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Autore: bambolinarossa98    23/11/2022    1 recensioni
[Seconda storia della serie The Chronicle's of Mafia Family.]
🌟
[Katekyo Hitman Reborn!Crossover]
Gli Anelli Vongola, gli Anelli Mare e i Ciucciotti degli Arcobaleno.
Insieme formano il Trinisette: tre gruppi di sette pietre ciascuno che, si dice, abbiano creato il mondo...

*
[...]Il suo volto era illuminato dalle fiamme che guizzavano nel recipiente di pietra a cui era appoggiato, creando ombre danzanti sul suo viso che lei riusciva a scorgere benissimo... eppure, se doveva soffermarsi sui dettagli, questi le sfuggivano. Come un sogno che si cerca di ricordare mentre quello continua a scivolare via dalla tua mente.
*
[...]Un giorno, in un futuro lontano, potresti guardarti indietro e pensare: ma io ero davvero così? E sarà strano, nostalgico, ma anche buffo e ti scapperà un sorriso perché ti renderai conto di quanto tu sia cresciuta. -
***
Un misterioso bambino venuto dall'Italia.
Uno strano ragazzo venuto dal Giappone.
Un segreto che nasce dagli albori della famiglia mafiosa più potente del mondo.
Il destino di Marinette, ereditato col sangue.
*
[Sequel di The Third Family]
Genere: Azione, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Chronicle's of Mafia Family'
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Titolo: The Lady of the Ring
Capitolo: 24. Esordio
Fandom: Katekyo Hitman Reborn - Miraculous
Numero Parole: 6.419

 
 
 
 
 
 
Un lungo e attonito silenzio seguì le parole di Tsuna che, ancora sulla soglia, passava lo sguardo da Marinette ai suoi genitori con un po' di nervosimo. La ragazza, dal canto suo, era pietrificata dallo shock e dallo stupore: aveva immaginato davvero di tutto, tranne quello.
Tsuna era… anonimo. Aveva l'aspetto di un adolescente qualsiasi, Marinette avrebbe potuto incontrarlo per strada e non farci neanche caso, non c'era nulla in lui che attirasse l'attenzione o invitasse a dare una seconda occhiata: era straordinariamente ordinario. Il che aveva dell'incredibilmente considerato cosa aveva fatto e chi sarebbe dovuto diventare.
Eppure… eppure aveva un qualcosa di terribilmente familiare che le suscitò delle bizzarre emozioni: le sembrava di averlo già incontrato prima, cosa assolutamente impossibile.
Buon dio, mormorò Radi d'improvviso, sconvolto quanto lei, E' identico a lui.
Marinette sussultò, capendo quasi subito a chi si stesse riferendo, e sgranò gli occhi quando comprese perché avesse un aspetto così familiare: somigliava a Giotto in modo impressionante, cambiava solo il colore dei capelli.
Fu Reborn a mettere fine a quel momento carico di tensione, esalando un allegro: - Ciaossu! - che li risvegliò tutti - Scusate il ritardo. -
- Abbiamo trovato un po' di traffico - aggiunse Dino. La ragazza si ridestò dal torpore e si fece rapidamente da parte, invitandoli ad entrare con un po' di imbarazzo, avendoli lasciati già troppo a lungo sul pianerottolo.
Bianchi attese che Reborn facesse le dovute presentazioni a Tom e Sabine, prima di correre a salutarlo molto calorosamente. Il bambino non fece una piega, lasciandosi spupazzare senza battere ciglio sotto lo sguardo perplesso di metà dei presenti; era ancora avvolto fra le sue braccia quando, rivolgendosi ai due ragazzi, indicò la scaletta che portava alla camera di Marinette.
- Perché non portate di sopra le valigie, nel frattempo? Dobbiamo fare due chiacchiere con i tuoi genitori. -
Dino si affrettò a mettere la valigetta nera nella mani di Marinette, cercando di dissimulare un sorriso nervoso in modo pessimo: - Vi vengo a chiamare quando è pronto il pranzo - informò. La ragazza, non potendo protestare ma intuendo che qualcosa non tornava, annuì semplicemente.
- Vieni - invitò rivolta a Tsuna, precedendolo verso la botola.
Le era sempre piaciuta la sua cameretta color confetto, sebbene negli ultimi anni il rosa fosse sceso di qualche grado nella scala dei suoi colori preferiti: ci era affezionata e, un po' per abitudine un po' perché non le andava di riorganizzare tutto, non aveva mai pensato di cambiarla. Tuttavia, quando vide la faccia stupita di Tsuna nel ritrovarsi in quel tripudio di rosa, appena messo piede oltre l'ultimo gradino, la prima reazione fu quella di ridere, poi pensò che forse avrebbe potuto rinnovare qualcosina approfittando dei recenti lavori di ristrutturazione. Anche solo per non farla sembrare la stanza di Barbie.
- Puoi poggiarlo qui - invitò, indicando il rinnovato spazio sotto al proprio letto, mentre poggiava la valigia sulla chaise-longue.
Tsuna sistemò il borsone ai piedi del suo nuovo letto con un timido ringraziamento e un sospiro di sollievo, come se si fosse tolto di dosso un pesante macigno (e forse era davvero così), e rimase fermo lì, con le mani affondate nelle tasche della felpa, in evidente disagio. Erano entrambi in evidente disagio, in piedi uno di fronte all'altro, completamente soli a neanche cinque minuti dal loro primo incontro; e Marinette era troppo intelligente per non capire che Reborn lo avesse fatto apposta a mandarli in camera con quella scusa pacchiana.
