un estraneo. Suo fratello.
“Perché quando ti guardo vedo me,” rispose Shouto, con voce rotta. “Perché qualcuno mi ha salvato, nonostante io non stessi chiedendo aiuto.”
“Tu non mi conosci, Shouto.”
“Nemmeno tu conosci me. Ma mi conoscerai, stanne certo.”

[...]
A seguito di una guerra vinta a caro prezzo, il Principe Shouto viene cacciato dalla corte di suo padre perché aspetta un figlio da Katsuki, il Drago di cui è Cavaliere. Cerca rifugio dal fratello maggiore, esiliato otto anni prima, che ha rinunciato al nome della loro famiglia per divenire Dabi.
[Fantasy AU]
[Questa storia partecipa al Writober 2022 di Fanwriter.it]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Dabi, Hawks, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Shouto Todoroki
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Mpreg, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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8 Ottobre
Prompt: "Forgets the maps. Follow your instict"



VIII
The Deal

 

I was there for you in your darkest times
I was there for you in your darkest night
But I wonder, where were you?
When I was at my worst down on my knees
And you said you had my back
So I wonder, where were you?
When all the roads you took came back to me
So I'm following the map that leads to you

[“Maps” - Maroon 5]

 


 

La prima guerra contro i Nomu fu l’evento che portò Keigo a separarsi da Touya.

Da quando si erano incontrati, non era mai accaduto.

Il Re non aveva voluto nessuno dei suoi figli sul campo di battaglia, tantomeno il maggiore.

Fu il battesimo del sangue di Keigo Takami, conosciuto alla corte dell’Alto Trono come Hawks.

Combatté insieme agli altri Cavalieri della Corona per tre settimane, poi divenne disperso in azione.

Fu allora che la guerra cominciò anche per Touya.



 

Enji fu l’ultimo a venire a conoscenza dei fatti.

Attraversò il campo a passo di marcia, guadagnandosi le occhiate impaurite di tutti i soldati che assistettero alla scena.

“Tuo padre si arrabbierà.”

“Non m’importa, non preoccuparti di lui.”

Fu quello che udì, prima di entrare nella tenda reale. 

Touya era fuggito dal castello, nonostante gli fosse stato esplicitamente ordinato di starsene lontano dal campo di battaglia e di proteggere sua madre e i suoi fratelli. Non si era nemmeno limitato a disubbidire. No, era arrivato al campo militare e, senza preoccuparsi d’informare il Re della sua presenza, si era messo a dettare ordini ai Cavalieri della Corona per cercarne uno dotato di ali, scomparso qualche giorno prima.

Tutti i dubbi, figli dell’ottusità più che della mancanza di chiarezza, che il Re aveva ancora sulla natura del legale tra il suo Erede e il giovane Hawks sparì nel momento in cui li vide insieme. 

Il Principe era seduto sul letto, occupato a passare un panno umido sul viso del Cavaliere, che aveva le dita strette intorno al suo polso come per allontanarlo o tenerlo vicino a sé. Enji non seppe capire quale delle due e non riusciva a vedere l’espressione di Hawks per avere conferma. 

Non aveva alcuna importanza. Era lo sguardo di suo a dire tutto.

“Touya…”

Non appena lo vide, il Principe cambiò completamente espressione.

“Maestà…” Hawks provò a sollevarsi e mostrare un minimo di rispetto.

“Comodo, Cavaliere,” disse il sovrano.

“Fermo dove sei!” Esclamò Touya, nello stesso momento, obbligando l’altro a rimanere disteso.

I due Todoroki si lanciarono un’altra occhiata.

“Dove lo hai trovato?” Domandò il Re. “Ho setacciato tutta la zona per giorni e non c’era traccia di lui.”

“Era sottoterra.”

“Sottoterra?” 

“Sì, abbiamo trovato in una sorta di prigione sotterranea,” raccontò Touya. “L’accesso è una grotta a poche miglia da qui. Mirko ha memorizzato i dettagli del percorso meglio di me e sta facendo rapporto.”

Enji non riusciva a dare un senso a quel racconto.

“I Nomu sono bestie assetate di sangue, non fanno prigionieri,” disse.

“I Nomu sono armi nelle mani di qualcun altro, papà!” Esclamò Touya, come se stessero perdendo tempo a parlare dell’ovvio. “Affrontare questa guerra dando fuoco a ogni mostro che ci attacca non porterà a niente. C’è qualcuno a capo di tutto questo. Credi di sapere quello che stai facendo ma, in realtà, non hai idea di chi sia il vero nemico!”
Aveva ragione. Enji sapeva che aveva ragione, ma tutta quella supponenza non era tollerabile da parte di un Principe nei confronti del proprio Re. Prima che potesse ribattere a tono, Hawks prese la parola.

