Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: jakefan    21/10/2022    2 recensioni
L'acqua di un fiume sembra sempre la stessa all'uomo che la guarda scorrere, seduto sulla riva. Ma Mikasa si immerge nel fiume e la corrente la porta lontano. Dove non avrebbe mai pensato di arrivare.
Mkasa e Levi devono fermare Eren e volano verso la loro missione, fino a quando un fortissimo mal di tesa non paralizza Mikasa. Dal capitolo 138 del manga. Ovviamente è tutto uno spoiler.
Genere: Drammatico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eren Jaeger, Mikasa Ackerman
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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- Ymir. È bello vederti sorridere.
- È bello rivederti, Eren Jaeger.
- Mi sono perduto, Ymir. È bello, qui. Potrei vacillare. 
- Non lo farai, io lo so. Ti ho dato tutta la mia forza.
- Mi serve una luce, una direzione. Come riuscirò a…
- Trova in lei la forza.
- Ymir…
- Poniti questa domanda, Eren Jaeger. Chi o cosa io, la Progenitrice, ho amato più del mio Re?


Quando Mikasa apre gli occhi, la sua prima sensazione è quella del vuoto lasciato dal corpo di Eren. Ma per fortuna lui non è lontano. È seduto sul letto, i lunghi capelli che gli scendono sulla schiena nuda, e la guarda pensieroso. Forse è proprio questo che l’ha svegliata: sentire gli occhi di Eren sulla pelle. E' strano che il verde lucente dei suoi occhi sia ora scuro come un lago di cui non coglie la profondità.
- Sei sveglia. Hai dormito bene?
- Sì. Era tanto che non dormivo così.
È la pura verità. In guerra il sonno è sempre leggero, ma in questo luogo non c’è guerra. Non è la prima volta che dorme accanto a Eren, ma qui è… diverso.
 Il ricordo del giorno prima non fa alcun male: è come se, una volta detto, quel ti amo disperato avesse lasciato un vuoto pronto a riempirsi.
Una sorta di attesa.
- «La stessa cosa sono il vivente e il morto, lo sveglio e il dormiente, il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli e quelli di nuovo mutando son questi» 
- Co… come, scusa? Che vuoi dire?
- Niente, non importa. Ti ho promesso una cosa, ricordi?
- Hai promesso che mi avresti raccontato una storia.
- Giusto. Ti racconterò una storia, Mikasa. Una storia vera. Vieni con me.

Fuori, davanti all’alba rosata, Eren prende le mani di Mikasa. Chiude gli occhi e gli sfugge una parola - un sospiro, o forse un nome. Ymir misericordiosa. Aiutami.
- Guardami negli occhi, Mikasa. Stai con me. Fidati di me.
Le loro fronti si toccano. 
In quel preciso momento il cielo, le montagne, il prato su cui entrambi posano i piedi nudi si dissolvono, tornano ad essere sabbia luminosa sulla riva di un fiume.
- Cosa… Eren! Dove siamo? Voglio tornare a casa. Alla capanna… Voglio andare alla capanna, a casa nostra! La pentola sul fuoco. Noi…
E poi Mikasa si sente cadere, mentre si trovano inermi al centro di tutto: è come se allo stesso tempo si trovasse fuori da sé, e con lei Eren, protagonisti e spettatori. Le loro vite scorrono in cerchio, vorticano rapide, come figure intraviste nelle pagine di un libro sfogliato troppo in fretta.

- Guarda. È il giorno della commissione d’inchiesta, dopo la battaglia di Trost. Zachary deve decidere cosa fare di me.
- Come… come è possibile? Quella… quella sono io! Siamo noi!
- Osserva, Mikasa.

