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Autore: Johnee    09/11/2022    1 recensioni
Una storia parallela alla trama principale di Inquisition che concerne: due nevrotici, i traumi™, gufi appollaiati su trespoli impossibili e la ricerca della reciprocità.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cullen, Hawke, Inquisitore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CW: Menzione di disordini alimentari

 

22 - Gradualmente, con un senso

 

-Ti guardi i piedi quando combatti?-
-Oh, scusa.-
In quell'universo di note di valzer attutite, di frescura notturna che baciava i terrazzi di umidità e di piedi pestati, Lavellan si concesse di riderci su. La responsabilità di accettare di ballare con la persona meno coordinata del salone delle feste del Palazzo d'Inverno era tutta sua, d'altronde, ma le conseguenze non erano state troppo difficili da processare.
Era l'ennesimo atto galante che Cullen le dedicava e, come gli altri, era puro nelle intenzioni ma sbagliatissimo nell'esecuzione. Una cosa che Lavellan riteneva terribilmente adorabile e che, se possibile, la portava a struggersi per lui in maniera ancora più folle.
In una situazione in cui il proprio partner non riesce a tenere il tempo (tra le altre cose), di solito è compito del più esperto condurre la danza. Ma per Lavellan non aveva senso farlo, piuttosto preferì continuare ad assecondarlo, a costo di perdere la sensibilità delle punte dei piedi.
-Non è il ballo che ti aspettavi.- disse Cullen, senza riuscire a mascherare adeguatamente l'imbarazzo che provava.
Lavellan scosse la testa. -No, questo è meglio.- rispose, rivolgendogli un bel sorriso. E non mentiva.
Lui liberò una risata nervosa, chinando di nuovo la testa alla ricerca dei suoi piedi. Lavellan spostò la mano dalla sua spalla al suo mento, sollevandolo con le dita per costringerlo a guardarla negli occhi. -Devi contare fino al tre.- gli ricordò.
-Sto contando fino al tre, amore mio, ma sono comunque in ritardo.-
-Così dicon tutte.-
-Eh, quello non dipende da me. Magari sei stata toccata sulla pancia da Mythal.-
Lavellan eruppe in una risata fragorosa, tanto da curvarsi su di lui e sbilanciarsi. Cullen fu in grado di sorreggerla in tempo, nonostante il suo equilibrio fosse di per sé precario.
Una volta calmatasi, Lavellan gli rivolse un'espressione grata, che lui ricambiò con un sorriso tirato.
-Stai meglio adesso?- le chiese.
-Un po'. Se non ci fossi stato tu a venire in mio soccorso, il mio cervello mi avrebbe fagocitata, sputando i miei ossicini uno a uno sul pavimento.-
-Sono sicuro che a quel punto il tuo spirito sarebbe tornato da questa parte per riordinarli in una posa stupida.-
Lavellan annuì. -Avrei messo il teschio giusto sotto al bacino.-
-Ma tu guarda che coincidenza, proprio dove lo metto io ogni mattina!-
Lei rise di nuovo, appoggiando la fronte sulla sua spalla. Si fece guidare in silenzio, finché i musicanti conclusero il valzer, passando a una melodia meno ritmata per concedere un attimo di pausa agli ospiti tra un ballo e l'altro.
Lavellan, che aveva libero accesso alla libreria privata di Cassandra, oltre a possedere molta esperienza nell'arte di farsi scaricare dal prossimo amato nel modo peggiore possibile, sapeva che quel momento di transizione avrebbe potuto portare a due possibili risultati. Il primo era l'inizio di un ballo lento, con un gioco di sguardi che di solito comportava l'uso smodato di metafore bollenti derivanti da una tensione erotica che conduceva in un'unica (ultimamente soddisfacente) direzione. Il secondo era un sovraccarico di suddetta tensione, accumulata nel corso di mesi e mesi di suddetti sguardi descrivibili da suddette metafore bollenti; un sovraccarico che avrebbe portato una delle parti a esagerare con un molesto bisogno di attenzioni e l'altra a rifiutarlo, indispettita da un'aggressività fuori luogo.
In parallelo al pensiero di rovinare, potenzialmente, una di quelle poche cose che la tenevano aggrappata alla poca sanità mentale che le restava, correva la sensazione di aver appena compiuto una scelta terribile, con conseguenze terribili. E altrettanto parallelamente, c'era l'idea che ogni singola maschera all'interno del salone delle feste fosse attaccata alle finestre che davano sul bel balcone dove lei si stava intrattenendo con la persona che amava, alla ricerca del modo più doloroso per ferirli. Per ferire lui, la sua reputazione e il suo futuro.
Purtroppo, ogni pensiero aveva la sua mastodontica rilevanza e impediva a Lavellan di guardare al presente con la dovuta tranquillità.
-Sono esausta.- sussurrò, fissando lo sguardo sulla fitta cortina di oscurità al di là della ringhiera del balcone.
Cullen appoggiò le labbra sulla sua fronte. -Posso portarti in braccio fino alle tue stanze, se lo desideri.- propose.
Lavellan si distanziò quanto bastava per guardarlo in viso. -E permettere a questi viscidi di usare la nostra relazione come un oggetto per il loro intrattenimento? No, vhenas, un ballo è abbastanza.- sollevò un sorriso stanco su di lui, poi fermò le danze, passando entrambe le mani sulle sue spalle. -Terrò a mente la tua proposta per un altro momento, però.-
Lui ricambiò il sorriso, poi aspettò che si allontanasse, per raccogliere una sua mano e sfiorarla con un bacio. -Ci conto.- disse, riaccompagnandola alla sala da ballo.

Il profilo della malinconia di Lavellan, accarezzato dalla fioca luce delle torce, rimase ben impresso nei pensieri di Cullen, persino dopo che avevano lasciato la festa.
Entrambi erano stati subito assaliti dal lavoro, strappati l'uno dall'altra bruscamente e quindi vessati da una sensazione di dolore pari a quella generata dalla pelle che si stacca da una ferita fresca al momento di cambiare le bende.
Non esisteva conforto per un dolore del genere, soprattutto dopo una serata umiliante come quella appena trascorsa.
