~Diari~
2005 ~ Il mio nemico
In quell’anno frequentavo il terzo
anno del liceo di Forks. Nonostante facevo solo finta di seguire le lezioni,
andare a scuola era diventato irritante.
Non era per lo studio, anzi mi
divertiva vedere i miei professori in difficoltà per il mio essere
eccessivamente brillante.
In quei giorni ciò che era snervante
era la notizia dell’arrivo di una nuova ragazza nella nostra scuola.
Non riuscivo a contenere l’eccitazione
per questo nuovo arrivo di tutti gli studenti. I pensieri erano pari a quelli
che un fanciullo avrebbe avuto ricevendo un nuovo gioco.
Di questa ragazza si sapeva
solamente che era la figlia dell’ispettore Charlie Swan, avuta dalla relazione
di quest’ultimo con una donna, che stanca di Forks l’aveva lasciato portandosi
via la figlia ancora in fasce. Nessuno la conosceva e tutti cercavano di
immaginare come potesse essere.
I pensieri più molesti erano quelli
dei ragazzi.
Tutti la desideravano, tutti
volevano conoscerla e tutti bramavano “approfondire” il rapporto con lei.
Tutto ciò lo trovavo disgustoso. Era
solo una semplice umana.
Possibile che nessuno ancora ci era
arrivato?
Fortunatamente tutto questo
supplizio durava solo durante le ore di lezione.
Fuori dall’edificio scolastico la
mia mente veniva come ripulita e così avrei solo dovuto preoccuparmi di offrire
più privacy possibile ai miei fratelli.
Passarono così i giorni fino al suo
arrivo.
Mi accorsi di lei tramite i pensieri
di Jessica che attirarono la mia attenzione. Fu in quel momento che voltandomi
incrociai per la prima volta il suo sguardo.
Aveva gli occhi color cioccolato, la
pelle chiara e i folti capelli, anch’essi color cioccolato, le incorniciavano
il viso a forma di cuore, che pian piano prese colore quando si accorse che la
stavo guardando.
Distogliemmo entrambi lo sguardo
l’uno dall’altro come imbarazzati da quel contatto quasi intimo.
I suoi occhi erano profondi e il suo
sguardo penetrante. Mi concentrai su ciò che stavano dicendo.
In fondo, era quello il mio dovere.
Nel caso in cui mi accorgevo che
qualcuno poteva solo sospettare qualcosa, dovevamo andare via.
Sorrisi per quella stupida
motivazione che diedi a me stesso.
In realtà ero solo curioso di
sentire ciò che quella ragazza minuta pensava.
Affinai i miei sensi e cercai di
escludere tutte le altre voci dalla mia mente. Sentivo Jessica raccontarle
della mia famiglia, le raccontò che venivamo dall’Alaska e che eravamo stati
adottati dal dottor Cullen e da sua moglie. Qualcosa però tra i suoi pensieri
mi infastidii. Era gelosa del fatto che tutti erano attratti dalla presenza di
Isabella, o meglio Bella, come preferiva essere chiamata.
Jessica odiava quella ragazza per il
solo fatto di ricevere molte attenzioni, soprattutto dal “suo” Mike.
Poi sentii rivolgere una domanda
alla sua nuova “amica”. “Chi è quel ragazzo?” disse indicandomi con un cenno
del capo.
“Oh
in bocca al lupo sciocchina.”
Pensò e si affrettò a rispondere. “Lui è Edward Cullen.” Rispose infastidita,
ma allo stesso tempo sollevata dal fatto che sapeva che io non l’avrei degnata
di uno sguardo.
“È tempo perso provarci con lui. Non
guarda nessuna!” le disse sorprendendola a fissarmi.
“Sei
goffa e tremendamente insignificante come puoi solo pensare che potrebbe
trovarti interessante?”
pensò.
Fui preso da un moto improvviso di
rabbia.
Come poteva pensare quelle cose di
lei? Non la conosceva nemmeno eppure si prendeva la briga di giudicarla e
deriderla.
Mi voltai per guardarla.
Era stretta nelle sue spalle,
indifesa e soprattutto inerme ai pensieri di Jessica.
Lei, così estremamente fragile non
disse nulla alle parole di Jessica. Fu allora che mi accorsi che non riuscivo a
leggere la sua mente.