Il giorno del giudizio. Io incatenato a quel palo, in ginocchio, pronto per l’esecuzione. Mi hanno trattato di merda, bella ricompensa per aver chiuso la breccia, ma non sapranno mai quanto avevano ragione. Quanto era giusta, già allora, la loro sentenza.
Avrebbero dovuto uccidermi subito.
Non sapranno mai quanto vicina sia stata la loro distruzione, quanto la mia rabbia li abbia sfiorati. Non lo sapevo nemmeno io.
Mikasa. Non avresti dovuto arrabbiarti così con Levi Ackerman.
Lo sai, vero, che se non siete morti tutti all’istante è merito suo? Siete vivi per la fiducia che riponevo in lui, per l’assoluto rispetto e la venerazione infantile, che in quel momento ha tenuto in catene me e la mia rabbia omicida. Dopo, gli hai portato rancore per anni, per il modo in cui mi ha picchiato, nonostante ci abbia salvati tutti. Adesso puoi immaginare cosa avrebbe potuto succedere?
Quello che davvero non sai è… In nome di Ymir, Mikasa, non sai qual è l’unica cosa di cui ho avuto davvero paura.
Ora devi saperlo.
Che ti facessero del male. Che ti uccidessero. Che ti togliessero da questo mondo.
Senza di te sarebbe diventato insopportabile. Io ho urlato, tutti mi hanno sentito e hanno pensato c
erto, sono cresciuti insieme, sono famiglia. Ma non hanno capito di cosa avevo davvero paura.
 E neanche tu hai capito il mio terrore di perderti.
Mikasa.
Se ti avessero anche solo toccata, sarebbero morti all’istante.


Le pagine del libro scorrono, avanti e poi ancora indietro. Le immagini diventano nitide e poi nuovamente si dissolvono e poi tornano. L’ordine in cui Mikasa deve leggere, lo decide il cuore di Eren.

- Questo non lo voglio vedere, Eren. E nemmeno… questo.
- No, invece devi. È necessario. Non posso sopportare che… Ah, ti prego. Guarda e basta.

È più di un momento. Non riesco a mostrarti tutto, perché fa troppo male, in certi momenti. Qui, per esempio. Distretto di Trost. Qui ci avevano divisi, eravamo in due squadre diverse. Volevi stare con me a tutti i costi, per proteggermi, e io… ti ho urlato addosso, ti ho spinta via, credo anche di averti fatto male, forse una testata. Ma perché non mi hai detto quel che mi meritavo? Avresti dovuto. E invece no. Mi hai solo chiesto di non morire. La solita sciocca.
E guarda: qui siamo sulle mura. Tu stai sollevando pesi, spostando casse, stiamo lavorando duramente per andare avanti, tu sei quella che lavora più di tutti. E io un po’ ti odio, ma odio di più me, perché mi sento sempre inutile.
Era impossibile essere degni di te, Mikasa.
Non lo sopportavo più.
Io non volevo più essere il tuo fratellino minore, ma non per il motivo che pensi tu.
Non riguardava me, riguardava te. Era per come mi guardavi.
Io volevo essere forte come te, Mikasa. Anzi, più forte.
Io volevo che tu mi vedessi uomo.
Io volevo proteggerti, Mikasa.
Io volevo proteggere te. Sempre.
Volevo che tu mi vedessi come un uomo.
Perché volevo essere il tuo uomo.


- Eren. Oh mio Dio. Non mi importava che tu fossi forte per me. Sei tu che mi hai resa forte, te lo ricordi? Sei stato tu. Se solo avessi immaginato che... Mi spiace, mi spiace così tanto…
- Lo stai facendo di nuovo, Mikasa.
- Cosa, sto facendo di nuovo?
- Quando la smetterai di chiedermi scusa?

Mikasa inclina la testa, la appoggia alla spalla di Eren. Restano così. Eren posa una carezza ruvida sulla guancia dove, un tempo, ha lasciato una cicatrice.
- Fa male. Il male che ti ho fatto. Mi devasta. E non posso nemmeno… Tornare indietro. Cambiare le cose.
- Perché, perché no? Non dire così, quale male, non mi importa niente! Se anche tu mi… Torniamo a casa, ti prego! Che altro ci serve? Per favore!
La mano di Eren avvolge la guancia di Mikasa. I suoi occhi si induriscono, mentre con il pollice sente la pelle più ruvida, dove la carne è stata tagliata. 
- Basta parlare. Dobbiamo continuare. Vieni, Mikasa.

