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Autore: ZAITU    10/12/2022    0 recensioni
EPILOGO .Ecco a voi il seguito della one-shot POVERO DIAVOLO.
"Ad un primo sguardo il suo volto avrebbe potuto destare curiosità: metà del viso che un tempo aveva sfoggiato una bellezza abbagliante, era coperto da una maschera d’argento, ferma per sempre in un’espressione di assoluta indifferenza, l’altra, sotto la facciata rigida e la linea dura e forte dei lineamenti, non nascondeva una profonda stanchezza.
L’effetto era quello di un volto spaccato in due. Metà bocca, metà naso, un solo occhio color del cielo d’autunno. Qualsiasi espressione mostrasse, metà di quel viso rimaneva fredda ed immobile lasciando all’altra parte l’ingrato compito di continuare a manifestarsi nella sua scomoda umanità."
Sono passati anni dal loro ultimo incontro e Draco ed Hermione sono cambiati più di quanto avessero mai potuto immaginare.
Genere: Dark, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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Epilogo

Il grande gufo reale beccò sul vetro della sua stanza a Godric's Allow per circa un minuto prima che David si decidesse ad aprire la finestra.
L'aria si era fatta mite, l'inverno stava lentamente ritirando le sue gelide dita da sopra la terra.
Il gufo ministeriale, David lo capì dal bollo in ceralacca che chiudeva la grossa lettera che stringeva tra gli artigli, si adagiò sul davanzale giusto il tempo di lasciar cadere il suo involto sul palmo della pallida mano del giovane, prima di ripartire con un gran dispiego d'ali.
David sospirò.
Profonde occhiaie grige gli scavavano il viso, in perfetto pendant col colore dei suoi occhi.
Gettò la spessa busta sulla scrivania, tra piume spuntate, una tazza con un fondo di caffè stagnante lì da giorni, fogli accartocciati e ritagli di giornale, senza minimamente degnarsi di aprirla. 
Interruppe un'occhiata veloce a un pezzo già ingiallito della Gazzetta del Profeta prima che gli nascesse ancora la voglia di leggere quelle lettere d'inchiostro magico. Festeggiamenti, onoreficenze ed eventi di rappresentanza.
Era passato un anno da quando Draco Lucius Malfoy era morto. Da quando lui aveva ucciso suo padre.

"Please put me to bed
And turn down the light

Fold down your hands
Give me a sign
Put down your lies"

