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Autore: Justice Gundam    08/12/2022    1 recensioni
Fin dagli inizi, la storia di Golarion è stata colma di tragedie, eventi drammatici e violenza. Questo mondo ha visto innumerevoli civiltà ascendere per poi crollare. Eserciti si sono scontrati in innumerevoli occasioni, e il sangue è stato sparso ovunque in tutto il globo. Ora, nell'Era dei Presagi Perduti, dopo la morte del dio Aroden, si snodano le vicende di coloro che scriveranno un nuovo capitolo nella tormentata storia di questo mondo...
Nella città portuale di Korvosa, la tensione e il malcontento hanno ormai raggiunto livelli insostenibili. Di fronte alla minaccia dell'anarchia, un gruppo di eroi esordienti si riunisce rispondendo al richiamo di una misteriosa sostenitrice. Strane magie e misteriose profezie li mettono sulle tracce di un nemico comune, un percorso che li trascina in una lotta per salvare la città dalla rovina.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'Era dei Presagi Perduti'
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Pathfinder: L'Era dei Presagi Perduti 
Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam 

 

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LIBRO 2 – LA MALEDIZIONE DEL TRONO CREMISI

Capitolo 12 – Un’ombra del passato

 

Nota dell’autore: Ringrazio sentitamente il mio amico thunderfrank94 per l’aiuto che mi ha dato  nella stesura di questo capitolo e per le sue idee! Spero che leggere questo capitolo vi piacerà come è piaciuto a noi scriverlo!  

 

Tra tutti i luoghi di Korvosa, quello che i suoi cittadini consideravano in assoluto il più silenzioso era senza dubbio alcuno il grande cimitero della città, situato in un quartiere noto come “il Grigiore”.

 Questo distretto (confinante con il quartiere popolato dai poveri e senzatetto noto come “il campo del vasaio”) è visto da tutti, non solo come un luogo pieno di tombe, cripte, mausolei fatiscenti e fosse comuni piene di anonimi corpi senza vita, ma anche (a ragion veduta) come un posto pervaso di un’innaturale e strana atmosfera, quasi come se quel cimitero si stesse preparando ad accogliere numerosi morti, provenienti proprio dal “campo del vasaio”.

Ma il problema non è mai stato ciò, bensì i non morti.

Difatti il Grigiore da sempre è stato considerato dai ghoul come un enorme banchetto o peggio un terreno per creare un loro esercito personale, mentre dai negromanti come un’enorme forziere di cadaveri pronti per divenire dei servi non-morti.

Alcuni di questi maghi oscuri invece vedono il grigiore come un macabro mercato in cui recuperare pezzi di morti per creare dei costrutti. Tra i negromanti appartenenti a questa fazione vi stavano due individui, due tra i cittadini meno desiderabili di Korvosa…

Un negromante e il suo apprendista…

 

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Era di dominio pubblico che nel Grigiore, tempo addietro, le creature del sottosuolo ed (in seguito) i ghoul avevano scavato una serie di gallerie con lo scopo di creare degli habitat ideali per loro, tuttavia gli sforzi congiunti della guardia Korvosana e dei chierici di Pharasma avevano permesso non solo l’annientamento della maggior parte dei non morti, ma anche la chiusura di molte di queste gallerie.

Tuttavia, quei pochissimi tunnel che la guardia non è riuscita a scovare, sono stati usati dai negromanti come loro rifugio personale dove conducevano esperimenti sulla non morte … e non solo quello.

Ed è proprio qui che uno di questi, in cerca di un nascondiglio in cui portare avanti i suoi esperimenti, si era insediato, riuscendo nel mentre ad assicurarsi i servigi di una banda di derro – inquietanti umanoidi dalla carnagione pallida e dall’animo sadico e perverso – capeggiata da uno dei loro simili, un derro con il pallino della negromanzia di nome Vreeg...

Quel giorno, Vreeg si era svegliato nel tardo mattino. Si era alzato dal letto con molta calma e lentezza, aveva sistemato in fretta (molto stranamente) il suo letto, poi si era vestito e avevapreso con se una cintura a cui stavano attaccate della borse (contenenti pietre del tuono e attrezzi alchemici di vario genere) e una lista, e si era diretto rapidamente alla volta della grotta in cui alloggiavano i suoi pari razza, riuscendo a destreggiarsi con successo tra quei cunicoli angusti e fiocamente illuminati da una strana muffa che emetteva una spettraleluminescenza di colore blu, gradevole agli occhi dei derro.

Con passo svelto, Vreeg raggiunse la grotta dove risiedevano i suoi pari razza che (in quel momento) stavano consumando ciò che si poteva considerare un pranzo e, nel mentre, conversando amichevolmente.

Tuttavia il loro bivaccare fu notato da Vreeg, che preso da una sadica voglia di divertirsi con i suoi simili da lui ritenuti “inferiori” prese da una delle borse allacciate alla sua cintola una pietra del tuono e la lanciò per terra con forza.

Un rumore assordante, simile ad un’esplosione, risuonò nella spelonca e fece dapprima saltare in aria iderro, costringendoli poi a coprirsi le orecchie e urlare dal dolore. Non appena il frastuono si quietò, i quattro derro si girarono di scatto e notarono Vreeg che, contento di essere riuscito ad attirare la loro attenzione, prese la parola con voce simile allo squittio di un topo.