Com’era possibile? Forse perché non
riconoscevo ancora bene la sua voce mentale?
Mi concentrai ancora di più, ma
nulla. Il vuoto.
Ancora nulla. Rinunciai.
In fondo aveva 17 anni, cosa poteva
pensare di diverso dalle sue coetanee?
Sapevo che sicuramente era attratta
da me, in fondo la mia natura prevedeva questo.
Noi attiravamo le prede e loro non
potevano far altro che abbandonarsi a questa attrazione.
Non volevo farmi coinvolgere dal
silenzio dei suoi pensieri.
Era solo un’umana.
Con i mie fratelli ci allontanammo
dalla mensa per raggiungere le rispettive aule.
Io avevo biologia e mi diressi nell’aula
dove il signor Banner si apprestava a tenere la sua prossima lezione.
Sprofondai nella sedia e posai i
miei libri sul banco.
Mi risvegliai dalla noia quando
sentii i pensieri di Angela Weber. Stava accompagnando Bella per la sua
lezione.
“Non
so proprio cosa dirle, non voglio fare una brutta figura. È timida come me e
posso capire come si possa sentire adesso.” I pensieri di Angela erano gentili.
Quelli di Mike invece erano
fortissimi. Era felice ed eccitato di avere una lezione in comune con la nuova
arrivata.
Mi guardai attorno e notai che
l’unico posto libero era quello accanto a me. Sorrisi dispiaciuto per lei.
Le sarebbe toccato sedersi con me.
Mosse i piedi nella mia direzione.
Nel tragittò incrociò la ventola dell’aria calda.
Una frazione di secondo e il suo
odore mi arrivò dritto nelle narici.
In quell’istante la mia mente
diventò buia.
La mia gola bruciava come mai aveva
fatto.
Il mostro dentro di me ruggì.
Non avevo mai sentito un odore così
tremendamente dolce. Sapeva di fiori.
Il primo istinto fu quello di
saltarle addosso e assaporare il liquido denso e dolce che scorreva nelle sue
vene.
Si avvicinò al suo posto e quando
notò che la stavo guardando, le sue guance si colorarono di rosso.
L’odore del suo sangue mi arrivò
ancora più forte.
La volevo. Non esisteva altra
soluzione.
Mi specchiai nei suoi occhi e vidi
ciò che in quel momento ero diventato. Un vampiro. Una creatura dell’oscurità.
Un assassino. Per un attimo tornai in me.
Inciampò nei suoi piedi e ancora una
volta la sua fragranza si scagliò su di me.
Diedi un piccolo sguardo alla
classe. Era ormai piena e tutti sarebbero stati testimoni del mio assassinio.
Avrei dovuto uccidere tutti. Nessuno
si sarebbe salvato.
Per avere quel sangue l’avrei fatto.
Dovevo solo trovare il modo.
Si sedette accanto a me. Era
spaventata, la vidi coprirsi il volto con una ciocca di capelli.
E ancora mi violentò con il suo
odore.
Un rivolo d’aria spazzò via il suo aroma
e riuscii ancora una volta a ritrovarmi.
Mi resi conto che tutto ciò che mio
padre in quegli anni mi aveva insegnato stava per essere cancellato con la sua
morte, sarebbe stato cancellato come un colpo di spugna lava via le macchie di
fango dalla pelle di un bambino al ritorno a casa dopo aver giocato in
giardino.
No, non potevo permetterlo.
Smisi di respirare. Sarebbe bastato
per la fine della lezione.
Durante la lezione non feci altro
che pensare al modo di ucciderla.
Immaginavo la sua morte e la
pianificavo nei minimi dettagli. Prima la uccidevo lì in quell’aula, poi mi
immaginai toglierle la vita nel bosco che costeggiava la scuola. Poi ancora
nella sua camera.
Scrollai la testa violentemente.
Non potevo fare questo a me stesso.
Non potevo ritornare ad essere quel
mostro che tanti anni fa riaffiorò nel mio periodo di ribellione.
Non me lo sarei mai perdonato.
Mi guardò poco prima che la
campanella suonò per comunicarci la fine delle lezioni.
La odiai per avermi fatto
questo. La guardai con gli occhi pieni
di disprezzo e corsi via senza mostrare la benché minima educazione nei
confronti della mia nuova compagna di banco.
Mi rifugiai nella mia auto, con le
note di Debussy a farmi compagnia.
