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Autore: Nike90Wyatt    09/12/2022    1 recensioni
Milano, 2016. Marinette Dupain-Cheng vive la nuova realtà di studentessa dell’Accademia di Moda Bellerofonte per coronare il suo sogno di diventare un giorno una stilista di livello internazionale. Quella borsa studio ottenuta grazie al suo immenso talento è stata una vera benedizione del cielo. Ma la strada verso la gloria è frastagliata e irta di imprevisti e le certezze di Marinette, lontana dal sostegno dei suoi amici, iniziano a vacillare fino a crollare del tutto quando una minaccia tanto pericolosa quanto imprevedibile inizia a incombere su Milano. I poteri di Ladybug potrebbero non essere sufficienti per affrontarla; pertanto, Marinette dovrà ricorrere a tutto il suo coraggio e fare delle scelte che cambieranno per sempre la sua vita.
[Cover Credits: https://www.instagram.com/my_bagaboo_/]
Genere: Azione, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nonna Gina, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Verso la spremuta d’arancia, il bicchiere si riempie fino all’orlo. Ne assaporo un sorso e mi lecco le labbra. Fresca e zuccherata al punto giusto.
Aggiro la penisola della cucina e raggiungo la nonna seduta sul divano. Mi accomodo a gambe incrociate. Tikki si poggia sul bracciolo, Leon la segue e balza al posto di fianco al mio.
Nonna Gina alza il volume della tv.
Il giornalista sta raccontando nei minimi dettagli i fatti degli ultimi giorni. «…gli inquirenti hanno così potuto arrestare i membri del gruppo noto come i Satiri dell’Anarchia, grazie al supporto di un eccellente servizio di sicurezza organizzato da Bruno Tancredi, noto imprenditore nel campo della moda, nonché stimato concittadino.»
L’inquadratura si sposta sul padre di Alessio, sfoggiante il suo solito cipiglio severo, circondato da una miriade di microfoni puntati nella sua direzione. «Sono molto soddisfatto di come la situazione si è risolta senza che nessuno si sia fatto male, sebbene mi dolga il fatto che la serata di moda sia andata a monte.»
Una giornalista fuori campo prende parola. «A detta dei testimoni, c’erano Satiri infiltrati tra gli ospiti.»
Tancredi annuisce. «Una fonte anonima mi ha avvertito tempestivamente del piano di attacco. Ignoro come questa persona sia venuta a conoscenza di tali piani, ma ciò non è di mio interesse. La ringrazio con tutto il cuore per il supporto e per l’aiuto che mi ha fornito. Ringrazio inoltre il mio personale servizio di sicurezza che ha gestito in maniera esemplare la situazione, impedendo qualsivoglia mossa avventata da parte dei terroristi.»
La stessa giornalista lo incalza. «Cosa intende fare ora che la serata è saltata?»
«Ho già provveduto all’organizzazione di un’altra sfilata, che però sarà riservata a determinati ospiti. Farò un’accurata selezione a riguardo, in quanto è mia volontà che questa cancelli del tutto il fallimento dell’altra sera.» Tancredi solleva le mani. «Se volete scusarmi ora…»
Sfila in mezzo alla calca di giornalisti, i quali continuano a seppellirlo di domande, e si infila nella sua auto scura.
Prendo un sorso di aranciata. «Mi sono fidata della persona giusta.»
Nonna Gina mi scocca un’occhiata incuriosita. «Voglio sperare che anche tu sia invitata in questa serata esclusiva.»
«Probabilmente, se glielo avessi proposto, il signor Tancredi avrebbe invitato volentieri Stiletto, anche solo come atto di riconoscenza. Ma dubito che conosca Marinette Dupain-Cheng.»
«Però, tu sei in confidenza con suo figlio. Uscite insieme, giusto?»
Il succo mi va di traverso. Tossisco.
Nonna Gina emette un mugugno. «Non dirmi che non ti piacerebbe.»
«Certo che mi piacerebbe, è ovvio. Ma non me l’ha ancora chiesto. E…» Picchietto gli indici uno contro l’altro. «Dubito che Alessio abbia parlato di me al padre, almeno in quel senso lì; e anche se fosse, non avrebbe comunque motivo di invitarmi a quel party.»
«Mai dire mai, mia cara. Dovresti aver imparato che le persone riescono sempre a stupirti in qualche modo.»
Tikki interviene. «Concordo con tua nonna, Marinette.»
Leon le fa eco abbagliando.
