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Autore: Eevaa    15/10/2022    7 recensioni
Dopo il primo mirabolante scontro con Broly, Goku decide di recarsi sul pianeta Vampa per potersi allenare con lui.
Il tempo vola quando ci si diverte, no? Tre anni passano in un batter d'occhio, tuttavia Goku non può immaginare che di ritorno sulla Terra troverà dei grossi, dolorosi cambiamenti.
[Post-Dragon Ball Super] [No Spoiler al manga] [Kakavege]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
 
 
 


- SOMETHING HUMAN -


Capitolo 7
La porta



 
 
La vita gli aveva più volte insegnato che seguire l'istinto non sempre fosse la scelta più ottimale. Come ad esempio quando l'istinto gli aveva suggerito di risparmiare i nemici al posto che dar loro il colpo di grazia - e la maggior parte delle volte si era rivelato un mastodontico errore.
Tuttavia c'era anche da dire che con Vegeta non lo fosse stato.
L'istinto gli aveva suggerito di risparmiarlo e, solo grazie a questo, aveva conosciuto una delle persone più straordinarie e complesse della sua intera vita. Se non ci fosse stato Vegeta al suo fianco non sarebbero riusciti a far fronte a tutte quelle battaglie, a tutti quei nemici.
Quindi sì, il suo istinto aveva una discreta probabilità di fallimento, ma senza provarci non sarebbe andato comunque da nessuna parte.
Poco gli importava se sarebbe poi tornato a casa con la coda tra le gambe. Tutto ciò che desiderava era non avere rimpianti, non pentirsi di non aver provato.
Vegeta era per fama incredibilmente testardo e, se persino Bulma gli aveva suggerito di insistere, allora avrebbe insistito.
Niente preamboli, niente ripensamenti. Avrebbe dovuto seguire il suo istinto e il suo istinto gli stava suggerendo di fare una sola azione. Follia? Sì. Poco importava.
Fu proprio per quel motivo che, quando Vegeta aprì la porta con la peggior espressione omicida, non gli lasciò nemmeno terminare la veemente pantomima.
«Sono le tre del fottuto mattino, dannazione! Kakaroth, mi sembrava di averti detto che-»
Goku lo prese per gli avambracci e se lo tirò contro.
Non aveva la benché minima idea di cosa diamine stesse facendo. Ma quello era istinto, giusto?
Lo baciò come non aveva mai fatto prima nemmeno con sua moglie, rudemente, senza alcun preavviso. Vegeta non oppose alcuna resistenza e, se in un primo momento rimase congelato sul posto, dopo qualche secondo Goku ebbe come la sensazione che ricambiasse, seppur con riluttanza.
La conferma di esserne innamorato gli giunse in quel momento, quando non provò alcun pentimento per ciò che stava facendo e, al contrario, avrebbe solo voluto andare avanti ad assaggiarlo, mettergli le mani addosso e non permettergli di allontanarsi neanche per sbaglio.
Un vero peccato che il suo istinto non gli avesse suggerito anche di parare quel pugno in piena faccia. Barcollò all'indietro con uno zigomo bruciante e nella mente solo dei grandi segnali di pericolo.
«Ahiaaaaaa!» si lagnò, con le mani premute sulla faccia e due lacrimoni ai lati degli occhi.
Cosa diamine era andato storto? Un secondo prima si stavano baciando e un secondo dopo Vegeta lo aveva respinto come un appestato.
Il Principe dei Saiyan, ansante e furioso, lo guardò come se avesse appena subito il peggiore degli affronti.
«Questa... cosa» ansimò, con un lieve tremore della voce. «Questa cosa non doveva accadere!»
Goku era ben lungi da pensare lo stesso. E, una volta che il dolore allo zigomo si attenuò, divenne serio.
«Guarda un po', invece è successo!» lo provocò, insolente come poche altre volte era stato. «Ti ha fatto così schifo?»
Vegeta si indispettì e digrignò i denti. Iniziò a piovere, poche gocce, qualche tuono lontano.
«Sì» rispose, secco. Molto meno secco di quanto avrebbe voluto risultare. Mentiva.
Una piccola finestra per poter agire, per Goku. Si avvicinò di nuovo e, sebbene Vegeta provò a indietreggiare di qualche passo, egli fu più veloce, categorico. Gli poggiò il palmo aperto sul petto, sul cuore. Vegeta era ancora... malato. Così come lo era lui.
«Non sembra che ti sia dispiaciuto» mormorò, avvicinandosi un poco più al suo volto.
Vegeta strizzò gli occhi e corrugò la fronte.
«Kakaroth, ti prego, ti prego, smettila...» una supplica poco convincente.
Goku lo baciò di nuovo, intrappolandolo contro il muro d'ingresso di casa sua.Vegeta, sempre a occhi chiusi, mugugnò una protesta senza né capo né coda.
«Fermami» disse Goku, staccandosi per un secondo. «Se non mi vuoi... fermami adesso» si aggrappò alle sue spalle e le strinse più forte, poi lo baciò un'altra volta. Vegeta, immobile, sembrava voler lottare contro un nemico impossibile da battere. Un altro bacio, prima sulle labbra, poi sul mento, poi sul collo.
«Ka... Kakaroth... fermati».
Ma, proprio quando Goku - con estrema difficoltà - cessò di baciarlo e si ritrovarono a guardarsi negli occhi, Vegeta decise che quello fosse il momento più adatto per arrendersi.
Alzò gli occhi al cielo, sarcastico e cinico come suo solito. «Oh, 'fanculo» soffiò infine.

