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Autore: Johnee    14/12/2022    1 recensioni
Una storia parallela alla trama principale di Inquisition che concerne: due nevrotici, i traumi™, gufi appollaiati su trespoli impossibili e la ricerca della reciprocità.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cullen, Hawke, Inquisitore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CW: Comportamenti autolesionistici; allusione al suicidio.

 

Era assetato, come ogni mattina. Sentiva il gelo nelle ossa, come ogni mattina. Voleva richiudere gli occhi, come ogni mattina.
Ma come ogni mattina, scostò la coperta e appoggiò le piante dei piedi sul pavimento, alzandosi dal letto energicamente.
Si sgranchì le braccia sopra la testa, prese un respiro profondo ed esalò un gemito di rassegnazione, espellendo dal suo organismo la polvere nera che vi si era aggregata durante il sonno.
Ogni singolo osso delle gambe scricchiolò come l'anta di un vecchio armadio, mentre raggiungeva la bacinella d'acqua che si era preparato la sera precedente. Si diede dissetarsi come priorità, prima che l'acqua si sporcasse. Una volta placata l'arsura, si spogliò degli abiti da notte, li piegò e li appoggiò sull'appendiabiti a cavalletto al fianco dello scrittoio.
I vetri colorati della finestra filtravano poca luce, ma lui non aveva problemi a prepararsi nella penombra, come ogni individuo della sua razza.
Si prese i suoi tempi per lavarsi il corpo, approfittando del freddo mattutino per risvegliarsi. Si asciugò saltellando, con un'espressione sofferente che lo forzava a contrarre ogni singolo muscolo del viso, poi si affrettò a vestirsi.
Pantaloni, camicia, gilet, giacca, foulard e un secondo paio di calzettoni perché gli stivali erano nuovi. Tutto rigorosamente in scala di azzurro, perché era tradizione del giovedì.
Una volta vestito, si diresse allo scrittoio. Era un bel mobile in mogano, ben pulito e oliato, con un ordinato gregge di scartoffie che vigilava sulla sua superficie. Ogni plico era catalogato, ogni cassetto aveva una funzione e tutto ciò che riguardava la cura personale era disposto in una scatola in ferro con dei bei rilievi che decoravano gli angoli.
Da quella recuperò dapprima un piccolo gomitolo informe che si infilò in una tasca interna del gilet, poi una foglia di radice elfica che si strofinò sui denti, mentre si chinava per osservare la sua immagine riflessa in un piccolo specchio girevole. Controllare che tutto fosse al suo posto, prima di uscire, era fondamentale per qualcuno che faceva il suo mestiere. Fortunatamente, il freddo aveva fatto in modo di tonificargli il viso, assottigliando la pelle sul contorno occhi ed evitandogli le occhiaie. Il rossore al naso, sulle guance e sull'area del labbro superiore non era troppo accentuato, ma quello era un problema risolvibile in pochi istanti.
-Dove ho messo la crema, adesso?- borbottò, con la voce profonda ancora rauca di sonno. Frugò dentro la scatola metodicamente, spostando per poi rimettere al loro posto attrezzi e cosmetici, eppure la crema sembrava essere sparita.
-Mannaggia, mannaggia, mannaggia.- ripeté, approfittando della sua frustrazione per mettere in moto le corde vocali. Purtroppo, i tempi erano stretti, quindi dovette rinunciare quasi subito alla ricerca.
Si schiarì la voce e si rivolse allo specchio, incrociando il suo sguardo luminoso. -La prima crisi della giornata.- annunciò. Il riflesso gli ritornò un sorrisetto, oltre a ricordargli che doveva sistemarsi i capelli.
Una volta in ordine dalla testa ai piedi, recuperò una cartellina e si diresse alla porta. Le sue dita indugiarono sulla maniglia qualche istante, dandogli il tempo per rilassare i lineamenti, poi si decise ad affrontare il mondo esterno.
-Aneth Ara, Shaan.- lo salutò l'addetta ai rifornimenti.
Shaan accennò un sorriso. -Aneth Ara, lethallin.- rispose, affrontando con decisione la lunga scalinata che portava alle stanze dell'Inquisitrice.

 

25 - Rialzarsi

 

Ogni volta che l'Inquisitrice era assente, il suo staff si riduceva all'essenziale. Pochi membri di fiducia, selezionati con attenzione, che a giorni alterni aspettavano che Shaan aprisse la porta della camera studio per riordinarla. Essendo la stanza più importante di Skyhold, dopo la sala di guerra, era giusto che le cose andassero in quella maniera.
Fortunatamente per Shaan, le pulizie erano state fatte il giorno precedente, quindi si sarebbe limitato a entrare, avrebbe appoggiato il rapporto del giorno prima nel faldone dedicato agli aggiornamenti e si sarebbe rubato un po' di crema per il viso. Niente di più, niente di meno.
Risalì le scale che portavano al mezzanino, rabbrividendo per via della temperatura gelida. Non aveva senso riscaldare la stanza con la sua proprietaria assente, quindi il caminetto veniva acceso solo in quei rari casi in cui l'umidità avrebbe potuto compromettere l'integrità dei libri, o dei domestici che si arrischiavano a pulire di fondo prima dell'alba.
Rabbrividendo, si diresse alla scrivania, cercando con lo sguardo il faldone. Lo rimpinguò, poi appoggiò la fedele cartellina su un agglomerato di candele, sicuro che l'avrebbero retta. Una volta recuperata la scatola azzurra dei cosmetici di lethallin, la sistemò sulla superficie del mobile, con aria soddisfatta.
Il suo atteggiamento cambiò subito quando si rese conto che il suo interno era orribilmente caotico; c'era da aspettarselo, dato che la sua proprietaria era una disordinata cronica, ma lui ci rimase male lo stesso, per partito preso. Scavò a fondo, macchiandosi i polpastrelli di rouge e tintura per labbra, ma anche in quell'occasione non riuscì a trovare qualcosa al caso suo. -Mannaggia, mannaggia, mannaggia.- ripeté, pulendosi le mani con un fazzoletto di cotone. Ipotizzò che lethallin se la fosse portata appresso, dato che usava pensare ai suoi bagagli personalmente. Considerato che aveva la faccia al sole continuamente, era un'aggiunta importante, soprattutto se il viaggio prevedeva lunghe tappe nei deserti dell'Orlais, avidi di nuvole.
Shaan richiuse il contenitore con aria delusa, lo sistemò al suo posto, quindi recuperò la cartellina, per stringersela al petto. La pressione che il gomitolo fece sul suo cuore ebbe il potere di rassicurarlo.