Voleva che rimanessero soli.
Lui si guardò intorno, spostando il peso da un piede all'altro, e Marinette cercava disperatamente un argomento di conversazione che non fosse un "Bel casino, eh?" o un più drastico "Coalizziamoci e rovesciamo la gerarchia". Però, chissà, forse sarebbe stato anche d'accordo…
Tsuna si schiarì la voce, distogliendola dai suoi pensieri, e si strinse nelle spalle: - E' molto carina - buttò lì - Insomma, per essere una soffitta. Non che se fosse una camera non lo sarebbe… - aggiunse frettolosamente, facendosi prendere dal panico - Voglio dire, è carina come soffitta e sarebbe carina anche come camera… ah, scusa. E' meglio se sto zitto - sospirò affranto, capendo di aver fatto una gaffe.
Però… ti somiglia molto, ammise Radi divertito facendola accigliare.
- Non preoccuparti, non hai detto nulla di male - cercò di tranquillizzarlo, sentendosi un po' più rilassata: in effetti non aveva tutti i torti, il suo straparlare era simile a quello a cui lei stessa si lasciava andare quando andava nel pallone, e questo la fece sentire stranamente a proprio agio.
Era stata così ansiosa al pensiero di incontrarlo credendo fosse chissà chi e invece si trovava davanti un ragazzo normalissimo, un po' timido ed impacciato, ma innegabilmente educato. Aveva l'aria di chi si era ritrovato a passare nel posto sbagliato al momento sbagliato ma si era arreso ad accettare le conseguenze di quella sfortunata fatalità.
Un po' come lei.
- Scusami - mormorò Tsuna distogliendo lo sguardo - Sono un po' nervoso - ammise stringendosi nelle spalle - Tutta questa storia è così… -
- …assurda? Ridicola? Terrificante? Da manicomio? - suggerì lei, vedendo in difficoltà, e lui annuì stancamente.
- Mi dispiace che ti sia ritrovata coinvolta - continuò - So quanto sia difficile da mandare giù. -
Marinette abbassò lo sguardo e trattenne un sospiro: - Sì, lo è… ma non è nulla rispetto a quello che avete passato voi - rispose - Dino mi ha detto della Battaglia per gli Anelli e conosco bene Squalo: deve essere stato spaventoso. -
Si azzardò a guardarlo e incontrò i suoi occhi: erano così luminosi e sinceri che era impossibile non capire cosa stessero dicendo, Marinette riusciva a leggere ogni singola emozione dentro di essi e vi vide angoscia, preoccupazione, tristezza, un pizzico di rimpianto ma anche sollievo e una gioia quasi disperata; si morse il labbro inferiore capendo di aver riportato a galla ricordi spiacevoli. Tsuna abbassò lo sguardo sul pavimento e le sembrò così fragile e sofferente che le fece tenerezza.
- Sono stati giorni difficili… - ammise in un mormorio e Marinette si sentì lo stomaco stringere - Non volevo coinvolgere i miei amici ma non ho avuto nessuna scelta e loro comunque non si sarebbero tirati indietro: sanno essere molto avventati, a volte. Sono solo contento che sia tutto finito e che ne siamo usciti sani e salvi. -
L'ombra di un sorriso apparve sul suo volto e Marinette dovette fare uno sforzo enorme per trattenere un fremito: il modo in cui parlava dei suoi Guardiani era molto dolce, lasciava trasparire tutta la sua preoccupazione per loro e il forte legame che li univa; dovevano essere veramente importanti per lui.
E' decisamente suo nipote, su questo non ci piove, mormorò Radi con un filo di emozione, E' quasi inquietante: gli altri Boss che ho conosciuto non somigliavano per niente a Giotto, invece lui è la sua copia sputata.
Marinette si ritrovò a sorridere, quasi senza rendersene conto. Tsuna si riscosse e arrossì un po', come se avesse parlato di qualcosa di imbarazzante.
- Ehm… a me Dino ha detto che sei una specie di eroina qui a Parigi - disse, cercando di sviare la conversazione - Anche se non ho capito granché: ha parlato di orecchini magici e folletti volanti. -
Lo stomaco della ragazza si contrasse ed ebbe l'impulso di gettargli nuovamente lo zaino in faccia, stavolta assicurandosi che fosse bello carico di libri: com'era possibile che a lei non dicesse mai niente mentre agli altri sbandierasse tutti i suoi fatti personali?! La mandava in bestia.
Si schiarì la voce e si sforzò di nascondere la rabbia: - Beh, non sono sicura che Tikki sia un folletto… - ammise - …ma gli orecchini magici ci sono - aggiunse, scostandosi una ciocca di capelli per mostrarli - Mi donano una tutina a pois e fantastici poteri per sconfiggere i cattivi - scrollò le spalle e si rese conto solo i quel momento di quanto suonasse assurdo detto in quel modo.
- Deve essere pesante - notò lui con una piccola smorfia.
Marinette strinse le labbra - Un po' - ammise - Sinceramente, lo faccio perché devo ma se potessi ne farei volentieri a meno - sospirò.
- Come con la mafia - intuì Tsuna amaramente e lei non se la sentì neanche di provare ad indorare la pillola: sarebbe stato inutile.
- Come con la mafia - confermò in un mormorio. Sospirò - Sembra che siamo entrambi sulla stessa barca. -
- Speriamo non affondi - rispose lui.