“Bene. Ora che ho attirato la vostra attenzione, possiamo passare alle cose serie. Perciò ascoltatemi attentamente, facce di cazzo, perché non mi ripeterò.” Affermò. Come la maggior parte dei derro, Vreeg era un umanoide piccolo e scheletrico con la pelle blu-grigia, e aveva dei radi capelli bianchi sulle tempie, assieme ad un paio di lunghi baffi che scendevano agli angoli della bocca e penzolavano dal volto. Indossava una tunica color terra sulla quale erano disegnate delle ossa, e le dita delle sue mani e dei suoi piedi erano esageratamente lunghe e sottili. In quel momento stava giocherellando con un’altra pietra del tuono, fissando i suoi simili con i suoi occhi bianchi e lattiginosi, privi di pupille.

 “Sono qui per mettervi al corrente del fatto che ho una lista di compiti importanti da farvi svolgere. Compiti che dovranno essere completati prima del tramonto. Tutto chiaro, sottospecie di merde di duergar?” concluse lui rivolgendosi ai suoi simili con tono inquisitorio.

Per un istante in quella piccola grotta ci fu un gelido silenzio, interrotto da una sguaiata e cacofonica risata di scherno proveniente dai derro, risata che face arrabbiare Vreeg. “Che cosa avete da ridere, razza di cani pulciosi, eh? Mi trovate buffo? Pensate che faccia ridere? Rispondete!”

Il primo derro rispose a tono. “Assolutamente!” esclamò, poi si alzo in piedi, si volto verso Vreege gli puntò contro un indice,guardandolo con aria truce. “Arrivi qui, ci disturbi mentre mangiamo, riposandoci dalle fatiche del nostro lavoro…” il suo tono divenne sempre più aspro “…e poi osi venire qui e darci degli ordini? Ma guardatelo, solo perché è l’apprendista del capo pensa di poter fare ciò che vuole! Beh, sai che ti dico? Io non credo… e ora prendi!”

Incitato dai compagni, il derro cercò di sferrare un pugno al volto di Vreeg.

Pessima mossa. Vreeg l’aveva previsto e scansò il colpo spostandosi verso la propria sinistra. Il derro negromante si distanziò di alcuni passi dall’aggressore, che insistette nel suo attacco e cercò di nuovo di colpire il suo odiato superiore, ma quest’ultimo continuò a scansare i colpi. Il derro ribelle si guardò a destra e sinistra, cercando un qualcosa, un’oggetto, un arnese che potesse usare come arma, uno qualunque.

E lo trovò.

L’essere dalla pelle blu pallida scovò un grosso sasso e si scagliò contro il negromante, ma anche questo tentativo si rivelò inutile. Vreeg si scansò di lato piroettando ed estrasse dalla sua cintura un pugnale.

“SBLOCCA CARNE!” esclamò Vreeg, lanciando il pugnale illuminato di una tetra luce azzurrina in direzione del derro ribelle, che venne colpito alla gamba sinistra e fu costretto a fermarsi con un ringhio di dolore. Si estrasse il pugnale dalla gamba e lo lanciò contro Vreeg, ma il negromante lo scanso e la lama si conficcò nel muro.

E poi, l’orrore si dipinse sul volto degli altri tre derro.

I muscoli della gamba sinistra del derro colpito cominciarono a rilassarsi così tanto che la carne sembrò staccarsi dall’osso e diventare malferma. Il derro cominciò a sentirsi male, non tanto per il dolore ma per il fetore che rapidamente si stava diffondendo.

Vreeg cominciò a ridere in maniera sguaiata. “Allora, pisciasotto, piaciuto l’incantesimo che ho appreso dal capo?” rise di nuovo. “Mi permette di rendere il punto selezionato del soggetto… floscio e decomponibile. Tuttavia sono disposto ad annullare l’incantesimo e a perdonarti se tu ti scuserai con me e assieme ai tuoi compari ti metterai a svolgere questi lavoretti.”

Gli altri derro erano scioccati da quanto stava accadendo, e capendo la pericolosità del soggetto, decisero che era meglio rassegnarsi.  “Noi… accettiamo di fare i lavori…” dissero all’unisono e con tono spaventato.

Vreeg ridacchiò malignamente e si voltò verso il ribelle. “E tu… cosa farai?” chiese, mentre il malcapitato vedeva la sua gamba tremare e la pelle marcire, uno spettacolo orrendo persino per un derro.

“Mi… mi dispiace… perdonami…” disse il derro scoraggiato. “Tu sei il capo… e io… non sono nessuno…”

“Hehehee… ottimo, vedo che hai capito.” Disse Vreeg soddisfatto. Con un gesto della mano ossuta annullò l’incantesimo, e la gamba del derro ribelle tornò normale nel giro di pochi secondi, con enorme sollievo della sua vittima. Poi, Vreeg alzò una mano e ordinò ai derro di cominciare il lavoro…

 

oooooooooo

 

Per tutto il giorno i derro furono costretti, sotto le minacce di Vreeg, a sbrigare tutte le faccende che spettavano a lui: lucidare a fondo l’ossario (un’ampia stanza sostenuta da quattro piloni di pietra che in passato era una fossa comune), dare da mangiare ad un otyugh che stava nella discarica dei cadaveri, pulirele camere di sperimentazione ed assicurarsi che il carceriere – un mezzo-ogre dall’aspetto particolarmente repellente – si occupasse in maniera adeguata dei prigionieri.

Alla fine rimase un’unica faccenda da eseguire. La pulizia del laboratorio.

Pulizia che venne eseguita verso il calar del sole dagli stremati derro che, con sommo fastidio di Vreeg, lavoravano molto più lentamente di prima.