Chiuse gli occhi, prese un respiro profondo, poi diede un sorriso tirato per minimizzare. -Tutto a posto, non andiamo in crisi. Ne chiederò un po' in prestito.- annunciò, rivolgendosi al tarlo di frustrazione che si abbeverava del suo sangue freddo. Riaprì gli occhi e posò lo sguardo sul faldone.
Inarcò un sopracciglio, perdendo gradualmente il sorriso.
Si infilò immediatamente la cartellina sottobraccio e prese a smuovere pile su pile di documenti, alzando libri per appoggiarli sopra altri libri, con l'urgenza tra le mani. Una volta verificata la mancanza, fece un passo indietro, osservando i dintorni con aria corrucciata.
Era un momento perfetto per andare in crisi. Qualsiasi dipendente l'avrebbe fatto, se sulla scrivania della propria datrice di lavoro fosse venuta a mancare la custodia contenente il suo sigillo. Sigillo che non c'era motivo di nascondere perché l'unico ad avere la chiave della camera studio era il segretario, che si premurava di conservare la custodia al sicuro ogni volta che venivano fatte le pulizie. Il giorno prima, infatti, l'aveva tenuta con sé in una tasca interna della giacca, a ridosso del cuore di lana, finché lo staff se n'era andato, quindi l'aveva rimessa al suo posto, di fronte al calamaio e sopra la carta.
Shaan si voltò in direzione dell'altare di Falon'Din, poi verso le porte finestra, mentre si spremeva le meningi alla ricerca di un suo errore. Non gli ci volle molto per fallire, perché sapeva di aver fatto tutto nel modo corretto, come al solito.
Serrò la mascella, preda di un certo grado di nervosismo, quindi riprese tra le mani la cartellina, accarezzandone il retro come se la stesse rassicurando che tutto fosse a posto.
Fece per precipitarsi giù dalle scale del mezzanino, ma la sua preparazione a eventi ben più gravi gli fece rallentare l'andatura, permettendogli di fingere una certa sicurezza nei movimenti. Si richiuse la porta della camera studio alle spalle, poi offrì un sorriso alle due guardie che la sorvegliavano. Un'imposizione del Comandante, che voleva le sue colleghe al sicuro in un momento di massima vulnerabilità come il sonno.
Shaan si rivolse a una di esse, una guerriera elfica con l'aria assonnata che conosceva abbastanza bene da percepirne il grado di sincerità. -Qui è sempre un po' noiosetto, immagino.-
-Immagini bene.- rispose lei, senza perdere di vista il corridoio.
-Meglio così.-
-Già.-
-Da'len, per caso tra ieri e oggi è entrato nessun altro nelle stanze dell'Inquisitrice?-
Le guardie si scambiarono una breve occhiata scettica. -Non che mi risulti.- disse l'Elfa. -Tu che dici?- domandò al collega.
Quello ci rifletté, poi scosse la testa.
-Come immaginavo.- commentò Shaan, per poi rivolgere a entrambi un cenno di congedo.
-A dire il vero...-
L'Elfa e Shaan fecero convergere gli sguardi sulla seconda guardia, che esitò un attimo prima di elaborare. -Amun è venuto a salutare me e Osbourne, ieri sera. Ha socchiuso la porta per fare uscire il gatto.-
Shaan si perse per un istante, assumendo un'espressione confusa. -Il gatto?-
-L'abbiamo riferito al Comandante, ovviamente, e lui ci ha detto di non preoccuparci.- si affrettò a rispondere la guardia.
-E dov'è adesso?-
-Il gatto? Non saprei, alle cucine forse.-
Shaan non si sforzò nemmeno di trattenere il proprio disappunto per quella risposta. -Parlo cinque lingue e sette dialetti, ma il gattese non mi è ancora riuscito di impararlo.- fece.
La guardia si irrigidì dall'imbarazzo, tornando a fissare il corridoio. L'Elfa smorzò un sorrisetto sul nascere. -L'ultima volta che ho visto Amun era a ricamare ai giardini.- rispose, al suo posto.
Shaan la ringraziò con un sorriso affascinante, poi affrontò la discesa che lo avrebbe condotto alle risposte che cercava.

Il giardino all'alba era abbastanza spopolato.
C'era un parco andirivieni di domestici e messaggeri, lungo il porticato, ma nessuno sopportava abbastanza il freddo da trattenersi a lungo all'esterno. Di solito, l'unica a gestire bene la temperatura era la botanica Elan, che ogni mattina si occupava diligentemente di togliere i teli di protezione dalle piante per esporle al sole e preparava il terreno per quelle che necessitavano di più attenzioni durante le prime ore del giorno. Ogni tanto veniva affiancata da un gruppo di madri appena uscite dalla messa mattutina al santuario, oppure da Adra, quando era costretta a passare la notte in bianco per via di un progetto stilistico laborioso.
Nonostante fosse poco popolato, comunque, il giardino era davvero rumoroso. Le fronde frusciavano mosse dal vento, mentre al loro interno gli scoiattoli e i pettirossi conversavano, urlando come comari poste a due finestre di distanza tra loro. Nei muri, invece, il pigolio acuto dei rondinini appena nati faceva concorrenza al tubare delle tortore e al gracchiare delle cornacchie, lasciando a intendere alle orecchie umane, qunari, elfiche e naniche chi fossero i veri padroni di casa di Skyhold. Erano arrivati loro prima dell'Inquisitrice e quando lei se ne sarebbe andata, loro sarebbero rimasti a vegliare sulla fortezza al suo posto.
Shaan si strinse nel cappotto, osservando con aria accigliata le colonne rigate di umidità notturna e guano di rondine. Dalla sua espressione, era chiaro che avrebbe preferito trovarsi in prossimità di un caminetto e una tazza di tè ustionante, piuttosto che all'addiaccio tra odori sgradevoli e pennuti ancora più sgradevoli. Scandagliò il giardino con lo sguardo, alla ricerca di Amun e quando lo vide si affrettò a raggiungerlo.
Il Nano sedeva compostamente su una poltrona di chintz, in uno dei gazebi posti dal lato opposto all'ingresso meridionale dei giardini. Indossava una ricca vestaglia di velluto ottanio foderata di pelliccia di fennec e, come aveva preannunciato la guardia elfica, era impegnato a ricamare il bavero di una graziosa giacca femminile giallo senape.
Alzò appena lo sguardo, quando notò Shaan farsi vicino, ma non distolse l'attenzione dal suo lavoro. Non lo salutò nemmeno, a dirla tutta, limitandosi a registrare la sua presenza.
Shaan gli riservò la stessa cortesia. -Da quando in qua hai le chiavi delle stanze di Ankh?- gli chiese, senza preamboli.