Dato che Cullen avrebbe preferito dormire su un pavimento irto di trappole per orsi, piuttosto che accettare l'ospitalità del nuovo Imperatore dell'Orlais e della sua burattinaia, la sua cerchia di ufficiali gli aveva riservato una tenda nell'accampamento dove sostavano temporaneamente le forze dell'Inquisizione, nel grande parco antistante il Palazzo d'Inverno. Non era lontano dalla dependance in cui avrebbero riposato le sue colleghe e gran parte dei compagni dell'Inquisitrice, quindi sarebbe stato facilmente reperibile nel caso di una riunione straordinaria del consiglio.
Insomma, dopo essersi lavato come mai aveva fatto, sopraffatto da un senso di disagio che non riusciva ad alleviare, recuperò il mantello parte integrante della sua armatura e se lo mise sulle spalle, stringendosi dentro di esso per asciugarsi e riassorbire un minimo di quella dignità che l'esperienza al Palazzo d'Inverno aveva risucchiato dal suo organismo. Gli ci vollero venti minuti di respiri profondi e preghiere, assieme a uno starnuto, per aiutarlo a far fronte alla fuliggine che gli intasava l'amor proprio.
Indossare l'armatura per intero gli garantì un sollievo tale da commuoverlo, ma ancora non era abbastanza.
Seppure le sue colleghe avessero accolto la sua assenza di buon grado, immaginando le sue motivazioni, Cullen non aveva provato nessun genere di liberazione nel congedarsi. Se durante il ballo aveva pensato che sarebbe riuscito a trovare conforto solo in compagnia dei suoi sottoposti, prolungare la sua lontananza da Lavellan generava nel suo cuore un gran senso di solitudine.
La missiva che gli era appena stata consegnata addirittura lo accresceva, dato che diceva che Rylen era di ritorno dall'Accesso Occidentale. La mattina seguente, infatti, si sarebbe riunito al gruppo nei sobborghi di Halamshiral, per organizzarsi con l'Inquisitrice a proposito della sua partenza per le piane desertiche ai confini dell'Orlais.
Nel rileggere la missiva, Cullen deglutì, passandosi una mano sulla barba mentre la sua testa gli proponeva uno scenario in cui avrebbe dovuto trascorrere altri mesi di separazione da Lavellan. Una separazione insopportabile, peggiore rispetto a quella a cui aveva dovuto sopravvivere quando lei era dovuta partire per le Valli.
Fece un calcolo rapido delle tempistiche: due settimane di andata, due di ritorno e un tempo interminabile trascorso tra l'Accesso, l'Oasi Proibita e le Distese Sibilanti, che in qualche modo Rylen era riuscito a rendere accessibili grazie all'aiuto dell'esploratrice Harding e dei nuovi alleati nelle file dell'esercito orlesiano.
La sua ansia venne smorzata parzialmente dal vociare dei soldati, che si apprestavano a celebrare il successo dell'Inquisitrice con un gruppo della guardia d'onore del Palazzo d'Inverno, diversi chevalier e una dozzina di servitori che avevano appena finito il turno.
Nel tentativo di assorbire una frazione di quell'entusiasmo, si affacciò dalla sua tenda, osservando con aria stanca, ma fiera, i suoi uomini che offrivano da bere ai nuovi arrivati, come se facessero parte della stessa fazione. Quel genere di fratellanza tra colori diversi succedeva sovente durante i conflitti lunghi e Cullen non si sorprese più di tanto nel vedere persone che si erano fatte la guerra fino al giorno prima fare amicizia, tranquillamente, davanti a un boccale riempito fino all'orlo di birra schiumosa.
La stanchezza era uguale per tutti, Cullen compreso che, dopo aver fatto un passo fuori dalla tenda, era stato avvicinato da una chevalière dai capelli rossi che molte settimane prima aveva tentato di disarcionarlo durante un'imboscata. Si voleva scusare ufficialmente e lui accettò di stringerle la mano senza problemi.
Mettere in pratica la filosofia del "la vita è troppo breve per portare rancore" di Hawke appoggiò la sicurezza che mancava sulle spalle di Cullen, dandogli la forza necessaria per spogliarsi dell'armatura, inappropriata per la convivialità del momento, e unirsi alla festa. A modo suo, s'intende.
Mentre finiva il secondo boccale di birra, pensò che, così come i soldati stavano cercando di sdrammatizzare la pesantezza delle settimane precedenti, il gruppo che stava alla dependance molto probabilmente stava facendo lo stesso.
Immaginò Cassandra rimproverare Solas e Lavellan, perché la qualità delle loro discussioni non mancava mai di dettagli macabri. Nel frattempo, Sera stava dipingendo di sicuro qualche oscenità sui muri dei bagni, con Blackwall a farle da palo. Inoltre, era certo che Dorian e Varric stessero giocando a Grazia Malevola poco lontano da Josephine e Leliana, che si consultavano con madame Vivienne a proposito di qualche crimine alla moda che si era consumato durante il ballo. Dal modo in cui si attaccavano alla tazzina da tè, nella sua immaginazione, ce n'erano stati parecchi.
Rimboccò le maniche della camicia sugli avambracci, assorto. -Che tu sappia, erano presenti i De Launcet?- domandò al Toro, che l'aveva appena raggiunto con due boccali riempiti fino all'orlo di birra chiara. Quello gli rivolse un'occhiata perplessa. -È gente famosa?-
Cullen finse di rabbrividire, pulendosi il labbro superiore dalla schiuma. -No, ma se vogliamo parlare di crimini alla moda, avresti dovuto vedere il taglio a scodella del figlio. Al Circolo girava voce che fosse un Maleficar, ma secondo me ha passato il Tormento perché manco i demoni se lo volevano prendere. Figuriamoci se...- si bloccò, notando l'espressione disinteressata del suo interlocutore. -Non hai la minima idea di cosa stia parlando, vero?-
Il Toro avvicinò il boccale alle labbra. -No, ma se mi dai un paio d'ore e abbastanza alcol, posso fingere che tu sia la persona più simpatica del Thedas.- gli suggerì.
