Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Emilia Zep    06/11/2022    0 recensioni
Tra le masche della Val Varaita si raccontava di un luogo mitico, un mondo segreto che si trovava dall'altra parte di un lago ghiacciato, oltre il fondale. Un giorno quel passaggio venne chiuso e quel luogo dimenticato per sempre.
Secoli e secoli più tardi, Pietro e Giulio, come ogni anno, sono in vacanza in Val Varaita dal nonno. Il giorno in cui fanno la conoscenza di Micaela, la loro misteriosa vicina, si ritrovano catapultati in un mondo di masche, servanot, voci misteriose e soprattutto in un luogo di cui mai avrebbero immaginato l'esistenza...
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il ragazzo, raccontò ai suoi nuovi amici durante il cammino, si chiamava Eriol ed era un magnino, uno stagnino ambulante. Girava tutte le valli con la sua fucinetta a carbone e stagnava pentole, calderoni, padelle. Alle volte accomodava qualche grondaia oppure vendeva i piccoli oggetti di stagno che costruiva da sé: caffettiere, mestoli, posate.
“E cosa ci facevi lassù alle rovine?” chiese Pietro “Non c’è anima viva.”
“Forse qualcuno c’è” rispose Eriol vago.
“E chi?”
 “Be’ comunque” proseguì Eriol senza rispondere “Questo monte è quasi completamente deserto. I primi villaggi si incontrano andando più giù e via via che si scavalca e ci si avvicina a Nuova Uruk ce ne sono sempre di più.
Non tantissimi, in ogni caso. Ormai vivere fuori da Nuova Uruk è diventato molto difficile.
Il fuoco indaco arriva a fatica nei villaggi e con queste temperature gela tutto.”
“Cos’è il fuoco indaco?” chiese Peter
“E’ quello che riscalda e alimenta Nuova Uruk. Vedrete. E’ un fuoco potentissimo. Si chiama così perché ha un colore violetto. Ormai è l’unica cosa che rende la vita possibile: le case e i tunnel sono riscaldati dal fuoco indaco, le serre per coltivare, gli aeromobili. Per non parlare delle armi.”
“Le armi?”
“Eh sì. Le frecce al fuoco indaco sono molto potenti. E’ così che Nuova Uruk è diventata l’impero più grande di tutto Arcolago. Ormai arriva alle pendici del deserto.”
“Incredibile!” Esclamò Peter “E dove si trova questo fuoco indaco?”
“Nei diamanti indaco. Sono diamanti incandescenti, le viscere di queste montagne ne erano piene, un tempo, ma a furia di estrarli sono quasi completamente esauriti. Per questo qui è gelato tutto e non cresce più nulla.
Si dice che una volta i diamanti indaco mitigassero il clima e la temperatura fosse sempre dolce. Non c’era ghiaccio ma prati fioriti, alberi, uccelli. Nessuno ormai può averne memoria ma si racconta che fosse così.”
“Certo che era così!” Si animò Zefi “Era un’eterna primavera!”
Eriol parve colpito “Tu l’hai visto?”
Zefi annuì “Non so cosa sia successo dopo. Non si conosceva l’esistenza di questi diamanti all’epoca.”
“E’ per questo che il monte è stato abbandonato” Spiegò Eriol “Era il più ricco di fuoco indaco. Alla periferia dell’Antica Uruk c’erano le cave da cui si estraevano i diamanti. Man mano che il diamante è finito gli equilibri del suolo si sono alterati. Tutto è diventato una distesa deserta di ghiaccio e dalle cave hanno cominciato a venire fuori spore tossiche. Per questo la città è stata recintata e in un paio di secoli si è ridotta in rovina.
I sapienti del consiglio del re avevano avvertito da tempo del pericolo ma si continuò ad estrarre come nulla fosse. Eravamo in guerra per espandere i confini e serviva il fuoco per le armi. Il re diceva che avremmo conquistato nuove catene montuose e avremmo avuto molti più giacimenti. Per l’antica Uruk però non si fece in tempo.
Molti dicono che anche Nuova Uruk abbia il tempo contato. Ormai il ghiaccio è ovunque. Ma più si estrae e più c’è bisogno di fuoco indaco per poter vivere.”
“Orkosh va fermato!” Esclamò Zefi.
“Lo pensiamo in molti” mormorò Eriol “Ma non dire mai nulla del genere quando saremo in città. Gli sferraglianti possono imprigionarti per molto meno.”
“Ma invece” chiese Zefi dopo un momento di esitazione “Cosa sai di Moltina?”
“La principessa?” chiese Eriol “La figlia dell’ultima delle antiche regine?”
Zefi annuì.
“Quello che sanno tutti.” Rispose Eriol “Che era una grande guerriera. Che fu tradita e uccisa nella battaglia di Prato Alto. Sono secoli che Uruk si vendica di Moltina. Ogni nuova conquista viene fatta in suo nome, dovreste sentire i discorsi del re! Ogni anno si commemora il tradimento di Prato Alto e nella piazza principale di Nuova Uruk, lo vedrete, c’è una statua di Moltina trafitta da una freccia. Tuttavia…”
“Tuttavia?” lo incalzò Zefi
“Nulla, queste sono sciocchezze.”