Sollevo un sopracciglio. «Ora ti sei alleato anche tu con loro due?» Alzo gli occhi verso il soffitto. «Ora sono sola contro tre, non è giusto.»
Scoppiamo a ridere in coro.
Le immagini del telegiornale mostrano l’ex questore Giovanni Portanova in manette, scortato da due agenti della polizia e altrettanti carabinieri.
La voce del giornalista fa da sottofondo al servizio. «Nonostante la dichiarazione di innocenza da parte di Giovanni Portanova, gli inquirenti sono venuti in possesso di video, immagini e appunti che inchiodano l’ex capo della questura di Milano come mandante degli attacchi perpetuati dalla banda dei Satiri dell’Anarchia. In uno dei video, racconta il tenente dei carabinieri, Portanova è affiancato da un uomo corpulento e minaccia uno dei suoi adepti per il fallimento dell’attacco al padiglione di moda.» Viene mostrato a schermo un identikit del gigante, affiancato da un frame estratto dal video che ho filmato. «Diversi testimoni hanno confermato che l’uomo dalla stazza enorme sia anche colui che ha ucciso il sindaco durante l’assedio al municipio. Non si hanno ancora notizie riguardo il presunto arresto di quest’uomo; seguiranno aggiornamenti.»
Finisco di bere il succo. «Buona fortuna.» Innalzo il bicchiere verso la tv. «Chi glielo dice ora alle forze dell’ordine che quel tizio si è nebulizzato quando ho purificato l’amok?»
Nonna Gina spegne la tv e stiracchia le braccia. «Quando verrà l’occasione, dovrai spiegarmi per bene come funziona questo meccanismo di piume, farfalle e mostri. Vorrei evitare di ricaderci la prossima volta che torno a Parigi.»
Copro con una mano una risatina. «Ti assicuro che ci sono determinati processi ancora avvolti nell’ombra anche per me che ci lavoro da due anni ormai.» Volto il capo verso Tikki. «Per esempio, l’ultimo lucky charm mi ha lasciata alquanto interdetta. Non tanto per il fatto che fossero due spade, quanto per l’effetto che ha generato quando l’ho evocato. Tu sai qualcosa a riguardo?»
«I tuoi poteri crescono insieme a te. Più andrai avanti, maggiori saranno i benefici che otterrai quando richiamerai a te il potere del Miraculous. Suppongo che avrai notato anche che la durata del lucky charm è incrementata rispetto al passato.»
«In effetti sì…»
Nonna Gina indica col pollice la tv. «Sei sicura che quel pagliaccio di Portanova non ricordi il tuo volto?»
Scuoto la testa. «Il mio Miraculous ha cancellato ogni influenza negativa che il sentimostro gli provocava e gli anche cancellato i ricordi dal momento in cui ha iniziato ad usufruire dei poteri del pendente. E poi, dubito che qualcuno gli creda. In fondo, non conosce nemmeno il mio nome.»
Leon posa la sua testa sul mio ginocchio, il suo pelo mi solletica la pelle. Lo accarezzo.
Nonna Gina mi cinge il collo con le braccia e mi bacia sulla fronte. «Come hai intenzione di muoverti ora che possiedi questo nuovo alias?»
«Stiletto ha completato il suo lavoro. Resterà il simbolo del mio cambiamento, della mia unione profonda con il Miraculous, ma preferisco tornare ad essere la semplice Ladybug. Nel tempo che passerò a Milano e quando tornerò a Parigi, interverrò solo se lo riterrò strettamente necessario. Credo ormai di essere in grado di riconoscere quando è il momento.»
«Non potrei essere più orgogliosa di te, tesoro. Ora, però, devi farmi un grandissimo favore.» Inchioda su di me i suoi occhi celesti. «Quando tornerai a scuola, dovrai dimostrarti superiore a quella vipera che si è appropriata del tuo duro lavoro. L’incuranza è il maggior disprezzo.»
«Lo ricorderò, nonna.»
 
***
 
Rientrando nell’Accademia, mi sembra di essere tornata a quando varcai per la prima volta il cancello all’ingresso. All’epoca non c’erano ancora graffiti di stampo anarchico che imbrattavano le mura, l’istituto risplendeva per la sua importanza e la tranquillità regnava sovrana nei corridoi.
Adesso è come allora.
I gruppetti di studenti che si accalcano fuori alle aule parlottano tra loro; dalle poche parole che riesco a cogliere, la maggior parte di loro si sofferma sulle partite di campionato e sull’imminente finale di Champions League che si giocherà proprio qui, a Milano, allo stadio Meazza.