Cullen ridacchiò, poi prese una buona sorsata di birra. -Che ci fai tu qui, a proposito? Non hai altro di meglio da fare?-
Il Toro gli indicò con un cenno la chevalière dai capelli rossi con cui Cullen aveva discusso qualche tempo prima, poi inarcò un sopracciglio sopra un'espressione eloquente.
-Occhio, lei è pericolosa.- lo avvisò Cullen, con aria divertita.
-Lo so.- ammise il Toro, battendogli una mano sulla spalla. -Mi piace il rischio e... oh, maledizione!-
I due osservarono con aria colpita la totale nonchalance di Krem, che aveva appena offerto il suo braccio alla chevalière per accompagnarla in una passeggiata al chiaro di luna, il più distante possibile dall'accampamento. Il Toro li seguì con uno sguardo impregnato di delusione. -Come non detto.- bofonchiò. -Tu perché sei ancora qui?-
Cullen si apprestò a spiegargli che preferiva restare tra i suoi, piuttosto che dormire in un letto orlesiano, servito e riverito da spie travestite da domestici; al che, il Toro gli assestò un'occhiata di totale disapprovazione. -Te lo dico chiaro e tondo, così da evitare fraintendimenti: tu hai bisogno di scopare, figlio mio.-
Cullen per poco non si strozzò con il fondo della birra. Fissò il suo interlocutore, basito, prima che imbarazzato.
-Hai più tensione tu nella schiena che la corda dell'arco del capo durante le risse. E quella è talmente tesa che se ci passo la mano sopra me la taglia in due.-
-Ma ti pare una cosa da dire a una persona così dal nulla?-
-Sì, se la situazione è disperata.-
-Nessuno è disperato!-
Il Toro lo guardò con una punta di rassegnazione nello sguardo. Fai sul serio?, sembrava chiedergli.
Cullen appoggiò il boccale vuoto a terra, per permettersi di gesticolare liberamente senza colpire nessuno nel processo. -Se proprio vuoi farti gli affari nostri, sappi che non è una cosa che voglio prendere alla leggera. È un passo importante e vorrei che fossimo a nostro agio entrambi prima di...- agitò una mano nervosamente, in un moto circolare. -Hai capito.-
-No.-
Cullen rimase con le mani ferme a mezz'aria di fronte a sé, indeciso se elaborare o inventarsi una scusa per fuggire.
Fortunatamente, il Toro sapeva benissimo con chi aveva a che fare e approfittò dello stato di ibernazione tattica del suo interlocutore per tornare all'attacco. -Senti, quella ragazza è sola dalla mattina alla sera a fare i conti con una situazione più grande di lei. Ha un bisogno vitale di una valvola di sfogo e tu ti stai impuntando a tener privata una di quelle poche cose che le renderebbero la vita più facile.- gli si avvicinò di un passo, per posargli una mano sulla spalla, pesantemente. -E, tanto per buttare sale sulla ferita, te che fai nell'unica serata libera che avete entrambi dopo mesi? Le dai buca perché hai paura che passare la notte con lei sarebbe il punto di non ritorno per una storia che è già ben oltre il punto di non ritorno.-
-È molto più complicato di così.- ribadì Cullen, guardandosi intorno con circospezione.
Il Toro scosse la testa. -Non deve esserlo per forza.- affermò, facendogli cenno di seguirlo.
Cullen rimase perfettamente immobile, a considerare le opzioni che aveva, poi esalò un sospiro stanco e si mosse sulla sua scia. -Non voglio ferirla.-
-A me risulta che l'unico modo in cui potresti ferirla sarebbe continuare a spingerla via da te.- lo contraddisse il Toro, guidandolo lontano dall'accampamento.
-Non la sto spingendo via da me, sto solo cercando di...-
-Di pararti il culo.- concluse il Toro per lui, scoccandogli un'occhiata di rimprovero.
Raggiunsero il giardino della dependance, al che si fermarono. Cullen si ritrovò subito una spalla abbrancata da una presa ferrea. -Ora tu entri e le dai la buonanotte.- gli ordinò il Toro.
-Cosa?! No, non sarebbe appropriato!- protestò Cullen, indietreggiando di un passo. -Dopo quello che è successo al ballo, poi!-
-Proprio perché è stata una giornata difficile, dovreste stare assieme.- tornò alla carica il Toro, spingendolo verso l'ingresso dell'edificio. -È un momento di catarsi collettiva, persino per quelli che hanno perso al Gioco. Stavi cercando di sdrammatizzare pure tu, prima che venissi a tirarti le orecchie.-
Cullen puntò i talloni, per evitare che lo forzasse a proseguire. -Benedetta Andraste, almeno fammi pensare a una scusa, prima che mi presenti lì di botto!- gemette, dopo aver constatato che ogni resistenza che avrebbe fatto sarebbe stata vana.
Il Toro lasciò andare la presa, notando che Blackwall e Cassandra indugiavano di fronte all'ingresso della dependance, parlottando tra loro. -Inventati qualcosa al volo.- suggerì, dando un cenno di saluto nei confronti dei due.
Cullen si ricordò che aveva conservato il messaggio del suo secondo nelle tasche dei pantaloni e ogni pretesto che il suo cervello gli stava proponendo per dileguarsi si accartocciò su se stesso, immettendo nel suo organismo una quantità d'ansia considerevole.
-Oh, meno male!- esclamò Blackwall, recuperando il boccale dalle mani del Toro per poi procedere a maneggiarlo come se fosse il santo calice della mensa del Creatore. -L'Inquisitrice ha congedato la servitù e in dispensa è rimasta solo una brocca di vino da cucina buono solo a intossicare chi ha sete!- spiegò, per poi prendere una buona sorsata di birra.
-Ci avete battuti sul tempo.- si aggiunse Cassandra, che aveva smesso la divisa per tornare a indossare la sua uniforme da Cercatrice. -Stavamo giusto per passare a farvi un saluto.-
-Dura questa fase della maternità, eh?- scherzò il Toro, assestandole una pacca decisa tra le scapole. Lei non risentì minimamente della botta, limitandosi a rivolgergli un'occhiata stanca.
