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Autore: Marti Lestrange    19/10/2022    1 recensioni
[Grimmauld Place non era la casa spettrale che divenne poi, col tempo, man mano che siamo cresciuti e ce ne siamo andati. Grimmauld Place era la casa dei giochi infiniti, delle risate soffocate dietro qualche tendone, delle fughe da Kreacher, delle eterne partite a carte o Gobbiglie, del fuoco che ardeva nel caminetto e la torta alla zucca, delle scale che erano la nostra nave da governare in un mare in tempesta, e la soffitta la terra straniera e selvaggia da esplorare alla ricerca di tesori nascosti.]
— raccolta partecipante al “Writober” di fanwriter.it ;
I. giorno 7 — piccolo
II. giorno 8 — pallore
III. giorno 10 — undici
IV. giorno 11 — aurora
V. giorno 13 — glicine
VI. giorno 16 — teatro
VII. giorno 18 — stelle
VIII. giorno 19 — polvere
IX. giorno 20 — confessione
X. giorno 25 — sangue
XI. giorno 26 — fratello
XII. giorno 28 — penombra
XIII. giorno 29 — seta
XIV. giorno 30 — giuramento
XV. giorno 31 — paura
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alphard Black, Altro personaggio, Sirius Black, Walburga Black
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'in the name of the Black.'
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NOTE INIZIALI: non ho aumentato il rating da arancione a rosso, ma se necessario fatemi sapere e lo modifico. Grazie.
 



The Sign of the Southern Cross 

 

VIII.

 

[ giorno 19 — polvere ] 

 

Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris. Cosa significa?”

“Ricordati, uomo, che polvere sei e in polvere ritornerai.”

 

Giro il viso verso Frederick, distogliendo lo sguardo dall’incisione che campeggia nella grande sala dove generazioni e generazioni di Nott hanno fatto la storia della famiglia. 

“Wow. Altro che toujours pur. Siamo principianti, noi.” 

Frederick scoppia a ridere. “È pomposo, lo so. I Nott sono fatti così.”

 

“In generale, prendiamo molto sul serio la storia e le tradizioni, e ciò che viene tramandato di padre in figlio. Siamo Purosangue.” Storgo il naso alle mie stesse parole: mi sembro mia madre.

“Già.”

“Un giorno anche tu amministrerai la famiglia da qui.”

“Oh, non penso. Mio padre non l’ha mai usata, questa sala, ha sempre detto che gli ricordava quel barboso ammuffito di suo padre, e poi era stufo di comportarsi da signorotto medievale.” 

 

Scrollo le spalle. Effettivamente. 

“Effettivamente non ha torto,” gli dico quindi.

“Sul barboso ammuffito?”

È il mio turno di scoppiare a ridere, ora. “No, scemo. Sul signorotto.”

Frederick mi guarda sorridendo. È ancora più bello. I capelli biondi sono illuminati dalla luce del sole che penetra nella sala. Un sole estivo. 

 

“L’anno scorso mi scrivevi poesie d’amore guardando le stelle e un anno dopo siamo qui, insieme.” 

“Non ti scrivevo poesie d’amore,” protesta Frederick assestandomi una pacca sulla spalla. 

Io mi scanso d’istinto. “Sì, invece. Com’è che faceva…? Chiedo alle stelle di te?”

“Non prendermi in giro, Black, non si mette bene per te.”

Alzo un sopracciglio. “È una minaccia, Nott?” D’istinto, comincio a indietreggiare nel momento esatto in cui Frederick fa un passo verso di me.

 

“Ricordati che sei a casa mia, come mio ospite. Posso sempre decidere di tenerti in ostaggio qui per sempre…”

“Be’, nessuno si accorgerebbe che manco da casa, tranquillo. Almeno chiedi un bel riscatto.”

Frederick non la smette di avanzare, e ben presto mi ritrovo con le spalle contro la finestra, e finiamo nascosti dietro uno dei grandi tendoni che adornano la sala, verdi come un po’ tutto lì dentro. I Purosangue sanno essere così banali.