“Avanti, bastardi! Più veloci!” li incitò mentre i derro cercavano di trasportare vari oggetti da un lato all’altro del laboratorio.

Uno dei derro si fermò a prendere fiato. “Ma Vreeg…”

“E’ signor Vreeg per te, fesso!” tuonò Vreeg interrompendolo in maniera brusca.

Il derro riprese a parlare con un tono sommesso “M-mi scusi, signor Vreeg, ma… ce-cerchi di capire, n-noi tutti abbiamo lavorato come muli e senza mai riposarci un’istante, quindi i-io stavo pensando…”

Non ebbe neanche il tempo di finire la frase che Vreeg gli si avvicinò e gli diede un manrovescio che lo mandò a terra.

“Ve lo dico una sola volta!Voi non dovete pensare. Dovete ubbidire! Perché voi siete gli schiavi, le bestie che sgobbano e io invece, sono il solo ed unico…”

“Re degli imbecilli, nonché uno schifoso nullafacente mangiapane a tradimento?” Una voce dalla tonalità sottile, simile a quella di un usignolo ma al tempo stesso sibilante come un serpente, riecheggiò nella stanza. Al solo sentirla, Vreeg quella voce ebbe un sussulto, e lesto si voltò per vedere chi fosse…

 E si sentì il sangue gelarsi nelle vene.

Sulla soglia della porta semichiusa stava un uomo dall’aspetto orribile, pallido, il volto tappezzato di cicatrici, con i capelli neri unti e lunghi fino alle spalle e una corta ed ispida barbetta nera sul mento, che vestiva una tunica di colore bianco sbiadito nella parte superiore e nero nella parte inferiore. Sopra di essa, indossavauna spessa casacca di pelle dotata di dozzine di tasche piene di attrezzi chirurgici dall’aspetto letale.

Quell’uomo era il negromante Rolth Lamm, figlio del famigerato Gaedren Lamm.

Rolth cominciò ad avanzare verso Vreeg, guardandolo con una smorfia di disprezzo. Giunto solamente ad un passo di distanza da lui, lo fissò mentre il derro negromante si inchinava servilmente. “Vreeg, pezzo di beone, spiegami.” Disse Rolth con tono aspro.

“S-spi-spiegare? Spiegare co-co-cosa, signor… duca… conte… Lamm?” chiese Vreeg con tono sottomesso, cercando di fare il finto tonto.

“Lo sai bene cosa mi devi spiegare, cretino! I DERRO!!” rispose Rolth, indicando i derro li presenti

“I… I de-dede- derr… ahhh, si, giusto, i derro… ecco, vede, duca… conte… loro sono qui perché ecco, loro… ecco … Si loro… loro facevano…” Non ebbe neanche il tempo di terminare la frase prima di beccarsi un ceffone in faccia.

 “ALLORA NON LO NEGHI NEANCHE, GRAN FIGLIO DI UNA CAGNA, EH!?!?” tuonò Lamm per poi calmarsi di colpo e proseguire. “Non neghi di aver usato i derro per fare il lavoro che ti avevo assegnato, eh?”

Vreeg si genuflesse e si prostrò al punto da sbattere la fronte per terra. “Sì… sì, lo confesso, o magnifico, io… io… perdonatemi, chiedo perdono, duca-conte!”

Rolth lo guardò divertito. “Hmph… e sia, ti perdono.” Affermò, poi si girò verso i quattro derro. “Voi quattro, via! Lasciateci! Tornate nella vostra grotta, ma fatelo passandolo per la biblioteca, perché per l’altra porta non si può. E lesti, se non volete che io vi usi per creare un golem di carne con i vostri cadaveri.”

I derro furono più che lieti di obbedire, lasciando Rolth e Vreeg da soli e decisi a godersi finalmente un po’ di riposo.

Appena anche l’ultimo derro se ne fu andato dal laboratorio, Rolth ritornò a rivolgere il suo sguardo maligno verso il genuflesso Vreeg. “Può bastare, mio caro apprendista. Ora però alzati, che già così mi dai ribrezzo.”

Il derro si alzò di scatto, riprendendo ad adulare il suo superiore. “Ah… io… io vi s-so-sono grato, duca… conte… io v-vi prometto eterna fed…”

Rolth gli fece segno di fermarsi, poi estrasse da una delle tasche della sua casacca uno strano pugnale dalla lama a forma di chiave e ci giocherellò per qualche secondo, restando in silenzio e girovagando per la stanza. “Sai… io dovrei, per ciò che hai fatto, torturarti tramite l’esposizione ad alcune malattie che posseggo, ma fortunatamente per te, oggi ciò non accadrà, poiché sono di buon umore. E lo sai perché?” continuò Rolth con fare sibillino.

“No, n-non saprei, duca… conte…” rispose Vreeg con tono goffo.

“Semplice, mio inaffidabile apprendista.” Continuò l’uomo dal volto sfigurato. “Perché oggi il sottoscritto è stato contattato da un’organizzazione che ha richiesto i miei servigi, data la mia esperienza nel campo delle malattie.”

Fece una breve pausa, continuando a camminare per la stanza e a guardare il suo pugnale dalla lama strana, poi riprese. “Sicuramente ti starai chiedendo che c’entra tutto questo con te, beh, è semplice…  Io mi dovrò assentare per due settimane a partire da domani.”