- Sarebbe un bel problema se accadesse. -
Entrambi sobbalzarono, voltandosi verso la botola da cui spuntava la bionda capigliatura di Dino che sorrideva allegramente, seppur con un evidente velo di ansia sugli occhi, e il dubbio che stesse origliando si fece prepotentemente largo dentro di lei. - Il pranzo è quasi pronto - informò - Potete continuare la conversazione più tardi, sono sicuro che avete molto di cui parlare. -
Sorrise, scrutandoli attentamente, e sparì di nuovo giù per le scale. I due ragazzi si scambiarono un'occhiata ma bastò per far capire loro che avevano avuto la stessa identica intuizione.
Non che fosse poi così difficile da capire, dopotutto.
- Hanno paura che ti sostenga nella tua decisione di non voler diventare Boss, vero? - constatò Marinette, più per dare voce a quei pensieri che per chiedere conferma, e Tsuna abbassò le spalle con rassegnazione.
- Come se bastasse a cambiare le cose. -
 
 
Se Marinette aveva passato quell'ultimo mese nella disperazione più totale, quando si sedette a tavola si rese conto di non essersi mai sentita così tranquilla in tutta la sua vita. Le erano bastati quei dieci minuti da sola con Tsuna per spazzare via tutte le sue ansie e le sue paure e la consapevolezza di avere davanti un ragazzo come tanti che si era solo ritrovato in una serie di sfortunate circostanze era bastato a far rinascere in lei un po' di speranza: avere accanto qualcuno che la capisse e la supportasse era proprio ciò di cui aveva bisogno per andare avanti e, forse, sarebbero entrambi riusciti a trarre beneficio dalla reciproca presenza.
O almeno così sperava.
- Crostini? -
Bianchi le mise il piatto sotto il naso, distogliendola dai suoi pensieri, e lei si servì quasi distrattamente prima di passarla a Tsuna, seduto rigidamente accanto a sé. Nessuno aveva ancora detto niente, chiusi in un teso silenzio, si udiva solo il suono dei cucchiai che tintinnavano nelle ciotole e dei bicchieri che venivano occasionalmente poggiati sul tavolo. Reborn si era seduto accanto a Bianchi, su un paio di grandi cuscini, e sembrava l'unico a proprio agio mentre gustava la zuppa di cipolle con innocente spensieratezza; Lal sembrava solo seccata mentre Dino era decisamente ansioso e aveva già fatto cadere le posate tre volte, con suo enorme imbarazzo.
- Allora… è la prima volta che vieni a Parigi, Tsuna? - domandò Sabine per spezzare quel silenzio. Lui sussultò, preso alla sprovvista dalla domanda, ma annuì.
- A dire il vero, è la prima volta che esco dal Giappone - ammise timidamente.
- Un posto così lontano… i tuoi genitori devono essere preoccupati - commentò Tom ma l'espressione del ragazzo lasciava intendere l'esatto contrario.
- Beh, mio padre lavora in Italia quindi non so neanche se sa che sono qui, mentre mia madre ha preso molto bene l'idea che andassi all'estero - rispose con una lieve risatina nervosa mista a rassegnazione. Marinette non fu l'unica a leggere il palese "Bei genitori, eh?" malcelato tra quelle parole e lo capì dallo sguardo che i suoi si scambiarono.
- Ehm… e come l'ha presa tua madre tutta questa… storia? - domandò Sabine, esitante, e Dino soffocò un sospiro stanco.
Tsuna scosse il capo: - Oh, no, mia madre non sa niente - si affrettò a specificare - Mio padre non gliel'ha mai detto... e sembra che non abbia intenzione di farlo nel prossimo futuro. -
- Lei sa che Tsuna è qui per studiare meglio il francese - spiegò Reborn, porgendo il bicchiere a Bianchi perché glielo riempisse - Una sorta di scambio culturale. -
- Crediamo che sia meglio non dirle della mafia. Non la prenderebbe bene - ammise Dino con una lieve smorfia.
- Probabilmente le verrebbe un colpo - acconsentì Tsuna.
- Come la capisco - mormorò Tom ricevendo una gomitata da Sabine.
Marinette sapeva bene che il padre aveva preso malissimo tutta quella faccenda ma che stava facendo di tutto per non darlo a vedere: aveva finito per affezionarsi ai ragazzi, era vero, ma era insofferente verso qualunque cosa riguardasse i Vongola, la spada di Squalo, i fucili di Lal, la Cucina Velenosa di Bianchi e l'illogica motivazione che aveva reso casa sua un albergo. Sabine, d'altro canto, sembrava essersi semplicemente rassegnata ed era chiaro che sapesse molto più di quanto volesse far intendere ma Marinette non si era mai sbilanciata troppo con le domande, capendo che doveva esserci qualcosa sotto che giustificasse il suo silenzio. In ogni caso, ne avrebbero parlato quando sarebbe arrivato il momento.
Finirono di mangiare in un silenzio a dir poco imbarazzante, Tsuna era molto timido e parlava solo se gli veniva posta qualche domanda. Reborn, dal canto suo, non faceva assolutamente nulla per incentivare una conversazione e Marinette non aveva idea di che cosa dire. La situazione si animò un po' solo quando arrivarono al dolce, poi la ragazza aiutò i suoi genitori a sparecchiare il tavolo.
