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Autore: Albusseverus1996    07/11/2022    2 recensioni
Cosa fareste se doveste scoprire che il vostro romanzo fantasy preferito si rivelasse essere, in realtà, "TRATTO DA UNA STORIA VERA (O QUASI)? In questa FF "il protagonista", per così dire, sarò io. Amante dei libri di Harry Potter da quando ho memoria, dopo aver vinto un viaggio a Londra per visitare gli Harry Potter studios, ad aspettarmi e, farmi da guida, ci sarà qualcuno che mai avevo aspettato di vedere
-Scusi- faccio io sperando di non avere un tono sconvolto nella voce -Ma lei chi è?- lui posa il giornale sul tavolino, si aggiusta gli occhiali che gli erano caduti sul naso e fa, con un tono di voce di un uomo che si sta chiaramente divertendo un mondo
-Oh che sbadato, non mi sono nemmeno presentato. Io sono Harry. Harry Potter
Genere: Comico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, I Malandrini, Il trio protagonista | Coppie: Harry/Ginny, James/Lily, Ron/Hermione
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Salve a tutti.
Benvenuti nel primo vero capilo di questa mia Fan Fiction.
Mi sto divertendo veramente molto a scriverla e, spero che 
possiate apprezzarla anche voi. 
Vi invito a farmi sapere cosa ne pensiate con una recensione
o se vogliate darmi qualunque consiglio sarebbe molto gradito
Vi lascio alla lettura, un abbraccio 
Albusseverus1996





CAPITOLO 1


-Come ha detto scusi?-
-Oh puoi anche darmi del tu eh. Sono Harry Potter comunque-
-Tu sei Harry Potter?-
-Si-
-Quel Harry Potter?-
-Si-
-Harry James Potter?-
-Esattamente-
-Il bambino che è sopravvissuto?-
-Si ma dovresti ricordarti di re…..
-Non può essere vero-
-Beh lascia che ti spie…..-
-Deve essere uno scherzo- inizio a parlare a raffica e annaspare in cerca d’aria. Posso quasi fisicamente sentire i miei neuroni che implodono all’interno del mio cervello in una ricerca disperata di qualcosa a cui aggrapparsi che abbia anche solo una parvenza di normalità. Dice di essere Harry Potter ma il mio cervello viaggia ad una velocità che mi da la nausea sopratutto di un mondo intero che c’è dietro quella verità. È tutto vero. Il mondo magico esiste. Il mio cervello cerca di processare tutte quelle informazioni nemmeno fosse un super computer

-Emh Silvio? Posso chiamarti Silvio vero?- dice Harry a bassa voce come se pensasse che, se parlasse con un tono diverso, mi vedrebbe correre a gambe levate. Ma io resto lì impalato. Come se fossi sotto incantesimo delle pastoie e non potessi muovere un muscolo. Lui, visibilmente preoccupato, inizia ad agitare la mano davanti ai miei occhi ma il mio cervello si rifiutava di collaborare. Le mie sinapsi sembravo essere entrate in sciopero e potevo quasi vedere i miei neuroni con striscioni e magliette a tema protestando contro non si sa cosa
-Tu sei Harry Potter…- dico quasi senza accorgemene. Lui annuisce e sorride a mo’ d’incoraggiamento. Io lo fisso prima di prendere il mio boccale pieno di birra e svuotarne la metà nello stomaco come se l’alcol potesse schiarirmi le idee. Lo vedo sghignazzare sotto l’ombra che la peluria della barba creava sul suo volto
-Tu di sicuro andrai d’accordo con il mio padrino- dice con tono divertito. Io, che avevo ancora della birra nella gola al sentire quelle parole, mi strozzo. Inizio a sputare il liquido giallo neanche fossi la miglior fontana del mondo e inizio a tossire come un pazzo come se già non fossi a corto di ossigeno. Harry inizia a colpirmi la schiena nell’intento di aiutarmi. Ci impiego un po’ a riprendermi fino a che non alzo gli occhi verso di lui cercando di riprendere il controllo del mio corpo asciugandomi delle lacrime con la manica della mia felpa
-Il tuo padrino.....- 
-Si-
-Sirius Black intendi?-
-Si-
-Quel Sirius Black?-
-Per Godric ci risiamo-
-Non è morto?- chiedo alla fine con un filo di voce. L’espressione di Harry, da esasperata qual era, si tramuta in un sorriso. Si stiracchia le ossa alzando le braccia al cielo.
-I libri possono fuorviare- io lo fisso incredulo prima di scoppiare a ridere lasciando che tutto lo stupore, l’ansia e la felicità si sprigionassero dal mio corpo come un aura quasi visibile
-Stai citando davvero le parole di Gilderoy Allock con me?- Harry inizia a ridere di rimando 
-Suppongo di sì- risponde con un tono più rilassato.