L’aria fresca mi permise di pensare a ciò che
poco prima era successo. Come era stato possibile? Lei, un’insignificante umana
era riuscita a stravolgere la mia tranquillità.
Non sarei mai riuscito a perdonarla
per questo.
Dovevo evitarla. Dovevo fare in modo
di non incrociare più quella scia appetitosa.
Scesi dall’auto e mi incamminai
verso la segreteria. Meglio adoperarmi subito e fare in modo di non incontrarla
più.
Per oggi avevo sprecato tutto il mio
autocontrollo e sapevo, che rivedendola, la sua buona stella non avrebbe potuto
nulla.
Entrai in segreteria e la signorina
Cope mi accolse con un sorriso.
“Signor Cullen in cosa posso esserle
utile?” mi chiese, mentre immaginava
di poter approfondire la conoscenza in un posto diverso dall’ufficio scolastico
in cui lavorava.
“Vorrei modificare il mio orario.
Vede il corso di biologia l’ho già seguito in Alaska e non vorrei ripeterlo.
Preferirei studiare cose nuove.” Le
dissi cercando di rendermi “affascinante” ai suoi occhi.
“Edward, hai qualche problema con il
tuo professore?” mi chiese apprensiva.
“No nessun problema signorina Cope.”mi
spinsi con il corpo verso di lei e assunsi un tono convincente e seducente. “È solo che vorrei poter frequentare
un altro corso.”
Nello stesso istante qualcuno entrò
nella segreteria.
“Mi dispiace Edward, gli altri corsi
sono tutti al completo. Non posso aiutarti.” Mi disse.
Mi voltai e in quel momento capii
chi era entrato in segreteria.
L’odore mi colpii ancora come la
prima volta. Prima che fosse troppo tardi mi rivolsi alla signorina Cope.
“Grazie comunque. Capisco che non ci
sia nulla da fare.” Mi girai e trattenni
il respiro, consapevole che lei avesse visto e sentito tutto.
Quando le passai accanto, anche il
calore del suo sangue mi tormentò.
Affrettai il passo e mi diressi
verso la mia Volvo.
I miei fratelli erano già pronti per
tornare a casa.
Guardai Alice che mi guardava
preoccupata. Perfino Emmett si accorse che ero stravolto.
Poi Alice ebbe una visione. Mi vide
partire e con disappunto mi rivolse uno sguardo tormentato.
“Partirai?” mi chiese in un soffio. “Partirò?”
risposi con un’altra domanda.
Poi ebbe un’altra visione.
Io che uccidevo Bella Swan.
Le intimai di smetterla. E lei si
scusò per quello che entrambi avevamo visto.
Arrivati nei pressi della nostra
casa e Alice fece cenno di fermarsi. “Noi scendiamo qui. Non dirò nulla a
nostro padre, aspetterò che lo faccia tu. Sarebbe meglio.” Disse ed io annuii con il capo.
“So che prenderai la decisione
migliore. Charlie ha solo lei e ucciderla sarebbe come uccidere Charlie
stesso.” Continuò ed io annuii ancora.
Misi in moto l’auto e cominciai a
guidare. Ancora non avevo deciso. Ancora non sapevo se avrei permesso al
vampiro dentro di me di vincere o se sarei semplicemente partito.
Andai all’ospedale e spiegai a mio
padre la mia decisione.
Sarei partito. Avrei lasciato Forks,
questa volta da solo.
Carlisle provò a fermarmi ma sapeva
che in fondo era inutile.
Mi prestò la sua macchina e mi
lasciò andare senza dirmi nulla.
Non dimenticherò mai lo sguardo di
mio padre quando gli voltai le spalle. Era lo stesso di tanti anni fa.
Per tutto ciò che stavo facendo a mio
padre e alla dolce Esme la odiai ancora di più.
Bella Swan era il mio nemico. Era
colpa sua se avevo deciso di voltare le spalle alla mia famiglia.
Era colpa sua se ero stato costretto
ad abbandonare la mia non-vita .
Era colpa sua, non c’erano giustificazioni
per lei.
E per questo l’avrei odiata per
l’eternità.
Edward
Ringrazio Tede e stezietta w per le loro recensioni.
Ringrazio anche tutti
coloro che seguono questa storia.
Un bacio a tutti!!!