Chapter 4
Choices
and mistakes (pt1)
Looking
for the key to my heart-shaped lock
9
Luglio
Ogni
persona ha il suo ‘posto segreto’.
Il
luogo preferito, dove si sente perfettamente a
suo agio, qualunque cosa accada, che sia al settimo cielo, o
Una
grotta, una baita sperduta tra i monti, una
casetta sull’albero, o semplicemente la propria camera da
letto. Una volta ho
conosciuto una ragazza che, ogni volta che sentiva di non riuscire
più a
sopportare il mondo esterno, troppo duro e insensibile, si chiudeva per
ore
nella sua cabina armadio, al buio, e restava a pensare, con le braccia
intorno
alle ginocchia, avvolta dal profumo della naftalina.
Di
solito è un luogo nascosto, a volte poco
accessibile, dove restare lontano da tutto e da tutti.
Sin da
ragazzo, ho sempre avuto il bisogno di
distinguermi. C’è chi mi ha dato del pazzo, chi
dell’alternativo, chi
dell’attore: ma non è qualcosa che ho mai
controllato veramente. Seguire il
gregge non è nel mio DNA.
E
così anche il mio posto segreto è un
po’
bizzarro. Perché non è poi tanto segreto, visto
che sono circondato da migliaia
di persone. Non sono nemmeno sicuro che possa essere definito un posto,
visto
che raramente è lo stesso, ma cambia ogni volta,
ciclicamente.
Ma non
esiste un momento in cui mi senta così
dannatamente me stesso, come quando sono su un palco, cantando le mie
canzoni
davanti a tutte quelle persone che sono lì per noi.
L’agitazione
è sempre tanta, ma è parte del
pacchetto.
Suonare
la mia musica, il lavoro di una vita,
accompagnato dalla voce di migliaia di sconosciuti, è un
esperienza catartica.
Mi fa dimenticare il mondo, o almeno lo trasforma in un luogo un
po’ meno
temibile.
Spesso,
durante i lunghi tour in giro per l’Europa,
o in qualche altro continente, salire su quel palco è
qualcosa di davvero
faticoso: un letto sarebbe molto più appetibile. Eppure,
anche quando il corpo
e la mente sono obliati dalla stanchezza o dal fastidio, un
po’ di quella magia
riesce sempre ad insinuarsi in me.
I
festival estivi sono i miei preferiti: hai il
tempo di riposarti per una settimana e poi il weekend fai quello che ti
piace,
senza particolare sforzo, soltanto per il gusto di farlo. Semplicemente
perfetto.
Ho
anche una particolare preferenza per i festival
che hanno luogo in Finlandia: puoi visitare anche città
meravigliose, capitali
da sogno, ma, come Dorothy insegna, non c’è posto
come casa.
Quest’anno,
la nostra performance al Ruisrock, è
volata proprio in un soffio. Senza quasi accorgermene, siamo
già arrivati a The
Funeral Of Hearts. Canto lentamente, a occhi chiusi, perdendomi in
quella bolla
di note e bassi. Una collina illuminata dalla luna si stende davanti
alle mie
pupille cieche, un vento leggero le scompiglia i capelli scuri,
sparpagliandoli
sul mio petto. Le sue dita tormentate dal freddo sono sul mio viso
adesso, il
suo tocco è leggero sulla mia pelle.
“The heretics seal beyond divine, a
prayer to a God who’s deaf and
blind,
the
last rites for souls on fire,
three little words and a question, why?”
Faccio
un respiro e poi do l’attacco: “Love’s
the…”
Schiudo
le palpebre e sbircio attentamente la folla
che mi sta davanti: la mezzanotte è passata da tempo e il
cielo è ancora
chiaro, ma il palco è troppo illuminato e per contro il
pubblico appare
sfuocato davanti ai miei occhi. Colgo qualche volto nelle prime file,
qualche
sguardo perso, qualche sorriso. La loro voce giunge invece forte e
chiara,
mentre completano la frase della mia canzone.
“Funeral
of Hearts!”
L’avrò
sentito milioni di volte, ma ogni santa
volta mi stupisco di quanto possa adorare tutto questo. Mi sento un
dio. Okay,
forse dovrei tenere a freno Mr Ego.
Termina
il brano e, uno ad uno, torniamo nel
backstage. Gas è l’ultimo: mi soffermo a
sbirciarlo mentre lancia le bacchette
e i fan si accapigliano per riuscire ad acchiappare il bastoncino di
legno; come
al solito non riesco a trattenermi dal ridere.