Vreeg si stava già rallegrando della notizia… ma prima che potesse fare qualsiasi cosa, Rolth lo fissò gelido. “No, bello mio, non gioire! Poiché io non ho alcuna intenzione di lasciarti da solo… soprattutto dopo che tu mi hai dato prova della tua pigrizia.” affermò. Ripose nella tasca della casacca il coltello dalla lama strana e continuò con tono falsamente allegro. “Ed ecco perché ho deciso di prendere provvedimenti, chiedendo aiuto ad un mio carissimo amico che, in cambio del mio aiuto per una faccenda, risiederà qui, aiutandomi sia con la sorveglianza del posto, sia con la tua, di sorveglianza.”

Fece una pausa e si avvicinò alla porta principale. “Ora, prima di fartelo conoscere, voglio che tu sappia che lui farà le mie veci in questo periodo. Inoltre tu, durante la sua permanenza, dovrai trattarlo allo stesso modo in cui tratti me e dovrai eseguire ogni suo ordine come se provenisse dal sottoscritto, guai se scopro che non lo hai trattato bene, o peggio gli hai disobbedito… sono stato chiaro?”

Vreeg fece per obiettare, ma Rolth fermò il suo balbettio. “Sono stato abbastanza chiaro, eh, BESTIA?”

Allorché il derro rassegnato rispose. “S-sì, onnipotente…”

“Bene. Allora te lo presento.” disse Rolth con tono allegro, e con uno scatto del suo polso aprì la porta, permettendo così l’ingresso di un figuro che entro rapidamente nella stanza…

 

oooooooooo

 

Cittadella Volshyenek, circa una settimana dopo l’incursione nel quartier generale di Devargo Barvasi.

L’acuto suono di lame che si scontravano riecheggiava nella sala, mentre Krea e Rilo cercavano come potevano di farsi strada nella difesa del loro insegnante. Vencarlo Orisini, da parte sua, non sembrava quasi per niente affaticato, e trattava quel piccolo incontro di allenamento come se fosse stato un gioco divertente. In una stanza particolarmente ampia e spaziosa, che era stata adibita agli addestramenti, i due fratelli Varisiani erano impegnati nelle loro quotidiane lezioni di scherma, che da una settimana stavano ricevendo dal famoso maestro di spada.

“Niente male, ragazzi miei. Davvero niente male!” esclamò con tono gioviale, senza alcuna ombra di sarcasmo. “Ma fate un po’ troppi movimenti inutili, e finite per scoprirvi troppo e sprecare energie. La tecnica c’è, quello che vi manca è il controllo.”

Krea si passò la mano libera sulla fronte per tergersi il sudore e alzò lo stocco con la destra. “Siamo sicuri, maestro? Vediamo se riesce a controllare questo!” affermò con decisione. Con uno scatto, la giovane Varisiana ridusse la distanza tra sé e Vencarlo, ed eseguì una spettacolare finta che poi trasformò in un fendente, ma l’abile duellante si difese efficacemente e deviò la spada di Krea con una spettacolare parata. Rilo decise di sfruttare quel momento per tentare un affondo, ma Vencarlo si mosse più velocemente del previsto. Si staccò da Krea, che rimase ad incespicare, e parò il fendente del ragazzino… poi, senza perdere i suoi modi affabili, sferrò a sua volta un fendente che fece saltare lo stocco dalle mani di Rilo. Il giovanissimo stregone guardò sbalordito la sua arma che eseguiva un volteggio in aria e atterrava con un tintinnio acuto… e il risultato finale dello scontro di allenamento, ancora una volta, fu che i fratelli Aldinn erano stati battuti, anche se Vencarlo aveva dovuto prestare più attenzione, questa volta.

“Cavolo… e io che speravo di andare a segno…”mormorò Rilo, un po’ deluso.

Vencarlo sorrise gioviale e recuperò lo stocco di Rilo, per poi passarlo di nuovo al giovane stregone. “Non te la prendere, ragazzo mio. Sei in gamba, sai? Siete già migliorati un bel po’ da quando avete iniziato. Credo che abbiate talento come spadaccini.” Affermò. “Beh, credo che per oggi possa bastare. State facendo dei passi in avanti davvero notevoli. Se continuate così, penso proprio che tra non molto sarete degli avversari di tutto rispetto anche per il sottoscritto.”

Krea ridacchiò brevemente e ripose il suo stocco nel fodero. “Grazie per la fiducia, maestro. Anche se non sono sicura di essere davvero così brava…” rispose con modestia. “Comunque… la ringrazio per queste lezioni che ci sta dando. Per me e mio fratello è un vero onore… e speriamo di non esserle stati d’impiccio”

“Figuriamoci, ragazzi. Sono contento che abbiate deciso di affidarvi a me come vostro insegnante. Mi ha fatto capire… che ho ancora qualcosa da dire, sia come insegnante che come duellante!” affermò. “Ad ogni modo, avete fatto già dei notevoli progressi. Mi raccomando, continuate ad allenarvi.”

“Lo faremo.” Rispose Rilo, mentre a sua volta rinfoderava la spada con un lieve suono metallico. “Grazie ancora per le sue lezioni.”

Vencarlo sorrise e alzò le spalle. “Di niente, ragazzi, figuratevi. E quando vedete Cressida, fatele i miei saluti.” Rispose. “A questo proposito, come stanno andando le cose? So che le vostre… trattative con Devargo Barvasi hanno preso una piega inaspettata.”