-Da quando sono giunto qui.- rispose Amun, senza perdere la concentrazione. Il disegno su cui stava lavorando non era troppo complesso, ma necessitava di un'attenzione particolare, dato che doveva apparire specchiato e simmetrico.
Shaan si infilò la cartellina sottobraccio, per combattere il freddo sfregandosi le mani. -Per caso ci sei entrato ieri sera?-
Amun rimase qualche istante in silenzio. -Di cosa mi stai accusando, esattamente?-
-È sparito il suo sigillo e gli unici due che hanno libero accesso a dove lo teneva siamo io e te.-
-E la Capospia, e il Comandante, e l'Ambasciatrice.-
Shaan, che non ne era al corrente, decise di ingoiare il senso di disapprovazione per concentrarsi sui fatti correnti. -Le ultime persone su cui punterei il dito.-
-Quindi vieni a puntarlo su di me.- disse Amun, con un sarcasmo pacato.
Shaan però stava iniziando a perdere la pazienza. -Non lo so, dimmi te a cosa pensare. Le guardie riferiscono che tu abbia aperto la porta e l'unica volta che è stata aperta risale a prima e dopo le pulizie. Quando me ne sono andato, il sigillo era ancora là.-
-Io non ho aperto la porta per entrare, l'ho socchiusa e ho fatto uscire il gatto.-
-Un gatto che non doveva essere lì.- gli suggerì Shaan.
Amun si rigirò la cruna dell'ago tra il pollice e l'indice, sollevando uno sguardo pensieroso verso il suo interlocutore. -Questo è molto bizzarro, in effetti.-
Shaan aprì una mano nella sua direzione. -Tu dici?-
Amun alzò gli occhi al cielo, poi infilzò il puntaspilli che teneva legato al polso. Ripiegò con cura la giacca, la avvolse in un sacchetto di seta e la mise a sedere al suo fianco. -Effettivamente, tra gli occhi di falco di sorella Leliana e i controlli ossessivi del leone, solo un innocuo animale domestico potrebbe riuscire a passare inosservato.-
Shaan si guardò velocemente intorno. -Pensi che sia un incantamento?-
-Un incantamento, o un mutaforma.-
Si scambiarono un'occhiata d'intesa. -Burrows.- affermarono all'unisono, per poi muoversi con passo deciso verso la caserma.

Non dovettero fare troppa strada prima di incontrare la persona che cercavano.
Il Tenente Burrows era in infermeria, anzi, era appena uscito dal locale, con l'espressione di chi era appena stato privato di qualcosa di importante. Emotivamente parlando, a detta della vacuità del suo sguardo, già di per sé spiritato.
Shaan aggrottò la fronte, osservandolo mentre usava il suo bastone da mago come un palo da discesa per accasciarsi a pochi passi dal portone d'accesso.
Più lui e Amun si avvicinavano, più riuscivano a definire un uomo che oscillava tra il distrutto e il deluso, con un'aura di triste rassegnazione che impregnava l'atmosfera attorno alla sua persona. Persino l'erba del cortile sotto di lui sembrava imbrunire.
Il tenente si rese conto di essere in compagnia solo quando i due gli furono a ridosso. Li guardò uno a uno, serrando la mascella nell'esplorarli con occhi vitrei, incapaci di raccogliere informazioni senza contaminarle con il suo stato d'animo. -Non è un buon momento.- disse, con voce cavernosa.
Shaan percorse con uno sguardo preoccupato i suoi avambracci, ricoperti di materia scura e lucida. Una crepa luminosa di lyrium liquido si stagliava sui suoi parabracci, incapace di mescolarsi al resto, come olio sull'acqua. -Non ci vorrà molto.- disse, fallendo nell'assumere un tono rassicurante.
-Può aspettare.- lo contraddisse Amun, affidandogli il sacchetto contenente la giacca per inginocchiarsi al fianco di Burrows. Recuperò un fazzoletto da una tasca dell'ampia vestaglia e procedette a pulirgli le mani, ancorate al bastone.
Burrows osservò l'operazione senza riuscire a interagire con essa. Sembrava uno spettatore, più che il ricevente di un atto di gentilezza.
Shaan rimase in piedi, con il fagotto alla mano e un'espressione accigliata. -Cos'è successo?- domandò.
La risposta non arrivò mai. Non da lui, almeno.
La porta dell'infermeria si aprì e ne fuoriuscì il Comandante, con un'espressione che mai e poi mai Shaan avrebbe pensato di vedergli addosso. Era un uomo che portava la sconfitta nel cuore e, allo stesso tempo, un sottile approccio di incredulità nel portamento, di solito sicuro al limite del possibile.
Alle sue spalle, lo spiraglio tra l'anta e la cornice della porta inquadrò l'immagine di un soldato inginocchiato ai piedi di una branda occupata, con il capo chino e le mani intrecciate in preghiera. Chi vegliava era già in seno ai Numi e dalla maschera di sbigottimento che aveva dipinta in viso, Shaan poté tranquillamente intuire che non fosse stata una transizione fluida.
La porta si chiuse, dividendo ciò che non c'era più da ciò che c'era in abbondanza, espresso a gran voce dal personale al lavoro in cortile.
-Mi dispiace, signore.- disse Burrows, impossibilitato a guardare il suo superiore in comando negli occhi.
Con un gesto brusco, Cullen si sfilò i guanti, i cui palmi erano madidi di sostanza azzurra e brillante. Li rivoltò, poi prese a soppesarli. -Anche a me.-
Burrows strinse la presa sul bastone. -Stava andando così bene.-
-Di solito, è quando le cose vanno bene che si tende ad abbassare la guardia.-
-Avrei dovuto...-
-Non dipende da te.-
-Dipende da me eccome, signore. Era sotto la mia responsabilità e io ho mancato ai miei doveri di ufficiale.- protestò Burrows, senza rabbia, ma con una consapevolezza affilata che penetrò gelida nei corpi di chi lo ascoltava.
Shaan sentì un imbarazzo viscerale che manifestò con una smorfia di fastidio.
-Rialzati, tenente.- disse Cullen. Nella sua voce c'era una calma decisa, quasi rassicurante che permise a Shaan di tradurre quell'ordine per quello che era realmente: un suggerimento ad andare avanti. Quel sottinteso impose sulla sua pelle un nuovo strato di tensione.
Burrows si prese qualche istante per processare l'ordine, poi si aggrappò al braccio che Amun gli stava porgendo e si erse faticosamente in piedi.
Cullen gli rivolse un'occhiata malinconica, che si scrollò subito di dosso. -Ora, come possiamo aiutarvi, signori?- domandò, rivolgendosi a Shaan.