-Sono tutti svegli, quindi.- intervenne Cullen, osservando la porta aperta con aria tesa. Poteva chiaramente sentire la voce di Josephine provenire dall'interno.
Blackwall si leccò i baffi con soddisfazione, poi raggiunse l'obiettivo del suo sguardo. -Non proprio. Sera è crollata, Dorian e Varric sono completamente sbronzi e la signora sta litigando con madame Vivienne su qualcosa che ha che fare con un crimine che non ho ben capito.-
-L'Inquisitrice è nei paraggi?- domandò il Toro, facendo un gran favore a Cullen, che non avrebbe mai rischiato di porgere agli altri una domanda simile, se non in presenza di un difensore civile.
Cassandra annuì. -È nella sua stanza a decidere il vestito che metterà domani per il colloquio con Leliana e l'ambasciatrice.-
-Perfetto!- esclamò il Toro, indicando Cullen con un cenno. -Così puoi metterla al corrente su quella cosa super ufficiale di cui mi hai parlato.-
-E così ti sei trovato una spalla, finalmente.- li smascherò Cassandra, con tutta l'aria di aver poca voglia di perdersi in chiacchiere. Indicò la porta a Cullen, sbrigativamente. -Muoviti, non so quanto a lungo resterà in piedi.-
La risata sommessa di Blackwall echeggiò nel boccale, mentre le guance di Cullen assumevano un'intensa sfumatura purpurea.
Nel notare che non aveva la minima forza di prendere l'iniziativa, il Toro e Cassandra gli presero un braccio a testa e lo trascinarono all'interno come una bambola di pezza, posandolo bruscamente sul primo gradino di una deliziosa scala di marmo bianco. -Ultima stanza a sinistra.- disse Cassandra, schioccando le dita più volte con decisione per incitarlo a muoversi.
Cullen fece l'errore di esitare, al che il Toro schiacciò un piede a terra, fingendo di volerlo prendere di peso. Allora, si arrampicò sulle scale velocemente, borbottando: -Va bene, va bene!- con tanto di indignazione.
Quando fu finalmente lontano dal giudizio dei suoi amici, quelli si scambiarono un'occhiata d'intesa. -Non ho mai visto nessuno tentennare in 'sto modo all'idea di farlo.- commentò il Toro.
Cassandra esalò una risata roca. -Fidati, non è così raro come credi.- gli rivelò, facendogli strada verso l'uscita.

Nel frattempo, Cullen stava percorrendo un corridoio elegante, immerso nella penombra. Il parco riflesso delle lanterne sul pavimento lucido creava macchie di luce sulla sua figura, facendolo sentire come un intruso, pentito di aver smesso l'armatura.
L'ansia lo divorava dall'interno, costringendolo a passarsi le mani nervosamente sui capelli, per sistemarli. Ogni inutilità riguardante il suo aspetto fisico e comportamentale gli sembrava un'offesa nei confronti dell'Umanità, mentre procedeva in seno al pericolo. Per un attimo, credette persino di essersi dimenticato di come si cammina.
Una volta arrivato di fronte alla porta prescelta, si ritrovò inevitabilmente a esitare. Prese una sequela di respiri profondi che non servirono a niente se non a fargli prendere coscienza della situazione, poi fece violenza a se stesso e bussò un paio di volte. Se non l'avesse fatto, era sicuro che la sua testa avrebbe preso il sopravvento, trovandogli una scusa fin troppo credibile per giustificarlo a darsela a gambe.
Fu Leliana ad aprirgli, accogliendolo con un sorriso enigmatico. -Comandante.- lo salutò, per poi scostarsi, con il fine di fare spazio ad Adra e al Nano (di nuovo munito di vestaglia), i quali stavano spingendo fuori dalla porta un baule più grosso di loro, litigando sonoramente.
Cullen osservò i tre muoversi attraverso il corridoio, troppo presi dal bisticcio per prestargli attenzione, infine spostò lo sguardo sulla porta semi-aperta e mosse un passo all'interno.
Si ritrovò in un ambiente piccolo e modesto per gli standard orlesiani, caratterizzato da un mobilio chiaro e tratteggiato da tinte pastello. Alla sua sinistra c'era un letto a una piazza e mezzo, incorniciato da una libreria color crema che ricopriva l'intera parete. Affacciata alla porta, invece, c'era una scrivania ricolma di documenti e attorniata da tre poltroncine dall'aria confortevole, foderate di velluto. Probabilmente, erano state posizionate lì nel caso in cui fosse stata necessaria una riunione tra loro quattro.
Lavellan lo accolse con un sorriso incerto, lasciando una spazzola all'apice di un borsone per andargli incontro. -Pensavo che ti avrei rivisto solo domattina.- ammise, una volta che furono di fronte.
Come lui, si era cambiata per infilarsi in qualcosa di più comodo, ma al contrario suo, sembrava essere pronta per un'uscita più che per soddisfare un'esigenza di conforto. Difatti, indossava una camicia color avorio che vestiva morbidamente. Essa era chiusa da una fila di bottoni sferici all'altezza della spalla sinistra ed era inserita in un corsetto di cuoio di viverna, stretto in vita, ma allentato sul bacino tanto da coprirlo e creare una lieve svasatura. Non indossava gioielli, ma sparsi per il completo c'erano dettagli luminosi e fibbie di nevarrite a foggia di piume e artigli di gufo.
Dal profumo che emanava e dal rossore che le tingeva le guance, era chiaro che fosse reduce da un bagno. Si era pulita approfonditamente il viso e, nonostante portasse ancora i segni dei combattimenti che aveva dovuto affrontare in serata, non c'era traccia di residui di trucco. Cullen non ricordava di averla mai vista senza, così come non l'aveva mai vista con i capelli molto corti, di un colore diverso. Studiò attentamente la sua testa, indeciso se indagare, perché alla fine era vero che fare conversazione lo avrebbe aiutato ad alleviare il nervosismo che provava, però non era certo di voler abbassare completamente la guardia. In un momento come quello, usare raziocinio era difficile.