“Ascoltalo,” disse, mettendosi a sedere contro i cuscini del letto. Le ali sulla sua schiena erano piccole, segno che aveva combattuto di recente. “Io ero l’unico Cavaliere della Corona in quelle prigioni. Non mi hanno preso per usarmi contro di te, ma per studiarmi.”

Enji sgranò gli occhi. 

“C’erano altri prigionieri?”
“Se ne stanno occupando i curatori,” disse Touya. “Alcuni di loro sono bambini. Stavano facendo qualcosa là sotto, qualcosa di orribile.”
“Tu non ricordi niente?” Domandò il Re al Cavaliere.

Hawks scosse la testa. 

“Penso mi abbiano drogato per tenermi buono. Ricordo solo di aver ripreso i sensi di colpo quando…” Esitò. 

Sia Touya che Enji trattennero il fiato. Non era nel carattere di Hawks tentennare, sapeva indossare la maschera dello sbruffone anche nei momenti più difficili. La sdrammatizzazione, anche quella sgradevole, era uno dei suoi tanti, irritanti talenti.

“Stavano cercando di strapparmi le ali,” disse il Cavaliere, infine, gli occhi dorati fissi sulle proprie mani. “Non lo stavano facendo con una lama o una sega, come uno potrebbe immaginarsi. No, mi stavano scavando sotto la pelle. Volevano togliermele senza danneggiarle.”

“Hanno tentato di rubare il tuo potere,” concluse Touya. Questa volta fu lui a cercare gli occhi di suo padre. “È già successo?”
Enji scosse la testa.

“Non che io sappia. So che sono stati fatti molti esperimenti tra magia e scienza per provare a comprendere meglio la natura dei poteri che si tramandano di generazione in generazione, come accade per la famiglia Todoroki. Nessuna di queste è una bella storia.”

“C’è un Lord della corte che potrebbe arrivare a fare una cosa del genere?” Domandò Touya. “Nessun uomo del popolo con una mente brillante può arrivare a simili risultati da solo. Ha bisogno di appoggiarsi a un potente.”

“Adesso fai anche congetture sul fatto che la mia reggenza sia tanto distratta d’aver permesso a un traditore di avvicinarsi a noi, Touya?” 

Hawks chiuse gli occhi e si preparò all’inevitabile. Era un miracolo che non avessero cominciato a urlarsi addosso dal momento in cui il sovrano aveva messo piede nella tenda. 

Touya si allontanò da lui, fece il giro del letto per arrivare di fronte a suo padre.

“Ti rode tanto che abbia avuto successo in qualcosa in cui tu hai fallito?” 

Enji strinse i pugni.

“Non qui.”

Uscì dalla tenda con lo stesso atteggiamento rabbioso con cui era entrato. Touya lo seguì.

Gli sguardi di tutti i Cavalieri presenti furono testimoni di quella breve marcia di potere: un Re di quasi due metri che camminava a testa alta e un Principe, dall’aspetto decisamente più gracile, che non dava alcun valore all’etichetta e gli camminava accanto, come fosse un suo pari.

Entrarono nella tenda in cui era radunato il Concilio Ristretto e tutti i nobili chinarono la testa nel vederli entrare. Touya si fermò all’inizio del grande tavolo, su di esso erano aperte le mappe con le possibili strategie di attacco. Suo padre andò oltre, proseguì fino alla grande sedia posta al capo opposto del mobile.

“Lasciatemi solo con il Principe,” ordinò il Re.

Padre e figlio restarono a fissarsi per i pochi istanti necessari ai nobili per togliere il disturbo.

Una volta soli, il silenzio tra loro divenne quasi palpabile.

Toccò a Enji spezzarlo.

“Come hai fatto a capire dove cercare?” Domandò. “Abbiamo seguito tutti i percorsi delle mappe e non abbiamo trovato tracce né di lui né di nessun altro. Non ricordo nemmeno una grotta.”

“Ho cominciato dalle mappe, ma non le ho davvero seguite,” disse Touya.

“Che vuol dire?”

“Istinto,” rispose il Principe. “È una cosa che io e Keigo facciamo fin da bambini. Sappiamo come trovarci. Non so in che altro modo dirlo.”