- Ti ricordi qui, dove siamo?
- Fermati, per favore, non ce la faccio. Quello… Non voglio rivederlo. Mi è bastato una volta. Non voglio!
- Guarda bene. Sto per…
- Lo so cosa stai per fare. Basta, Eren. Basta!
- Qui è dove te l’ho detto.
- Non voglio vedere. Non voglio. L’ho dimenticato, lo sapevo che mentivi, non voglio…

In questo mondo si soffre come nell’altro. Lo so. Ma devi guardare.

Le lacrime scendono, Mikasa geme, un pianto lungo da animale ferito, la ribellione di una bestia trascinata al macello.
- Qui è dove ti ho detto che ti ho sempre odiata.

Non so quando ho cominciato a capire. Se non fossi l’idiota che sono, l’avrei capito la prima volta che ho avuto voglia di picchiare Jean. Invece di picchiare lui, ho convinto te a tagliarti I capelli. Non mi piaceva come li guardava.
Sono ancora belli, Mikasa. Tu sei bella. Dopo tutto questo dolore, sei così bella.
Quanto ci ho provato, Mikasa, a staccarmi da te. 
Cercavo pretesti, continuamente, ovunque. Ci ho provato in tutti I modi.
Sono andato via. Ho detto a Louise di gettare via la tua sciarpa. Ho chiesto a mio fratello cosa pensava di te, volevo che mi dicesse che non era niente, che non contava nulla. Non mi è piaciuto quello che mi ha detto.
Perché da quando ho capito cosa dovevo fare, il problema era tutto in quello: staccarmi da te.
Qui è dove ti ho detto che ti ho sempre odiata.
Guardami bene, Mikasa.
Guarda i miei occhi.


Mikasa non vuole, non ha la forza, e allora Eren l’afferra, le gira la testa mentre la tiene stretta a sé, e guardano l’Eren che picchia Armin, la Mikasa di quel momento distrutta. Allora la Mikasa tra le braccia di Eren singhiozza più forte. Non può fuggire. Le braccia forti di Eren la imprigionano, le alzano il viso, la costringono.
Finché lei le vede.
Lacrime.
Il demone sta piangendo. Mentre li distrugge, Eren piange.

Guardami. Ora sai tutto. Ora mi vedi?

Quando ti ho avvolto quella sciarpa, ero già innamorato di te.

C’è una bellezza di Eren che tutti vedono, e una che solo Mikasa vede. Questa durerà mille anni. Andrà oltre questo momento, andrà oltre lo spazio, resterà eterna perché il cuore di Mikasa è un luogo come i Sentieri, dove il tempo non conta nulla. È in una sorta di eternità sorpresa che questo giovane uomo sconosciuto, l’uomo che lei vede per la prima volta, le si avvicina, le prende una mano, se la posa sul cuore. 
- Senti la mia pelle, Mikasa.
E sono di nuovo nella capanna. Seduta sul letto, Mikasa trema.
In ginocchio davanti a lei, Eren passe le mani nei capelli neri e fitti. Sono lunghi, di nuovo lunghi, come è possibile? Eren li fa scorrere fra le dita, se li gira attorno alle mani e li bacia; poi se ne libera, e lentamente le toglie la sciarpa.
- Questa non ti serve più. Sono qui. Siamo qui.

E' la voce vera di un Eren vero, di carne e sangue, che pronuncia le parole.
- Ti amo, Mikasa. 
Quando la bacia, per Mikasa è come arrendersi, dolcemente, a qualcosa di eterno come la morte.
Apre la bocca.
Si lascia andare.
   
 
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