-Così basta che li metta dietro a un orecchio.- spiegò lei, riconoscendo la curiosità nel suo sguardo. -Trovare qualcosa per legarli ogni volta era diventato noioso. Sai quanti cacciaviti ho perso per poi ritrovarmeli in testa ore dopo?- aggiunse, ridacchiando.
-Sei, uh...- Cullen le indicò i capelli con un cenno rapido. -Che è successo?-
Lavellan si passò una mano sui lati della testa, per radunare il ciuffo ancora umido sopra la rasatura. Era ovvio che alludesse alla tinta, poco omogenea e presente in striature scure sul suo colore naturale. -Domani tornerà tutto come al solito.- disse. -Per l'appunto, non credevo di rivederti così presto.- si giustificò. E Cullen pensò subito che non tutte le armature dovessero essere pesanti per fare bene il loro dovere.
Era così concentrato a fissarla, e a ponderare, che non si rese conto che si era avvicinata troppo, alzandosi sulle punte per posargli un bacio sulle labbra. Si ritrasse istintivamente, colto alla sprovvista, poi esalò una risata nervosa e si affrettò a ricambiare, goffamente.
Lavellan sollevò le sopracciglia, rivolgendogli un sorriso confuso, poi si mosse verso la scrivania, dov'era stata appoggiata una teiera. -Vuoi qualcosa da bere?- gli domandò, mentre lui si chiudeva la porta alle spalle.
Cullen, che non aveva idea di come comportarsi, annuì e basta, restando fermo sulla soglia.
Lavellan, finalmente certa che ci fosse qualcosa che non andava, frenò l'entusiasmo, aspettando che si spiegasse, prima di compiere qualsiasi altra azione. L'attesa però fu lunga ed estenuante, costringendo il suo corpo ad assumere un certo grado di rigidità. -Cullen?- lo chiamò, con decisione.
Sentendosi preso in causa, lui si sforzò di smettere di temporeggiare e riprese il controllo. -Ho ricevuto un messaggio di Rylen. Dice che ci raggiungerà domani mattina, quando mobiliteremo le truppe.- si affrettò ad elaborare.
Lavellan lo fissò attentamente, con il capo inclinato verso il basso e la bocca lievemente dischiusa. -Tutto qui?- chiese.
Cullen annuì, al che lei si ritrovò a esalare un lungo sospiro di sollievo, rilassando la postura. -Dalla faccia che hai fatto, ho temuto che fosse morto qualcuno.- disse, passandosi una mano sulla fronte.
-Scusa amore mio, non volevo preoccuparti.- replicò lui, desolato che il suo nervosismo l'avesse messa in allarme. La raggiunse prontamente. -Pensavo che fosse il caso di avvisarti, dato che farà rapporto a te, in relazione a...- si zittì, in risposta alla scintilla causata dalla connessione dei loro sguardi.
Immediatamente, il suo universo di pretesti si frantumò, cadendo rumorosamente ai suoi piedi.
Appoggiò le mani sui suoi fianchi, traendola a sé per baciarla e, poco da dire, entrambi si dimenticarono istantaneamente della conversazione.
Lavellan avvolse le braccia attorno al suo collo, mentre Cullen la spingeva ad appoggiare la schiena contro la parete, senza mai smettere di divorarle le labbra di baci. Nessuno dei due osò interrompere quello scambio di idee nemmeno per un istante, permettendo alle dita di scivolare sulla stoffa in base a ciò che l'istinto comandava loro, finalmente liberi dalle catene imposte da un pazientare che non aveva giustificazioni. Compenetravano come la tinta sulla stoffa, distinti come due famiglie di profumi che trovavano armonia sullo stesso polso, persi come un granello di zucchero in una goccia di rugiada.
Per due persone legate così fortemente a un desiderio di controllo, abbandonarsi totalmente a una forza estranea sembrava una vera e propria necessità, ma con l'ampliarsi di quel desiderio annebbiante i loro meccanismi di sopravvivenza, dovuti ad anni di correlazione con traumi forti, ebbero la meglio.
In risposta a un segnale di pericolo tonante, Lavellan decise di prendere le redini della situazione. Appoggiò una mano sul petto di Cullen, suggerendogli di scostarsi appena, poi esalò un sorriso, specchiandosi in uno sguardo confuso quanto il suo. -Ne sei sicuro?- gli domandò, faticando a riprendere fiato.
Confortato che fossero sulla stessa lunghezza d'onda su ciò che volevano da quell'esperienza, Cullen annuì, cercando di nuovo le sue labbra per baciarla come lui avrebbe voluto, non come il suo istinto lo spingeva a fare.
Rendendosi conto che non era una decisione solo sua da prendere, si distanziò di nuovo, per guardarla dritta negli occhi. -Ti sta bene?- le domandò, con una punta di apprensione nel tono di voce.
Lavellan rimase a fissarlo per diversi secondi sbigottita, poi scosse la testa con rassegnazione.
Lo afferrò per il colletto della camicia e ribaltò i ruoli, spingendolo contro la parete. Dapprima, lui la osservò con aria sorpresa, poi chiuse gli occhi, abbandonandosi a un gemito rauco mentre lei gli mordeva delicatamente il collo.
Lavellan gli slacciò la camicia, senza aspettare che l'aiutasse per strappargliela di dosso lei stessa. La lanciò dove capitava, poi ritrasse appena il capo, percorrendo la distanza che intercorreva dalla chiusura delle sue clavicole agli addominali con lo sguardo, poi con le dita, mentre sul suo viso si formulava un sorriso macchiato di soddisfazione.
Cullen soffiò una risata, passandole una carezza sulla nuca, poi chinò la testa, seguendo con gli occhi le sue mani privarlo dapprima della cintura, per poi slacciargli la chiusura dei pantaloni con gesti decisi. -Avevi detto di non essere così disperata.- la provocò, sussurrando suadente.
Lavellan sollevò appena lo sguardo dal suo petto, che stava ricoprendo di baci. -Mi sembra ovvio che stessi mentendo.- rispose, abbassandosi per posare un ginocchio a terra.