Gli prese le guance e lo avvicinò con un gesto imperativo. Fu lui a baciarlo. Fu lui a divorargli la faccia, le labbra, il collo, il mento. Giusto perché era evidente che dovesse essere lui – sempre - a dettare le regole del gioco.
Ma andava bene così, andava benissimo così. Persino quando, con una forza bruta, lo spinse contro il muro opposto e gli saltò addosso come un leone. Alla faccia di chi provava schifo.
Una sola cosa fu chiara a Goku, da quel momento in poi: c'era nebbia intensa intorno al cervello che gli impediva di pensare. Non rifletté più. Non c'era senso di colpa, non c'era più dolore. Tutto il malessere delle precedenti settimane, la confusione, il tumulto, la mancanza. Non c'era più niente se non le mani di Vegeta addosso e, una volta tanto, non per fargli del male.
Ma erano pur sempre due Saiyan - la delicatezza non era parte del loro essere - e ben presto si ritrovarono a infrangere il tavolo del soggiorno e ribaltare il divano senza neanche rendersene conto.
Nonostante i vestiti strappati di dosso in malo modo, i morsi sul collo e le unghie nella carne, era quanto di più dolce Goku avesse mai provato. Niente impaccio, niente imbarazzo. Non pensava nemmeno di esserne in grado, era qualcosa che non gli era mai venuta naturale prima d'allora. Come se fosse sotto controllo dell'Ultra Istinto, ma senza alcuna trasformazione.
Ogni gesto, ogni sguardo, tutto sembrava combaciare.
«È sbagliato, Kakaroth, è sbagliato! Tutto questo è sbagliato!» mormorò Vegeta, fronte contro fronte.
«Dobbiamo fermarci?»
«Che cazzo, no!»
Frasi incoerenti. Diceva che era sbagliato, ma non c'era niente di più giusto. Non c'era nulla, nulla di più giusto che loro due, insieme. La pioggia là fuori, le luci fievoli, il solletico della schiena contro il tappeto.
Una coperta verde acqua, polpastrelli ovunque. La pelle calda, il profumo di bagnoschiuma al tè verde. Anche sentire male sembrava bene.
Niente di più giusto. Niente di più semplice.
Goku non odiava più l'amore.