“A
te tocca sempre la parte più divertente” mi
lamento, non appena il batterista ci raggiunge dietro le quinte.
Lui
sbuffa, recuperando un asciugamano per tamponare
le perdite d’acqua. Dio, se suda quell’uomo.
“Non
hai idea che male alle spalle” ribatte,
facendo scrocchiare quella sinistra “Ti lascerei volentieri
il testimone, se
non avessi paura che ti si strappasse uno di quei tuoi
braccini”
Lascio
perdere, alzando gli occhi al cielo.
Evidentemente lui si diverte un mondo.
Mi
guardo in giro, alla ricerca di un Red Bull,
mentre oltre le transenne la gente disperata ha iniziato a chiamare a
gran voce
un encore.
“Ma
è finito tutto da bere?” domando spazientito ad
uno dei tecnici, che mi passa davanti macchinando con un cellulare.
Il
ragazzo non solleva nemmeno la testa per
guardarmi in faccia; mantenendo l’attenzione fissa sul suo
apparecchio
elettronico, mi fa un cenno con la mano, indicando una direzione molto
vaga:
“Prova di là”
Mi
volto verso il punto segnalato, immaginando che
il tizio si riferisca a quello che sembra un piccolo magazzino.
Non ho
fatto nemmeno un passo, che Migè mi si para
davanti, con un’espressione sconvolta, e mi mette sotto al
naso la sua birra
già aperta.
“No
Ville, prendi la mia!” mi ordina, agitando
pericolosamente la bottiglia.
Alzo
un sopracciglio, confuso: “Ehm, apprezzo il
pensiero, Mikko, ma lo sai che non posso”
“Oh”
borbotta, ricordandosi all’improvviso che sono
in astinenza completa da alcol da mesi, e ritrae velocemente il
braccio,
imbarazzato “Scusa Ville, hai ragione”
“Non
importa” ridacchio, divertito da quel suo
strano comportamento.
“Hey
tu!” blocca un altro povero impiegato
gracilino del festival, prendendolo per un braccio “Andresti
a prendere una
coca al mio amico?”
“Ma
veramente io…” balbetta il ragazzotto, ma non
riesce nemmeno a finire la frase.
“Ho
detto una coca” ribatte Migè, facendo una
faccia davvero perfida che, unita al suo look non proprio
raccomandabile, fa
tremare di paura il malcapitato.
“V-va
bene” assicura, sparendo rapidamente dalla
circolazione, per poi ritornare pochi istanti più tardi con
la mia bottiglia.
Assisto
alla scena, grattandomi la testa: “Ma, cosa
diavolo ti è preso? L’hai spaventato a morte
poveraccio”
Conosco
Migè da davvero tanto tempo e, nonostante
la corporatura massiccia, lui non era mai stato un bullo…
Il
bassista ride nervosamente, trangugiando la sua
birra: “Eh, bisogna far capire a questi giovani chi
comanda”
C’è
qualcosa di strano, ma non posso soffermarmi su
dubbi e speculazioni, perché è già ora
di tornare sul palco.
Accompagnati
dalle grida del pubblico, ci
riposizioniamo al nostro posto e iniziamo a suonare Razorblade Kiss.
Eseguito
il pezzo, faccio un segno con la mano agli
spettatori, per frenare i loro applausi e le loro urla. Quando penso di
aver
ottenuto abbastanza attenzione, mi riavvicino al microfono per
presentare la
nuova canzone.
Ruissalo
sembra aver apprezzato molto Dead Lovers’
Lane: sono curioso di conoscere la reazione davanti a Bleed Well.
Sto
per aprire bocca, quando mi accorgo
dell’ennesima stranezza: Linde e Migè si sono
avvicinati un po’ troppo,
sventolando animatamente i loro strumenti.
“Aspetta
un momento Ville” mi dice Lily, sorridendo
impercettibilmente.
Poso
una mano sulla cima del microfono, allungando
il collo verso di loro.
“Ma
che diavolo avete stasera? Siete tutti
ubriachi?” sbotto, spalancando le palpebre.
“Senti,
so che avevamo deciso di suonare Bleed
Well, e avevamo fatto le prove per quella” esordisce il
rasta, soppesando ogni
parola “Ma noi abbiamo preparato anche un altro pezzo, nel
caso avessi cambiato
idea”
Non mi
sfugge l’espressione gongolante di Migè:
“Volete suonare Sleepwalking?” tiro a indovinare,
scuotendo la testa davanti
alla loro testardaggine: ma in fondo sono molto fiero di quella canzone
e i
loro assoli sono sempre stupefacenti.