Attorno a loro regnava una calma immobile, come se l'universo stesse stanziando dentro a un blocco di resina. Teoria supportata dal fatto che l'unico rumore che Lavellan riuscisse a percepire, dopo aver aperto gli occhi, fu il respiro rilassato di Cullen sulla sua nuca; flebile come il vento che accarezza i rami più alti del bosco nel giorno più caldo dell'estate.
Si strinse nelle spalle per sgranchirle, poi voltò la testa, intravedendo nella penombra il profilo del braccio del suo compagno, che le avvolgeva il petto sotto alle coperte. Realizzò che la sua schiena aderiva perfettamente a un abbraccio di una tenerezza disarmante, creando un intreccio teporoso generato dalla necessità di restare uniti il più a lungo possibile.
Percorse il suo avambraccio con i polpastrelli, alla ricerca di un modo affinché le loro dita si alternassero in una stretta dolce senza svegliarlo. Purtroppo, aveva a che fare con l'unica persona nell'intera Inquisizione con il sonno più leggero del suo.
Cullen esalò un gemito stanco, poi raccolse la mano di Lavellan, concludendo ciò che lei aveva iniziato. Si raggomitolò, costringendola a fare altrettanto mentre appoggiava le labbra sul suo trapezio, per consegnarle un bacio soffice. -È già ora?- biascicò, sfregando il viso sul suo collo.
Lavellan, la cui esistenza recente era costituita da scalette intransigenti, buttò un occhio in direzione dell'unica finestra della stanza, sentendosi punta dall'urgenza di verificare. -C'è tempo.- lo rassicurò, tornando a godersi le coccole.
Cullen formulò una risata roca sulla sua nuca, poi sfilò il braccio libero da sotto al cuscino, per passarsi una mano tra i capelli. Lavellan ne approfittò per sciogliere la presa dalla sua mano e voltarsi fisicamente nella sua direzione. Appoggiò la testa sul suo petto, esibendo un sorriso di completa soddisfazione. -Valeva la pena di aspettare.- ammise, passandogli una carezza sul pettorale all'altezza del cuore. Chiuse gli occhi, cullata dal suo profumo, poi prese a ridere piano, in risposta al pensiero di ciò che era successo tra di loro poco tempo prima.
Cullen percorse la sua schiena con la punta delle dita, indugiando nell'incavo che identificava la colonna vertebrale. Nonostante lei gli fosse già a ridosso, la trasse a sé maggiormente, consolidando l'abbraccio. -Non saprei, Lav. Per come è andata, mi sento un bell'idiota per non essermi svegliato prima.- disse, ridendo.
Lei gli pizzicò un fianco giocosamente, facendolo sobbalzare. Si guardarono a lungo, con aria complice, poi lei si distanziò quanto bastava per evitare a entrambi un gran torcicollo. -Non sono mai arrivata a questo punto con qualcuno.- gli rivelò, rivolgendogli un sorriso incerto.
Cullen aggrottò la fronte su un'espressione dubbiosa. -Questo punto?- ripeté. -Quale punto?-
Mentre il suo cervello formulava una spiegazione che avesse un senso logico, Lavellan prese il labbro inferiore tra i denti, mordicchiandolo con insistenza. -Nel senso che ho avuto delle relazioni, più o meno importanti, ma dopo aver... huh... consumato, tornavamo a fare quello che stavamo facendo prima.- spiegò. -Non era il caso di restare a fare il punto della situazione, ecco. Che poi, è una cosa che si fa, o è un pretesto narrativo dei romanzi rosa per allungare il brodo?-
Cullen infilò di nuovo il braccio sotto al cuscino, facendolo aderire bene alla guancia. -Tu cosa vorresti fare?-
Lavellan ci rifletté abbastanza da ferirsi il labbro, quindi esalò un sospiro di rassegnazione. -Non ne ho la più pallida idea.- ammise, prendendo a ridere istericamente.
Lui osservò il suo viso con aria sognante, appoggiandole una mano sulla guancia per carezzarle le labbra con il pollice. -Se non avessimo entrambi esaurito le forze, mi verrebbe da chiederti di ricominciare.- sussurrò, sporgendosi su di lei per baciarla.
Lavellan accolse quel bacio come una necessità impellente, aggrappandosi a esso come se fosse l'ultimo respiro prima di spirare. Da persona abituata a pensare troppo, aveva descritto quel momento nella sua testa in mille maniere, ma tutte le previsioni che aveva immaginato l'avevano fallita, lasciandola a fare i conti con uno scenario inaspettato.
Fin dalle prime battute, era chiaro che entrambi avessero un'idea precisa di quello che volevano dall'altro e per l'altro. La novità per lei risiedeva nell'assecondarsi reciproco, senza riserve, arricchendo ogni azione senza subirla passivamente.
In una sola occasione avevano dovuto soffermarsi a chiarirsi, il resto era avvenuto in maniera fluida, così come succedeva in situazioni meno intime. Il che era ironico, visto che erano due individui soverchiati dalle loro teste.
-Aneth ara.- mormorò Lavellan, nascondendo un'espressione allegra tra le pieghe del suo collo, per poi stampargli un bacio sotto al mento.
Cullen la strinse a sé, senza smettere di esplorare la sua schiena con le dita. -C'era anche questo nei tuoi romanzi rosa?-
-Ovviamente, no. Di solito si mettono a parlare di paletti e si chiedono in che modo la loro relazione cambierà dopo aver giaciuto insieme.- Lavellan aprì un'espressione scettica sul viso. -Delltash, sarebbe stupido se restasse tutto uguale no? Ma così come siamo arrivati fin qui, penso che arriveremo tranquillamente al prossimo stadio evolutivo senza fasciarci troppo la testa, cioè, come un seme di noce.-
-Un seme di noce?-
-Lo pianti e via! Bum! Dieci anni e ti cresce una pianta gigante che ti copre mezzo giardino di gherigli.-
-Ti copre mezzo...- Cullen si ritrasse, per guardarla con aria dubbiosa. -Lav, hai mai visto un albero di noce?-
-Certo che l'ho visto! L'Orlais ne è pieno!-
Cullen batté le palpebre, mentre la sua espressione abbandonava il dubbio per indossare la sorpresa. -Beata Andraste.- disse, sommesso.
Lavellan si distanziò a sua volta, confusa.