 

“Fregato. Ora come scappi?” Allunga le mani e mi imprigiona tra il suo corpo e la finestra. Sento le mie labbra inclinarsi in un ghigno e il mio stomaco tendersi. La presenza di Frederick, praticamente spalmato addosso a me, mi fa fremere di anticipazione. 

“Forse non voglio scappare?”

“A me sembrava stessi scappando, fino a pochi secondi fa.”

 

“Volevo che mi prendessi. E mi facessi prigioniero. Tienimi qui, Frederick. Tienimi qui per sempre.” Non sono solito dire certe cose ad alta voce, ma ho solo espresso un desiderio che sento da tempo, il desiderio di appartenere a qualcuno, o a qualcosa, di sentirmi voluto, e apprezzato, e amato, soltanto amato. Frederick mi fa sentire tutte queste cose e il pensiero di non averlo più a Hogwarts con me dal prossimo anno mi fa stare male. 

 

Lo vedo sorridermi, e tendere una mano ad accarezzarmi una guancia. Mi sento vulnerabile sotto il suo tocco, ma mai in pericolo. Mi fa sentire a casa anche solo guardandomi, come nessuno potrà fare mai.

“Vorrei. Non sai quanto, Al.”

“Ma non puoi. So anche questo.”

“Posso tenerti con me fino alla fine dell’estate, però. Che ne dici?”

 

Annuisco. Ora sono io che alzo una mano, anzi, entrambe le mani, e le incastro dietro il suo collo, giocherellando con i suoi capelli. Frederick non attende una mia risposta, si limita semplicemente a sporgersi in avanti, e io incontro le sue labbra inclinando la testa, lasciandolo entrare, approfondendo un contatto che ho anelato per tutta la giornata. Ed è naturale afferrare la sua mano e lasciarla scivolare in giù, verso la cintura e oltre il bordo del mio pantalone. 

 

“I domestici potrebbero scoprirci… Vengono spesso qui a togliere la polvere,” ridacchia Frederick toccandomi piano.

“Che ci scoprano,” sussurro al suo orecchio, spingendo i miei fianchi in avanti, contro la sua mano, strusciandomi contro la sua pelle morbida. “È così eccitante…”

 

Frederick non bada ad altro che a me, quindi. Mi accarezza, dapprima lentamente, facendomi gemere piano, e poi sempre più intensamente, il mio viso nascosto nel suo collo per non fare troppo rumore, le sue dita strette intorno al mio pene pulsante e duro. Affondo i denti nella sua pelle quando vengo con fragore e addosso a lui, i pantaloni ormai raccolti intorno ai miei piedi insieme agli indumenti intimi, la camicia raccolta sotto le ascelle. Frederick è rimasto vestito e mi bacia con passione, incurante dello sperma che gli ha macchiato i pantaloni. Si lecca le dita, e io lo guardo pensando che non esista al mondo essere umano più angelico e licenzioso allo stesso tempo. È come se fosse un demone travestito da angelo venuto a farmi perdere il senno e il sonno. 

 

“Sei bellissimo,” mi dice baciandomi ancora, le mani ora a tenermi per i fianchi. 

Tu lo sei,” ribatto. Le mie dita scorrono tra i suoi capelli, non mi stancherei mai. 

“Abbiamo fatto un casino, vero?” chiede subito dopo, staccandosi da me e guardandosi intorno. 

“Non importa, perché ne stiamo per fare un altro,” ridacchio, la mia mano che corre a sud della sua cintura, laddove il suo pene attende attenzioni. 

Frederick mi guarda ghignando. E poi ricominciamo. 

I domestici avranno altro da pulire oltre alla polvere, temo. 

 

✩ ✩ ✩
 

NOTE: oggi esageriamo XD ho voluto far divertire un po' questi due, dai, se lo meritavano; spero vi sia piaciuto! A domani ♡

 
   
 
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