 


Il soffitto di casa di Vegeta era bianco. C'era una piccola falena vicino al lampadario. Goku la osservava svolazzare pigra, annoiata. Strinse le dita intrecciate a una mano calda. Un avambraccio dietro la nuca, nocche che gli sfioravano la spalla, su e giù, piano. Un contatto inaspettato.
Si voltò un secondo verso Vegeta e anche lui sembrava trovare quella falena davvero, davvero interessante. La calma, la pace.
Il profilo appuntito del Principe era disteso. Non c'era più rabbia in quegli occhi. Il respiro lento, il petto che si muoveva al suo stesso ritmo.
Goku sistemò meglio il capo sull'avambraccio dell'altro e tornò con lo sguardo sul soffitto, poi chiuse gli occhi. Forse dormì un poco, forse invece sostò in quella bolla a metà tra il passato e il futuro, godendosi solo il dolce far niente e un tocco calmo, più delicato di quanto si fossero mai concessi.


Un illusione che non perdurò per sempre come avrebbe voluto, anche se il risveglio fu meno brusco di quello che Goku si potesse aspettare. Voltò il capo e trovò gli occhi di Vegeta addosso, un poco più cupi di prima. Quanto prima? Non riuscì a quantificare quanto tempo fossero rimasti lì.
«E sì che ho sempre pensato fosse una cosa platonica» mormorò Sua Maestà.
Goku corrugò la fronte.
«Pla-che?»
Vegeta si sforzò con molta evidenza di non scoppiare a ridere, o forse di non tirargli un pugno in faccia – di nuovo.
«Sei un deficiente».
Goku, invece, non si trattenne affatto dal ridere. Gli erano mancati anche i suoi insulti.
«È bello sentirtelo dire».
Vegeta alzò gli occhi al cielo poi, con uno sforzo piuttosto visibile, tolse l'avambraccio da sotto la sua nuca e si alzò a sedere con un sospiro.
«Io... Kakaroth... non so davvero cosa fare» ammise poi, con la testa tra le ginocchia.
Goku si affiancò a lui e iniziò a giocare con un lembo della coperta. Si guardò intorno per un attimo e rimase scioccato dal disastro che si erano lasciati dietro.
Cosa fare, chiedeva Vegeta. Beh, riordinare non sarebbe stata una cattiva idea, ma era evidente che non si stesse riferendo affatto alle condizioni del salotto.
«Suppongo che... dovremmo abituarci a questa cosa. Accettarla?»
Vegeta rabbrividì.
«Non è semplice».
Forse non lo era per davvero. O meglio, era stato semplice lasciarsi andare, fare ciò che avevano fatto, amarsi in quel modo istintivo. Ma le conseguenze?
Se fosse accaduto prima, Goku non si sarebbe neanche preoccupato delle implicazioni. Ma in quei mesi era cresciuto tanto, aveva imparato che ogni azione avesse una conseguenza. Che la vita non fosse semplice e giusta come quella bolla in cui aveva sperato di sostare più a lungo.
«Lo so. Non è stato facile nemmeno per me capire tutto questo in pochi mesi. La mia coscienza, i miei sentimenti... scoprire che... che non ho mai amato mia moglie. Che stavo con lei solo per comodità» confessò Goku, con un sorriso amaro.
Quella era senza dubbio una conferma. Non aveva mai amato Chichi, non si era mai sentito in quel modo con lei. Le sue mani addosso non erano giuste come quelle di Vegeta.