“No,
no” mi smentisce il bassista “Veramente
stavamo parlando di Venus Doom”
Sbatto
le palpebre, due o tre volte: “Che cosa?”
domando incredulo.
Linde
mi batte una mano sulla spalla: “Sappiamo che
in fondo è quello che volevi fare sin dall’inizio,
anche se poi qualcosa ti ha
bloccato. Ma è giusto così, senza quella canzone
probabilmente non ci sarebbe
tutto l’album”
Rimango
a fissarli senza parlare, mentre gli
ingranaggi del mio cervello si muovono sin troppo velocemente. Hanno
ragione,
hanno dannatamente ragione, ma io…
“Non
so se posso farlo” biascico, facendo una
strana smorfia.
“Certo
che puoi Ville” mi incoraggia Migè “E se
vuoi posso darti una botta in testa con il mio basso per darti una
mano!”
Reclino
l’offerta con un ghigno e poi annuisco,
ancora un po’ incerto.
I miei
compagni tornano tutti contenti ai miei due
lati e aspettano fiduciosi che io presenti il brano.
La
prossima volta che qualcuno mi accusa di essere
strano, gliene dico quattro.
“Scusate
l’interruzione” attacco a parlare, ma
ancora una volta vengo interrotto dal vecchio bassista.
“No
Ville, parla in inglese!” mi ammonisce,
muovendo su e giù la testa con fare concitato.
“Perché?”
Quei
ragazzi mi stanno mettendo un’ansia terribile
addosso.
“Perché
stai presentando il nuovo brano” mi spiega
pazientemente “E’ giusto che capiscano tutti! E poi
anche prima lo hai fatto”
Ah
sì? Non riesco a ricordare esattamente. Ho
rivolto al pubblico straniero sparso tra la folla qualche frase, ma non
riesco
a rammentare esattamente quando.
Comunque
il suo discorso ha un senso, quindi
ricomincio, cambiando idioma.
“Scusate
per l’interruzione. Io e gli altri ragazzi
abbiamo avuto bisogno di una piccola riunione dell’ultimo
minuto. Siamo
arrivati all’ultima canzone per questa sera e abbiamo deciso
di proporvi
un’altra anteprima del nuovo album”
Gli
applausi si fanno più forti, l’adrenalina
cresce.
“Questo
è il brano che dà il titolo al nuovo album.
Per la prima volta dopo tanto tempo, il testo e la melodia non sono
tutta
farina del mio sacco” mi blocco un istante, inspirando
profondamente. Sento
l’impulso di accendermi una sigaretta, ma poi cambio idea e
riprendo a
spiegare. Sto diventando logorroico “La canzone è
stata creata in
collaborazione con un’ottima poetessa” sorrido tra
me e me, considerando quanto
le stia bene quell’appellativo “La quale
sfortunatamente non è qui stasera” Che
non sarà mai qui “Il suo nome è Elisa
Bonizzi e quest’ultimo brano lo dedico a
lei”
Mentre
Gas dà il via alle prime battute di
introduzione, il sorriso si allarga ancora di più sulle mie
labbra, questa
volta con un po’ di malizia. Domani, il suo nome
sarà di nuovo su tutti i
giornali e presto la notizia girerà anche in rete.
Chissà se la mia piccola
uscita, forse poco felice, tornerà ancora a sfiorarla anche
a casa sua, a
chilometri di distanza.
Una
fiammella di speranza si accende, incontrastata,
nel mio cuore e questa volta non ho né la forza,
né la voglia, di sopprimerla.
Ripongo
la mia attenzione sulle note della canzone,
socchiudendo le palpebre e stringendo con entrambe le mani il microfono.
“Leave all behind now to watch her
crawl
Through our dark gardens of
insanity…”
I
ricordi sono come un mare in tempesta e restare
concentrato è davvero difficile.
Tuttavia,
cantare la nostra canzone è meno doloroso
di quanto potessi pensare. E’ davvero come se fosse qui con
me: se ascolto
attentamente la burrasca, riesco anche a sentire la sua voce che ripete
le
medesime parole, nella mia testa.
“She’ll be the--- ”
“She'll be the
light to guide you back home”
E
poi, accade qualcosa.
