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Autore: Milly_Sunshine    30/10/2022    1 recensioni
Parodia degli young adult scolastici e dei loro stereotipi. A causa di una gravidanza adolescenziale Hope, detta Hopeless, ha dovuto lasciare la scuola. La sua formazione scolastica ne è stata duramente stroncata: non ha mai potuto partecipare a un ballo scolastico, né diventare cheerleader, né essere protagonista di un triangolo amoroso con i due ragazzi più belli della scuola, né tantomeno criticare con assiduità il cibo dalla mensa scolastica. A trentatré anni si iscrive dunque alle scuole serali nella speranza di rimediare, scoprendo che sarà in classe con l'amico d'infanzia Valentin, che non sa di essere il padre di sua figlia Destiny. Realizzando che Valentin è divenuto rozzo e ben poco attraente, Hopeless decide quindi di puntare al ragazzo più sexy della classe, Seraphin, e al suo compagno di banco Kostantin, contendendosi nel frattempo il ruolo di capo cheerleader con l'ex migliore amica Faith, cercando di corrompere la professoressa Prudence e facendo colpo sulla bidella Winter. /// Racconto scritto a tempo perso tra il 2019 e il 2022 e pubblicato anche sul forum Scrittori della Notte.
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome, Triangolo
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La sveglia iniziò a suonare: DRIIIIIN. Mi sentii sollevata: con la sveglia poteva iniziare la mia storia.
Iniziò nel peggiore dei modi, mentre ero divisa tra due fuochi. Il primo fuoco era rappresentato dalla sveglia, che squillava per ricordarmi che a quell'ora dovevo mettere il collirio con il quale stavo curando la congiuntivite, mentre il secondo era rappresentato dal registratore di cassa, sul quale stavo facendo scorrere la spesa dell'ennesima cliente.
Decisi di resistere alla tentazione del collirio e mi sbarazzai della signora che mi scrutava con attenzione.
Pagò con il bancomat, il che mi fu d'aiuto, perché non fui costretta a contare le monete del resto, poi si allontanò. Infine si girò e, all'improvviso, tornò indietro.
«Hope!» esclamò.
Non avevo la più pallida idea di chi fosse, ma non mi lasciai intimidire.
«Veramente al giorno d'oggi mi chiamano tutti Hopeless e credo che questo soprannome rispecchi molto di più l'essenza della mia stessa esistenza.»
La signora annuì.
«Hai proprio ragione, Hopeless. Eri senza speranza da ragazzina e lo sei tuttora. A proposito, ti ricordi di me?»
«Mhm... no.»
«Sono la madre di Valentin e, dato che prima o poi lo scoprirai, ti annuncio che mio figlio è tornato in città.»
«Azz, la madre di Valentin?!» esclamai. «È invecchiata malissimo, signora, non l'avrei mai riconosciuta se non mi avesse detto che era proprio lei! Comunque mi fa piacere per Valentin.»
«A lui, invece, non fa molto piacere. Ha perso il lavoro e, siccome non poteva più pagare l'affitto, ha deciso di trasferirsi a casa mia, nella sua vecchia stanza. In più, siccome si ritirò da scuola dopo la seconda superiore, ha deciso di prendere il diploma iscrivendosi alle scuole serali.»
Spalancai gli occhi.
«Vuole dire che io e Valentin saremo compagni di scuola, come ai vecchi tempi?»
«Sì.»
Non riuscivo a crederci: avevo trascorso tutta l'infanzia con il mio amico Valentin, giocando con lui alla Playstation ogni singolo giorno dela mia esistenza, almeno finché non eravamo passati a giochi più per adulti.
La nostra amicizia era stata indelebile, almeno finché tra di noi qualcosa non si era irreparabilmente spezzato. Si trattava del preservativo che Valentin aveva indossato durante uno dei nostri giochi da adulti, quando avevamo sedici anni.
A quel punto avevo abbandonato la scuola e non gli avevo più dato mie notizie. Valentin non aveva mai saputo che ero rimasta incinta e che, all'età di diciassette anni, avevo partorito una bambina alla quale avevo dato il nome di Destiny (volevo chiamarla Hope, ma già io stessa portavo quel nome, quindi ne avevo scelto uno che fosse in linea con le esigenze di trama).
Poco dopo il parto avevo saputo che Valentin era scappato di casa, stanco della scuola, per arruolarsi nella legione straniera. C'era anche chi raccontava che invece avesse fatto il senzatetto per alcuni anni, prima di ravvedersi e di trovare un'occupazione, ma non credevo a tutte queste teorie.
Io e la madre di Valentin ci salutammo e mi misi a fantasticare su quello che sarebbe stato il mio primo incontro con il mio amico d'infanzia, dopo così tanti anni...
...
...
...
...e così facendo dimenticai di mettere il collirio e me ne accorsi soltanto quando, mentre mi dirigevo verso la scuola serale con il mio fuoristrada scassato comprato da un mio prozio subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, gli occhi iniziarono a bruciarmi dietro alle lenti degli occhiali.
Dato che non avevo ancora descritto il mio aspetto, nonostante fossi in ritardo rimasi per cinque minuti a contemplarmi nel retrovisore, non appena ebbi parcheggiato.
Il giorno precedente avevo marinato la scuola serale per andare da una mia amica parrucchiera che mi aveva riempito di colpi di luce biondi i miei capelli castani tagliati a caschetto, portavo occhiali dalla sottile montatura nera e avevo gli occhi castani con qualche pagliuzza dorata. Avevo le labbra piene ma non troppo e un po' di lentiggini sulle guance. Alle orecchie portavo un paio di orecchini comprati in un negozio di bigiotteria, intonati con la collanina che portavo al collo.