Del tizio dei volantini non ve n’è più traccia. Dopo il fallimento del piano di Portanova, deve aver capito che non era saggio farsi vedere in giro per l’Accademia.
Salgo le scale che conducono alla mia classe.
Sembra che a nessuno importi granché dell’annullamento della serata che avrebbe sancito il vincitore della gara di moda.
Bruno Tancredi, in accordo con la giuria e con il preside dell’istituto, ha deciso di rimandare al prossimo anno la collaborazione con lo studente più meritevole. Per premiare l’impegno, il professor Ursi ha deciso di trasformare i giudizi della giuria in voti che faranno media con la valutazione finale nella sua materia. Chi non ha preso parte alla gara, invece, potrà decidere se sottoporsi ad un’interrogazione faccia a faccia con lui per dare a chiunque l’opportunità di avere un voto in più.
So che sarà dura – soprattutto se Ursi terrà bene a mente ciò che volevo fare la sera della sfilata –, ma ho tutta l’intenzione di lavorarci su per ottenere il voto che merito.
Imbocco il corridoio, mi fermo accanto alla scultura di Bellerofonte. In tutto questo ritorno al passato, anche Alessio non circolerà più per questi corridoi. È vero che ho il suo numero, ma poterlo vedere ogni giorno qui era diverso. Ormai non posso non ammettere che provo qualcosa di forte per lui, anche se non ho ancora capito cosa. Forse affetto, forse qualcosa in più.
Se dessi voce ai miei pensieri con Tikki o la nonna, sono sicura che mi suggerirebbero di chiamarlo e chiedergli se possiamo vederci. Sarebbe il test definitivo per comprendere se sono veramente cambiata rispetto alla ragazzina timida ed impacciata che proveniva da Parigi, delusa da ciò che poteva diventare la sua prima cotta e che non sarà mai.
Infilo la mano in tasca e stringo tra le dita lo smartphone. Riprendo a camminare.  
Sull’uscio ci sono Richard e Juan. Poverini, loro sono sempre stati molto gentili con me e io li ho messi da parte nel momento in cui avrei avuto più bisogno del loro appoggio.
Richard è di spalle. Saluto Juan con la mano, lui apre la bocca e fa un cenno col capo a Richard che si volta all’istante. Entrambi scattano nella mia direzione e mi avvolgono in un abbraccio.
Ricambio con affetto. «Non mi aspettavo quest’accoglienza.»
«Forgive us, Marinette.» Richard ha i muscoli in tensione. «Dovevamo capire che Sonia era una rotten apple.»
L’abbraccio si stringe ancor di più lasciandomi senza fiato. «Piano, ragazzi. Così mi soffocate.»
Si allontanano, ma Juan mantiene le sue mani strette nelle mie. «Siamo rimasti sconvolti quando l’abbiamo saputo. Avrei voluto dirgliene quattro in tutte le lingue che conosco e avrei voluto vedere come l’avrebbero trattata gli altri, ma il preside l’ha sospesa per il suo comportamento, quindi—»
«Sospesa?» Ha parlato anche di “altri”. «In quanti sanno quello che ha fatto?»
«Tutto l’istituto. E sono tutti dalla tua parte ovviamente.»
«È stato Alessio a far circolare la voce?» Mi sentirà quando lo chiamerò. Lo avevo pregato di non dirlo a nessuno…
Richard scuote la testa. «In realtà, è stata Letizia a farlo.»
«Letizia?»
Juan allarga le braccia. «Da non crederci vero? Già alla sfilata mi sembrava diversa, ma oggi, se la vedessi, faticheresti a riconoscerla.» Si scosta dall’entrata. «Dà un’occhiata.»
Faccio un passo all’interno dell’aula. Letizia è seduta composta al suo banco, il mento poggiato sul palmo. Indossa una semplice canotta rosa, degli shorts e un paio di ballerine; niente lustrini, niente bracciali, niente accessori. Non ha il solito atteggiamento da diva, non è nemmeno interessata alla sua manicure. Si limita solo a fissare il muro davanti.
«Scusatemi.» Cammino nell’aula, salutando gli altri miei compagni e raggiungo il mio banco. Vi adagio sopra la borsa a tracolla e vado da Letizia.
Lei solleva uno sguardo vacuo su di me. Ha gli occhi cerchiati, i suoi boccoli biondi sono legati sulla testa con una semplice matita. Non l’ho mai vista senza nemmeno un filo di trucco, ma, nonostante ciò, è bellissima lo stesso.