Il Principe lo guardò di sbieco, forse colpito da tale affermazione. Ma c'era paura nei suoi occhi, Goku la poteva scorgere. Lo conosceva bene.
«Non possiamo stare insieme. Tutto questo è un stato errore».
Quello fece male. Molto male, sebbene Goku sapesse che fosse solo derivato da ancestrali paure. Si lasciò sfuggire uno sguardo ferito che Vegeta, suo malgrado, non riuscì a sopportare.
«No, Kakaroth, non... non è per te» si affrettò a dire.
«”Non sei tu, sono io!?” Sarò anche stupido, ma questi cliché sono piuttosto famosi sulla Terra».
«E da quando in qua sai cosa significa la parola cliché?» domandò, ma Goku lo guardò di nuovo storto. Vegeta alzò gli occhi al cielo e sospirò forte, poi si sistemò a sedere più comodo sul tappeto. «Senti, lo sai che ti odio davvero tanto alle volte, che mi fai uscire dai gangheri. Ma non hai nulla di sbagliato... è questa situazione a esserlo».
Goku si rilassò un poco. Non aveva senso mettere il broncio: sapeva si sarebbe rivelato difficile, che Vegeta fosse più testardo di un mulo, che non sarebbero bastate quattro moine per tenerselo vicino.
Si armò di santa pazienza, incrociò le gambe sotto la coperta e lo fronteggiò con sicurezza.
«Dimmi, cosa c'è di sbagliato?»
Sua Maestà abbassò lo sguardo e fece spallucce. Intimidito? Non era mai stato timido.
«Ho dei figli. Tu hai dei figli. Siamo due uomini. Sulla Terra non è... non va bene» sospirò.
Goku si sorprese di quell'ultima affermazione. Non aveva mai pensato a quella cosa. E, a dirla tutta, non aveva mai pensato che potesse non essere accettata. Però era curioso.
«E su Vegeta-Sei?»
Vegeta rimase stupito da quella domanda. Avevano parlato qualche volta del loro pianeta d'origine, ma mai si erano spinti a tanto.
«Su Vegeta-Sei era normale, tra la terza classe, però. Se a un Saiyan della corte reale piacevano gli uomini, doveva comunque prendere in sposa una donna per generare figli, degli eredi».
Goku ci impiegò qualche istante a comprendere le implicazioni di quella frase ma, quando capì, sgranò gli occhi fino a farseli uscire dalle orbite.
«... ed è quello che hai fatto! Tu... tu lo sapevi? Tu sapevi che...» balbettò.
«Sì. Lo sapevo» ammise Vegeta. Un leggero colore rubino tinse le sue gote. «Ma Bulma... io le ho voluto bene per davvero. L'ho amata, ho amato il modo in cui mi ha cambiato, mi ha accettato, la sua personalità. Solo che... beh... non è...»
«Un uomo. Io lo sono» concluse Goku, con semplicità.
«Grazie, me ne sono accorto».
«Non dirmi che reputi sbagliato tutto questo perché sono di terza classe» disse Goku, stranito.
Vegeta alzò le spalle con fare distratto.
«Beh, forse questo fa parte del problema. Mi hai superato nella lotta, hai vissuto con i Terrestri... sei sempre stato diverso da me. Eppure... eppure sono stato cieco da non vedere quanta invidia ci fosse dietro il mio odio. Quanto... cosa ci fosse nascosto. Su Vegeta-Sei non era consentito ai principi di frequentare una persona di basso rango. Era considerata una grave onta familiare».