Rilo si grattò una guancia imbarazzato. In effetti, subito dopo quella nottata in cui lui e Fedra si erano intrufolati nella Coda dell’Anguilla per liberare Majenko, erano successe molte cose che non erano previste. Molti dei fuorilegge che usavano quel molo malfamato come nascondiglio avevano cominciato a credere che Devargo non avesse più il polso e la spietatezza necessari a tenere sotto controllo i suoi associati, e ben presto erano scoppiati disordini e ribellioni. Solo tre giorni prima, la guardia cittadina si era trovatadi fronte ad un ettercap sbucato fuori apparentemente dal nulla che era arrivato dal distretto dell’Antica Korvosa e aveva aggredito alcuni abitanti della città. Per fortuna, l’intervento dei soldati di Korvosa era stato provvidenziale, e l’ettercap (che Fedra e Rilo avevano riconosciuto ben presto come Battidenti) era stato abbattuto prima che potesse diventare un pericolo.

In tutto questo, una cosa era ben chiara: Devargo aveva perso la faccia e la sua autorità, e tutto era iniziato quando Fedra lo aveva battuto in quella sfida. Non che la cosa dispiacesse troppo ai fratelli Aldinn. Per quanto li riguardava, c’era un boss malavitoso in meno per le strade di Korvosa, e senza la sua mano ferma, le bande dell’Antica Korvosa non sarebbero più state tanto pericolose.

“Non era esattamente nostra intenzione…” affermò Rilo. “Tutto quello che io e Fedra volevamo fare era liberare una creatura che era tenuta prigioniera ingiustamente. Comunque, alla fine è andato tutto bene, giusto?”

“Su questo non ci sono dubbi. Tuttavia… diciamo che forse sarebbe stato il caso di pianificare meglio la vostra incursione.” Rispose Vencarlo. “Ricordatevi che le azioni hanno conseguenze, e che data la vostra posizione, potrebbero riguardare non soltanto voi, ma anche molte persone che non c’entrano nulla. Detto questo, avete fatto un buon lavoro. Cercate solo di ricordare dove avete fatto degli errori, in modo da non ripeterli la prossima volta.”

“Certamente, maestro. Lo faremo.” Rispose Rilo. Lui e Krea chinarono la testa quasi all’unisono, e Vencarlo sorrise soddisfatto e ripose la spada.

“Molto bene. Avete fatto un buon lavoro anche con i vostri addestramenti.” Continuò l’uomo, per poi tirare fuori dalla sua bisaccia un paio di fogli sui quali erano scritti due brevi elenchi in bella grafia. “Ho compilato un programma di allenamento per voi. Mi raccomando, ragazzi, seguitelo con costanza. E vedrete che i risultati arriveranno.”

“Grazie mille, messer Orisini.” Rispose Krea mentre riceveva il foglio dalle mani del suo insegnante. Iniziò a leggerlo con attenzione, ma non riuscì ad andare avanti più di tanto prima che qualcuno bussasse alla porta della stanza, attirando l’attenzione dei tre.

“Avanti.” Disse Vencarlo. La porta si aprì con un lieve scatto, e da essa entrò l’ormai familiare figura di Verik Vancaskerkin, che alzò una mano in segno di saluto.

“Ah! Salve, Verik!” lo salutò la giovane Varisiana. “Capiti proprio al momento giusto. Io e mio fratello abbiamo appena concluso la nostra lezione. Dimmi, c’è qualche novità?”

Verik disse di sì con la testa. “Buongiorno, giovani Aldinn. In effetti sì, ero venuto proprio per recapitare un messaggio importante.” Affermò l’ex-sergente della guardia cittadina. “La comandante Kroft ha un compito… piuttosto delicato da assegnarci, e avrebbe bisogno di parlare a tutti noi nel suo ufficio, quanto prima possibile.”

“Ah, un altro incarico.” Disse Rilo, sentendosi allo stesso tempo contento per la nuova missione e nervoso per il timore di fare qualche errore. Ricacciò indietro i suoi ripensamenti, e annuì con decisione. “E… voi sapete già, per caso, di cosa si tratterà, signor Vencaskerkin?”

Verik alzò le spalle. “No, so soltanto che siamo stati convocati nel suo ufficio, quanto prima possibile.” Rispose. “Anche io ed Orik faremo parte della squadra. Quindi vi volevo avvisare di prepararvi e raggiungere il resto del gruppo.”

“Ricevuto.” Rispose prontamente Krea. “Saremo dalla comandante Kroft quanto prima.”

 

oooooooooo

 

“Bentornato, padron Rilo! Majenko atteso con pazienza!” esclamò la vocetta acuta del draco domestico che il ragazzino Varisiano aveva salvato. Con un vivace frullo d’ali, Majenko volò incontro a Rilo, che lo accolse tra le braccia come se fosse stato un cagnolino affettuoso.

“Hahahaa! Anch’io sono contento di vederti, Majenko! Ma per favore, non chiamarmi padrone. Non ti ho liberato da Devargo solo perché tu diventassi il mio schiavo.” Rispose prontamente il giovane stregone. Al suo fianco, Runyar fece una risata a denti stretti, un po’ invidiando il rapporto di amicizia e complicità che già si era instaurato tra il draco e il giovane stregone.

Krea controllò che il suo equipaggiamento fosse al suo posto e diede un’occhiata al resto del suo gruppo. Sembravano tutti pronti e decisi a dare del loro meglio per portare a termine il compito che la comandante Kroft aveva per loro, e mentre aspettavano, ognuno stava passando iltempo a modo suo. Fedra restava in silenzio, la schiena appoggiata al muro e gli occhi chiusi, come se fosse in meditazione, mentre Kostur stava leggendo un libro dall’aspetto ingiallito e un po’ consunto. Orik stava controllando le sue armi, in particolare una che sembrava essere un nuovo acquisto: un arco dall’aspetto un po’ grezzo ma solido. Il minore dei fratelli Vancaskerkin, da parte sua, stava guardando con un po’ di ansia un foglio di pergamena che teneva con sé, come se vi fosse scritto qualcosa che lo preoccupava… ma prima che qualcuno potesse chiedergli quale fosse il problema, Verik sospirò e arrotolò il foglio, per poi infilarlo nella bisaccia.