Ci fissiamo negli occhi per qualche secondo e, nonostante io sia ancora molto scettico, la parte meno razionale del mio cervello perdutasi nelle sue iridi verdi smeraldo, sa che quello è davvero quel Harry Potter. Nonostante non ci sia una spiegazione logica, nonostante tutto ciò sia impossibile non riesco a non credergli. Comunque voglio una prova tangibile. Ogni cellula del mio corpo desidera poter vedere e sentire qualcosa di tangibile. Poi mi si illumina una lampadina
-Quanto di vero c’è nel libro che ha per titolo il tuo nome e cognome?- chiedo con più foga di quello che avrei sperato uscisse fuori. Lui, non distogliendo nemmeno un secondo lo sguardo dal mio viso sospira, prende un respiro e si passa una mano fra i capelli
-Beh è una lunga storia- dice con tono strascicato come se fosse stanco di continuare a ripeterlo. Anche se non credo gli capiti spesso di parlare con un babbano. Perché è questo che sono no? Ma se sono un semplice babbano, che senso ha che niente popò di meno che Harry Potter, Salvatore del mondo magico, mi voglia incontrare? Il mio cervello probabilmente andrà in corto circuito da un momento all’altro
-So che probabilmente tu sia stanco di parlare del passato. Se metà delle cose che io ho letto sono vere ti posso capire ma Harry- sembra quasi volessi implorarlo e forse è anche così -Ho bisogno di sapere. Sono cresciuto leggendo le tue avventure e dio solo sa quanto avrei voluto che un gufo il giorno dei miei 11 anni mi sbucasse in casa attraversando una finestra con una pergamena in mano. Perciò per favore, voglio sapere- l’uomo mi fissa con uno strano luccichio negli occhi. Un enorme sorriso si crea sul suo volto e, dopo aver messo una mano sulla mia spalla, si schiarisce la voce
-Beh- dice lui con tono malizioso -Abbiamo avuto molti problemi a rintracciare i nati babbani dopo che uno stagista al ministero, per errore s’intende o almeno, così dice lui, a evocato un ardemonio nell’archivio magi-babbano. L’ardemonio, se non dovessi saperlo, è…..-
-Un fuoco maledetto quasi impossibile da spegnere- dico io automaticamente ma con la mente già che volava e girava come una trottola impazzita. Harry mi fissa meravigliato
-Ah però, siamo preparati- fa con tono ammirato ma io già non riesco a sentirlo. Il cervello fisso sulla frase precedente
-Perché mi hai raccontato dell’ardemonio? Cosa volevi dire?- il mio cuore inizia a battere come mai ha battuto in vita sua. I miei occhi fissi nei suoi. Ci vogliono una decina di secondi prima che Harry parli di nuovo. Non muovo un muscolo. Il mio corpo sembra aver bisogno delle sua parole, di una sua spiegazione, per riuscire nuovamente a svolgere le sue funzioni primarie. Harry prende un grosso respiro e, con sguardo malizioso, dice la frase che aspettavo che qualcuno mi dicesse da tutta una vita
-Tu sei un nato babbano Silvio. Sei un mago- da lì il buio. Il mio cervello decide di spegnersi non potendo sopportare il peso delle informazioni date a lui nel giro di 20 minuti. Collasso sul tavolino tirando una testata contro quest’ultimo. L’ultima immagine che i miei occhi mi concedono, è quella di un Harry, visibilmente sorridente e, per nulla preoccupato, che mi sorregge il collo per non farmi schiantare contro il suolo e mi sussurra
-Ti spiegherò tutto non preoccuparti-