Quest'ultimo ringraziò Mythal per quel brusco ritorno all'ordine. -Devo porre una domanda al tenente, non è necessaria la sua presenza.-
Cullen inarcò un sopracciglio. Per un attimo a Shaan parve che i suoi occhi dorati volessero perforargli le carni. -Ma a me è necessaria la sua. È successo qualcosa di grave?-
-Abbastanza.- rispose Amun, facendo torcere il naso a Shaan, già pronto con una strategia meno schietta. -Ci chiedevamo se il tenente avesse fatto visita alle stanze dell'Inquisitrice, l'altra notte.-
Burrows, che ancora stava combattendo con i postumi di una situazione più grande di lui, lo guardò con aria confusa. Parve rifletterci, ma dallo stato del suo viso la sua non era una ricerca nei ricordi, piuttosto un modo per processare costruttivamente una certa indignazione. -Certo che no!- rispose.
Cullen ebbe un istante di perplessità, che Shaan colse al volo.
-Ieri notte ho fatto uscire un gatto pasciuto dalle sue stanze.- ritornò alla carica Amun. -Non ti stiamo accusando di nulla, tenente, vogliamo vederci chiaro su una faccenda bizzarra, tutto qui.-
-Mi state decisamente accusando.- lo contraddisse Burrows, irritato. -Io non ho messo piede nelle stanze di nessuno.-
Cullen allora decise di intervenire, muovendo un passo verso il trio. -Ti ringrazio per essermi leale, tenente, ma è il caso di chiarire la situazione prima di scatenare incidenti.- disse, infilando i guanti appallottolati in una falda della tunica. -Gli ho chiesto io di accedere alle stanze dell'Inquisitrice per restituire un oggetto.-
-Che non ho ancora riconsegnato.- concluse Burrows.
Dapprima perplesso, poi pronto ad assumersi una responsibilità, Cullen arrivò a indossare una certa preoccupazione in viso. Gli altri, eccetto l'accusato, rimasero interdetti.
-Chi ha coperto, allora?- domandò Shaan, rivolgendosi a Cullen. Quello rimase perfettamente immobile, dando implicitamente al suo interlocutore l'unica risposta che non voleva sentirsi dire. Non lo sapeva.
-Ci sono altri mutaforma a Skyhold, o gente che può comunicare con gli animali? Magari qualche strega che invece di trasformare gli uomini in rospi li tramuta in gatti grassi.- intervenne Amun, riprendendosi il suo fagotto. -Non mi piace che entrino in camera sua a loro piacimento, soprattutto quando non è presente.-
-Ah, perché se è presente la situazione diventa meno grave?- commentò Shaan, per niente contento di quel mistero. -Comandante, la prossima volta che vuole riconsegnare un oggetto, si affidi a me. Sono il suo segretario, per deontologia devo mantenere la riservatezza totale su ciò che la riguarda.-
-Non si fida di te, evidentemente.- chiosò Amun.
-Mi fido, ma...- Cullen esitò. -Ho ricevuto istruzioni precise. Non posso sbottonarmi.-
-È sparito il suo sigillo, Comandante. Sotto il naso dei suoi sottoposti.- gli riferì Shaan, asciutto. -Non penso che sia il momento opportuno per rifilarmi venti versioni diverse della stessa presa in giro.-
Cullen rimase in silenzio, mentre il suo sottoposto lo osservava con aria stupita. Guardò Shaan con lo stesso sguardo fiero con cui affrontava il tavolo di guerra quando c'era da proporre la sua opinione. -Ti ripeto che non posso dire nulla.- dichiarò. -Ciò che puoi fare per me, invece, è offrirmi la tua sincerità sulla questione alla mano.-
-Questione che se lei non avesse insabbiato per suo tornaconto, ora avrebbe già l'importanza che merita.- sbottò Amun.
Shaan si schiarì la voce, per attirare l'attenzione su di sé e smorzare un possibile litigio sul nascere. -Qualcuno ha il sigillo dell'Inquisitrice. Torniamo a indagare, prima che possa essere usato impropriamente.- disse.
-Già, ma chi può essere stato?- intervenne Burrows, scorrendo lo sguardo sull'erba del cortile, come se stesse cercando un suggerimento. -Di che colore era il gatto?-
-Bianco.- rispose prontamente Amun.
-Una pelliccia bianca è difficile da replicare. Dev'essere un Mago molto potente.-
-Non è un'affermazione arguta per togliersi dagli impicci, dato che tu riesci a farlo facilmente.- intervenne Cullen, ancora impegnato a graffiare Shaan con lo sguardo.
-Non tanto tranquillamente.- rispose Burrows, scrollandosi di dosso il complimento. -Comunque, se avessi voluto trasformarmi in qualcosa, mi sarei messo un paio d'ali. E di certo non avrei urlato alla porta per farmi aprire. Probabilmente, mi sarei trasformato in uno sciame e mi sarei infiltrato nelle intercapedini delle finestre.-
-Uno sciame?!- ripeté Shaan, più impressionato che altro. Sapeva che i mutaforma erano in grado di questo e altro, ma aveva sottovalutato l'Elfo che gli stava davanti. Fortunatamente, Burrows non era nella sua testa e fraintese la fonte della sua sorpresa. -Sì, mi ci sono voluti cinque anni per studiarlo e sei per metterlo in pratica.- ammise, con un pizzico d'orgoglio. -Un mutaforma connette le trasformazioni alle sue inclinazioni caratteriali. Io sono un po'... volatile, concedimi il termine.-
Il suo sguardo spiritato, in effetti, dava l'impressione a Shaan che fosse un individuo spesso e volentieri con la testa fra le nuvole. Per quanto intrigante fosse il talento magico di Burrows, però, non era il momento di fare una stima caratteriale.
-Questa è una faccenda della massima importanza.- intervenne Cullen, precedendo Shaan di un millesimo di secondo. Nel frattempo, stava leggendo un rapporto dalle mani di un messaggero. Lo firmò al volo e batté una mano sulla spalla del relatore per congedarlo. -Consultatevi con chi di dovere, poi delegate l'indagine a lei soltanto. Se vi metteste a fare casino in giro, quell'oggetto lo rivedremo il giorno del mai.- disse, sbrigativo, mentre la sua presenza iniziava ad acquisire sempre più peso, attirando corrieri e soldati alla ricerca della sua approvazione. -Ci siamo capiti?- rinforzò, con fare autoritario. Sembrava che stesse interagendo con due suoi sottoposti.
Shaan dovette ingoiare un rospo delle dimensioni di un vitello, mentre annuiva. Nonostante ci fosse abituato, assecondare gli Umani per evitare di degenerare situazioni in cui lui non aveva potere di scelta suonava sempre come uno smacco.