E’ fin troppo tempo che non sento più notizie di Meliya… spero che stia bene.” Pensò tra sé. “Non appena avrò un po’ di tempo, dovrò cercare di capire cosa le sia successo e scoprire dove si trovi…

Finalmente, la porta d’ingresso dell’ufficio di Cressida Kroft si aprì, e la comandante della guardia cittadina accolse il gruppo con un cenno amichevole e li invitò ad entrare. Uno alla volta, con calma e in ordine, i ragazzi fecero il loro ingresso nell’ufficio impeccabilmente ordinato e si schierarono come tanti soldatini davanti alla scrivania, in attesa di istruzioni.

“Vi ringrazio per essere arrivati con cortese celerità.” Esordì Cressida con un sorriso un po’ stanco. “Sfortunatamente, il tempo a nostra disposizione non è molto, quindi cercherò di venire al dunque il prima possibile… anche se la questione mi ha lasciato alquanto perplessa.”

Krea corrugò la fronte con espressione interrogativa. Cominciava già ad avere il presentimento che non si sarebbe trattato di qualcosa di semplice.

“Per prima cosa, volevo informarvi che, dopo l’infiltrazione degli agenti Rilo e Fedra nella Coda dell’Anguilla, Devargo Barvasi è caduto in disgrazia.” Esordì Cressida. “Lo smacco che ha subito ha gravemente minato la sua autorità. Molti dei suoi sottoposti sono passati ad altre bande o si sono messi in proprio, e l’ettercap che deteneva illegalmente gli si è ribellato ed è fuggito nelle strade di Korvosa, dove ha aggredito alcuni cittadini. Per fortuna, non è riuscito a fare vittime prima che la guardia cittadina di Korvosa lo isolasse e lo abbattesse.”

“E in tutto questo, se mi è concesso chiedere… dove è finito Barvasi?” chiese Runyar.

“Stiamo ancora conducendo delle indagini.” Fu la pronta risposta di Cressida. “Barvasi ha fatto perdere le proprie tracce due giorni fa, ma sicuramente adesso non ha più le risorse di cui disponeva fino a poco fa. Si può dire che grazie a voi, Devargo abbia concluso la sua carriera criminale. Per questo motivo… ho pensato che fosse giusto riconoscere i vostri meriti. Da questo momento in poi, siete riconosciuti come una divisione ufficiale specializzata della Guardia Cittadina di Korvosa… e ho pensato che sarebbe stato appropriato un nome come… la Compagnia del Draco. Che ne dite? Lo trovate azzeccato?”

Con un sorriso arguto, Cressida guardò verso Majenko, che ora era appollaiato sulla spalla di Rilo e teneva le ali fieramente spiegate. Il ragazzino Varisiano fece una breve risata imbarazzata, ma si sentì onorato del fatto che il maresciallo Kroft riconoscesse così prontamente i loro meriti.

“Ah! Adesso Majenko da nome a gruppo!” esclamò soddisfatto il draghetto, strappando un sorriso anche alla ligia comandante.

“Ora, passando ad argomenti più seri…” continuò Cressida assumendo un’espressione sospettosa. “Il motivo principale per cui vi ho convocati qui è che Sua Maestà Ileosa ha deciso di fare una mossa… che senza ombra di dubbio provocherà non poco clamore qui a Korvosa. E’ stata rivelata l’identità dell’assassina di Sua Maestà Eodred II.”

“Che cosa?” esclamò Verik con evidente stupore, che sostituì in una frazione di secondo il sospetto che nutriva verso la sovrana di Korvosa. “L’assassina di… Sua Maestà Re Eodred?”

“Ma… mi scusi, comandante Kroft.” Krea, sbalordita e confusa, alzò una mano per chiedere la parola, e quando Cressida le fece cenno di andare avanti, la magus si schiarì la voce e proseguì. “Voglio dire… non si era detto che Sua Maestà Eodred II era morto in seguito ad una malattia misteriosa?”

“Per l’appunto, signorina Aldinn. Io resto molto scettica a riguardo, e ritengo che sotto ci sia qualcosa di poco chiaro.” Rispose la comandante. “Certe voci dicono che la malattia del re sia stata provocata da qualcuno che gli ha somministrato qualcosa di strano. Un preparato alchemico, una pozione particolare che lo ha fatto ammalare... adesso non è chiaro di cosa si tratti. Detto questo, il problema, e il fatto sospetto, è il rivelare l’identità di questa presunta assassina proprio adesso. Sua Maestà Ileosa avrebbe potuto far arrestare questa persona senza tante cerimonie. Il modo in cui è stato rivelato il suo nome all'intera Korvosa... mi fa quasi pensare che voglia che torni l'anarchia. Certamente, tra le folle inferocite e i Cavalieri Infernali che pattugliano le strade, la povera ragazza non ha nessuna possibilità di avere un giusto processo. E anche se fosse stata lei ad uccidere Sua Maestà Eodred II - e non lo credo - la giustizia sommaria non è il modo giusto di procedere. Penso che voi mi abbiate capito, no? Esatto, voglio che voi la troviate e la portiate da me,cosi che io possa interrogarla, magari con la magia in modo da sapere la verità. E se lei risulterà innocente allora è evidente che c’è stato un errore o peggio… che qualcosa non torna."