- Oh… non preoccuparti Tsuna, ce ne occupiamo noi - esclamò Sabine, vedendolo portare la pila di piatti sporchi fino al lavello dove Marinette aveva già iniziato a riempire la lavastoviglie.
- Ma no, si figuri - mormorò imbarazzato - Ho mangiato anche io, è giusto che dia una mano. -
Marinette iniziava seriamente a pensare che tutto quello che Dino le aveva raccontato sullo Scontro del Cielo fosse una balla colossale: quel ragazzo tanto timido e gentile non poteva aver davvero sconfitto e congelato una persona, era ridicolo, le due cose cozzavano terribilmente fra di loro. O stava fingendo per dare una buona impressione di sé o diventava cazzuto d'improvviso quando c'era da menar le mani, non trovava altre spiegazioni.
Con la coda dell'occhio vide Bianchi, Dino, Lal e Reborn confabulare tra loro seduti sul divano: non sembravano sorpresi o nervosi ma non le piaceva il modo in cui il bambino la guardava, come se stesse studiando approfonditamente anche il suo più breve respiro: loro due erano partiti con il piede sbagliato e le cose, andando avanti in quel modo, non potevano che peggiorare.
Chiuse la lavastoglie, mandandola avanti, tendendo le orecchie per cercare di sentire stralci della conversazione ma erano troppo lontani e parlavano a voce troppo bassa, quindi rinunciò e aiutò Tom a pulire il tavolo. Quando fu tutto sistemato, Sabine iniziò a fare sia il thé che il caffè e lei e Tsuna si unirono all'allegro quadretto, sebbene non avessero effettivamente nessun argomento di conversazione da offrire.
Marinette si era già preparata ad un'altra sessione di imbarazzante silenzio quando Reborn, finalmente, decise di prendere l'iniziativa: - Allora, come va la scuola? - chiese d'un tratto, allegramente, prendendo un biscotto dalla scatola poggiata sul tavolo.
La ragazza sentì una fitta di fastidio alla bocca dello stomaco e non volle neanche provare a fingere indifferenza: quel bambino non le stava simpatico per niente e non intendeva nasconderlo. - Lo sai come va, Lal te lo dice - ricordò leggermente piccata e vide Dino scambiarsi un'occhiata tesa con Bianchi, ma Reborn non fece una piega come se si aspettasse una risposta simile.
- Vero - ammise, sgranocchiando il biscotto - Ma vorrei sentirlo da te. -
Marinette represse una smorfia di fastidio e strinse i pugni sulle gambe: - Bene - rispose seccamente.
- E' una delle studentesse migliori del suo corso - rincarò Dino con allegria esagerata, sperando di spezzare l'atmosfera, ma con scarsi risultati. Reborn spostò lo sguardo da lei a Tsuna, seduti sulle due poltrone ai lati opposti del tavolino uno di fronte all'altro, con una bizzarra luce divertita negli occhi.
- Lal mi ha detto che hai voti eccellenti in tutte le materie, sei la rappresentante di classe, hai molti amici e una discreta popolarità fra gli altri studenti… - elencò, accettando la tazzina di caffè che Sabine gli offriva - Tutto il contrario di Tsuna, insomma - finì con un sorriso enigmatico a incurvargli le labbra e il ragazzo sussultò, arrossendo furiosamente.
- R-Reborn! - protestò imbarazzatissimo, agitandosi sulla poltrona.
- Che c'è? E' vero - rispose semplicemente lui, sorseggiando il caffè. Dino buttò giù il proprio tutto d'un fiato, con la disperazione negli occhi, e Bianchi trattenne a stento una risata. Marinette, però, non ci trovò niente di divertente: Tsuna era chiaramente a disagio per quell'uscita e lei non apprezzava chi si divertiva sulle spalle altrui. Reborn, poi, si comportava in modo davvero prepotente con lui e li aveva visti interagire solto tre volte fino ad allora; non osava immaginare come fosse il resto del tempo.
Il ragazzo non rispose, chiaramente mortificato, e Marinette sentì il fastidio crescere a dismisura tanto da pruderle le mani.
- Non vedo come la cosa possa avere importanza - tagliò corto stizzita - Perché non parliamo di cose serie, invece, come le prove dei Guardiani di cui non so ancora un bel niente? -
Si era innervosita troppo e lo avevano notato tutti nella stanza ma la cosa non le importava: avevano sprecato già abbastanza tempo con quel pranzo inutile e imbarazzante e se Reborn aveva intenzione di starsene seduto lì a comparare inutilmente le vite dei due ragazzi solo per il gusto di mettere a disagio Tsuna aveva trovato la persona sbagliata con cui farlo. Era stata al loro gioco, aveva pazientato e aspettato, ma era giunto il momento di mettere un punto alla questione: voleva delle risposte e le voleva subito.
Il sorriso disparve dal volto di Reborn che assunse un espressione mista tra sorpresa e confusione: - Non c'è nulla di cui parlare - rispose semplicemente, come se fosse ovvio - Neanche io so in cosa consistono. -
Se fossero stati in un cartone animato, la mascella di Marinette sarebbe cascata sul tappeto a sentire quelle parole, ma si limitò a fissarlo incredula: - Cosa?! - sbottò.
Il bambino alzò le spalle: - I ragazzi devono decidere da soli in che modo testarti e le prove devono restare segrete fino al giorno stabilito, neanche il Boss può conoscerle. -
Questioni di sicurezza, così da evitare qualsiasi imbroglio, aggiunse Radi facendola sobbalzare.