«Cosa vuoi?» chiede con un filo di voce.
«Chiederti come stai.»
«Perché?»
«Perché mi interessa.» Ed è la verità. Già la sera della sfilata mi aveva incuriosita il suo atteggiamento passivo, il suo nervosismo.
Letizia abbassa lo sguardo. «Credevo fosse chiaro. Ti facevo più intelligente, Dupain-Cheng.»
Almeno non mi ha chiamata baguette. È già un grandissimo passo avanti. «Ho saputo quello che hai fatto…» Mi schiarisco la voce. «Anche se ne ignoro il motivo, volevo ringraziarti.»
«Non occorre…»
«Sì, invece. Sei l’ultima persona che mi aspettavo potesse fare una cosa del genere. Magari lo hai fatto solo per fare dispetto a Sonia, ma—»
«Non l’ho fatto per questo.» Tira su col naso. «Ho provato sulla mia pelle cosa significa subire un’ingiustizia del genere.»
«Cosa ti è successo?»
«Mia cugina…» Gli occhi di Letizia si rabbuiano. «Ha cercato volutamente di sabotare il mio lavoro. E prima che tu dica qualcosa,» solleva l’indice, «sappi che per la prima volta nella mia vita ho seguito il consiglio di una persona. Te.»
«Me? Vuoi dire che…» Mi siedo al banco di fianco.
«Che stavo cercando di lavorare da sola al progetto. Ma mia cugina ha pensato che volessi metterla da parte e così ha cercato di boicottarmi. Alla fine, ho dovuto rinunciare a partecipare.»
«Mi dispiace.» Mi mordo il labbro. «A quanto pare, abbiamo subito la stessa sorte.»
Letizia si strofina un occhio. «Già, ma almeno tu avevi Alessio a sostenerti. Io, invece, non avevo nessuno.»
Le sorrido. «Ora hai me.»
«Non essere sciocca, Dupain-Cheng. Ti ho trattata come spazzatura da quando sei arrivata. Nessuno perdonerebbe mai un trattamento simile.»
«E invece ti sbagli. Io non sono come gli altri.» Recupero dalla tasca il pendente che ho preso da Portanova. Lo porgo a Letizia. «Non sai quanti problemi mi ha creato questo affare. In biblioteca ho trovato dei libri che parlano di antiche maledizioni scagliate su oggetti simili: credo proprio che anche questo sia stato oggetto di una maledizione. Ma, ora, sono riuscita a liberarlo e, alla fine, mi ha portato fortuna perché sento di essere riuscita ad ottenere ciò che volevo.»
Letizia esita. «E… cosa volevi?»
«Volevo cambiare.» Allungo la mano. «Prendilo. Magari porterà fortuna anche a te.»
Letizia lo afferra con una mano tremolante. Lo rigira tra le dita e fa un versaccio. «È orribile.»
«Hai ragione. Lo è davvero. Però, ora è tra le mani di una ragazza che lo farà splendere.» Le faccio l’occhiolino.
Il cellulare della tasca vibra. «Scusami.»
Lo prendo e lo sblocco. È la notifica di un messaggio di… Alessio!
Spero per lui che sia un messaggio di scuse.
SALVE MADEMOISELLE. LA INVITO UFFICIALMENTE A PRENDERE PARTE ALLA SERATA DI GALA ORGANIZZATA DA MIO PADRE, PER QUESTA SERA. DESIDERO CHE LEI SIA LA MIA DAMA.
Rileggo il messaggio due volte. Strizzo le palpebre per assicurarmi che sia vero.
In alto, l’app dei messaggi mi segnala che Alessio sta scrivendo altro.
P.S. SE TE LO STESSI CHIEDENDO, È UN APPUNTAMENTO.
Non posso crederci.
«Beh, che aspetti?» La voce di Letizia mi riporta alla realtà. «Accetta, no?»
«Non so cosa indossare.»
«Dopo la scuola ti porto a rinnovare il tuo look da ragazzina appena uscita dall’asilo. Ci vuole qualcosa di più maturo per una serata del genere. Non vorrai mica presentarti come la fatina dei denti?»
«Dici sul serio?»
Letizia si mette al collo il pendente, l’ombra di un sorriso le compare sulle labbra. «Avrò parecchie cose da insegnarti.»
«Non vedo l’ora.»
 
***
  
Per la serata, il signor Tancredi ha affittato un’intera sala ristorante che si trova al secondo piano di un locale all’interno della Galleria di Piazza Duomo.