Non si vedeva nel retrovisore, ma quel giorno portavo una camicia bianca con un paio di jeans attillati e ai piedi indossavo un paio di decolleté nere. Anzi, no, indossavo ancora il camice del minimarket, quindi dovevo correre immediatamente in bagno a cambiarmi, prima dell'inizio dell'ora di economia aziendale.
Più rapida di una velocista mi precipitai verso la scuola ed entrai in bagno, dove si stava svolgendo un comizio. Non avevo idea del perché le mie compagne della scuola serale dovessero tenere un comizio davanti allo specchio: alcune di loro erano delle racchie da paura, in più i loro discorsi non erano per niente interessanti, si limitavano a parlare delle loro giornate di lavoro e, dato che nessuna aveva un diploma, facevano tutte lavori abbastanza banali. In più il bagno era stato pulito soltanto alla mattina, ovvero molte ore prima, e c'era un tanfo insopportabile di piscio stantio, dato che in alcuni dei water non funzionava bene lo sciacquone, perché era una scuola da poveri.
Mi cambiai lì dov'ero, davanti alle altre donne, alcune delle quali iniziarono a borbottare che ero bionda, magra e portavo i tacchi, quindi dovevo essere una stronza come tutte le cheerleader piene di soldi che frequentavano le scuole superiori...
...
...
...
...eh, mi sarebbe piaciuto tantissimo essere una di quelle cheerleader stronze e piene di soldi, ma purtroppo non avevo soldi e quei pochi che avevo li investivo tutti nell'educazione di mia figlia Destiny, inculcandole qualche sano concetto in testa, tipo quello di suggerire al suo eventuale fidanzato di non tenere i preservativi sul cruscotto della macchina quando c'erano quaranta gradi, se non voleva ritrovarsi come me incinta durante le scuole superiori a causa di un preservativo rotto.
Avevamo litigato a quel proposito anche quella stessa mattina e Destiny mi aveva rinfacciato che ero acida e che non facevo altro che sbatterle in faccia che concepirla era stato il più grave errore della mia vita.
Smisi di pensare a Destiny e uscii dal bagno, quasi scontrandomi con un mio compagno di classe che stava smanettando sullo smartphone nel corridoio in attesa dell'inizio della prima ora di lezione.
Si chiamava Seraphin e come la metà dei miei compagni di scuola aveva un nome di m*rda, ma non importava, perché era un gran fustacchione biondo con gli occhi azzurri, non era né fidanzato né sposato e quella sera non si era allacciato i primi due bottoni della camicia, quindi mi sentivo già tutta bagnata.
Purtroppo Seraphin non mi degnò di uno sguardo e allungò il cellulare al suo compagno di banco. Li sentii ridere per via di alcune meme che stavano guardando e mi sentii esclusa. Non che da parte mia avessi mai rivolto la parola a nessuno dei due, ma mi sentii indignata per non essere presa in considerazione.
Indignata, mi diressi verso l'aula.
I miei tacchi risuonavano nel corridoio facendo risvegliare anche i cadaveri: non avevo la camminata molto leggera.
In aula Faith, la mia best friend forever, mi aspettava sfogliando una copia di "Cioè" risalente al 1998 che aveva trovato in soffitta.
La mia best friend forever leggeva sempre quella copia di "Cioè" risalente alla sua infanzia fin da quando anche lei era rimasta incinta a sedici anni quando avevamo frequentato quella scuola per la prima volta.
Suo figlio era diventato il best friend forever di Destiny e avevo sperato per anni che un giorno si potessero fidanzare, poi però ci aveva rivelato di essere gay e avevamo dovuto rinunciare a combinare un matrimonio tra i nostri eredi che, di conseguenza, erano ancora entrambi single.
«Ho incontrato Seraphin» confidai a Faith.
«OMG, davvero?!» esclamò Faith.
«Sì, che cosa strana...»
«Appunto. A parte il fatto che lo incontriamo ogni sera a scuola, non capisco come sia potuto succedere. Non...»
Rimase senza parole: Seraphin era entrato in classe insieme al suo compagno di banco Konstantin, perché tutti dovevano avere nomi interminabili che terminavano in -IN a quanto pareva, e tutte li stavano fissando con la bava alla bocca, comprese le racchie dei pettegolezzi in bagno. Non si vergognavano? Alcune di loro avevano quarant'anni e ne dimostravano almeno cinquantacinque ed erano sposate con dei cinquantenni squattrinati che passavano le loro serate a ingozzarsi di birra al bar litigando per i risultati della Champions League.
«Al mondo non c'è più religione» borbottai.
«Invece sì» replicò Faith che, dopo essersi identificata come atea fin dalla nascita si era recentemente convertita al buddhismo.
Poi entrò in classe la signora Prudence, la nostra professoressa di economia aziendale. Aveva ventotto anni, aveva appena preso l'abilitazione per insegnare ed era una strafi*a da paura, ragione per cui Seraphin nella sua materia era sempre stato il primo della classe. Non era chiaro se la signora Prudence ricambiava i suoi sentimenti, quello che era certo era che nella sua materia prendevamo tutte dei tre e dei quattro, quindi probabilmente era gelosa del fatto che, in qualità di studentesse, avessimo più possibilità con l'alunno più sexy della classe.
"Oppure" realizzai, "siamo noi che non studiamo abbastanza".
Questa era l'alternativa più probabile, dato che lavoravamo tutte otto ore al giorno e avevamo quasi tutte una famiglia di cui occuparci. In più, personalmente, durante le lezioni non prestavo la benché minima attenzione, quel giorno soprattutto, dato che attendevo con ansia l'arrivo di Valentin.
Valentin non arrivò. Pensai che fosse una serata sprecata, ma la realtà dei fatti era che la mia vita era destinata a cambiare per sempre.
   
 
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