« Non me lo avevi detto! » lo rimproverò, profondamente risentita: sperava che almeno lui sarebbe stato dalla sua parte, che diamine!
Beh, non me lo hai mai chiesto.
A volte, Marinette si chiedeva seriamente se lui la volesse aiutare davvero o si divertiva semplicemente alle sue spalle. Forse entrambe le cose.
Inspirò a fondo per ricomporsi (o almeno provarci) e decise di andare fino in fondo alla cosa. - E quando verranno? - chiese a denti stretti.
- Mi sto già organizzando, fra un paio di settimane possiamo far arrivare il primo. -
- Il… primo? - domandò, d'un tratto confusa: avrebbe potuto spiegarsi meglio una sola volta invece di farsi tirare fuori le informazioni con le pinze, che nervoso.
- Beh, certo, verranno qui uno alla volta - rispose il bambino - Non avrebbe senso smuoverli tutti, se dovessi perdere una delle prove gli altri si sarebbero scomodati per niente: la Francia e il Giappone non sono certo a due passi. -
Certo, era perfettamente logico… allora perché la faceva così innervosire? Credeva che avere più informazioni riguardo quello che l'aspettava l'avrebbe aiutata a calmarsi, invece ogni parola pronunciata da Reborn l'aveva solo fatta irritare di più. Forse aveva semplicemente un problema con lui.
Lal, che ormai la conosceva come le proprie tasche, fiutò il pericolo e abbandonò l'educato silenzio in cui si era ritirata per far spazio agli ospiti.
- Se abbiamo finito con i convenevoli, Marinette ha delle cose da fare e immagino che Sawada sarà stanco dopo il lungo viaggio - tagliò corto, facendo ben intendere che l'incontro doveva chiudersi lì. Dino sembrò sollevato dal suo intervento e la ragazza l'avrebbe volentieri baciata, soprattutto quando Tsuna annuì. - In effetti, in aereo non ho dormito granché… - ammise imbarazzato.
- Il letto è già pronto, fai pure come se fossi a casa tua - invitò gentilmente Sabine, sorridendo, che sembrava averlo preso in simpatia abbastanza velocemente. Reborn soppessò l'idea, come se i nuovi sviluppi non gli andassero molto a genio e avrebbe preferito fare altro, ma alla fine decise di lasciar perdere e scrollò le spalle.
- Bene. Ho un po' sonno anche io - constatò posando la tazza sul tavolino.
- Ti aiuto a disfare i bagagli - propose Bianchi, prendendolo in braccio per accompagnarlo di sopra, mentre Tsuna si congedava. Quando tutti e tre furono spariti su per le scale, Lal saltò giù dal divano e si avvolse nel mantello: - Dino, prendi la macchina - ordinò secca - E datti una mossa tu - agginse rivolta a Marinette, avviandosi verso la porta di casa. I ragazzi si scambiarono un'occhiata perplessa ma obbedirono senza fiatare, come ogni volta che la bambina impartiva un comando.
Marinette salutò i genitori e scese rapidamente le scale, salendo sull'auto abbastanza confusa.
- Ehm… dove andiamo? - domandò timidamente Dino, quasi avesse paura della risposta, allacciandosi la cintura di sicurezza mentre Marinette provava ad infilare la sua pur tenendo Lal in braccio. La bambina non si scompose e si sistemò comodamente sul ventre della ragazza.
- Alla villa - rispose secca - E diamoci una mossa, Reborn dorme troppo poco. -
 
 
 
- E' stato imbarazzante! Ma come ti è venuto di portarmi qui?! -
Tsuna si sfilò la felpa sbuffando, gettandola sulla valigia chiusa: era stato contrario fin dal principio ad andare in Francia (e non solo perché non era mai andato oltre il giardino di casa propria e aveva una fifa boia dell'aereo) ma Reborn non aveva voluto sentire ragioni e con il pretesto che il Boss avrebbe dovuto assistere alle prove lo aveva trascinato lì per conoscere Marinette personalmente. Andare in un paese completamente diverso e vivere in casa con dei perfetti sconosciuti non era neanche nella lista delle cose che desiderava fare eppure eccolo lì, a infilarsi il pigiama in una soffitta uscita dal peggior film di Barbie.
E condividere la camera con una ragazza che aveva conosciuto solo un'ora prima non era neanche la parte peggiore di quella faccenda.
- Piantala di lamentarti - lo rimbeccò Reborn, finendo di sistemare la propria amaca accanto al suo letto - E' necessario che tu conosca Marinette prima dell'arrivo dei ragazzi: come possono fidarsi di lei se non sei tu il primo a farlo? -
- E tu dovresti piantarla di far sembrare tutto così semplice - sbottò lui, abbottonandosi la camicia del pigiama - Ti rendi conto che ci ho parlato solo per dieci minuti e mi tocca vivere con lei? Potresti prendere in considerazione i sentimenti delle persone ogni tanto. -
- Puoi star certo che neanche lei è felice della situazione ma l'ha accettata con maturità. Prendi esempio - tagliò corto il bambino, piegando accuratamente i vestiti e poggiandoli sul nuovo comodino di Tsuna.