Amun, al suo fianco, osservava Cullen con scetticismo. Inclinò la testa, squadrandolo da capo a piedi. Era decisamente poco convinto e non si faceva problemi a darlo a vedere. -Perché non ha usato semplicemente la sua chiave?- domandò.
Shaan, che in testa sua si chiedeva esattamente lo stesso, decise di fare un passo indietro e godersi lo spettacolo. Per una volta, non era il solo a provare fastidio per gli atteggiamenti arroganti di quell'uomo. Anche se Amun non gli andava totalmente a genio, sapere che condividevano quel senso di noia lo riscattò abbastanza ai suoi occhi.
-Non posso certo introdurmi nelle camere private dell'Inquisitrice.- rispose Cullen, alzando lo sguardo verso la meridiana che sovrastava i manichini, come se quella conversazione per lui fosse una gran perdita di tempo. -In sua assenza, per altro.-
-E quindi fa fare il suo lavoro a un altro, condannandolo nel caso in cui venisse smascherato.-
-Mi risulta di essermi preso le mie responsabilità, nel momento in cui avete tentato di accusarlo di qualcosa che non ha fatto.-
-Ma che avrebbe fatto comunque a breve.-
Burrows sembrava frastornato. -Signore, mi sa che dovrebbe semplicemente dire le cose come stanno. Non è giusto che le puntino il dito contro per uno stupido barattolo di...-
Cullen lo zittì con una semplice occhiata. -Vi consiglio di muovervi. Io sono molto impegnato, lei lo è altrettanto. Più restate a discutere di cose che non devono interessarvi, più rischiamo di creare delle situazioni incresciose.- sbottò, facendo per allontanarsi.
-A me pare che l'unica situazione incresciosa qui sia lei.-
Gli sguardi di tutti si fissarono su Amun, il cui viso era immobile e letale, come una serpe scolpita nel marmo. Anche Cullen rimase immobile, ma dalla sua espressione sembrava che si stesse trattenendo dal balzare su di lui e sbranarlo alla gola.
Ad Amun però non sembrava importare delle conseguenze del suo comportamento. -Le giuro che nel caso in cui il lavoro di mia sorella venisse rovinato dalla sua cocciutaggine, le spingerò a forza quella pelliccia dozzinale per tutto il tratto intestinale, godendo a ogni millimetro.-
Shaan, piacevolmente incredulo, reagì all'occhiata incendiaria di Cullen con una noncuranza parziale, poi appoggiò una mano sulla spalla di Amun ed entrambi tornarono da dov'erano venuti, con un'espressione soddisfatta in alto e una vitriolica qualche decina di centimetri più in basso.

Leliana purtroppo era assente. Lo scoprirono con il fiatone di Amun a dettare il ritmo del tempo, mentre uno degli esploratori che si dedicavano a impartire i messaggi ai corvi rivolgeva a Shaan un'espressione desolata.
-Si tratta di un'urgenza.- ribadì il segretario, consegnandogli un biglietto. -Ti prego di mandare qualcuno a contattarmi non appena la tua signora sarà disponibile.-
Verificò che l'esploratore conservasse il messaggio a modo, prima di affrontare nuovamente la scalinata della voliera. Amun, che non aveva ancora finito di riprendersi, si trascinò faticosamente sulla sua scia. -Pensi che quella strega che sta fissa nei giardini ne sappia qualcosa?- domandò, rauco.
-Non è una strega, era l'Incantatrice di Corte.- lo corresse Shaan, mentre rifletteva. -No, non penso proprio che sia stata lei. Da quello che riporta lethallin, è una donna molto scaltra, di sicuro avrebbe usato altri mezzi per ottenere quello che voleva. Penso che il nostro ladro sia al corrente del mistero che il Comandante ci stia imponendo e che ne abbia approfittato per sviare l'attenzione. Altrimenti, sarebbe stato più scaltro.-
-In effetti, ci sta facendo girare a vuoto.- replicò Amun, appoggiandosi al muro nella discesa. -E se non fosse un mutaforma, ma un semplice gatto portato lì per confonderci?-
-Ti ricordo che oltre a me, solo tu e i consiglieri avete modo di accedere alle sue stanze.-
-Dalla porta principale, certo. Ma se ci fosse un modo diverso per arrivarci?-
-Con corda e piccozza? No, avrebbe di sicuro attirato l'attenzione.-
Amun mantenne il silenzio per una manciata di istanti. -Sai del passaggio segreto, no?- gli domandò, abbassando il tono di voce.
Shaan si bloccò istantaneamente, per fronteggiarlo. Amun per poco non si scontrò sulla sua schiena.
-Piuttosto, tu come fai a sapere del passaggio segreto?- domandò, riducendo il tono di voce a un sibilo. L'idea che qualcun altro potesse essere a conoscenza del passaggio, di cui solo tre individui in tutta Skyhold (Inquisitrice compresa) erano al corrente, lo preoccupò non poco.
Amun fissò gli intensi occhi verdi sui suoi. -Shaan, è una botola sotto a un tappeto. L'ho scoperta non appena ho messo piede nella stanza.- spiegò, come se stesse interagendo con un completo imbecille.
Così si sentiva Shaan, in effetti, perché a lui era stato detto molto dopo la sua entrata in servizio. Sapere che c'era un ennesimo non-detto mise in crisi la sua importanza nella vita di lethallin. In qualche modo, credeva di essere la persona di cui lei godesse massima fiducia. -Quindi siamo io, te e la capospia a sapere di quell'ingresso.- ricapitolò, zittendo le sue insicurezze.
Amun si strinse nelle spalle. -Non ne ho idea. Io so quello che so, degli altri mi interessa relativamente.-
Shaan appoggiò la schiena alla parete, massaggiandosi le palpebre con aria pensosa. Il cuore pulsava irregolarmente sulla lana, assecondando un moto d'ansia che si propagava a fiotti nel suo petto.
Amun si sedette su un gradino, appoggiandosi il pacchetto che ancora si portava appresso in grembo. -Vonnie mi ha detto che i clan ti chiamano apposta per risolvere quei problemi che nessuno riesce a risolvere. Pensavo che i tuoi nervi fossero un po' più saldi di così.-
-I miei nervi sono ferrei.- lo contraddisse Shaan, che stava dimostrando una stanchezza atavica. -Vorrei solo un po' di collaborazione. Pare che a nessuno importi di questa storia.-
-Forse si sono già messi in moto a tua insaputa.- disse Amun, sollevando un lembo del pacchetto per controllare che la giacca al suo interno non si fosse stropicciata troppo. -Quei tre sono come una mente ad alveare. Non so come facciano, sai? All'apparenza sono diversissimi.-
-Sai benissimo a chi attribuirne il merito.- replicò Shaan, posando brevemente lo sguardo su di lui. -Andiamo al Riposo, ti offro una birra.- propose.