Parole. Solo un sacco di parole che giravano intorno a qualcosa. No, Goku non l'avrebbe bevuta, o non avrebbe accettato tutte quelle scuse come risposta.
«Non siamo più su Vegeta-Sei. Ci abbiamo vissuto pochi anni delle nostre vite. È davvero così importante, adesso? Non ci sono classi sociali, qui. Nella Regione dell'Ovest so che non c'è problema di discriminazione. I nostri figli... non sono retrogradi. E non dobbiamo per forza farglielo sapere nell'immediato. Di cosa hai paura, Vegeta?» domandò, serio.
Il Principe divenne più rigido e, giusto per far scoppiare quella bolla, si alzò.
Iniziò a rivestirsi con foga, senza guardarlo in faccia. Goku recuperò da terra i suoi indumenti – quello che ne era rimasto – e fece lo stesso.
«Non ho paura di niente» rispose secco, terminando di infilarsi i pantaloni.
Bugie. Goku glielo leggeva in faccia. Aveva imparato a conoscerlo bene in tutti quegli anni, e capiva quando mentiva. Aveva capito che mentiva quando si era finto un completo stronzo senza cuore, aveva capito che mentiva quando aveva detto che non gliene fregasse niente di nessuno e si era lasciato possedere da Babidi.
Vegeta aveva sempre tentato di nascondere la parte migliore di sé, eppure lui l'aveva sempre trovata, l'aveva sempre vista. Per quel motivo gli aveva dato una possibilità, all'inizio. E gliel'aveva data di nuovo, e di nuovo ancora.
Il Principe era orgoglioso, voleva nascondere le sue paure, voleva nascondere il suo orgoglio, le sue insicurezze. Ma non le poteva nascondere a Goku. Non più.
«Stai mentendo» soffiò. Si avvicinò a lui e gli prese un avambraccio per costringerlo a guardarlo in faccia. «Perché stai mentendo? Mi hai detto che non sono sbagliato, eppure sembra proprio questo il problema. Sono io il problema?»
Vegeta si divincolò e divenne livido.
«Kakaroth, dannazione! Ce ne sono tanti di problemi, troppi. Ce ne erano tanti prima, ce ne sono tanti ora. Come puoi pensare di tornare qui dopo tre anni, quando tutto è cambiato, e pretendere di fare l'allegra famigliola?» ringhiò, adirato. «Di fare i fidanzatini? Mi viene il vomito solo a pronunciarlo!»
Per un attimo i suoi occhi divennero ancor più scuri, taglienti. Come il giorno in cui Goku era tornato da Vampa.
Avrebbe preferito un pugno.
«Ah, allora è questo il problema» urlò Goku, costernato. «Tu ancora non mi hai perdonato per essermene andato! Tu non... tu non ti fidi di me!»
Gli sembrava incredibile che, dopo mesi e mesi e tutto ciò che era accaduto, fossero ancora a quel punto.
«Beh, mi risulta giusto un tantino difficile farlo, quando da un minuto all'altro potresti trovare un nuovo combattente venuto da chissà dove e andare ad allenarti con lui. Perché è questa la tua natura, sei fatto così. Quanto durerà questa messinscena del padre di famiglia?» sibilò il Principe, con una cattiveria che non gli apparteneva più da un bel po'.
Goku poteva capire la sua paura, poteva comprenderla. Ma quello che aveva dimostrato in quei mesi non significava niente? Tutti erano riusciti a metterci una pietra sopra, persino Bulma.
Perché il maledetto orgoglio di Vegeta gli impediva di farlo? Perché non poteva accettare di perdonarlo e di vivere quel rapporto?
«Vegeta, io non me ne andrò... lo sai, io... sono cambiato» sussurrò.
Gli si avvicinò e tentò di prendergli la mano, di nuovo, ma Vegeta la scansò. Abbassò lo sguardo, quasi si vergognasse di quella paura.
«Forse mi ci vuole del tempo per crederci» sussurrò il Principe, infine. Gli tremava la voce, ma si mordeva il labbro come per trattenere qualcosa.

 
Fidati di lui”.

Goku avrebbe voluto urlare, ma non lo fece. Era cambiato per davvero, cosa avrebbe dovuto fare per dimostrarlo? Perché non riusciva a ottenere la sua fiducia?
«E ora?»
«E ora io voglio solo che tu esca da quella porta». Vegeta si voltò di spalle nel dire quelle parole.

 
Non permettergli di aprire quella porta”.

Una fitta al petto, di nuovo. Come a Natale. Come quando Vegeta l'aveva cacciato. Perché, dopo tutto l'impegno, stava ricevendo solo coltellate?
«... non puoi... non puoi mandarmi via, adesso. Non dopo che...» dovette impegnarsi per non piangere. Era ingiusto, troppo ingiusto.
«Posso. Posso, Kakaroth. Posso, e devo. Lo devo a me stesso».
Vegeta non lo guardava, era girato in mezzo a quel salotto distrutto, con i pugni stretti e la testa bassa. Goku barcollò indietro, fino alla porta. L'aprì con fatica, come se sapesse che una volta varcata quella soglia ci sarebbe stato solo freddo. Freddo, dolore. Vita reale.
«Almeno... ci penserai?» mormorò flebilmente.
Vegeta tremò. Era un singhiozzo?
«Sì...» disse. Mentiva. «Ma adesso... ti prego, vai via, Kakaroth».

 
Non lasciarlo andare”.

Goku lo guardò un'ultima volta. Poi varcò la soglia.
Freddo, dolore. Vita reale.