- E piantala anche di paragonarmi a lei! - aggiunse il ragazzo, fresco dell'umiliazione di poco prima: non era una novità che Reborn lo trattasse come una pezza per i piedi ma farlo davanti a Marinette e ai suoi genitori, in quel modo poi, lo aveva preso totalmente alla sprovvista. Per quanto fosse stato profondamente grato del fatto che la ragazza avesse rapidamente sviato il discorso, forse intuendo il suo disagio, non poteva negare di essersi sentito intimidito da lei: era popolare, aveva tanti amici, un ottimo rendimento scolastico, era così composta e gentile, e a giudicare dalla macchina da cucire sulla scrivania era anche brava nei lavori manuali, per non parlare della sua "carriera" da eroina… era a dir poco perfetta sotto ogni punto di vista, la persona che tutti avrebbero voluto essere e tutti avrebbero voluto avere al proprio fianco. E poi… beh, era carina. Molto carina. Ryohei aveva accennato qualcosa al riguardo e Dino aveva più di una volta decantato la sua bellezza ma l'aveva immaginata in modo assai diverso, di un'estetica normale, comune, una classica adolescente più piacente della norma (tipo Kyoko).
Invece Marinette era tutto tranne che nella norma, il suo sangue misto le aveva modellato tratti inusuali, una via di mezzo tra oriente e occidente che difficilmente si sarebbe potuta replicare e che neanche in Bianchi e Gokudera aveva ritrovato: i suoi occhi erano a mandorla ma più grandi rispetto a quelli di sua madre, aveva un naso piccolo leggermente all'insù, il viso rotondo dal mento a punta e una carnagione chiara, un mistro tra rosa e bianco che non gli era mai capitato di vedere. E poi le iridi, di quell'azzurro così intenso e luminoso che sembravano racchiudere il cielo dentro di loro.
A primo impatto era rimasto quasi stordito nel vederla e lui ne conosceva di belle ragazze, come Bianchi, Rika e Rea che erano davvero da mozzare il fiato, ma l'aspetto di Marinette era così… particolare da saltare subito agli occhi. E chissà la fila di corteggiatori che aveva dietro.
Al confronto, Tsuna si sentiva una perfetta nullità. Era terribilmente in soggezione.
Sospirò, coricandosi sotto le lenzuola, sentendo il morale sotto i piedi: chissà che cosa aveva pensato di lui dopo quell'incontro imbarazzante.
- Marinette avrà una posizione importante all'interno della famiglia e saprà gestire perfettamente il proprio ruolo, in quanto Boss non puoi essere da meno - lo bacchettò Reborn, infilandosi il berretto da notte nonostante il sole fosse ancora alto nel cielo - Devi stare al passo con lei. -
- Come se fosse possibile - borbottò il ragazzo, voltandogli le spalle: non sarebbe mai riuscito ad arrivare al suo livello, era impossibile per lui anche solo pensarlo, e la "presentazione" che Reborn gli aveva fatto non migliorava le cose. - Dopo oggi, poi… starà pensando che sono un completo idiota. -
 
 
 
- Starà pensando che sono una completa idiota! - si disperò Marinette, abbandonandosi sulla panchina con un gemito di disperazione. Lal caricò il fucile e sparò l'ennesimo colpo con stizza, ormai stanca di sentirla piagnucolare su quanto fosse andato male quel pranzo, ma non fiatò aspettando che Romario caricasse nuovamente la macchina.
- Non essere così drastica - tentò di consolarla Dino - Conoscendolo, a quest'ora Tsuna si starà autocommiserando peggio di te. -
- Non può essere andata così male - sbottò Squalo ma la faccia di Lal lasciava intendere l'esatto contrario.
- Abbiamo passato la maggior parte del tempo in silenzio - ricordò Marinette in un ringhio - Le frasi che ha detto le posso contare sulle dita di una mano! -
- Beh, non che ci fossero molti argomenti a nostro favore - ammise Dino sovrastando il rumore dello sparo.
- E' stato orribile - mugugnò la ragazza.
- E' stato imbarazzante - specificò Tikki, che aveva passato tutto il tempo nascosta tra le pieghe della sua camicia. - Mi sono sentita a disagio persino io che non partecipavo, ho sperato fino all'ultimo che qualcuno dicesse qualcosa. -
- Potevi restare a dare una mano, accidenti! - lo rimbrottò malamente Lal, ricaricando il fucile. Squalo sobbalzò, preso alla sprovvista, e contorse le labbra in una smorfia.
- Voooi! Certo, avremmo potuto fare proprio una piacevole chiacchierata - commentò sarcasticamente - Dopotutto ho cercato di ammazzare lui e tutta la sua banda solo qualche mese fa, sai che bel tuffo nel passato. -
- E comunque non credo sappia che tu sei qui - ammise Dino.
- Come cavolo dovrei gestire la cosa, adesso?! - sbraitò Marinette, con ben altre preoccupazioni per la testa - Vivrà in casa mia e a malapena riusciamo a parlarci. -
- Nah, è solo timido - cercò di rassicurarla il ragazzo - Dagli il tempo di prendere confidenza. -
- Trovo incredibile che non sia maturato neanche un po' dopo gli ultimi trascorsi - borbottò Squalo, con stizza - Sembra lo stesso moccioso idiota di prima. -
- L'unica cosa che so per certo è che Reborn non mi piace per niente! - sancì Marinette - Con Tsuna si comporta in modo completamente diverso, lo tratta quasi come se fosse… fosse… - sapeva cosa voleva dire ma nessun termine le sembrava adatto per esprimerlo.
- Una pezza per i piedi? - domandò sconsolatamente Dino, come se conoscesse perfettamente la sensazione.
- Esatto! -
- Di certo non è un simpaticone - constatò Squalo.