Avevano perso tutti qualcosa. L'amore, la speranza, l'innocenza, la verità.
Ma poi improvvisamente le cose avevano ricominciato a vivere, germogli di vita che sbucavano dalle crepe di un campo bruciato dal sole.
Harry Potter aveva cominciato a perdere ancora prima di imparare a pensare. Non avrebbe più ritrovato l'amore, questo lo sapeva, non di quel tipo almeno. Ginny non avrebbe mai potuto competere con nessun'altra. 
Ma la speranza, quella forse un giorno sarebbe tornata. La sentì avvicinarsi con un delicato bussare alla porta e la intravide sulla soglia di casa tra riccioli scuri, mani intrecciate e un ventre rotondo che cominciava a spuntare da sotto larghe vesti tintinnanti.
Questo Sharon non lo aveva previsto, non avrebbe potuto neanche volendo, neanche se avesse già riavuto la sua Vista, perché non è permesso a una veggente scrutare nel proprio stesso futuro.
Brandon al suo fianco le teneva stretta la mano, con la fermezza di un ragazzo che sta diventando uomo.
Avevano dato scandalo? Ovviamente.
Diciannove anni appena e assolutamente niente da perdere e tutto da guadagnare.
Ma nessuno avrebbe mai davvero malgiudicato la vita che si riprende spazio tra le macerie.
I genitori di Brandon gli avevano lasciato in eredità discrete fortune e un grande e tetro casale nel Suffolk che i due ragazzi stavano rimettendo a posto da cima a fondo prima che arrivasse a riempirsi di pianti, vagiti e promesse.
"Harry" lo apostrofò con dolcezza la ragazza.
"È nella sua stanza" rispose prima che chiedessero, ripetendo a memoria le battute dello stesso copione che ormai andava avanti da mesi.
Brandon alzò gli occhi scuri al cielo, fingendo una contrarietà che era molto più profonda di un semplice fastidio.
Il suo migliore amico nell'ultimo anno era stato la sua più grande preoccupazione.
Più che diventare padre per caso ma con gioia, più dell'idea di dover confessare alla sua migliore amica che forse l'amava e che era stato un codardo orgoglioso per troppo tempo.
Non c'era stato niente che avesse aiutato David a stare meglio per più di qualche ora. Troppo profonde le ferite che aveva inflitto a se stesso, troppo pesanti le verità che aveva dovuto digerire e vomitare per mesi.
Di comune accordo Harry e David avevano deciso di scambiarsi i ruoli: tutto il mondo magico sapeva che era stato il Prescelto ad uccidere l'Oscuro Signore, finalmente esaudendo la profezia che non si era compiuta diciannove anni prima.
David non avrebbe sopportato altrimenti che il mondo potesse scoprire quello che non lo faceva dormire la notte e gli accelerava il battito nel petto. 
Aislinn stessa, la sua migliore amica, la ragazza che amava dal primo anno di Hogwarts, non lo aveva sopportato. Non si parlavano da mesi e lui, stolto, cocciuto, orgoglioso, pensava davvero che il motivo reale fosse il suo sangue, quello nero di suo padre, e non le sue menzogne, non la fiducia che non le aveva concesso.
Sharon e Brandon salirono di fretta le scale ed entrarono nella stanza di David senza bussare.
Lo trovarono steso nel letto, braccia e gambe divaricate come un Cristo morente.
"Amico, svegliati, usciamo". 
Lui si tirò su immediatamente, bloccandosi seduto sulla sponda.
Non era oppositivo, semplicemente le cose, tutte le cose, gli scivolavano addosso.
"La bambina come sta?" chiese flebilmente.
Sharon gli si avvicinò trottando e con poca delicatezza lo costrinse a poggiare la mano sul suo ventre .
"Oggi scalcia!".
David ritirò la mano quasi scottato. Poi la fissò negli occhi pieni di mute scuse.
Sua madre, Hermione, aveva la sua stessa età quando lo aveva avuto. Era stata così felice e avventata anche lei?
Lo aveva stretto con amore o con vergogna la prima volta?
Il suo fantasma e suo padre che svaniscono nel vento.
C'erano cose a cui David non aveva ancora saputo dare risposta.
Un bacio, fatto di aria, neve e sangue.
Snape aveva provato a raccontargli quella parte di storia che lui non conosceva, ma c'era sempre qualcosa che gli sfuggiva, colpe che non sapeva non dare, anche a lei, anche a sua madre. Perché il fantasma di sua madre non era mai andato da lui? 
"Fossi in te mi cambierei" lo riscosse Brandon sedendoglisi a fianco.
Poi storse il naso.
"E mi farei anche una doccia".
"Andiamo in un posto speciale?" chiese David più per cortesia che per vero intereresse.
"Direi proprio di sì".

"Lay down next to me
Don't listen when I scream
Bury your doubts and fall asleep"

Hogwarts non era cambiata.
Generazioni e generazioni di studenti avrebbero potuto giurare che niente era stato spostato o modificato negli ultimi cento anni.
Ma le persone, le vite che ci scorrevano dentro, quelle cambiavano più in fretta di quanto sembrasse.
David si strinse nella giacca di pelle di drago, allacciandosi la zip. Cominciava ad intuire perché fossero lì, a quasi un anno dalla consegna dei loro diplomi.
"Bel paesaggio" se ne uscì tagliente, osservando dall'altra parte del Lago Nero le cime imbiancate oltre la Foresta Proibita.
"Devi parlarle". Sharon, la solita idealista romantica.
Lo sapeva.
Era una trappola.
"Lei non vuole parlarmi e io non ho niente da dirle" disse secco, nuvolette di vapore che gli sfuggivano dalle labbra come lingue biforcute mentre già si voltava indietro.
"Se ne va, David".
Non sapeva cosa volesse dire Brandon di preciso ma gli sembrò di nascondere molto bene il tremito che lo aveva preso.
"Lascia l'Inghilterra, non appena finita la scuola. I suoi le hanno combinato un..."
Non fu necessario che finisse la frase, quello che volevano da David già lo stavano ottenendo. Una reazione.
Si alzò un forte vento innaturale che prese a girare in mulinelli di neve e foglie tutto intorno a loro.
Era o non era figlio dei due maghi più potenti della loro generazione?
"Non siamo più nel 1950, può opporsi ad un matrimonio combinato!" aveva urlato senza rendersene conto.
"Bhe, dalle un motivo per farlo" sussurrò la riccia.