-Ma come, ti arrendi già?- domandò Amun, rialzandosi faticosamente. A ogni movimento corrispose uno scrocchio di diversa intensità, cosa che alzò ulteriormente gli indici di simpatia di Shaan nei suoi riguardi.
-Ora vedi.- gli rispose, rivolgendogli un sorriso sornione, poi gli fece strada.

Fu sorprendente l'immutabilità di espressione di Krem quando vide apparire una bottiglia ancora sigillata di birra proprio sotto il suo naso. Sembrava come se se lo aspettasse.
Prima di afferrarla, rivolse un'occhiata puramente descrittiva a Shaan, poi spostò lo sguardo verso Amun. -A chi la metto in conto, stavolta?- chiese al primo.
-Stavolta è diverso, signore.- rispose Shaan, ignorando il modo in cui era tranquillamente appollaiato in cima allo schienale della sedia, come se non fosse una posizione precaria. -Mi serve lei, non il suo capo.-
Krem, finalmente interessato, prese la birra dalle sue mani e l'appoggiò sulla seduta, protendendosi nella sua direzione. -Devi essere piuttosto preoccupato, se vieni a rivolgerti direttamente a me.- ammise, incurvando le labbra su un'espressione maliziosa.
-Le sembro preoccupato?- domandò Shaan, ricambiando il sorriso nell'avvicinarsi di un passo.
Krem diede una risata roca. -Mi sembri uno che non ha più santi ai quali votarsi.-
-Le sto chiedendo una collaborazione, non un miracolo.- ribadì Shaan. -Se avessi voluto un miracolo, mi sarei messo il vestito di compleanno.-
-Sarei proprio curioso di sapere cosa ti saresti aspettato da me, a quel punto.- replicò Krem, passando uno sguardo intrigato su di lui.
Shaan allargò di poco il sorriso, sporgendo il capo in avanti. -Un servizio degno del pagamento proposto, suppongo.-
Krem sbuffò teatralmente, per poi stappare la birra con un gesto secco. -Ah, con te c'è sempre una transazione di mezzo!- disse, prendendo una buona sorsata di birra.
Amun smezzò un'occhiata indagatrice su entrambi, poi alzò gli occhi al cielo.
Krem si diede il tempo di deglutire, poi scivolò giù dalla sedia agilmente. -D'accordo. In che modo si è messa nei guai, stavolta?-
Shaan gli spiegò la situazione al volo, con sincerità. Se c'era qualcuno a Skyhold con il dono della discrezione, quello era Krem. Sapeva che leve tirare, quanta pressione imporvi e godeva dell'affetto incondizionato dei suoi compagni di ventura. Allo stesso modo, aveva la fortuna di possedere un carattere cordiale, che gli impediva di creare attriti con gran parte dei soldati d'istanza a Skyhold.
-Un gatto bianco e grasso.- ripeté Krem, scuotendo la bottiglia dal collo con un movimento circolare per sciogliere il fondo di birra. -Ames ha ragione, potrebbe essere un diversivo.- confermò, assecondando un cenno d'approvazione di Amun. -O un modo per farvi dubitare del Comandante. Sarei curioso di sapere che informazioni ha ricevuto, se non fosse che la curiosità è una malattia mortale per uno che fa il mio mestiere.- appoggiò una spalla alla parete, mentre osservava il salone riempirsi per via del cambio di turno. Buttò la testa all'indietro, mentre si scolava l'ultimo sorso di birra, poi schioccò le labbra con soddisfazione. -Penso che farò una passeggiatina con i ragazzi per smaltire l'alcol. Ci vediamo qui tra un paio d'ore?- propose, passando un'occhiata sul viso di Shaan, che si era fatto pensoso.
Lui annuì, forzando un sorriso. -Ci conto. Dobbiamo ancora stabilire il suo pagamento, d'altronde.-
Krem inarcò un sopracciglio sopra un'espressione giocosa. Sollevò la birra vuota, indicandola con un breve cenno del capo. -Un'altra di queste andrà bene, non perderci il sonno.- lo rassicurò, per poi battergli una mano sul braccio e andarsene.
Shaan lo guardò allontanarsi, poi si voltò verso Amun, che aveva il viso contorto dalla disapprovazione. -È una cosa che fate spesso?- domandò quello, una volta che furono usciti.
Shaan si permise di sporcare i lineamenti del viso con un po' di sincerità, dato che erano finalmente in un luogo neutrale e iniziava a provare un certo senso di affinità con la sua compagnia. -Ci stiamo reciprocamente sull'anima.- rivelò.
Amun strozzò una risata. -In effetti, mi sembrava che foste un po' troppo amichevoli.- commentò, controllando di nuovo il contenuto del suo pacchetto. -Funzioni all'inverso come me, insomma.-
-Dici perché divento una spina nel fianco solo con le persone a cui tengo sul serio?- domandò Shaan, procedendo verso le mura. Amun aveva smesso di dispiacergli. Quasi quasi, iniziava a percepire quel senso di fratellanza che si scaturiva solo in presenza di quei pochi che considerava amici veri; persone con cui non doveva camminare sulle uova per paura di ferirle.
-Guarda, sei una spina nel fianco anche quando ti sforzi di essere adorabile.- lo punzecchiò Amun, dandogli l'idea che quel sentimento potesse essere reciproco.
Fece per rispondergli, ma un placcaggio degno della più spettacolare rissa da bar gli fece mozzare il fiato in gola, impedendogli di finire schiacciato da un costone di mura che si era appena staccato dal camminatoio sovrastante.
Con gli occhi e i polmoni carichi di polvere, Shaan non sapeva se dare la precedenza al pianto o a dei sonori colpi di tosse, quindi li fece esibire entrambi in un duetto di dolore e adrenalina.
Alzando lo sguardo, notò che a proteggerlo c'era una mezza sfera di rami intrecciati e saldati nel fango. Anche se le immagini attorno a lui erano ancora molto sfocate, seppe subito che a evocarli era stata Neria, perché la sua magia era unica nel suo genere a Skyhold. Però, non fu lei a parlargli.
-Meno male che il Comandante ci ha chiesto di darti un occhio.- pronunciò la voce decisa e pregna di rotacismi di Ser Darrow. Shaan ipotizzò che fosse stata lei ad aiutarlo, di conseguenza, Neria aveva protetto entrambi dal crollo. La Templare era profondamente seria. -La brutta notizia è che qualcuno sta cercando di farti secco.- affermò.