Mi sveglio di soprassalto su di un letto morbidissimo. Sbatto le palpebre un paio di volte per cercare di ricordare cosa sono e dove sono, cose di primaria importanza diciamo. Appena sveglio non sono catalogabile come un essere vivente con coscienza e razionale ecco, non prima di aver preso uno o più caffè comunque. Chiudo gli occhi come a voler rientrare nel bellissimo sogno che stavo facendo. Non è certo una novità che io sogni di essere un mago. Ok non mi succedeva da anni ormai ma, forse sarà per la prossimità del mio viaggio a Londra insieme all’emozione che ho nel vedere tutto quel ben di dio, mi abbia condizionato un po’. Nonostante tutto, devo ammetterlo, questo è il sogno più realistico che io abbia mai fatto. Andiamo ho sognato anche di essere a lavoro e di prendere l’aereo. Prendo una grossa boccata d’aria come se potesse darmi la forza di alzare le chiappe dal letto per iniziare la mia routine mattutina fatta di batuffoli di pelo e clienti da servire. Apro gli occhi convinto di trovarmi nella mia stanza. Un momento, posso sentire chiaramente gli ingranaggi del mio cervello scricchiolare pericolosamente., questa non è la mia stanza. Mi metto in piedi così velocemente da farmi girare così tanto la testa da essere costretto a sedermi nuovamente. Inizio a sbattere le palpebre a velocità supersonica cercando di capire dove diamine ero finito. Mi pizzico forte sotto il braccio per essere sicuro di non star ancora dormendo. Il dolore mi dimostra di essere sveglio. I miei occhi saettano sulle pareti della grande stanza rettangolare dove mi trovavo. Erano strapiene di poster dei Cannoni di Chudley. Giocatori e giocatrici che volavano a schiera triangolare veloci come fulmini. Imbambolato, li guardò fare su e giù per le pareti schizzare da un poster all’altro per qualche minuto. Forse si accorgono della mia presenza perché, di punto in bianco, si fermano in fila e mi salutano con la mano sorridendo radiosi. Ricambio timidamente il saluto prima di distogliere lo sguardo. Vi è una grossa libreria piena zeppa di tomi immacolati. Mi alzo per raggiungerla quando mi accorgo che, ai miei piedi, c’è un tappeto che ricopre quasi per intero il pavimento con raffigurato un enorme leone rosso che, al contatto con i miei piedi, Inizia a ruggire fiero e a scuotere la criniera. Preso alla sprovvista caccio un urlo spaventato saltando di nuovo sul piumone caldo e rassicurante che, riesco solo adesso ad apprezzare, è di color rosso e, al centro, raffigura anche esso un leone rosso ma con più autocontrollo. Mi stendo nuovamente e inizio a ridere fortissimo nonostante un dolore pulsante alla fronte, che mi accorgo solo adesso di avere, e un rivolo di sangue che mi cola dal braccio pizzicato qualche minuto prima. “È tutto vero” mi trovo a pensare con una felicità tale che sembrava volesse farmi esplodere la cassa toracica. Nel silenzio della stanza sento chiaramente dei passi veloci avvicinarsi. Mi metto seduto e, neanche due secondi dopo, e senza nemmeno bussare, cosa che farò presente a Harry, quest’ultimo entra a bacchetta spianata nella stanza. Fa così strano parlare di lui come qualcuno di reale e non come un personaggio di un libro fantasy. E pensare che io mi fossi accontentato di vedere, anche da lontano Daniel Radcliffe
-Silvio tutto bene?- dice lui quasi urlando con un tono preoccupato nella voce. Io scoppio a ridere mentre Harry mi fissa come se stesse decidendo se fossi completamente uscito di testa o se avrebbe dovuto portarmi all’ospedale. Beh in questo caso al San Mungo. Ho già detto che non mi abituerò mai a questa situazione si?
-Tutto bene?- continua lui adesso abbassando i decibel ma mantenendo il tono preoccupato. Io alzo il volto per fissarlo negli occhi felice come una pasqua
-Dovrebbe essere la camera di James questa no? Il tuo primogenito. Sempre che i libri siano attendibili- il volto di Harry si rilassa visibilmente e mi sorride prima di annuire. Io mi stiracchio le ossa e prendo una bella boccata d’ossigeno prima di alzarmi dal materasso e raggiungerlo
-Beh appella 4/5 bottiglie di Whiskey o di idromele non ho preferenza. Ci aspetta una bella e lunga chiacchierata- dico con voce divertita dando una pacca sul braccio a Harry che, per tutta risposta, scoppia a ridere come un pazzo prima di estrarre la sua bacchetta dai jeans e alzarla verso il cielo. Io mi paralizzo davanti a quel bastoncino di legno che, ad una prima impressione, sembrerebbe innocuo e, non saprei dire cosa, qualcosa di nuovo, inizia a scorrermi nelle vene mischiandosi al sangue. Harry mi prende per un braccio per scuotermi da quel torpore
-Oh si. A Sirius piacerai da impazzire. Andiamo in cucina-