-So qualcosa che tu non sai.- disse lui, con una nota di entusiasmo nel tono di voce. -La noce non è il frutto dell'albero di noce.-
-Cosa?!-
Cullen prese a ridere. All'inizio, si trattò di una reazione pacata, a labbra chiuse, poi gradualmente si trasformò in una vera e propria risata isterica, con tanto di singhiozzi e lacrime agli occhi. Sembrava assaporare quella piccola soddisfazione in ogni sua sfumatura, come se lei gli avesse regalato le chiavi di uno scrigno del tesoro straboccante di smeraldi.
Lavellan assisté a quello sfogo catartico con tanto d'occhi. Anche se non aveva la più pallida idea da dove fosse scaturito, la gratificò sapere di aver contribuito a qualcosa di così bello senza doversi sforzare troppo. In testa sua, ribadì che era valsa la pena di aspettare.
Calmatosi, Cullen esalò un sospiro soddisfatto, appoggiandosi una mano sullo stomaco. -Ci voleva proprio.- fece, rivolgendole un bel sorriso.
Lei ricambiò. -Mi dici cos'è adesso?-
-Assolutamente no.-
-Lo verrò a sapere comunque.-
-Non da me.-
-Sei un cretino.-
-Se vuoi un rimborso, sappi che è troppo tardi. Ti tocca tenermi.-
Lavellan si arrese definitivamente all'evidenza che qualsiasi ragionamento con una parvenza di serietà che avrebbe tirato fuori sarebbe rimbalzato contro la leggerezza del momento.
Considerato che entrambi avevano il reale bisogno di una pausa, quell'idea non fece altro che consolarla. Specchiarsi nella sua stessa rilassatezza, concretizzata nello sguardo di un individuo che non abbassava la guardia nemmeno quando si infilava sotto le coperte, le regalò una profonda sensazione di pace.
Difatti, non volle dirgli altro, per evitare di sgualcire troppo il momento. Si limitò semplicemente a passare lo sguardo sul suo viso, sul suo corpo, sul suo sorriso, frenandosi dal confidargli quanto trovasse splendido l'insieme. Rise più volte del fatto che lui non riuscisse a tenersi per sé lo stesso genere di complimento, ripetendole quanto fosse bella.
Gli sfiorò lo stomaco con le dita, sentendolo brontolare, quindi gli rivolse un'occhiata divertita. -Puoi vedere se giù in dispensa è rimasto qualcosa da mangiare?- gli domandò, sentendosi in dovere di intervenire.
Cullen le scoccò un bacio sulla fronte in segno di gratitudine, poi si mise a sedere sul letto. Se l'idea di mangiare qualcosa gli aveva fatto tornare istantaneamente le energie, la realizzazione di non essere in casa da soli lo colpì dritto nell'ansia e gli fece subito tornare la voglia di rimettersi sotto le coperte.
Sbuffò, passandosi una mano tra i capelli, poi si sforzò di alzarsi, proprio perché la richiesta proveniva da Lavellan.
Quest'ultima si soffermò a squadrarlo da capo a piedi, senza perderlo di vista un istante mentre percorreva la stanza in lungo e in largo per recuperare i suoi vestiti e radunarli sul letto. Dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo pur di non commentare lascivamente il suo aspetto, mordendo un lembo del cuscino che stava abbracciando per disperazione.
Cullen, che si stava allacciando la cintura, notò quella manovra e le scoccò un'occhiata curiosa. Quando si rese conto di quello che stava succedendo, il suo sguardo si tinse di autocompiacimento e gli venne da sorridere. -È un modo per dirmi di fare in fretta?- le domandò, raddrizzando la camicia prima di indossarla.
Lei gli rivolse un'occhiata eloquente. -Probabile.-
-Sei incontentabile.-
-Non mi pare proprio.-
Cullen rise.

L'idea di ritornare tra le braccia di Lavellan per qualcosa di molto più intimo di un abbraccio diede a Cullen la forza necessaria per affrontare qualsiasi cosa avrebbe trovato sul suo cammino una volta sceso al piano di sotto.
Dopo che ebbe raggiunto l'ultimo gradino della scala in marmo, si mosse in punta di piedi attraverso la casa, debolmente illuminata dall'albeggiare, pentendosi di non aver chiesto a Lavellan dove fossero le cucine. Andò a intuito, oltrepassando il salotto per mettersi ad aprire una porta dietro l'altra, facendo attenzione a non svegliare Varric e Sera, che russavano sonoramente, collassati sul pavimento a pochi passi da lui. Fortunatamente, non essendo una casa immensa, riuscì in breve tempo a trovare la porta giusta.
Si ritrovò a entrare in una stanza accogliente, riscaldata da un caminetto e illuminata da un bel lampadario a bracci che scendeva dal soffitto.
Sollevato di non aver trovato nessuno ad aspettarlo con sorrisetti e battutine, lasciò andare un sospiro, dirigendosi a passo spedito verso un tavolo già apparecchiato, alla ricerca di qualsiasi cosa potesse trasportare agilmente al piano di sopra, senza causare rumori e tintinnii improvvisi.
Spostò lo sguardo a sinistra, notando una serie di armadietti a ridosso di parete che sormontavano dei forni e una cucina in cotto dipinto. Vi si diresse, velocemente, aprendo un'anta dietro l'altra e recuperando un discreto bottino che infilò in un cencio che aveva trovato appoggiato sopra il forno, assieme a una pagnotta. Dopo aver radunato abbastanza cibo per accontentare se stesso e Lavellan, s'infilò il fagotto sottobraccio e si voltò per uscire.
Sobbalzò, rischiando di far cadere tutto per terra.
Dorian e Leliana erano seduti al tavolo e lo osservavano con un'espressione divertita.
-Buongiorno.- disse il primo, appoggiando gli avambracci sulla superficie del tavolo, mentre si sporgeva nella sua direzione.
Cullen sentì il viso prendere calore, mentre cercava un modo per riprendere il contegno. -Buongiorno.- gli fece eco, muovendosi lentamente verso l'uscita.
-Possiamo tentarti con una tazza di tè?- intervenne Leliana, esibendo una teiera fumante sbucata fuori da chissà dove.