Touya aveva riportato a casa il Cavaliere più promettente della nuova generazione, ma questo non cancellava il fatto che avesse scavalcato l’autorità del Re. Enji non poteva soprassedere.

“Sai che quello che hai fatto potrebbe costarti una condanna per tradimento?”

Touya non aveva alcuna intenzione di chinare la testa di fronte al suo sovrano, figurarsi se gli era passato per la mente di chiedere scusa a suo padre.

“Non avevi alcun diritto di prendere Keigo,” sibilò il Principe, velenoso. “Non avevi alcun diritto di scegliere lui per questa guerra e lasciare indietro me.”

Appena due battute ed Enji già sentiva la pazienza venire meno. 

“Non riesco a capire se ti disturba di più essere stato privato del tuo Cavaliere o dell’onore di combattere per la Corona.”

“Entrambe le cose!” Urlò il Principe, sbattendo le mani sul tavolo. “Combattere per questo regno non è solo un onore ma anche uno dei miei doveri, in quanto Erede dell’Alto Trono. Se mi privi di tutte le possibilità che il destino mi concede per provare il mio valore, come posso pretendere che le Casate mi rispettino?”

“Hai già dato prova del tuo valore,” gli ricordò il Re. “Quando il primo Nomu ha attaccato la corte, la notte del tuo compleanno. Sei stato tu ad abbatterlo e a salvarci tutti. Ti sei guadagnato la stima e la benevolenza della tua gente e, in quanto Principe della Corona, dovresti esserne soddisfatto.”

“Soddisfatto?” Le labbra di Touya si piegarono in un sorriso inquietante. “Come può soddisfarmi essere messo da parte perché mio padre mi crede un debole.”

“Non mettermi in bocca parole che non ho mai detto, Touya.”

“Però lo credi!”

Fu il turno del Re di sbattere il pugno sul tavolo. Istintivamente, Touya fece un passo indietro.

“Ti sei buttato contro un nemico di cui non sapevamo nulla, senza pensare!” Tuonò Enji. “Sei talmente avido di gloria che hai usato il tuo potere senza controllarlo. Sì, hai ridotto quel mostro in cenere, ma tutto quello che io e tua madre abbiamo visto sei stato tu, a terra, privo di sensi e ricoperto di ustioni!”
“Non mi è rimasto neanche un segno di quanto è accaduto,” disse Touya, la voce tremante per le lacrime che gli bruciavano agli angoli degli occhi.

“Perché sei un Todoroki!” Ribatté Enji, con rabbia. “Guarisci dalle ustioni in maniera diversa dalle altre persone. Questo non significa che tu possa continuare a farti male senza temere le conseguenze!”

“Allora aiutami a diventare più forte!” Touya aveva un orgoglio mostruoso, ma per avere l’attenzione di suo padre era disposto anche a implorare. “Non mettermi da parte, insegnami a controllare il mio potere!”

Il Re tenne lo sguardo fisso su di lui e non disse niente. Finiva lì il coraggio del grande Enji Todoroki.

Ma Touya era intelligente, sapeva leggere l’orrore dietro i suoi silenzi.

“Shouto è già più forte di me, vero?” Domandò.

Enji spostò gli occhi sulle mappe sparse sopra il tavolo, senza realmente vederle.

“La portata del vostro potere non determina il valore che avete per me.”

“No, papà, non è vero.” Touya scosse la testa. “Non ti azzardare a dire che ci ami tutti e quattro allo stesso modo, sarebbe la più vile delle tue menzogne.”

Si asciugò il viso con la manica della giacca. 

“Io non torno a casa.”

Enji se lo era aspettato.

“Touya…”

“Tramortiscimi, legami e trascinami alla corte dell’Alto Trono, se vuoi!” Urlò il Principe. “Mi opporrò con tutte le mie forze!”

Se ne ne andò prima di dare al padre la possibilità di ribattere.



 

Touya Todoroki, il Principe delle Fiamme Blu, combatté la prima guerra contro i Nomu al fianco di suo padre e del suo Cavaliere.

Tornarono vittoriosi.


 

-9 anni e mezzo dopo-




 

“Non ho capito,” disse Neito, quando il Primo Cavaliere ebbe finito di parlare.

L’espressione di Hitoshi, invece, tradì il giusto sbigottimento per l’occasione.

Hawks li aveva sottratti entrambi al loro allenamento del mattino, per portarli in una di quelle stanze in disuso che la servitù usava come magazzino per il vecchio mobilio.

“Devo parlarvi di una cosa della massima urgenza.” Era stata la scusa.