Shaan si rifiutò categoricamente di rispondere con sarcasmo, perché era chiaro anche a lui quello che era appena successo. -E la buona?- chiese.
-Non ce n'è una buona. Sei nella merda. Punto.-
Sentire Divine e martiri cadere dal cielo, tirati giù crudamente da Amun, gli ridiede il sollievo che la troppa sincerità di Ser Darrow gli aveva tolto. -Ci ho messo tutta la notte a confezionare questa fottuta giacca!- berciava, poco distante.
Shaan si accasciò a terra, chiuse gli occhi e si appoggiò una mano sul cuore. -Questa è una crisi come si deve.- affermò.

Seduto sull'ampio divano che ingentiliva lo studio dell'Ambasciatrice, Shaan sorseggiò una tazza di tè come un animale da salotto, mentre i tre consiglieri lo osservavano con una punta di aspettativa negli sguardi.
Lui, però, si fece attendere. Ne aveva il diritto, d'altronde.
Purtroppo, alle sue spalle Amun soffriva di desiderio di rivalsa. -Ma come cazzo funziona la sorveglianza qui?- disse, aggrappandosi allo schienale del divano nello sporgersi oltre. -Prima il sigillo, poi la frana... ma cosa fanno le guardie invece di lavorare, giocano a dadi?-
Dei consiglieri, solo Josephine aveva rispettato il codice d'abbigliamento del giovedì, esibendo un bellissimo completo turchese che era tutto un volant. Come una bomboniera affranta, si rivolse a Cullen. -La situazione è fuori controllo. Quello che mi chiedo è come abbiano fatto a farcela di nuovo sotto il naso.-
Shaan posò uno sguardo accigliato su di lei, mascherandolo abilmente con una smorfia di fastidio facilmente attribuibile a una sorsata di tè che non gli era scivolata bene sulla lingua. Si sorprese di non vedere l'Ambasciatrice troppo alterata, cosa che solitamente succedeva durante scenari analoghi. Con altrettanta sorpresa, notò che l'Usignolo aveva una ruga di preoccupazione tra le sopracciglia sottili. -Voi sapevate che c'era qualcosa che non andava ancora prima che ne parlassimo.- disse, imponendosi di non perdere la calma. -Pensavate di dirmelo, prima o poi?-
-Non pensavamo che queste attenzioni nei suoi riguardi si sarebbero fatti così audaci.- ammise Leliana, poco disposta a mantenere la facciata. -E no, non pensavamo che sarebbe stato il caso di avvisarla, Shaan. Temevamo che avrebbe potuto prendere provvedimenti che avrebbero messo in allerta il nostro intruso.- fece una piccola pausa. -O intrusi.- si affrettò ad aggiungere.
Nei suoi riguardi? Shaan si costrinse ad appoggiare la tazzina, per prendere le distanze dal fremito che si era impossessato delle sue dita. -Mi conoscete davvero poco, insomma.- replicò, accavallando le gambe per racchiuderci le mani. -Custodisco i segreti dell'Inquisitrice da mesi, anzi, da anni. Avrei affrontato una simile parentesi con il piglio giusto.-
-La conversazione di stamattina mi ha confermato il contrario.- intervenne Cullen, che teneva le braccia incrociate sul petto.
-Per ignoranza, Comandante. Non mi fa piacere confrontarmi in quel modo con qualcuno. Se avessi saputo con cosa avevamo a che fare, mi sarei comportato diversamente.- replicò Shaan, che non aveva nessuna intenzione di scusarsi.
Cullen non apparve convinto delle sue parole. -Vi avevo suggerito di parlarne con sorella Leliana, ma non sono stato ascoltato. Per farmi dispetto, suppongo.-
-Sono venuti, ma io ero a colloquio con Charter.- gli suggerì la collega, coprendo le sue parole con il dorso delle dita.
Shaan e Amun conversero un'occhiata carica di significati molto intuibili su Cullen, le cui labbra si stringevano sempre di più a ogni secondo che passava. Era indeciso se scusarsi o fare finta di niente. D'altronde, quella mattina non si erano separati nel migliore dei modi.
-Santissima Andraste.- esalò Josephine, appoggiando una mano sul cammeo che fermava il jabot. La sua espressione era accigliata, per usare un eufemismo. -Che brutta situazione.-
-Avete già dei sospetti?- domandò Shaan, impedendo ad Amun di commentare.
-Diversi, sì.- gli rispose Leliana, allacciando le mani dietro la schiena, mentre si dirigeva verso il caminetto. -Purtroppo, nessuno dei sospettati potrebbe trovare un uso pratico per il sigillo dell'Inquisitrice, dato che è un falso.-
Un altro non-detto. -Astuto.- commentò Shaan, reprimendo una smorfia di disappunto. -Se queste persone intendono nuocere all'Inquisitrice, è il caso di agire d'anticipo. Hanno già avuto accesso alle sue stanze e alla fucina, bisogna che le prossime aree che intendono visitare siano prive di oggetti essenziali.-
Josephine e Amun assunsero un'occhiata perplessa. -La fucina?- domandò lei.
Fu Leliana a risponderle, con un tono apparentemente distaccato, ma che lasciava tradire il suo stato emotivo tramite un'eccessiva profondità. -Non si è trattato di un crollo spontaneo.- rivelò. -Probabilmente, è stata usata una miscela acidica, tale da creare una corrosione rapida e invisibile. Le uniche abbastanza potenti da giustificare una reazione simile provengono sicuramente dalla fucina.-
-L'unica che aveva il permesso di utilizzare sostanze del genere era Dagna, finché l'Inquisitrice non ha deciso di metterle sotto chiave nella cassaforte della fucina.- intervenne Cullen.
-E ti credo, quella è più distratta di una banderuola! Se non fosse per Ankh, si macchierebbe il tè con la calce viva.- commentò Amun, incrociando le braccia sullo schienale della poltrona. Nello scorgere il profilo dei suoi avambracci con la coda dell'occhio, Shaan si rese conto che non indossava più la vestaglia. -Allora, che cosa intendete fare?-
Gli rispose Cullen. -A lei consiglio vivamente di tornare al laboratorio.- disse, per poi voltare il capo verso Shaan. Non incrociò il suo sguardo, appoggiando il proprio su un punto indefinito tra le sopracciglia e l'attaccatura dei capelli. -A te, invece, di non mancare agli appuntamenti odierni.- fece, attirando su di sé un'occhiataccia da parte di Josephine. Quello che però lei aveva colto come un appunto sgarbato, in realtà era un consiglio realmente importante.