- E' stata un'idea stupida. Andrà tutto storto - sbottò la ragazza, per poi alzare lo sguardo sulla sua tutrice ancora impegnata a disintegrare i piatti di ceramica che Romario sparava in aria con una pazienza infinita - Non partire, ti prego! - supplicò. Lal sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
- Piantala di essere così negativa! -
- Ma è la sua natura - puntualizzò Squalo, sobbalzando quando la ragazza gli pizzicò il braccio con stizza. - Ehi! -
- A volte ti fai proprio detestare - lo rimbeccò, incrociando le braccia al petto. Lui non replicò e Dino sembrò d'un tratto a disagio, ma a lei non importava: riusciva a pensare solo a Tsuna e alla pessima idea che sicuramente si era fatto di lei dopo quell'orribile primo incontro. La cosa peggiore era che non aveva la più pallida idea di come gestire i giorni successivi, di come approcciarsi a lui, di cosa parlargli e cosa fare insieme; si sentiva oppressa, schiacciata dalle responsabilità e dalle aspettative, e aveva una paura dannata di peggiorare soltanto le cose. Mai come in quel momento desiderò di poter fuggire via da tutto e da tutti.
Beh, forse non proprio da tutti
- Ok, senti questa! - esclamò d'un tratto Dino, distogliendola dai suoi pensieri - Domani è domenica, quindi non avete scuola: porta Tsuna a fare un giro della città, così avrete occasione di conoscervi e passare un po' di tempo insieme. -
Fare del turismo, in effetti, era un'ottima idea: almeno sarebbero stati impegnati in qualcosa e avrebbero sicuramente trovarti argomenti di cui parlare. C'era solo un dettaglio che le sfuggiva.
- Che vuol dire "non avremo scuola"? - domandò stranita anche se, in cuor suo, sentiva di conoscere già la risposta. Il ragazzo sembrò spaesato per un attimo, infine impallidì.
- R-Reborn non te lo ha detto? - balbettò infine, quasi terrorizzato. Lal gettò il fucile a terra e imprecò coloritamente, insultando il bambino con epititeti scandalosamente volgari, prontamente interrotti dall'intervento repentino di Squalo che si premurò di coprire le orecchie della ragazza per salvaguardare quel poco di innocenza che le era rimasta dopo aver vissuto con lui.
E Marinette non sapeva se era sconvolta o incazzata per l'ennesimo "particolare" che si erano dimenticati di dirle.
Quando Lal finì il suo sproloquio, Squalo la lasciò finalmente andare con un risentito "E poi sarei io il problema" e Dino sospirò stancamente, anche lui chiaramente provato da tutta quella situazione.
- Visto che Tsuna resterà qui per un po', Reborn non voleva che perdesse giorni di lezione e così lo ha iscritto alla tua stessa scuola - la informò, esausto - Mi aveva assicurato che ti avrebbe informato lui stesso della cosa, quindi credevo che già lo sapessi. -
E Marinette sentì l'astio che provava per quel marmocchio crescere di qualche altra tacca dentro di lei, raggiungendo vette che mai avrebbe immaginato: avrebbe frequentato la scuola con Tsuna e non era stata informata, scoprendolo praticamente per caso. Aveva tutto il diritto di essere incazzata, altroché.
- Stavolta non gliela faccio passare liscia a quel… - lì fu Dino a premurarsi di proteggere le delicate orecchie di Marinette, mentre Lal correva dentro la villa come una furia, imprecando e bestemmiando, e chissà da quanto tempo si stava trattenendo dall'esternare ciò che davvero pensava di lui.
- Credo che sia meglio se restiamo qui ancora per un po' - suggerì timidamente Tikki, già vedendo i tuoni e i fulmini uscire dalla porta della cucina.
- Sì, decisamente - annuì sconsolatamente Dino.
 
 
 
Marinette non ricordò molto del resto del pomeriggio, tra incazzatura e disperazioni varie aveva passato la metà del tempo a rimuginare sul modo migliore per fuggire in Alaska senza che nessuno lo scoprisse, salvo poi costringere Squalo a fare qualcosa insieme a lei pur di tenerla impegnata. Non sapeva neanche come ci fossero arrivati a decidere di vedere un film, fatto sta che si ritrovò ad essere svegliata da una vocina fastidiosa nell'orecchio che la incitava ad aprire gli occhi senza ricordare esattamente quando si fosse addormentata: eppure, quando mise a fuoco la stanza si ritrovò nella camera presa in prestito da Squalo, davanti ad un televisore ormai spento, rannicchiata al suo fianco che dormiva ancora della grossa con la testa poggiata sulla sua.
Non sapeva che ore fossero ma dalla finestra entrava la brillante luce arancione del tramonto, segno che fosse ormai sera. La cosa peggiore, però, non era tanto Dino sulla soglia che cercava in tutti i modi di fare il vago quanto Reborn in piedi sul bracciolo che la guardava con occhi freddi come il ghiaccio, come se stesse facendo qualcosa che disapprovava con tutto sé stesso.
Marinette si strofinò gli occhi, infastidita per essere stata svegliata, e lo guardò con una smorfia: - Che ore sono? - mugugnò.
- Le sette - rispose il bambino, gelido - Dovevi essere a casa due ore fa, tua madre ti ha chiamato cinque volte. -
Solo a quel punto la ragazza trasalì e sgranò gli occhi, rendendosi conto di quanto tardi fosse: afferrò il cellulare dalla tasca e trovò cinque chiamate perse e otto messaggi da parte di sua madre, più altri due da Bianchi che la esortavano a tornare a casa il prima possibile. Sospirò stancamente e si raddrizzò, mettendosi seduta.