Nessuno dei due si era aspettato di ritrovarsi nel bel mezzo di un complotto ai danni del Re o qualcos’altro che ci andava molto vicino.

“Sei un tipo sveglio, Neito,” disse Hawks. “Sono certo che hai capito benissimo.”

Il ragazzo dai capelli biondi stirò le labbra in un sorriso nervoso.

“Io ho l’impressione che siamo qui, a respirare quest’aria polverosa, per organizzare un colpo di stato o qualcosa del genere.”

Hawks rise.

“Non c’è bisogno di essere così drammatici. Voglio solo che teniate sotto controllo il Re e i membri del Concilio Ristretto su mio comando, tutto qui.”

“Si tratta solamente di una missione che potrebbe, alla peggio, farci finire in prigione o decapitati,” disse Hitoshi, sarcastico.

Il Primo Cavaliere fece loro l’occhiolino. 

“Solo se vi fate beccare,” disse. “Inoltre, siete entrambi vicini al Maestro Aizawa. Sopratutto tu, Hitoshi. Lui è un uomo che potrebbe vedere con facilità attraverso le menzogne del Re, regolati sulle sue mosse e sulle sue parole.”

“Allora perché non parli direttamente con lui?” Domandò Hitoshi. “Sei parte del Concilio Ristretto anche tu. Perché usare noi come pedine, quando nessuno si sa muovere tra le ombre meglio di te?”

“Perché io sto per partire in missione,” rispose Hawks. “Ordini del Re in persona, nulla che debba interessare voi. E, per rispondere al dubbio su Aizawa, non mi ha mai visto di buon occhio. Non ho un titolo, nessuno sa nulla del mio passato e la mia educazione è avvenuta a porte chiuse. Inoltre, le mie azioni sono ambigue il più delle volte. Ha tutte le ragioni per non fidarsi di me.”

“Non capisco perché tu debba fidarti di noi, allora?” Domandò Neito, senza cattiveria. “E, allo stesso tempo, perché dovremmo fidarci di te?”

Hawks si era aspettato quel genere di obiezioni: i ragazzi erano intelligenti e lo stavano dimostrando al migliore dei modi. Non avrebbe potuto fare scelta migliore.

“Perché siete tra quelli che, dopo la fine della guerra, avrebbero incoronato Shouto,” rispose. “Perché non vi siete fatti remore a mettere in dubbio l’efficacia della reggenza del Re, suo padre. E perché so che accusate Enji di aver cacciato il Principe e il suo Drago dalla corte dell’Alto Trono.”

“Non lo accusiamo,” lo corresse Hitoshi. “Lo pensano tutti. Le tue parole descrivono solo due terzi della nostra generazione.” Non la smetteva di essere sarcastico.

“Sì, ma voi, più di altri, siete stati educati dal Maestro Aizawa,” disse Hawks. “Non vi ha permesso di essere idealisti. Non siete inibiti dal senso dell’onore o dal dogma che la Corona vada difesa a ogni costo. Siete i migliori che possono giocare questo gioco.”

Entrambi i fanciulli lo fissarono.

“Ci hai appena dato dei farabutti,” disse Neito. 

“Non prendetela sul personale.” Hawks sorrise, amichevole. “Ogni corte ha bisogno delle sue spie per controllare le cose dall’interno. Bene, dopo l’investitura di Cavalieri, eccovi quella di Spie. Congratulazioni!”

Per Hitoshi, quell’uomo alato stava parlando da perfetto folle. 

“Tu vuoi che spiamo il Re e membri del Concilio Ristretto, ma non ci hai detto di cosa sospetti.”

Hawks scrollò le spalle.

“Di qualunque cosa suoni sospettabile.”

Per Hitoshi, la conversazione poteva finire lì.

“Neito, andiamocene.”

L’amico lo trattenne per il braccio.

“Quello che dice, invece, ha senso.”

Hitoshi sgranò gli occhi.

“Ha senso, se vuoi morire da traditore.”

“Lui è il Primo Cavaliere,” puntualizzò Neito. “Allo stato attuale, è l’uomo più potente della corte dell’Alto Trono, dopo il Re. Pensi che, in seguito a una simile proposta, ci lascerà uscire da questa stanza come se nulla fosse?”

Hitoshi spostò gli occhi dal viso dall’amico a quello del Primo Cavaliere. L’espressione affabile di quest’ultimo aveva assunto delle sfumature inquietanti.

“Felice di sentire che uno di voi due abbia già capito le regole del gioco,” disse Hawks.