"Find out
I was just a bad dream"

Aislinn era molte cose ma tra queste non c'era l'essere coraggiosa.
Si osservò il sottile anello d'oro bianco all'anulare sinistro. Lui era figlio di un magnate monegasco, famiglia di produttori di pozioni da molte generazioni.
Sua madre, abile come una mantide religiosa, aveva ufficializzato il fidanzamento durante la cena di Natale, con tutte le loro famiglie riunite. 
Si vedevano per la prima volta seduti alla lunga tavolata imbandita a festa e il giorno dopo si ritrovò promessa. 
Non si era davvero opposta. Non aveva pianto, urlato, fatto i capricci.
Era solo caduta in una rarefatta nuvola bianca dove gli ultimi mesi si confondevano ai terribili incubi che la squassavano di notte.
L'immagine sempre meno nitida di Andrew le allagò gli occhi. Le ferite della magia che Andrew aveva subito il giorno dell'assalto a Malfoy Manor avevano dissolto il suo sorriso e la sua argutezza, annebbiato la sua mente e distrutto per sempre la possibilità di vederlo diventare grande. Dopo mesi di riabilitazione si aggirava catatonico per la maggior parte del tempo, concedendo a se stesso e agli altri solo pochi momenti di rara lucidità e rinnovata speranza. Il triste destino della famiglia Paciock si era ripetuto in lui, portando suo padre Neville sull'orlo del baratro della disperazione.
Aislinn era lì al suo fianco quando era stato cruciato più e più volte. Non era stata coraggiosa, non era stata niente. Si era nascosta dietro a una statua, con le mani premute sulle orecchie per non sentire le sue urla.
Non erano eroi, erano solo ancora dei bambini. Perché nessuno sembrava capirlo?
I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti dalla sua compagna di stanza che, trafelata, aveva appena sbattuto la porta della loro camera.
"Aislinn, hai visite!".
Che fosse sua madre venuta a portarla via per un bel matrimonio anticipato?
"È mia madre?" 
"No, in cortile, ora, vai!" scandì l'altra con tono militare richiudendo la porta alle sue spalle.