“Certamente. Faremo in modo che l’accusata giunga qui viva e in buona salute.” Rispose Kostur con un cenno della testa. “A questo proposito, potremmo sapere il suo nome?”

Cressida prese fiato, come se dare quella risposta la mettesse a disagio. “Beh… si tratta di una giovane artista a cui era stato commissionato un ritratto di Sua Maestà Eodred II, che è stato completato appena due settimane prima della sua morte. Il gran ciambellano si era procurato i servigi di questa ragazza, sperando che le sue visite regolari potessero migliorare la salute e l’umore di Sua Maestà, ma come avete potuto vedere… purtroppo così non è stato. Comunque, se vi serve il nome di questa artista… si chiama Trinia Sabor.”

L’espressione calma e controllata di Kostur si sgretolò all’istante quando il mezzorco investigatore riconobbe quel nome. Trinia Sabor… ma certo! La donna che lui aveva amato… e della quale da troppo tempo non sapeva più nulla, da quel giorno in cui erano volate parole di troppo… E adesso, lei si ripresentava così nella sua vita? Certo che il destino sapeva essere davvero ironico, certe volte.

Pur non sapendo cosa stesse pensando il mezzorco, il resto del gruppo comprese subito che c’era qualcosa che lo turbava… e anche Cressida fece una pausa e sospirò, dando il tempo a Kostur di spiegarsi se avesse voluto. “Kostur?” chiese Krea sorpresa. “C’è… qualcosa che non va? All’improvviso sei sbiancato in volto!”

“Ecco…” mormorò imbarazzato il mezzorco, guardandosi sorpreso a destra e a sinistra, e incrociando le espressioni sbalordite e curiose del resto del gruppo. Messo di fronte al fatto che non avrebbe potuto sperare di sfuggire alle loro domande, Kostur si massaggiò la fronte con una mano, poi decise di non esitare più e raccontare tutto ciò che riguardava lui e Trinia…

“Trinia… io e lei siamo stati amanti, fino a pochi mesi fa.” Rispose il mezzorco con evidente disagio. Molti dei presenti sgranarono gli occhi per la sorpresa, non aspettandosi una simile rivelazione. “Non vi annoierò con i dettagli. Vi basti sapere che ci siamo conosciuti poco prima che io entrassi a far parte della guardia cittadina. Siamo diventati presto amici, e… beh, a forza di frequentarci e passare tempo assieme, siamo passati dall’amicizia a qualcosa di più. Avevamo in mente di sposarci e cominciare a vivere assieme… ma le cose non sono andate esattamente come avremmo voluto.”

“Wow! Questo è colpo di scena…” commentò il piccolo Majenko.

Kostur cercava di essere evasivo sull’argomento, ma Krea comprese subito che parlare di questo argomento risvegliava un dispiacere mai del tutto sopito…

Da parte sua, Cressida annuì con espressione comprensiva. “Avevo previsto che saresti rimasto scioccato al sentire il nome della signorina Sabor, investigatore Kyle, perchè so che tu e la signorina Sabor eravate fidanzati. Motivo per cui ho pensato che fosse meglio esonerarti da questo caso ed affidarti un caso diplomatico che coinvolge il clan Shoanti dello Skoan-Quah, anche conosciuto come il Clan dei Teschi. Di recente, le tensioni con la minoranza Shoanti della nostra città sono giunte ad un picco che raramente ho visto prima.”

Kostur alzò una mano per chiedere la parola. “A dire la verità, comandante Kroft… desidererei partecipare comunque a questa operazione.” Rispose, e la comandante si voltò verso di lui con interesse, facendogli cenno di andare avanti. “Io… so dove possiamo trovare Trinia… voglio dire, la signorina Sabor. Era lì che avremmo voluto trasferirci una volta sposati… e so anche come raggiungere il luogo senza farci individuare.”

“Ne siete sicuro, investigatore Kyle?” chiese Cressida, non senza preoccupazione. Quando il mezzorco annuì nuovamente, la comandante della guardia cittadina annuì lentamente e decise di affidarsi alla sua esperienza. Dopotutto, era lui il membro più esperto del gruppo, e sicuramente quello che meglio di tutti sapeva muoversi nelle labirintiche vie di Korvosa. Vedendo che Kostur era deciso ad andare fino in fondo, Cressida pensò che a quel punto fosse giusto acconsentire. “E va bene, mi affido al vostro giudizio. La signorina Sabor abita nel quartiere conosciuto come l’Erpete o le Tegole, al 42 di Moon Street, Midland. Investigatore Kyle… le auguro buona fortuna. E spero che la signorina Sabor sia disposta ad ascoltarvi.”

“La ringrazio, comandante Kroft. Lo spero anch’io.” Rispose Kostur con un sospiro, e permettendosi un piccolo sorriso speranzoso. A prescindere da quello che poteva esserci stato tra lui e Trinia, in quel momento l’unica cosa che gli premeva era fare sì che lei fosse al sicuro.

Orik sospirò e si sfregò la fronte, ammettendo tra sé di provare un po’ di invidia per il mezzorco. Se non altro, anche se non era durato, l’impressione era che il rapporto tra lui e quella Trinia Sabor fosse stato sano ed equilibrato. Certo, ben lontano da quella sua tresca con quella tiefling, quella che aveva dato inizio agli eventi che lo avevano costretto a fuggire da Riddleport…

“Va bene. Ci metteremo subito a fare i preparativi, e poi ci dirigeremo al 42 di Moon Street.” Affermò Krea con un cenno della testa, senza nascondere la sua preoccupazione per quello che aveva sentito. “Faremo in modo di portare qui la signorina Sabor… prima che quei maledetti Cavalieri Infernali la trovino.”