Qualcosa
che non mi succedeva da
davvero molto tempo, o che almeno non era più successo da
quando avevo smesso
definitivamente di bere: la gola si fa secca, le parole non riescono ad
uscire.
Il
ricordo diventa così potente da
stordirmi, da lasciarmi completamente ko. La sua voce non sembra
più solo nella
mia testa, è nelle mie orecchie, mi sfiora la pelle come una
brezza leggera. Ma
non posso davvero credere che sia reale!
Forse
non è stata affatto una buona
idea lasciarmi persuadere ad eseguire quel pezzo. Avrei dovuto dar
retta al mio
primo istinto di sopravvivenza. Ora è tardi, ed io sto
completamente perdendo
il senno.
Chissà
cosa starà pensando il pubblico,
chissà cosa staranno pensando gli altri, mi domando
scuotendo la testa: forse
crederanno che mi sia dimenticato le parole e immagino quanto sia
imbarazzante
quel silenzio! Perché nella mia testa la voce continua a
cantare, ma per tutte
quelle persone sono solo note.
Mi
volto indietro, verso Gas, pronto
a chiedergli di ricominciare tutto daccapo.
E
quando il sangue mi si gela nelle
vene, comincio a domandarmi se quello non sia un sogno, o se la mia
coca sia
stata drogata. Perché ho iniziato ad avere anche delle
allucinazioni visive.
Dalla
sinistra di Gas, procedendo
nella mia direzione, si fa avanti con passo leggero la mia Venere. La
luce dei
riflettori bagna la cascata di lunghi capelli corvini, che le ricadono
morbidamente sulle spalle nude, tingendoli di un viola innaturale e
ammaliante.
Dietro alle sue mani avvolte intorno ad un microfono, si intravede un
timido
sorriso, le sue gote rosee sono accese dall’emozione e
contrastano con la
carnagione pallida del collo e dello sterno. I suoi occhi…i
suoi occhi non
possono essere descritti, perché non ho mai trovato nulla
che potesse essere
loro comparato, se non l’abisso. Il Nulla e il Tutto, uniti
insieme in un
improbabile e prodigioso legame.
“Just give her a
kiss worth dying for…”
Continua
a cantare, continua ad
avvicinarsi.
Impossibile,
non smetto di ripetermi,
le braccia abbandonate contro il busto, incapace di qualsiasi movimento.
Ormai
è così vicina che posso
distinguere ogni particolare del suo viso, posso perfino percepire il
suo
inconfondibile profumo: è quasi cannella, ma più
pungente.
Bisognerà
ammettere che la mia
fantasia di certo non fa economia di dettagli. Terribilmente
realistici, tra parentesi.
A
dividerci è solo un passo.
Il
sorriso si fa più sicuro sulle sue
labbra, sebbene mi accorga anche che una lacrima è sfuggita
ai suoi occhi.
Allunga una mano, sfiorandomi delicatamente il volto.
Sussulto,
chiudendo per un istante
gli occhi, involontariamente.
Quello
non può non essere reale.
“…and open your
arms”
Eccomi di nuovo qui in tempi abbastanza ragionevoli, no? XD
Grazie mille per i commenti e anche a chi ha solo letto.
@ 00glo00: uhhh allora per fortuna che sei passata! Grazie mille per il commento, fammi sapere cosa ne pensi anche degli altri, se ne hai voglia ^:^ Ehh, si sa, a volte le persone sono stupide…ma chissà se Ville ha le allucinazioni oppure qualcuno ha deciso di non essere poi così stupido… Un bacio
@SomethingSpecial: noooo, non volevo assolutamente farti piangere. Evviva, allora tua madre può associarsi alla mia e ricoverarci insieme tra le pazze che piangono e ridono davanti al pc! Non ti preoccupare, ti capisco anche troppo bene. La differenza di età in effetti è sempre in apparenza un grande ostacolo, ma penso anche io che dipenda molto dalla personalità delle persone: capita a volte di non trovarsi per niente con i propri coetanei. Anche la storia dei punti di vista diversi mi piace un sacco, sai. Hai proprio ragione. Alla prossima e grazie per continuare a seguire la storia!
@Ladynotorious: quando ho aperto la mail quasi non ci credevo, pensavo di avere le allucinazioni. Sono davvero emozionata. Grazie mille, davvero, per avere inserito questa storia tra le scelte, spero non deluderà nessuno fino alla fine. Sono contenta che ti piaccia ^_^ Grazie ancora, è una cosa bellissima.