Finse di non avere avuto alcun presentimento. Finse di non aspettarsi niente.
Non vedeva David da quando aveva cominciato il suo ultimo anno ad Hogwarts. Aveva passato le successive settimane a immaginarsi di vederlo spuntare da ogni angolo finché i giorni si erano fatti via via sempre meno pieni di attesa.
Era solo al centro del grande cortile della scuola, le mani in tasca e gli occhi torvi.
Intravide tra le colonne del porticato Sharon e Brandon, che fingevano con poco successo di non curarsi di loro.
Fu silenzio per quelli che sembrarono giorni, dentro a due occhi che sembravano piombo.
"Ho saputo" sentenziò alla fine David.
Aislinn distolse lo sguardo.
"Non lo devi fare" continuò lui.
Lei non rispose.
"Aislinn". 
Un ordine, un giudizio o una richiesta d'aiuto?
"David, cosa vuoi?"
Lui non rispose. Abbassò lo sguardo mortificato. Cosa voleva? 
Non aveva più desiderato nulla nell'ultimo anno. Non sapeva neanche più che sapore avesse desiderare qualcosa. Non l'aveva cercata, non le aveva mai preso le mani e spiegato i suoi sentimenti. Perché allora era lì a puntarle addosso il dito, quelle sue mani sporche di sangue?
"Vorrei che non te ne andassi, che non sposassi un totale sconosciuto e che fossi felice da sola...o con me"
Si ritrovò ad elencare le sue motivazioni senza averle preparate prima. La ragazza lo guardava boccheggiando, apriva la bocca per rispondere qualcosa poi la richiedeva senza ricordare come si formulavano le parole.
"Io...non mi avevi mai detto che" lui la interruppe bruscamente alzando una mano.
"Non ti sto chiedendo niente Aislinn, sono rotto e non sono in grado di dirti scegli me o aspettami. Mio padre ha ucciso mia madre e non so quante altre persone, io ho ucciso mio padre, e non so se potrò mai tornare intero dopo questo. Ma una cosa, una sola, la so. Quei tempi sono finiti, quelli dei matrimoni combinati tra ragazzini, quelli della purezza del sangue ad ogni costo. Mia madre è morta per questo, zia Ginny è morta a causa di questo, Andrew- la voce gli spezzo la cascata di parole che lo stava soffocando, più parole di quante forse ne avesse dette nell'ultimo mese.
"Non lo fare, ti prego" concluse in modo monco, facendo un passo coraggioso verso di lei. Le arcate del cortile interno del castello sembravano tante bocche spalancate sul buio imminente che urlavano il loro disappunto insieme a lui.
"Bhe ho saputo che tu non stai proprio rendendo onore a tutti quei morti, David"
Non lo chiamava mai col suo nome per intero, per lei era sempre stato Dave.
"Che c'è, ti sorprende che lo sappia? Pensavi che non mi importasse più di te dopo che ho saputo la verità? Solo alla fine, solo quando tutto ormai era finito l'ho saputo e non sei stato nemmeno tu a dirmelo!"
Tutti avevano provato a scuoterlo dal torpore apatico dell'ultimo anno. Tutti senza riuscirci. Eppure detto da lei, lei che lo aveva visto crescere e con la quale un tempo sperava di poter invecchiare, faceva molto molto più male. 
"Non sto bene Aislinn" si limitò a risponderle sperando che bastasse ma sapendo che non lo avrebbe fatto.
"Probabilmente nessuno di noi starà mai più bene, Dave. È la guerra, fa male e farà male per sempre. Ma siamo vivi!" Lo urlo come se fosse un potente incantesimo.
Qualcosa le si ruppe appena sotto lo sterno esplodendo come vetri acuminati tra le costole e cominciò a piangere come non faceva mai coprendosi la faccia per la vergogna tra i sussulti e i singhiozzi.
Due mani, le sue mani, le circondarono le spalle costringendola a soffocare il pianto sul giubbotto di pelle. Senza dire più una parola, piansero insieme, stretti in quell'abbraccio dal sapore indefinibile.
Più in là sotto il portico, Sharon e Brandon si sorrisero con gli occhi lucidi. Avevano colto solo poche parole del confronto tanto atteso tra i loro amici ma le ultime erano state lanciate chiare nella fredda aria d'inverno.
Erano vivi e non erano soli e un calcetto bene assestato al ventre lo ricordò con ferma certezza a Sharon. 

"Let the bed sheet
Soak up my tears

And watch the only way out disappear"

Harry non era tipo da ficcanasare tra le cose altrui. Era entrato in camera di David in uno strano momento di nostalgia, per cercare al suo interno le tracce del ragazzino che era stato e che aveva perso.
Il letto sfatto, fogli sparsi, per lo più ritagli di articoli di giornale che parlavo di lui e delle commemorazioni annuali per la vittoria della guerra. L'occhio gli cadde sulla scrivania, dove una spessa busta di carta di una certa qualità quasi lampeggiava nella semioscurità della stanza.
Non sapeva perché lo fece, forse perché David non gli aveva prestato la giusta attenzione nonostante le lettere rosse cubitali disegnassero la "massima urgenza" sul fronte.
Aveva combinato qualcosa di grave e ora il Ministero gliene chiedeva conto? 
L'aprì nonostante sapesse che era sbagliato.
Un plico di fogli dattiloscritti e fittamente riempiti era preceduto da una una lettera scritta a mano, con una calligrafia che non conosceva. 
Una voce dal nulla lo fece trasalire mentre la busta prendeva vita svolazzandogli davanti al suo viso in modo quasi aggressivo, come una Strillettera.