Quando usciamo dalla stanza mi ritrovo un in immenso corridoio pieno di porte, quadri e specchi attaccati alle pareti, candelabri fatti interamente d’oro ogni due metri. Il pavimento era un parque di un marrone chiaro, immacolato. Sembrava quasi emanasse luce propria e, incredibilmente mi ritrovo a pensare, essendo che la quantità tra amici e parenti che suppongo andasse a trovarli fosse composta da una grande quantità di bambini, priva di ogni graffio. Sembrava fosse appena stato montato. Qui e là vi erano disseminati mobiletti tra le forme più stravaganti, con zampe d’ippogrifo o di leone a reggerli. Avrei giurato che uno di quelli al nostro passaggio, anche se la quiete era disturbata dai quadri che litigavano fra loro, dopo aver tentato di farmi uno sgambetto, avesse insultato i miei, secondo lui, strani indumenti. Continuo a camminare in silenzio consapevole del bombardamento che riserverò a Harry una volta che entrambi fossimo davanti ad un bel bicchierozzo fumante quando, d’un tratto, la mia attenzione viene attirata come una calamita su due quadri appesi
 alla parete, così vicini tra loro, che sembrava che una cornice volesse mettersi sopra l’altra 
-Fleamont Potter- leggo ad alta voce facendo bloccare sul posto Harry -Euphemia Potter- l’uomo mi poggia una mano sulla spalla mentre io mi perdo nei volti addormentati dei due ritratti che russavano dolcemente. Sapevo bene chi erano ma, nonostante questo, ero stupito dal fatto che ogni Potter che si rispetti deve avere delle caratteristiche fisiche particolari e anche altro. 
-Harry posso chiederti una cosa?- faccio io a bassa voce per non svegliare i belli addormentati nel ritratto. Potrebbe essere una nuova fiaba alla Beda e il Bardo. Lui mi sorride e mi affianca
-Certo questo non è scritto nei libri. Loro sono….- 
-So bene chi sono. Non è questo che volevo chiederti- l’uomo mi guarda confuso 
-Come fai a.. Beh non importa. Cosa volevi chiedermi?- io sospiro prima di aprire un sorriso malizioso sul volto
-Puoi spiegarmi perché tutti i membri della famiglia potter avete assurdi capelli neri, un talento per il Quiddich, occhiali rotondi e mogli dai capelli rossi? Che è una sorta di legge non scritta?- Harry mi fissa con gli occhi spalancati prima di scoppiare a ridere creando un eco dai decibel altissimi che rimbombava su tutte le pareti. Ovviamente, i nonni di Harry, si svegliarono di soprassalto maledicendo qualunque cosa prima di accorgersi dell’autore di tutto quel rumore. I volti inviperiti si trasformarono prima che un pensiero potesse raggiungergli le labbra venendo sostituito da un sorriso radioso. 
-Scusate nonni. Ma questo tizio sa più cose sulla nostra famiglia di quante ne sappia io- fece Harry asciugandosi le lacrime con un fazzoletto estratto dalla giacca
-Non preoccuparti figliolo. E poi, a dirla tutta, non ti sei mai interessato a conoscere i Potter, non quelli prima di me e tua nonna almeno. Io posso raccontare tutto a te e al tuo amico. Conosco ogni cosa da 500 anni a questa parte. Il primo Potter…..- Harry mi afferra il braccio e mi trascina via mentre Fleamont sbracciava per ricevere attenzione e, con la coda dell’occhio, mi è parso di scorgere Euphemia portarsi le mani in faccia in segno di disperazione.