-No, grazie.-
-Se non vieni immediatamente qui, giuro che sveglio Sera.- lo minacciò Dorian, porgendo una tazza a Leliana per permetterle di servirlo.
Cullen si bloccò sull'uscio. Chiuse gli occhi, prese un respiro profondo, poi si voltò, raggiungendoli con una smorfia di fastidio.
Leliana ridacchiò, finendo di riempire altre due tazze fino all'orlo, prima di fargli cenno di prendere posto tra loro, a capotavola. Quando si fu seduto, ne appoggiò una di fronte a lui e gli rivolse un sorriso pieno. -Bevi, coraggio!- lo invitò.
-Cosa mi aspetta, una ramanzina, o una lamentela?- domandò Cullen, guardingo.
-Un suggerimento.- precisò Dorian. -La prossima volta che ti dovesse capitare di fare visita all'Inquisitrice, ricordati di chiudere la porta a chiave.-
-Ho fatto giusto in tempo ad avvertire Josie.- intervenne Leliana, passando un'occhiata divertita su Cullen, le cui guance, da rosse che erano, presero una preoccupante sfumatura di verde.
-Immagina che imbarazzo in sede di consiglio.- disse Dorian, che osservava con insistenza i capelli della sua vittima. -Ecco perché Varric ti chiama ricciolino.- commentò, sistemandogli un boccolo ribelle che gli ricadeva sulla fronte.
Cullen si ritrasse, stringendosi il fagotto al petto. -Ci godete proprio a torturarmi?- si lamentò.
-Diamine, sì!- rispose Leliana. -È lo scotto da pagare per avervi coperto. Se non fosse stato per me, adesso mezza corte saprebbe che avete passato la notte insieme.-
-A proposito- Dorian recuperò una borsa da sotto al tavolo, spingendola tra le braccia di Cullen. -Prego.-
Cullen sbirciò al suo interno, riconoscendo immediatamente la pelliccia bruna che adornava il suo mantello. Ammiccò, confuso.
-Devo davvero spiegarglielo?- domandò Dorian, rivolgendo a Leliana un'occhiata supplichevole. Lei si strinse nelle spalle. -A quanto pare.-
-Spiegarmi cosa, esattamente?-
-Che se uscissi da qui con lo stesso vestito che portavi ieri, chiunque sia in osservazione si renderebbe immediatamente conto che hai passato la notte qui per... qualsiasi cosa noiosa e strettamente vaniglia che avete fatto lassù.- gli rispose Dorian, indicando il soffitto con un gesto sommario. -Se invece uscissi con l'armatura, dimostrando di avere effettivamente un alloggio nella dependance, ti risparmieresti una camminata della vergogna di portata imperiale.-
-Cassandra si è premurata di riferire ai tuoi ufficiali che ti saresti installato qui, per via di una riunione d'emergenza.- proseguì Leliana. -Ti abbiamo persino riservato una stanza e disfatto un po' il letto, nel caso la servitù volesse riferire alla nostra ospite qualche novità succosa sulla nostra permanenza qui.-
Cullen guardò entrambi con un'espressione accigliata. -Non so davvero cosa dire.- balbettò.
-Grazie?- gli suggerì Dorian, aprendo un braccio nella sua direzione.
-Grazie.- ripeté Cullen, annuendo.
-Di niente.- rispose Leliana, rivolgendogli un sorriso rassicurante. -Non servirà a molto, dato che ormai sanno tutti che avete una liaison, ma almeno impedirà che circolino voci molto più fastidiose attorno alla vostra relazione.-
-Per carità, quelle girerebbero comunque anche se non fosse noto che hanno una storia.- borbottò Dorian, cercando di afferrare un altro ricciolo scomposto dalla testa di Cullen. -Basta che due persone interagiscano e subito nasce lo scandalo. Questa cosa mi ricorda pericolosamente i salotti di Minrathous.-
-Tutto il mondo è paese.- commentò Leliana, per poi rivolgere un sorriso a Cullen. -Quello che avevamo da dirti te l'abbiamo detto. Ora puoi portarle la colazione e, per carità, sii signore e metti tutto su un vassoio! Alle donne piace un po' di scena.-
Cullen sospirò stancamente. -Se mi presentassi con un vassoio lo vedrebbe come un pasto e si limiterebbe a guardare il cibo anziché consumarlo.- spiegò, attirando su di sé un paio di occhiate tinte d'interesse. -La chiave è poco e spesso, così non si sente sopraffatta.-
Leliana studiò il suo viso a lungo, poi gli indicò la porta con un cenno del capo. -Vai, prima che madame Vivienne si svegli per il suo infuso delle cinque.-
Cullen non se lo fece ripetere due volte. Prima di uscire, però, si voltò nella loro direzione, con un'espressione madida di gratitudine.
Dorian allontanò i convenevoli con un cenno sbrigativo del braccio, Leliana invece chinò la testa in segno di saluto. -Dobbiamo guardarci le spalle a vicenda.- disse, tranquillamente.
I due aspettarono che Cullen se ne fosse andato, prima di scambiarsi un'occhiata d'intesa.
-Li hai presi?- domandò lei.
Dorian le porse una manciata di capelli biondi. -Bastano?-
Leliana li avvolse in un tovagliolo, che poi si infilò in tasca. -Sono sufficienti.- confermò. -Pensavo fosse una risposta allo stress, per quello mi sono rifiutata di indagare.- aggiunse, assumendo un'espressione pensosa.
Dorian la raggiunse con uno sguardo macchiato di nervosismo. -Come dobbiamo comportarci?- domandò, avvolgendo la tazza tra le dita, per assorbirne il calore.
Leliana prese una sorsata di tè, per aiutarsi a riflettere. -Mi farò venire in mente qualcosa.- dichiarò, senza soffermarsi a elaborare.
Ed entrambi rimasero a contemplare la superficie del tavolo in silenzio.

 

-Nota-

Scusate il taglio sul più bello, ma in this household we kneel just for Jesus.
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Ah e il frutto del noce è la drupa. La noce è il nocciolo.
<3

   
 
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