L’ingresso è affollatissimo, tra fotografi che sparano flash a tutta forza e fan accaniti che sperano di scorgere qualche loro idolo entrare all’interno.
Mi avvicino alla calca. Non ho proprio idea di come passare. Alessio mi ha spiegato che devo semplicemente dire il mio nome ad uno dei due bodyguard che sorvegliano l’ingresso delimitato da un cordone rosso.
Mi infilo in mezzo a un paio di fotografi, impegnati a scattare foto alla lussuosa automobile nera che si è fermata poc’anzi sulla strada e sgattaiolo verso l’ingresso. Camminare su questi tacchi è un’impresa, quando ero trasformata sembrava una passeggiata.
Inciampo su qualcosa, ma riesco a raggiungere uno dei due energumeni. È lo stesso che accolse me e Alessio al padiglione della moda, qualche sera fa.
Gli faccio un cenno con la mano affinché si avvicini a me. «Sono Marinette Dupain-Cheng!» gli urlo nell’orecchio.
Lui solleva un sopracciglio e mi squadra da capo a piedi. Non so se sia perché ho qualcosa fuori posto nel mio outfit o perché mi ha riconosciuta. Annuisce, sgancia il cordone e mi invita a passare.
Una cascata di flash mi investe, qualcuno grida di voltarmi dalla sua parte. Accidenti, non sono una modella!
Chissà se sarà questa la vita che mi aspetta quando…
Scuoto la testa e allontano il pensiero. Basta fantasticare sul futuro, basta film mentali e voli pindarici.
Entro nel locale; un tappeto blu notte conduce ad un ascensore sul fondo di uno stretto corridoio con le pareti a specchio.
Mi soffermo a guardare la mia figura: stento a riconoscermi conciata così. Letizia mi ha trascinata dal suo coiffeur di fiducia e gli ha dato indicazioni precise su che tipo di acconciatura farmi, senza darmi la possibilità di esprimere la mia opinione: il risultato è una cascata di capelli corvini mossi e vaporosi.
Sul trucco, Letizia è stata più indulgente, sebbene non abbia voluto sentire ragioni su un tocco di mascara dark con rossetto abbinato.
Per fortuna, la ricerca dell’outfit è stata breve: Letizia ha optato per farmi indossare un top bianco che lascia scoperto l’addome, un giubbottino di pelle e dei leggings a vita bassa anch’essi in pelle.
Sulle scarpe sono stata risoluta: un paio di scarpe con il tacco a stiletto.
Non mi aspettavo che anche Letizia potesse cambiare atteggiamento nei miei confronti così in fretta; mi sono imposta di andarci con i piedi di piombo, per evitare altre prese in giro o cocenti delusioni, ma sono piuttosto ottimista. Ha subito una batosta che le è costata anche l’umiliazione davanti a suoi familiari, proprio su quello a cui pare tenere di più. Dunque, ha intrapreso questo nuovo cammino e io sono disposta ad aiutarla.
Soddisfatta del mio look premo il tasto per richiamare l’ascensore. Entro nella cabina.
Strofino i palmi contro le cosce. La serata è tiepida e non umida, ma io li ho lo stesso sudati. Sono nervosa.
Le porte dell’ascensore si aprono. La sala allestita è stupenda: immersa appena nella penombra di luci azzurre, una breve passerella taglia in due la sala. I tavoli sono disposti lungo il perimetro, al centro è stato lasciato libero uno spazio, dove forse si posizioneranno gli stilisti che presentano i loro capi.
La cupola in alto è adorna di stelle scintillanti, sotto sono raffigurati i principali marchi di moda mondiali, compresa la farfalla che simboleggia la casa di moda di Gabriel Agreste.
Scendo i tre scalini.
Un cameriere in livrea, con i capelli biondi tenuti fermi dalla lacca, mi viene incontro e si inchina. «Buonasera, signorina Dupain-Cheng. La prego di seguirmi, il signor Tancredi vuole conoscerla.»
Mi indico. «A me?»
Il cameriere spalanca una mano. «Certamente.»
Annuisco e lo seguo. Mi conduce accanto ad una tavolata rotonda, con almeno una decina di sedie disposte intorno.
Il signor Tancredi è in piedi accanto al finestrone che affaccia sul Duomo; accanto a lui una donna con lunghissimi capelli neri e una sciarpa Burberry intorno al collo regge un calice di champagne e sorride.