Goku si chiuse la porta alle spalle e si rese conto di quanto la vita non fosse semplice. Di quanto niente fosse semplice come quella bolla di felicità.
Si rese conto che le illusioni fanno male e, anche se ci si impegna a fondo, anche se si fa di tutto per cambiare, non sempre ciò dà i frutti sperati.
Perché Vegeta non tornò. Vegeta non lo cercò.
Bulma gli disse di insistere ancora, Crilin gli suggerì di aspettare che fosse lui a farsi vivo.
Trascorsero le settimane, passarono i mesi, ma Vegeta non lo chiamò più e il suo mondo sembrava aver perso ogni colore, ogni sfumatura.
Sentiva ancora le sue mani addosso, sentiva ancora quel tocco calmo sulla spalla e, se chiudeva gli occhi, poteva vedere la falena annoiata sul soffitto. Poi li apriva e si rendeva conto di essere solo, di avere freddo, che non ci fosse alcuna coperta verde acqua a coprirlo e nessun avambraccio dietro la nuca.
Gli sarebbe mancato ancora, gli sarebbe mancato sempre. Le loro battaglie, i loro battibecchi, il modo in cui lo chiamava “Kakaroth” con quel tono acido, le lunghe pause dopo gli allenamenti. I suoi silenzi, i suoi sguardi seri, il modo in cui arricciava le labbra per non sorridere delle sue pessime battute o delle sue idiozie.
Capire di averlo perso come amico, come rivale, come... come qualsiasi cosa, lo faceva stare male. Ma avrebbe dovuto accettarlo. Avrebbe dovuto accettarlo da quando era tornato e lui l'aveva guardato in quel modo che gli mozzava il respiro.
Goku imparò che la vita non è giusta, che la vita non è come la si desidera.
Vegeta si era preso il suo amore e non gliel'aveva più ridato indietro.
Odiava l'amore.
Era quello, dunque, il grande pegno di essere umani? Soffrire?


 


Goku guardava il cielo d'estate e sorrideva alle stelle. Lo spazio era lontano, ma avrebbe sempre accolto il suo sguardo alieno.
«Papà... è pronta la cena». Goten si affacciò con un sorriso dalla porta della casa di Gohan. Gridolini di gioia all'interno, le risate di Pan che faceva il solletico ai gemelli. La voce di Videl che si complimentava con Gohan per aver preparato una cena deliziosa.
Goku lanciò un'ultima occhiata al cielo e richiamò il pensiero a sé, poi sorrise al suo secondogenito. Lui l'aveva perdonato. Loro lo avevano perdonato, e in quei mesi avevano costruito qualcosa di meraviglioso. Era diventato un buon padre.
Aveva ancora dei buoni motivi per rimanere sulla Terra. Li amava, e si sentiva amato.
La lezione di vita che aveva ricevuto dopo che era tornato da Vampa gli era costata cara, ma aveva imparato.
Essere umani era difficile ma, nonostante tutto, ne valeva la pena.
«Arrivo».