- Mi sono addormentata - si giustificò, trattenendo uno sbadiglio, ma non le sfuggì l'occhiata che Reborn lanciò a Squalo e neanche il tono che usò nelle due parole successive.
- Lo vedo. -
Dino, che sembrava terribilmente a disagio, si guardava le scarpe come se fossero la cosa più interessante del pianeta e Marinette non capiva se fosse senso di colpa per la situazione o qualcos'altro di non ben definito. Ma era troppo stordita dal sonno per rimuginarci su in quel momento.
- Muoviamoci, adesso: la cena è quasi pronta e tua madre è già abbastanza preoccupata - tagliò corto Reborn, saltando giù dal bracciolo: era chiaramente infastidito e questo, paradossalmente, fece infastidire anche lei. Era lì da meno di un giorno e già aveva preso il comando, decisamente un pessimo modo per iniziare.
Rimise il telefono in tasca e scrollò Squalo per una spalla. Lui mugugnò qualcosa che somigliò vagamente ad un "Quel moccioso rompipalle" prima di stiracchiarsi, tendendo le braccia in alto; sbadigliò ed aprì finalmente gli occhi quando Marinette si stava già infilando le scarpe.
- Che fai: torni a casa o resti ancora qui? - domandò lei, allacciando a fatica le stringhe avendo ancora la vista offuscata. Squalo sbuffò.
- Ho lasciato la valigia lì, non ho molta scelta - borbottò in risposta alzandosi in piedi, strofinandosi stancamente il viso. - Quel film era proprio noioso. -
- Lo hai scelto tu - gli ricordò lei, seguendolo fuori dalla stanza.
- Ma non lo avevo ancora visto. -
Dino, Reborn e Tikki li stavano già aspettando all'ingresso, quest'ultima che dormiva profondamente nella tasca della giacca del ragazzo, e ciò fece ricordare a Marinette che Tsuna era rimasto a casa sua. Da solo. Con i suoi genitori.
Sperò con tutta sé stessa che stesse ancora dormendo.
Reborn non fiatò per il resto del tragitto ma volle sedersi dietro con Marinette, che suo malgrado non avanzò proteste sebbene il suo comportamento iniziasse davvero ad irritarla. Quando tornarono a casa, Sabine li accolse sulla porta prima che potessero anche solo bussare.
- Oh, grazie al cielo. Ero così preoccupata, credevo fosse successo qualcosa! - esclamò sollevata nel vedere la popria pargola ancora tutta intera.
La ragazza non poté impedire ai sensi di colpa di farsi strada dentro di lei e si scusò con imbarazzo: - Stavamo guardando un film e mi sono addormentata, non ho proprio sentito il telefono - ammise avvilita.
- Almeno siete in tempo per la cena - constatò Bianchi che, al contrario, era perfettamente tranquilla. Solo Tsuna mancava all'appello facendo presagire che, forse, le sue preghiere erano state ascoltate.
- Tsuna sta ancora dormendo? - domandò Reborn contrariato. Bianchi annuì e il bambino fece una smorfia, avviandosi verso la camera da letto. Neanche due minuti dopo si udì un tonfo sordo e i gemiti doloranti del ragazzo, seguiti dalle sue lamentele, lasciando il resto all'immaginazione degli astanti: quel marmocchio era davvero senza pietà.
Quando lui scese in salotto, vestito per metà e ancora stordito dal sonno, la tavola era già apparecchiata.
- Ho dormito più del dovuto - borbottò stancamente, massaggiandosi la testa su cui sbucava un piccolo bernoccolo, salvo poi fermarsi di colpo quando si ritrovò dinnanzi Squalo che lo fissava con latente disgusto.
Rimase a fissarlo per un attimo, si strofinò accuratamente gli occhi e poi tornò a guardarlo, quasi convinto di star ancora sognando; poi lanciò un urlo facendo un balzo all'indietro.
- Squalo?! - esclamò incredulo - C-Che ci fai tu qui? Che ci fa lui qui? - domandò istericamente, rivolto a Dino che non riuscì a farsi uscire più di un "Ehm…" incerto.
- Io ci vivo qui, idiota! - sbraitò il ragazzo, già con i nervi tesi e una vena che pulsava pericolosamente sulla sua tempia.
Ora Marinette capiva perché aveva preferito ritirarsi alla villa.
Con un suono strozzato, e sotto lo sguardo attonito di madre e figlia, Tsuna fuggì letteralmente dal salotto rintanandosi in cucina. E se da una parte Marinette poteva capirlo, visti i trascorsi, dall'altra era sempre più convinta che Dino avesse mentito spudoratamente sull'esito della Battaglia del Cielo: per quel ragazzo che si nascondeva dietro l'isolotto finemente apparecchiato non poteva davvero essere lo stesso che aveva fatto il culo a strisce a Xanxus.
Era impossibile.
- Mi sono persa qualcosa? - domandò Sabine, spaesata, e la ragazza non sapeva proprio come spiegarglielo dal momento che lei sapeva, sì, dei Varia ma non che Squalo ne facesse parte.
- Glielo spiego più tardi - sospirò Dino, avviandosi per recuperare il futuro Boss dei Vongola che tremava come una foglia rannicchiato sotto la tovaglia.
   
 
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