Tancredi le dice qualcosa e mi viene incontro. «Marinette Dupain-Cheng, finalmente ti incontro.» Tende la mano. «Bruno Tancredi.»
Gliela stringo. «È un onore conoscerla, signor Tancredi.»
«Alessio mi ha parlato molto bene di te e sono lieto di constatare che non esagerava affatto.»
Chino la testa. «Alessio tende a sopravvalutarmi un po’ troppo.»
«Ne dubito, Marinette. Posso affermare con certezza di non aver mai conosciuto una ragazza della tua età che abbia tanto vigore, ingegno e coraggio.» Si porta una mano al petto. «Ti porgo i miei più sentiti ringraziamenti per tutto il tuo sostegno.»
Sbatto le palpebre. «Sostegno per cosa?»
Tancredi strizza l’occhio, un gesto che anche il figlio è solito fare. «Te l’ho già detto: nella mia vita ne ho viste di tutti i colori. Complimenti per gli stivali, ti donano molto» Sulle sue labbra si disegna un sottile sorriso. «Goditi la serata, te lo meriti.»
Si volta e torna a parlare con la donna, che alza il calice nella mia direzione e mi rivolge un sorriso bianchissimo.
Resto inebetita per un istante. Bruno Tancredi mi ha riconosciuta, sa che io sono Stiletto. Dovrei essere terrorizzata al pensiero che possa dirlo al figlio o alla stampa e, invece, ne sono sollevata. Ha dimostrato di essere la persona giusta in cui porre fiducia in un momento in cui mi sentivo sola a combattere contro tutti.
Una mano si posa sulla mia spalla. Mi volto e mi ritrovo faccia a faccia con Alessio. «Buonasera, Marinette.»
Sul suo viso si forma la solita fossetta di quando sorride.
«Buonasera, Alessio. Ho appena avuto il piacere di conoscere tuo padre.»
«Mmh, credo che tu abbia fatto colpo su di lui.» Leva un indice e fa un giro su sé stesso. «Che ne pensi?»
Indossa l’abito che avevo confezionato su misura per lui, quello con cui avrebbe sfilato al posto del vincitore della gara. Proprio come pensavo, il look sportivo gli calza a pennello; la camicia bianca risalta i suoi colori scuri, i pantaloni gli fasciano alla perfezione le sue gambe toniche.
«Sei perfetto.»
Alessio inclina la testa di lato. «Tu lo sei di più. Scommetto che avrai tutti i riflettori puntati addosso quando sfilerai insieme a me.»
«Io farò cosa?»
«Ehi, sei l’autrice di questa meraviglia. È giusto che sia tu a presentare l’abito.» Mi porge una mano. «Che ne pensi, francesina?»
Sono certa di avere le guance colorate di cremisi, il cuore mi batte forte nelle tempie e la salivazione mi si è azzerata. È un’opportunità unica, l’occasione per fare quel salto in una vita nuova, quella che sognavo da tempo.
Stavolta, non lascerò che le mie insicurezze prendano il sopravvento. Stavolta, andrò fino in fondo, succeda quel che succeda.
Prendo la mano di Alessio. «Sono pronta.»
Fine
 
 
 
  
Angolo Autore:
Salve gente. Siamo giunti al termine di questa storia, semplice ma che mi ha dato comunque molta soddisfazione nello scriverla: innanzitutto, ho avuto modo di sperimentare la prima persona e descrivere il mondo filtrato dal punto di vista di Marinette è stato divertente e, a tratti, illuminante. In secondo luogo, mi ha permesso di esplorare meglio un periodo di vita della protagonista che avevo trascurato nell’altra opera e che mi ha dato sempre l’idea di avere qualcosa di incompleto.

Per me, questo arco narrativo esprime tutto ciò che vorrei vedere in Marinette: la sua maturazione e un modo tutto nuovo di approcciarsi alle difficoltà.
Non so se questa sarà effettivamente l’ultima storia che scriverò su Miraculous: il fandom è pieno di opere ben fatte ed è molto difficile trovare idee originali da poter plasmare, soprattutto in relazione a come si sta sviluppando la serie originale. Comunque, preferisco non serrare alcuna porta, l’ispirazione potrebbe arrivare in qualunque momento.
Concludo ringraziando tutti voi che siete giunti fin qui, siete il carburante che alimenta ogni storia che scrivo, correggo e pubblico. Grazie di cuore.
Vi saluto, augurandovi un felice Natale.
Alla prossima,
Nike90Wyatt
   
 
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