"Alla gentile attenzione del signor David Granger,

La presente missiva contiene documenti che sono stati attentamente vagliati dagli uffici competenti che ne hanno accertato la veridicità e la sussistenza legale. La corte del Wizengamot riunitasi in seduta plenaria ha ritenuto la documentazione allegata conforme e l'ufficio dell'Applicazione della Magia ha verificato che l'incanto Veritas imposto sull'autodichiarazione del signor Draco Lucius Malfoy e a Lei diretta è autentico e attendibile. Questo ufficio si riserva di dare seguito nei tempi necessari e attende la sua autorizzazione per l'utilizzo e la diffusione dei dati sesnsibili che La riguardano personalmente. È pertanto invitato a recarsi al Ministero in data 27 Marzo c.a. per ulteriori approfondimenti e per l'accettazione del lascito testamentario come da Allegato alla presente"


La busta si chiuse precipitando sulla scrivania, tornando ad essere inanimata.
Harry lesse tutto velocemente col cuore che gli scoppiava nelle orecchie, i caratteri d'inchiostro che si confondevano l'uno con l'altro.
Eredità, riconoscimento, paternità.
La lettera era stata scritta da Malfoy non appena aveva scoperto che Dave era suo figlio e di come lui fosse certo del suo coinvolgimento nella morte della madre, e spiegava come lui non avesse ucciso Hermione. Raccontava nel dettaglio l'accaduto di quel giorno di battaglia con una precisione maniacale. Raccontava anche di come si erano  incontrati ad Hogwarts in una notte senza fine di venti anni prima e di quanto lui non avesse fatto altro che aspettarla e desiderarla da quel momento in poi, sempre. Confessioni così intime che Harry si vergognò di continuare a leggere.
Passò al plico dattiloscritto: un atto di concessione di Malfoy Manor e del suo patrimonio a David e un documento autografato di riconoscimento di paternità. Un solo piccolo spazio vuoto per la firma di David. Una voragine bianca sul suo cuore.
Harry tremava per quello che le sue mani stringevano. E senza rifletterci un secondo di più evocò David, strappandolo dall'abbraccio più caldo che avesse mai avuto.


"For Neither ever, nor never
Goodbye
Neither ever, nor never
Goodbye
Neither ever, nor never
Goodbye"