“Ti prego vai avanti.”
“Circolano delle leggende, delle storie.”
“Che storie?”
“C’è chi crede che Moltina non sia mai morta davvero. E che un giorno tornerà a rivendicare il trono.”
“Chi dice questo?”
Eriol alzò le spalle “Dissidenti, nostalgici, gente che trova speranza in un antico passato che non tornerà più.”
“Ma se non è morta che fine ha fatto?”
“Su questo punto le versioni sono discordanti. C’è chi dice che in realtà sia fuggita perché non era d’accordo con i piani di conquista del patrigno. Chi dice che il tradimento fu inscenato dalla stessa Moltina che passò con il nemico per resistere all’impero.
Insomma, storie improbabili.”
Zefi lo guardò pensoso “Da chi le hai sentite?”
“Girano nei sotterranei di Nuova Uruk. Tra chi vorrebbe opporsi al regno di Orkosh c’è chi ha riesumato il culto delle antiche regine. Quello che accomuna tutte le loro storie è che Moltina si ribella sempre ai piani di Orkosh.
E anche questo non è troppo credibile, no? Per quel che se ne sa, Moltina era il suo braccio destro.
Ma chi ama sperare nel suo ritorno ha bisogno di riabilitarla con queste leggende.”
Zefi lo guardò con una strana espressione “E tu cosa pensi?”
“Penso che inventarsi un’eroina che torna a salvarci dal passato non serva granché a cambiare le cose. E se la principessa fosse d’accordo o meno con Orkosh non mi pare più molto importante.”
Zefi sospirò “Moltina, sai, era molto giovane. “
Eriol lo guardò incuriosito “L’hai conosciuta?”
Zefi annuì “Non amava eseguire gli ordini del patrigno. Ma se si sia mai ribellata non lo so.”
“Quindi tu eri qui a quei tempi? Non sai cosa accadde dopo?”
Zefi pareva confuso “Fino all’altro ieri non avevo dubbi! Io c’ero al funerale di Moltina.”
“E allora puoi confermare che è morta davvero. L’avrai vista.”
“Be’ no.” Ammise Zefi “Moltina fu trafitta da una freccia e cadde in una scarpata. Si fece il funerale ma senza il suo corpo.”
Eriol rimase in silenzio “Interessante.” Mormorò.
“Sai, qui si dicono cose tremende su voi sarvanot” riprese poi “Si dice che viviate nelle tenebre e portiate distruzione e caos. Che la notte abbiate l’abitudine di uscire tutti insieme in orde infernali, infestare i villaggi e rapire i bambini e che al mattino le madri ritrovino nella culla i propri piccoli trasformati in mostri orrendi.”
Zefi lo guardò con un sorrisetto “suona terribile in effetti”
I due scoppiarono a ridere.
“E tu perché non hai paura?” chiese Zefi
“Be’… le masche rimaste raccontano storie diverse su di voi.”
“Masche? Ma allora ci sono ancora delle masche qui?” Chiese Micaela che aveva seguito la conversazione in silenzio.
“Qualcuna. Sì.” Rispose Eriol “Da secoli vivono in clandestinità. Si tramandano segretamente i loro saperi di madre in figlia. Per loro è stato più facile nascondersi, all’apparenza sembrano donne comuni.”
“E tu ne conosci qualcuna?” chiese Micaela
“Be’ sai, le masche hanno un gran trafficare con calderoni e pentoloni, ci tengono alla manutenzione. E, non per vantarmi, ma si dice che la mia stagnatura abbia la tenuta migliore della valle.”
“Quindi stagni i calderoni per le masche di qui?”
Eriol alzò le spalle “Può darsi. O forse no. Sai che chi incontra una masca ha il dovere di consegnarla subito agli sferraglianti? Altrimenti si finisce in prigione.”
Micaela sentì un brivido attraversarle la schiena e raggiungerle le alette di pipistrello. Zefi non era l’unico che doveva stare attento, se qualcuno avesse visto le sue ali l’avrebbero scoperta subito. Per un attimo si chiese se potessero davvero fidarsi di Eriol.
“Anche delle masche si dicono cose brutte?”
“Qui la gente ne ha molta paura.”
“E tu no?”
“Be’, mio nonno diceva che le masche sono come tutte le altre persone. A volte buone a volte cattive. La gente ne ha paura perché è invidiosa dei loro poteri, perché deve sempre mettersi a fare la gara.
Ma se le conosci capisci che sono proprio come tutti gli altri. Anche lui, diceva, all’inizio ne aveva il terrore ma poi ne aveva conosciuta una e aveva cambiato idea.”
E così Eriol raccontò che suo nonno, in punto di morte, gli aveva confessato che in gioventù aveva amato una masca.