“Se dovessimo imbatterci in loro… ammetto che non mi dispiacerebbe dargli una lezione.” Confessò Fedra, accarezzando l’elsa della sua daga.

Rilo sospirò e mise una mano su quella di Fedra, che ebbe un piccolo sussulto al contatto. “Aspetta, non essere precipitosa… non credo che quelli di Cittadella Vraid la prenderebbero bene se attaccassimo alcuni dei loro uomini.” Affermò. “Ad ogni modo, non è certo detto che li incontreremo. Concentriamoci sulla nostra missione. E… Majenko, credo che avremo bisogno anche del tuo aiuto.”

“Certamente!” esclamò il piccolo drago con voce acuta. “Contate pure su Majenko, amici! Io pronto a tutto!”

Runyar annuì con decisione. Era una missione che si preannunciava più complessa di quanto non sembrasse all’inizio…

 

oooooooooo

 

Distretto dell’Erpete – anche conosciuto come le Tegole.

Trinia Sabor sospirò stancamente mentre si sedeva sul suo letto, tenendosi la testa con una mano, e si toglieva le scarpe con due rapidi movimenti delle gambe. Tutto quello che era accaduto in quegli ultimi giorni era stato così sconvolgente che la povera ragazza ancora non se ne raccapezzava. Chi avrebbe potuto immaginare che, dopo l’apparente colpo di fortuna che aveva avuto, tutto sarebbe precipitato in quel modo, e si sarebbe trovata con mezza Korvosa che le stava dando la caccia?

Con un brivido di terrore, Trinia scosse la testa e si distese a pancia in su sul suo letto, un giaciglio mal tenuto addossato al muro di quella modesta casetta - un monolocale che combinava una camera da letto, una cucina e lo studio di un pittore, lasciando poco spazio per il resto. Una pila di formaggio e pane era rimasta sul bancone accanto a diverse borracce piene, mentre il cavalletto nell'angolo opposto ospitava un dipinto ancora incompleto di un imp e un draco domestico in lotta in cima al campanile di una chiesa. Un'unica finestra si affacciava sui tetti intricati della città, appena sopra il letto.

Se solo non fosse stata così affrettata nello spendere la considerevole somma che aveva ricevuto per quel ritratto di re Eodred, ora forse avrebbe avuto migliori possibilità di fuggire da quella città che ormai era diventata una prigione… la giovane pittrice scosse la testa, rimproverandosi per la sua scarsa oculatezza, ma si disse che era inutile rammaricarsene, ora che erano giunti a quel punto, e la cosa migliore da fare era restare nascosta il più possibile, in attesa che le acque si calmassero un po’. Prima o poi, ci sarebbe stata l’occasione di fuggire da Korvosa… ma fino a quel momento, l’unica possibilità di sopravvivere era nascondersi ed evitare a tutti i costi le folle inferocite, i soldati della regina e i Cavalieri Infernali che pattugliavano le strade.

Esattamente come avrebbe fatto, non ne era sicura… ma al momento, l’importante era prendere quella risoluzione. I dettagli…erano roba per dopo.

Trinia perse la cognizione del tempo mentre restava distesa sul suo letto, restando in silenzio come se avesse paura di farsi sentire da qualche pattuglia che passava per la strada. La giovane pittrice sentiva che stava per addormentarsi, quando un suono appena percettibile proveniente dall’esterno attirò la sua attenzione. Temendo che si trattasse di qualcuno venuto a catturarla, la giovane donna si alzò di scatto e infilò una mano sotto il materasso logoro, tirandone fuori un pugnale finemente forgiato, con una lama fatta di un metallo leggero e splendente simile ad argento. Tenendo la lama in mano ma ben nascosta, Trinia si avvicinò di un passo alla porta e si fermò di colpo quando sentì qualcuno bussare lentamente alla porta.

“Trinia?” chiese una voce femminile, appartenente ad una donna matura. La giovane donna riconobbe subito la voce della sua vicina di casa, ma ancora non se la sentiva di abbassare la guardia, e restò in silenzio. Con una taglia di duecento corone di platino sulla testa, non ci si poteva fidare di nessuno.

“Trinia, ragazza mia, sono io. Ci sei?” chiese la voce della donna dietro la porta. “Ascoltami… abbiamo sentito quello che è successo… e non abbiamo creduto neanche per un istante a quelle accuse. Sappiamo che tu non faresti mai una cosa così terribile.”

La giovane artista rimase ancora in silenzio, ma ebbe la sensazione, dal tono delle parole, che almeno quelle fossero sincere. Trinia sospirò e si concesse un sorriso malinconico, poi diede un’occhiata al pugnale in mithril che teneva in una mano. Un sentimento di nostalgia la colse, ripensando a quando aveva ricevuto quell’arma di foggia eccezionale. Certo, valeva sicuramente un bel po’ di vele d’oro… ma per il valore sentimentale che aveva, per Trinia era insostituibile. Un ricordo dell’uomo a cui aveva donato il suo cuore, quando era ancora una ragazzina ingenua, un ricordo legato ad una scelta fatta, sempre per amore di quell’uomo … ed una frase, frase da lei detta che ancora ora le risuonava in testa …

“Vattene o finisce male…”

oooooooooo

 

CONTINUA…

 

  
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