 
終わり



Cos'è successo, Kakaroth?
È successo che il tempo è passato e non mi ha dato alcuna risposta. È successo che non sono cambiato e tu invece sì. È successo che non ti ho dimenticato, mai, neanche un giorno.
Ma è anche successo che sono passati undici anni e non ho mai trovato il coraggio di dirti niente.
Undici anni da quella notte e tu sei cresciuto, hai mantenuto tutte le tue promesse. Non sei più andato via. E io non ti avevo creduto e mi sono rotolato nelle mie stesse paure.
Non ti ho mai dato una vera possibilità.
Tu hai saputo perdonarmi errori ben più gravi e io, invece, ti ho allontanato per così poco. Tu mi avevi salvato, mi avevi cambiato, e io non ho saputo fare lo stesso con te. Non ho mai avuto un grande cuore come l'hai avuto tu con me e questo dimostra che non ho mai smesso di essere il cattivo, in tutta questa storia.
Non ho mai dato una vera possibilità a noi, e non solo per colpa tua. Soprattutto per colpa mia. “Non sei tu, sono io”. Che stupido, veritiero, maledettissimo cliché terrestre.
Ti ho detto che eravamo sbagliati.
Beh, in undici anni non mi sono mai sentito così giusto come quando eravamo sbagliati.
Undici anni di amaro e placido far finta di niente durante le cene e i pranzi in famiglia, eventi obbligati. Tu che sorridevi a tutti tranne che a me. Con me non sorridevi mai, alzavi le guance e facevi finta.
Undici anni che sembrano essere passati lenti e in fretta allo stesso tempo. Tutti i nemici che sono arrivati li abbiamo sconfitti l'uno accanto all'altro, come abbiamo fatto anche in passato. Ma non era più la stessa cosa, non è vero? Eravamo vicini, ma neanche ci guardavamo.
Non abbiamo più combattuto insieme, non abbiamo più affrontato niente allo stesso modo.
Kakaroth, non ho mai smesso di essere malato. Lo sono ancora di più ora e, se potessi fare qualcosa... qualsiasi cosa per tornare a quella notte, lo farei. Fidarmi di te, mettere da parte l'orgoglio che mi ha sempre divorato.
Ma purtroppo non posso far scorrere indietro le lancette di questo dannato orologio. Posso solo aspettarti, e io ti aspetterò.

Dovrò solo trovare il coraggio di darti questa lettera e tu avrai tutto il diritto di urlarmi contro quanto mi odi e quanto non ho il diritto di tornare da te dopo tutto questo tempo. Che è troppo tardi, che devo andare a farmi fottere.
Ma lo farò lo stesso, anche a costo di prendermi una porta in faccia come io l'ho data a te.

Lo devo a me, lo devo a te, lo devo a noi.

 
Questa malattia è la mia condanna e tutto ciò che mi tiene ancora in vita.
Perdonami.
 
Vegeta IV

 
 
Continua...

Riferimenti:
-終わり: questa scritta in kanji significa "Owari": Fine. Ho voluto metterla perché in qualche modo quello potrebbe essere il finale di questa storia, ma poi... beh, dovrete leggere il prossimo capitolo, l'epilogo, per scoprire cosa intendo.
-Il fatto che sul pianeta Vegeta l'omosessualità fosse normale ma che i Saiyan di prima classe dovessero sposare una donna per procreare è tutta mia fantasia. Questo concetto differisce leggermente da come intendevo in HAKAI la società Saiyan - ossia che fossero tutti bisessuali, famiglie allargate, ecc ecc - semplicemente perché questa storia è stata scritta prima (nel 2020) ma pubblicata solo ora, e non volevo alterare le cose. 

 
ANGOLO DI EEVAA GRACE:
Holaaa, gente di mare! Sono in anticipo, perché domani sarò al Como Fun! In quanti presenti?
Anywayyyy ci risiamo con la sofferenza, con l'angst, con tutte queste cose che ci piacciono tanto. Giusto perché non sono in grado di scrivere una storia d'amore semplice, lineare, in cui tutti vivono per sempre felici e contenti. NO.
Dai, è di Vegeta che stiamo parlando. Ci ha messo metà della sua vita a far pace col cervello e diventare quello che conosciamo... direi che undici anni per capire il suo errore sono pure pochi. LOL. Maledetto coglione.
Povero Goku T___T beh, direi che dopo questa batosta ha finalmente capito molte cose. 
Ma parliamo del finale! Anzi, non è che posso parlarne molto, perché altrimenti spoilererei l'epilogo della storia, ma sappiate che ruota tutto intorno a quella lettera scritta dal nostro Principe dei Disadattati. E ci sarà... beh, un bel cambiamento. Non voglio anticiparvi troppo, ma sappiate che l'unico motivo per il quale ho deciso di pubblicare questa storia (che un po' ancora odio) sono questi ultimi due capitoli, gli unici che mi convincevano xD
Spero che piacciano anche a voi.
A domenica prossima con l'epilogo - per i temerari che ancora non mi sfanculano dopo tutto questo angst. Un abbraccio,
Eevaa Grace




 
Nel prossimo capitolo:
... scherzone. Niente anticipazioni. Perché sono bastarda fino alla fine.
  
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