Neito piegò le labbra in un sorriso oscuro dei suoi.

“Devo confessarvi, Primo Cavaliere, che la gloria di un campo di battaglia è eccitante, sì, ma gli angoli bui di una corte mi hanno sempre affascinato.”

Hawks seppe di averne convinto uno, ora tutta la sua attenzione era per Hitoshi.

Il giovane dai capelli violetti esitò per un lungo momento ma, alla fine, tornò al fianco dell’amico tenendo le spalle dritte.

Il Primo Cavaliere ne fu soddisfatto.

“Hai fatto la tua scelta,” disse.

“Come se ne avessi una,” ribatté Hitoshi.

Non era rimasto perché aveva qualcosa da guadagnare dalla missione, ma perché non avrebbe mai lasciato Neito da solo in questo.

Era un sentimento che Hawks poteva rispettare.

“No,” concordò. “Temo che tu non ce l’abbia. Ora ascoltatemi bene. Ci sono dei dettagli che ho bisogno vi ricordiate a memoria. Per sicurezza mia e vostra non posso scriverli nero su bianco. Siete pronti?”

I due annuirono.

“Molto bene…”




 

C’era una sola città fortificata sulle pendici della Cintura Vulcanica Maggiore.

Nella piccola roccaforte erano stanziate poche decine di soldati, che rispondevano a un capitano cresciuto in campagna, entrato nell’esercito solo per sfamare la sua numerosa famiglia. In quella terra, sebbene fosse la culla della dinastia Todoroki, arrivavano solo gli echi delle grandi imprese compiute dalla Casate dell’Alto Trono. 

Se Hawks, Primo Cavaliere della Corona, si fosse presentato a quei cancelli in veste ufficiale, sarebbe stato accolto con tutti gli onori. Gli sarebbe stata riservata la stanza più accogliente del castello e la gente si sarebbe inchinata al suo passaggio, come se fosse un Principe.

Non era quello il suo scopo. Nei nove anni che era andato e venuto da quella regione sperduta, Hawks si era impegnato a farsi notare solo quanto bastava per essere un noioso vagabondo che attraversava il regno dal Nord al Sud cercando fortuna, ma senza combinare mai niente.

Pagava tutti i suoi conti, ma si guardava bene dal vestire gli abiti di un Cavaliere di corte. Di lui, raccontavano buffe storie sul fatto che fosse un perditempo desideroso di vivere qualche grande avventura e lo schernivano per l’enorme gobba che nascondeva sotto il mantello.

Andava bene così. Hawks era bravo a confondersi con la gente, a integrarsi in un contesto che non lo riguardava affatto. A quella città chiedeva solo un pasto caldo all’occorrenza e un letto comodo di tanto in tanto.

Quello che lo interessava davvero era oltre quei vulcani dormienti, in luoghi dove nessuno avrebbe mai osato inoltrarsi. La prima volta, a pochi mesi dall’esilio, Hawks si era dovuto spingere fino al Castello Vecchio per vederlo. Era rimasto a debita distanza e aveva passato tre notti lì, a dormire sulle rocce nere. In caso di eruzione improvvisa, non avrebbe avuto scampo, ma il Cavaliere aveva voluto rischiare.

A quel viaggio, ne erano seguiti molti altri, ma ne aveva parlato con Enji solo a un anno di distanza dal primo avvistamento, quando aveva avuto la certezza che Touya aveva fatto della vecchia fortezza Todoroki il suo rifugio.

Stagione dopo stagione, Hawks aveva cominciato a trovare Touya in luoghi diversi, anche nella città in cui alloggiava. Decine di volte avevano camminato lungo la stessa strada, a pochi metri l’uno dall’altro, senza che il Principe sapesse che il Cavaliere fosse lì. 

E Hawks lo aveva vegliato per nove anni, stringendo forte la magra consolazione di saperlo vivo, al sicuro.

Questa volta, quando il Primo Cavaliere fece ritorno alla Cintura Vulcanica Minore, aveva una nuova missione. Le regole restavano le stesse. Avevano funzionato per anni e avrebbe continuato a seguirle. 

Superò i cancelli nel tardo pomeriggio e, dato che pioveva, si affrettò a raggiungere la locanda in cui era solito prendere una camera. Era l’inizio della stagione calda e, con un po’ di fortuna, il temporale sarebbe stato solo un ricordo in mattinata. 