Continuiamo per qualche metro ad avanzare in silenzio quando arriviamo di fronte ad un enorme scalinata in un bianco perlaceo che portava a quella che credo fosse l’entrata della villa. Ci sarebbe entrato comodo, un camion da rimorchio. Era semplicemente troppo per essere vero. Un lampadario dalle dimensioni di un rinoceronte, pendeva dall’altissimo tetto ad altezza della base delle scale, vi erano 4 poggia abiti sia sulla destra che sulla sinistra dell’ingresso, la porta era in legno massiccio ma, giusto al centro di essa, vi era un quadrato di vetro colorato nella quale, un branco di leoni, avanzava a passo lento tra gli alberi mentre sulle altissime pareti predominava il rosso, con arazzi, quadri e disegni che si muovevano tra loro. Sembrava che tutto in quella casa fosse in continuo movimento. Non mi sarei stupito se si fosse alzata da terra, gli fossero spuntate le zampe e avesse iniziato a correre felice. Controvoglia, una volta scese le scale, attraversiamo una porta situata sulla sinistra di quest’ultime e mi ritrovo nella cucina più grande che avessi mai visto. Sembrava di essere appena entrati all’interno di un mega ristorante stellato o nelle cucine di Masterchef. Aveva le stesse dimensioni di casa mia, forse anche più grande. Il pavimento era ricoperto dallo stesso marmo dell’ingresso bianco e immacolato con varie venature color oro. Un enorme tavolo in mogano scuro, era presente al centro della sala circondato da una cinquantina di sedie composte dallo stesso materiale. Sopra il tavolo, vi era un enorme vaso pieno di gigli e margherite bianche che, probabilmente per qualche incantesimo, si muovevano come se ci fosse un venticello. Facevano avanti e indietro dolcemente come a voler tranquillizzare chiunque avesse il piacere di guardarle. Sposto lo sguardo verso il piano cucina e, come il resto della casa, era come se fosse stato appena montato. L’acciaio del frigorifero, del forno, dei fornelli e dei vari mobili, era schifosamente pulito. Harry mi invita a sedermi in quella che dovrebbe chiamarsi “isola da cucina”, che suppongo, lui e la moglie utilizzassero per mangiare quando si trovavano soli, quando le bottiglie appellate qualche minuto prima fanno il loro ingresso sfrecciando verso la nostra posizione e, dopo aver appellato anche un paio di bicchieri quadrati, anche Harry si siede di fronte a me dopo aver versato una buona dose di alcol.
-Ti tratti bene vedo- faccio io dopo aver prosciugato ogni goccia presente nel mio bicchiere in un secondo. Il Whiskey incendiario inizia a divampare nel mio petto e mi fa sentire meno teso. Harry ride di gusto prima di imitarmi e vuotare anche il suo bicchiere
-Villa Potter non è stata costruita da gente sobria e timida diciamo- dice con tono divertito prima di riempire nuovamente i bicchieri -Cosa vuoi sapere per iniziare?- continua con un tono un po’ più serio. Io rido e, dopo aver fatto fuori il secondo bicchiere, esclamo con voce un po’ più alta di quello che avrei voluto
-Tutto-




 
 
   
 
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