- Goodbye, Apparat


Oramai tutti nel mondo magico sapevano che Draco Lucius Malfoy non aveva ucciso Hermione Jane Granger. Pagine di giornali erano state riempite dalla notizia e quando questa cominciò ad esaurirsi e la banale normalità aveva ricominciato a prendersi il suo spazio erano spuntate le prime indiscrezioni. I più complottisti dicevano che fosse solo un maldestro tentativo per riabilitare, seppur debolmente, la figura di Draco Malfoy. Ma la verità d'altronde vive una vita difficile. Ed Harry Potter stesso aveva dovuto ufficializzare la notizia in una sovraffollata conferenza stampa, in cui Rita Skeeter spuntava in prima linea.
Non eri tu l'eroe di Silente?
Sentirlo parlare a favore di Draco Malfoy aveva fatto salire non pochi sussurri. Certo, non era stato facile ma non lo aveva fatto per lui e neanche per Hermione e per il ricordo che stringeva ancora di lei.
Lo aveva fatto per David, per distogliere qualunque tipo di attenzione dall'unica verità che non doveva sapersi mai. Che era stato lui a uccidere suo padre. 
David si stropicciò gli occhi mentre la polvere e i calcinacci gli vorticavano intorno. 
Il vociare degli operai copriva a tratti il rumore degli strumenti da lavoro.
Fissò un punto indefinito fuori dalla grande finestra ancora senza vetri, verso quel grande giardino dove un tempo passeggiavano, così gli avevano raccontato, pavoni bianchi.
Malfoy Manor era sua. 
Draco Malfoy non aveva potuto fare molto per quel figlio che non aveva saputo di avere ma tutta l'eredità dei Malfoy e dei Black era sua. 
Per quel figlio, per lui, aveva solo potuto dare soldi e un nome.
David aveva accettato l'eredità di Draco ma non quel cognome che avrebbe macchiato a vita lui e la memoria di sua madre. 
Quella lettera di riconoscimento di paternità giaceva nascosta in un faldone di documenti, lo spazio bianco che attendeva la sua firma, vuoto. 
Aveva risposto al Ministero che non concedeva l'autorizzazione a diffondere i dati sulla sua vera identità e si era presentato firmando l'accettazione dell'eredità col suo unico nome: David Granger. 
Molti soldi, montagne di soldi e proprietà. 
Appuntò alcune modifiche sul quaderno contabile che si portava sempre dietro quando faceva un sopralluogo al maniero, durante i lavori di ristrutturazione. Anche se aveva a disposizione molte risorse per il suo progetto rimaneva molto scrupoloso. 
Aveva passato settimane a domandarsi cosa avrebbe potuto fare di utile con la sua scomoda eredità.
Da qualche mese ormai aveva deciso di convertire la sfarzosa e cupa residenza storica in una clinica per il recupero da lesioni dovute alla magia oscura. Aveva chiesto a Brandon e Aislinn di mettere in moto le loro conoscenze nell'alta società per accalappiarsi i migliori medimaghi e psicomaghi del mondo. Sapeva che sua madre, che non aveva avuto il tempo e le possibilità di diventare una medimaga come avrebbe desiderato, ne sarebbe stata felice. Sperava anche che in quel contesto forse Andrew avrebbe avuto qualche speranza di migliorare. 
La clinica "Hermione J. Granger".
Sospirò, con la stanchezza che nonostante i brevi intermezzi di entusiasmo, non lo abbandonava mai veramente.
Una mano piccola ma ferma mano gli scivolò sulla spalla, massaggiandogliela dolcemente. 
"Se non ce ne andiamo ora arriveremo in ritardo al battesimo".
Aislinn si tirò sulle punte lasciandogli un bacio a fior di labbra. 
No, non si era più sposata con quel figlio di papà monegasco. 
Sapeva di non essere il miglior partito del mondo, fatto salvo per la grossa eredità di cui ora disponeva.
Ma Aislinn era sempre stata brava a gestire i suoi lunghi silenzi e i suoi momenti di distacco e lui...bhe, lui la amava da quando aveva quattordici anni. 
Sorrise a mezza bocca quando lei si staccò da lui come fosse una farfalla nera. 
"Ok, cinque minuti e sono da te".
La lascio indietro mentre si arrampicava sulle scale a chiocciola di una delle torri del maniero.
Quando usci in cima alla torre, si appoggiò a quel parapetto merlato, sfidandosi a non naufragare nel passato.
L'aria era fresca, la tiepida estate inglese stava lasciando il posto a un umido autunno. 
Un bacio fatto di aria, neve e sangue.
Sapeva ormai che c'erano domande a cui non avrebbe trovato risposta se non quelle vergate a penna sulla lettera che suo padre aveva allegato alla documetazione per il Ministero.
Sapeva che in qualche modo strano e contorto e malato lui e sua madre si erano amati, oltre, letteralmente, la morte.
E sapere questo, crederci e sentire che era vero nell'esatto istante in cui lo leggeva, lo aveva in qualche modo sollevato. 
Strinse forte le mani sulla pietra prima di tirare fuori la sua bacchetta dalla tasca.
Un colpo di polso e poche parole appena sussurrate e una piccola targa in ottone comparve tra le pietre antiche accanto ai suoi piedi.

"Qui fu ucciso Draco Lucius Malfoy
ultimo Oscuro Signore,
figlio, padre, uomo"


Non sarebbe stato facile, ma aveva promesso a più di una persona che ci avrebbe provato.
Avrebbe provato ad essere felice. 



- Fine- 



Sono passati quindici anni dall'ultimo capitolo di questa fanfiction. Non so che dire, è successo e basta. 
Dopo tutto questo tempo, direte voi. Sempre, risponderò.

Grazie a chi c'era una vita fa e a chi è arrivato qua per la prima volta.  

 
  
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