Hawks aveva bisogno che fosse così, lo aspettava un lungo volo e una grossa responsabilità alla fine di esso: doveva assolutamente avere la conferma che Shouto e Touya fossero insieme, che il primo stesse bene e che il secondo avesse accettato di buon grado la sua presenza. Al Primo Cavaliere piaceva pensare che, nel peggiore dei casi, avessero tracciato un confine in mezzo all’atrio del Castello Vecchio, prendendosi una metà dell’edificio ciascuno. Hawks era figlio unico, ma poteva immaginare che quella fosse la condotta infantile tipica di una coppia di fratelli litiganti. Sdrammatizzazione a parte, c’erano due cose che il Cavaliere non doveva assolutamente ignorare: lo stato mentale di Touya e la delicata condizione fisica di Shouto.

Ultimo ma non ultimo, c’era da valutare che ruolo avesse assunto Katsuki nella dinamica tra i due Todoroki.

Quella notte, ancora bagnato di pioggia, decise che non ci avrebbe pensato. Aveva bisogno di liberare la mente, non pensare troppo alla strada tortuosa su cui aveva spinto Neito e Hitoshi. Aveva bisogno di un momento per sé, per ricordarsi che stava facendo quello che doveva fare.

Non si tolse il mantello, anche se era bagnato. Nessuno doveva vedere le sue ali.

Scese nella taverna, scelse il tavolo più isolato della sala e ordinò una pinta di birra.

Rimase solo per una buona mezz’ora.

“Ti sei perso, Cavaliere?”

Hawks gelò, la pinta di birra sospesa a mezz’aria. Non conosceva quella voce, il fuoco e gli anni l’avevano cambiata, eppure suonava familiare. Se avesse sollevato lo sguardo, sapeva cosa avrebbe visto e non era certo di essere pronto a guardare in faccia i suoi demoni. Per anni era rimasto a osservarlo, certo che non avrebbe risposto al suo sguardo e ora che aveva perso il vantaggio dell’invisibilità, Hawks non si sentiva più così coraggioso.

“Non qui,” disse, abbandonando la pinta di birra sul tavolo. “Decidi tu dove, ma non qui.”

Non voleva che delle persone innocenti venissero ferite nello scontro tra lui e il peggior fantasma del suo passato. 

Touya lo lasciò andare e Hawks riprese a respirare.

“Vieni con me…”

Il Cavaliere lasciò qualche moneta sul tavolo e ubbidì.

L’uomo che gli camminava davanti non era molto più alto di lui, indossava una lunga giacca nera col cappuccio tirato sulla testa e camminava con le mani nascoste nelle tasche. 

Hawks lo seguì fuori dalla locanda, nella via principale della città, deserta per via dell’ora tarda. Non pioveva più.

Camminarono fuori dai cancelli e andarono avanti fino a che l’erba che ricopriva il terreno non venne sostituita dalla nuda e nera roccia dei vulcani dormienti. Salirono, fino a che le fiaccole sulle mura di cinta della città non divennero delle lucine tremolanti sotto di loro.

Fu Hawks a porre fine a quel vagare.

“Touya…”

Una lingua di fuoco blu illuminò l’oscurità, zittendolo e permettendogli di vedere in faccia quello che era stato il suo amico d’infanzia. Il Cavaliere si accorse che le fiamme avvolgevano il suo braccio destro, illuminando le cicatrici scure che lo ricoprivano. Non aveva importanza quanto diverso - sfigurato - fosse il viso di Touya, i suoi occhi erano sempre gli stessi, solo più spenti.

“Sei riuscito a farti crescere quella barbetta idiota,” notò Touya.

Istintivamente, Hawks si portò la mano al mento, ma lasciò cadere quell’inutile questione immediatamente. 

“Touya…”

“Smettila di pronunciare quel nome,” lo interruppe il Principe Esiliato. “Touya è morto nove anni fa. Io sono Dabi.”

Hawks aggrottò la fronte, poi rise. Fu un suono privo di qualsiasi allegria.

“Andiamo, non essere ridicolo.”

“Ridicola è la tua reazione, Cavaliere. Pensavo che, superati i vent’anni, ti fossi liberato di quell’aria da ragazzino sbruffone.”

Il Primo Cavaliere reclinò la testa da un lato. 

“Chi era il ragazzino sbruffone, tra noi due?”

La verità era che entrambi avevano avuto numerose occasioni per essere insopportabili, spesso contemporaneamente e con enorme afflizione da parte del Re. L’unica differenza tra loro era che Hawks non si era mai dimenticato l’esistenza di un limite da rispettare; Touya, al contrario, si era sempre impegnato per superarlo.

“Non sono qui per fare un viaggio nei ricordi.”