Anche lui faceva il magnino, il ramaio, e girava di paese in paese con un carretto e una mula.
Una mattina era andato nella mangiatoia e aveva trovato la mula con la criniera tutta intrecciata di treccine finissime, talmente sottili che sembrava le avesse fatte il diavolo.  Trovò le treccine un giorno, le trovò il giorno dopo. Al terzo giorno, spaventatissimo andò a chiamare il vicino. “Queste le ha fatte una masca “ gli disse il vicino “Solo una masca  riesce a fare treccine così sottili in una sola notte. Di sicuro vuole farti qualche maleficio, devi liberartene subito.  Fai così” gli disse “Domani notte vai nella mangiatoia e nasconditi. Aspetta i dodici rintocchi della mezzanotte e al dodicesimo rintocco vedrai che comparirà davanti a te un gatto. Prendi subito in mano la coda del gatto e vedrai che, come per magia, apparirà una donna e nella tua mano, al posto della coda del gatto, avrai i suoi capelli. Quando lei ti chiederà “Cos’hai in mano?” mi raccomando, non dire ‘capelli’ o sarai suo schiavo per sempre. Devi rispondere “Ferro e acciaio” e allora lei avrà perso e non potrà fare più niente.  Così la prenderai per i capelli e la porterai subito agli sferraglianti, alle guardie, come dice la legge.”
E così la notte dopo il nonno di Eriol si nascose nella mangiatoia e aspettò i dodici rintocchi della mezzanotte. Proprio come gli aveva detto il vicino, comparve il gatto. Lui lo prese per la coda ed ecco che in mano si ritrovò i capelli rossi di Roselyn.  Roselyn bellissima con le lentiggini, gli occhi verdi.
Tante volte era stato a casa sua a farle dei lavori, le aveva stagnato pentole e padelle, le aveva costruito mestoli di rame. E insieme avevano riso e scherzato.
“Ma Roselyn” le disse “Sei una masca? Sembri così brava, così bella, perché mi vuoi fare del male?”
“Ma io non ti voglio fare del male “Gli disse lei “Se avessi voluto farti un maleficio ti avrei fatto qualcosa di brutto. E invece ho solo intrecciato la criniera alla mula. E l’ho fatto perché ho un peso sul cuore. Ti penso tutti i giorni, a tutte le ore. Mi giro e mi rigiro nel letto, non mangio, non bevo non dormo. Perché io ti amo.
E adesso tu puoi scegliere. Tu hai vinto. Se vuoi mi prendi per i capelli e mi consegni alle guardie, come dice la legge. Oppure mi lasci i capelli, mi lasci libera e io ti amo, e noi ci amiamo oggi, domani, fino alla fine dei nostri giorni.”
“E mio nonno” disse Eriol “fece proprio così: le lasciò i capelli e l’amò. Quella notte, quella dopo e quella dopo ancora.  Fino alla fine dei loro giorni si sarebbero amati. Ma una sera Roselyn andò da lui e gli disse che non sarebbe più tornata. Gli sferraglianti la stavano cercando e non voleva metterlo in mezzo.
Lui provò a protestare, le disse che non avrebbe mai potuto lasciarla ma Roselyn fu irremovibile. “Non è questo il tuo destino” gli disse “Troverai una brava ragazza, avrai dei figli, dei nipoti e vivrai a lungo. Prima di andare però devi farmi una promessa. Ti affido una cosa di grande valore, si tramanda nella mia famiglia da generazioni, tienila nascosta. Se riuscirò a tornare la riprenderò ma se non dovessi più vedermi consegnala ai tuoi ai figli e ai figli dei tuoi figli.
Mio nonno e Roselyn non si rividerò più. E così lui in punto di morte mi raccontò questa storia, consegnandomi l’eredità: la fucinetta a carbone e il dono di Roselyn.”
 “E che cos’era?” Chiesero Pietro e Giulio curiosissimi.
Eriol sorrise “Ecco! Questo è buffo! Era una pergamena”
“E cosa c’era scritto?”
“Nulla. Era completamente bianca.” Eriol scoppiò a ridere. “Nessuno in famiglia è riuscito a darsi una spiegazione. Forse questa Roselyn aveva un gran senso dell’umorismo. O forse non è mai esistita ed è solo uno degli scherzi di mio nonno. Vai a sapere. Però ho sempre pensato che fosse una bella storia da raccontare e da allora non ho più creduto a quello che si dice sulle masche.”
Eriol si fermò e guardò davanti a se “Ecco” disse “Siamo arrivati.”
I tre bambini, Zefi e Peter alzarono lo sguardo. Di fronte a loro, in lontananza, una città illuminata di violetto si ergeva scintillante sulla pendice del monte: palazzi altissimi e splendenti attraversati da ponti dalle forme arizigogolate e nel cielo, tutto intorno alla città, aeromobili in volo con le vele spiegate.
“Nuova Uruk” mormorò Zefi.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Emilia Zep