Lo avvertì Touya - no, Dabi.

“Lo sospettavo,” rispose Hawks, sarcastico. “Quando mi hai beccato? Cosa mi ha tradito?”

“Mio malgrado, non ti ho beccato,” disse Dabi. “Shouto… Shouto ti ha tradito. Molto furbo da parte del Re cacciare dalla corte qualcuno a conoscenza di un segreto simile.”

“Beh, gli hai offerto rifugio, quindi non è stato un male.” Hawks lo fissò. “Perché gli hai offerto rifugio, vero?”

Dabi sollevò l’angolo destro della bocca in un ghignetto perfido. Fu tanto per fare scena.

“Rilassati, il principino e la sua lucertola rabbiosa sono entrambi al Castello Vecchio.”

Lucertola rabbiosa. Almeno quella versione tinta di nero di Touya non aveva perso il suo sarcasmo e quel vizzietto che aveva di dare dei nomignoli a tutto e tutti.

“Strano che Katsuki non ti abbia ancora smembrato a morsi.”

Per il Cavaliere, quello era il vero colpo di scena. Si raccontavano tante storie sugli scontri di fuoco tra Draghi e Todoroki e si era aspettato di sentirne un’altra proprio dal Principe Esiliato. Qualcosa gli diceva che Shouto doveva aver impedito il peggio.

Dabi glielo confermò.

“Oh, vuole farlo ogni volta che mi posa gli occhi addosso,” disse. “Purtroppo per lui, il suo sposino sembra nutrire un qualche tipo di attaccamento fraterno nei miei confronti. Katsuki non può toccarmi.”

Un sorriso amaro comparve sulle labbra di Hawks.

“Tipico di Shouto.”
“Da dove è saltato fuori?” Domandò Dabi, non sorrideva più. “Non si può essere educati da Enji Todoroki e uscirne con una personalità del genere.”
Hawks scrollò le spalle.

“Evidentemente, è possibile. Non per offendere tua madre, non mi permetterei mai, ma non si può proprio mettere in discussione la sua paternità.”

Dabi fece uno sbuffo che era anche una risata.

“Devono averlo coccolato e viziato, mentre lo tenevano isolato da tutto e tutti.”

“Ti sbagli,” ribatté il Cavaliere. “Non gli è stata concessa nemmeno metà della tua libertà, nessuno ha avuto per lui la stessa premura e, al contrario, ha pagato il prezzo più caro per quello che è successo a te.”

Dabi non ne fu impressionato.

“Intendi la follia di mia madre?”
“Te lo ha raccontato?”

“Non nei dettagli, ma doveva essere pazza forte per sfregiare in quel modo il più piccolo dei suoi figli.” Il Principe Esiliato scrollò le spalle. “Forse non dovrei parlare. Enji ha questo effetto sulle persone: le distrugge da dentro e, alla fine, lui se la cava sempre e gli altri si trasformano in mostri.”

Hawks strinse i pugni e dovette ricordare a se stesso che non era lì per analizzare vecchi errori passati, ma per evitare che succedessero cose peggiori.

“Come sta Shouto?” Domandò.

Dabi gli lanciò uno sguardo eloquente.

“Sta come un fanciullo di diciassette anni con un bambino in grembo, scappato da casa a causa di un padre bastardo.”

“Oh…” Hawks sgranò gli occhi. “Lo stai difendendo? Perché quella suonava terribilmente come protettività.”

Dabi cominciava a perdere la pazienza.

“Che cazzo vuoi, Hawks?” 

Il Cavaliere non si era certo aspettato di sentirsi chiamare Keigo, ma quel nome avrebbe sempre avuto una nota stonata quando pronunciato dalla voce di Touya.

“Quello che voglio da otto anni,” rispose. “Per tutto questo tempo, il mio compito è stato assicurarmi che tu fossi vivo e in salute, ora devo fare lo stesso sia con te che con tuo fratello.”

Dabi rise, isterico. 

“Curioso come Enji abbandoni i figli e poi si preoccupi per loro.”

“Immagino tu capisca che, visti i recenti avvenimenti, la mia priorità non sei tu.”

“Non lo è nemmeno Shouto,” ribatté Dabi. “Tutto gira intorno al bambino, non è vero?”

Hawks non rispose.

Dabi estinse le fiamme e tornò a esserci solo il buio tra loro.

“Se pensi che Shouto tornerà alla corte dell’Alto Trono solo perché il Re ti ha mandato-”

“Non è mia intenzione convincerlo a tornare,” lo interruppe Hawks. “Per l’ultima volta: sono qui per assicurarmi che tu e lui stiate bene.”

Le tenebre si diradarono di nuovo. Questa volta, le fiamme blu erano sul palmo destro del Principe Esiliato.

“Continui a ripeterlo, ma mi sfugge che cosa tu abbia intenzione di fare.”

“Portami con te al Castello Vecchio,” disse Hawks, senza girarci troppo intorno. “Tuo padre rimarrà isolato nella sua corte e non dovrà essere informato dei fatti. Io sarò l’unico disturbo che dovrai sopportare.”

“Se sparisci nel nulla, tutto l’esercito reale sarà qui entro un mese.”

“Non sparirò, ma nemmeno tornerò indietro. Mi basterà mandare regolarmente dei messaggi a corte.”

“Così che tu possa chiamare i rinforzi?”

“Rinforzi che ridurresti in cenere?”

Dabi doveva ammettere che aveva che quella era un’obiezione convincente.

“Potrei ucciderti e scrivere quei messaggi di mio pugno, fingendomi te.”

Hawks sollevò l’angolo destro della bocca in un ghigno.

“Ricordi i nostri messaggi in codice? Se un intruso si fosse intromesso nella nostra corrispondenza, lo avremmo capito subito. Se mi succede qualcosa, i miei uomini lo sapranno in ogni caso e sarà una brutta seccatura per te.”

Il Cavaliere guardò il Principe dritto negli occhi.

“Inoltre,” aggiunse. “Se avessi voluto uccidermi, lo avresti fatto subito.”

“Beh…” Dabi fece un rapido calcolo. “Tu, Shouto, la lucertola e il moccioso in arrivo sono molte seccature.”

“Se non hai già cacciato o ucciso tuo fratello, hai le tue ragioni per volerlo tenere con te,” ribatté il Cavaliere. “Ti conosco. Stai pianificando qualcosa.”

Dabi allargò le braccia in un gesto teatrale.

“Mi hai beccato! Quanto sei bravo, Primo Cavaliere!”

Era ovvio che il Principe Esiliato volesse sfruttare la situazione a suo vantaggio per ferire suo padre e vendicarsi, ma per farlo gli sarebbe bastato uccidere Shouto mentre portava ancora il bambino in grembo. Perché aspettare? Katsuki era una minaccia, sì, ma era di Touya Todoroki che si stava parlando.

Per quanto Hawks si sforzasse, non riusciva ad avere un’intuizione che lo convincesse.

Al momento, era importante che Dabi accettasse la sua presenza e non lo vedesse come una minaccia.

Fece un gran sospiro, poi slacciò la cintura a cui era legata la sua spada e questa cadde a terra. Alzò le mani in aria, come se si stesse arrendendo. 

“Ora sono alla tua mercé, mio Principe.”

Dabi lo fissò come se fosse un completo idiota. 

“Dovrei far finta di non sapere che nascondi due ali sotto quel mantello?”

“Non era mia intenzione disarmarmi, non sono stupido,” disse Hawks. “Volevo solo offrirti qualcosa su cui poter basare un accordo.”

Dabi guardò l’arma a terra con sufficienza. 

“Ho centinaia di spade al Castello Vecchio.”

Il Cavaliere ghignò.

“Questa non è centinaia di spade. Davvero non la riconosci?”

Dabi si fece più vicino, allungando la mano per illuminare al meglio l’oggetto in questione. Quando comprese cosa stava succedendo, sgranò gli occhi.

“Perché ce l’hai tu?” Domandò. “Non dovresti averla tu.”

Un tempo, era stato Touya stesso a darla a lui, senza nessun merito per cui dovesse possederla. Ora era solo un ricordo perduto, appartenuto a un’altra era.

“Perché tuo fratello ha giurato che l’avrebbe gettata nella bocca di un vulcano attivo, piuttosto che impugnarla.”

Dabi lo guardò dritto negli occhi.

“Non provare a fregarmi, Hawks.”

“Non ci sono mai riuscito e non ci proverò ora.” Inspirò aria dal naso. “Abbiamo un patto?”

Il Principe Esiliato raccolse la spada da terra, le fiamme blu si spensero ma l’oscurità cadde su di loro solo per pochi istanti. Non appena la lama venne liberata dalla guaina, il tepore del fuoco rosso che l’avvolgeva la squarciò, illuminando il sorriso sinistro sul volto di Dabi.

“Sì, Cavaliere, penso che abbiamo un patto.”

   
 
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