Shaan ignorò le proteste di Amun, finì il suo tè, poi si alzò con grazia, spazzolandosi il completo. -Ha ragione. D'altronde, anche se lei è distante, sono sempre il suo segretario.- disse, rivolgendo un sorriso composto ai presenti. -Fatemi sapere come posso esservi utile. Nel frattempo, arrivederci.-
Quando si voltò verso Amun, che lo osservava in un misto di rabbia e sbigottimento, si rese conto che al contrario suo, lui non si sarebbe arreso così facilmente. Fece il giro del divano e lo prese sottobraccio. -Bisognerà confezionarle un'altra giacca, voglio saperne i costi, dato che a quanto pare è a causa mia se si è distrutta.- disse, trascinandolo letteralmente fuori dal salotto.
Il suo udito, superiore a quello di un Umano, colse al volo un: -Per il Creatore, non ci avrei scommesso tutto l'oro del mondo che quei due erano imparentati!-

Nemmeno Shaan l'aveva intuito al volo. La differenza razziale era un ottimo deterrente per chi cercava di compararli.
Però, più osservava Amun, più notava che la somiglianza con lethallin era palese. A partire dall'allergia a farsi i fatti propri, che era una delle poche cose che non avevano ereditato dal padre. Gli occhi acuti, le mani sempre attive e i capelli pallidi, però, li avevano presi da lui. Forse era per quel motivo che lei se li tingeva e lui li copriva con una quantità imbarazzante di gioielli.
Con la schiena appoggiata alla parete dell'atelier di Adra, esplorò il profilo aguzzo di Amun, mentre tagliava la stoffa. Le palpebre subivano la pressione delle sopracciglia aggrottate, stringendosi in due fessure di frustrazione.
-Che cos'avrà di così affascinante quel tronco di colonna?- borbottò Amun, consultando il cartamodello che aveva appoggiato sul pianale su cui stava lavorando.
-Beh, è evidente. È esattamente un tronco di colonna.- rispose Shaan, con tutta l'intenzione di provocargli una reazione caustica. Ormai, aveva deciso che quella sarebbe stata una loro dinamica.
Amun gli gettò un'occhiata di totale disapprovazione. -Ogni volta c'è un tronco diverso, ma la sostanza è la stessa.- commentò, facendo scivolare le forbici sulla stoffa. -Ci sbatterà la testa fino a rompersela in mille pezzi.-
-Non puoi biasimarla per avere un tipo.-
-Sì, se il tipo è un testa di cazzo.-
Shaan ridacchiò. -Per chi tifavi tu?-
Amun sollevò le sopracciglia in maniera eloquente. -Secondo te?-
Ci volle un po' a Shaan per individuare il candidato nel registro delle delusioni amorose di lethallin. Purtroppo, era facile confondersi in un corridoio pullulante di credenze dal brutto carattere con i capelli chiari. Quando lo trovò, si morse le labbra su un'espressione dolorante. -Ma che davvero?- domandò, in tono aspro. -Il vigliacco?-
Amun esalò un sospiro stanco. -Il vigliacco.- confermò. -Chissà che problema avrà questo.- aggiunse, allontanando la stoffa in eccesso con un gesto brusco.
Shaan avrebbe voluto correggere la frase per inserirci un plurale, ma in qualche modo sentiva che il Comandante aveva ricevuto abbastanza ingiurie in un giorno solo. Si mosse dal suo angolino, per appoggiare le mani sulle spalle del suo nuovo migliore amico. -Ce la fai a stare buono buonino qui, mentre vado a fare la spesa?- domandò, sporgendosi verso di lui con un sorrisetto.
Amun sbuffò, alzando gli occhi al cielo. -Ho altra scelta?- bofonchiò.
-Purtroppo no, lethallan.- rispose Shaan, recuperando la sua cartellina dal tavolo per dirigersi verso l'uscita. -Salutami la signora.-
-E tu vedi di non fare una brutta fine, o mi toccherà mettere in pratica quello che ho minacciato di fare stamattina.-
Anche se non la vide, l'espressione schifata di Amun scaldò il cuore a Shaan meglio di qualsiasi atto d'affetto canonico.

Il calore si dissipò giusto un po' quando, una volta esaurita una buona dose di burocrazia a nome della sua datrice di lavoro, Shaan si ributtò il cappotto sulle spalle e si diresse al Riposo.
Era in lieve anticipo, ma se una volta avrebbe approfittato di quel tempo in avanzo per fare un salto a vedere come procedeva l'affresco della Rotonda, in quel frangente gli pareva davvero brutto correre il rischio di farsi cadere qualcos'altro sulla testa. Gli affreschi del signor Solas erano troppo importanti, non se lo sarebbe mai perdonato se fosse successo loro qualcosa.
Per fortuna, la primavera aveva deciso di imporsi un pochino nel cortile, permettendo al sole di regalargli un caldo abbraccio al profumo di fiori durante il pomeriggio. Del freddo assassino restavano solo qualche promemoria qua e là, ben distanti dai diplomatici che scambiavano due chiacchiere con la giacca sottobraccio e dai soldati che prendevano il sole appollaiati sulle mura a maniche arrotolate.
Shaan dispensò il giusto numero di sorrisi a chi riconosceva sul suo cammino, anche a quel paio di nobili minori che avevano finto di non vederlo, quindi entrò al Riposo, con tutte le intenzioni di mettere chiarezza nella situazione. L'incertezza, seconda solo alla sensazione che tutte le sue mosse venissero controllate, lo stava facendo seriamente innervosire.
Come se niente fosse, si diresse al bancone e fece un cenno a una delle cameriere sotto al servizio di Cabot che, esausto dal servizio di pranzo, dormicchiava come una colata di cera a ridosso di una botte.
La cameriera aveva appena fatto in tempo a posargli un calice di vino sotto al naso, quando le sue spalle vennero avvinte da un abbraccio che lui avrebbe preferito risparmiarsi. Shaan rinnegò l'istinto di assestare un calcio sugli stichi a Krem e gli rivolse un sorriso affascinante.
-Ho un po' di mal di gente.- ammise Krem, che capita l'antifona aveva preferito spostare il braccio sul bancone, piazzandolo in modo da sorreggersi. -Ti dispiace se andiamo a farci una bevuta in un posto più appartato?-
Shaan si bagnò le labbra con il vino. Era terrificante di gusto, ma abbastanza carico da regalargli un po' di coraggio. -Credevo non me l'avresti mai chiesto.- scherzò, voltandosi interamente nella sua direzione. Krem gli fece l'occhiolino, poi fece strada.
Una strada che durò due rampe di scale e diverse, troppe, ragnatele tra i capelli. Prima di accedere ai camminamenti dal locale soffitta, Krem fece aderire la schiena sull'uscita, bloccando a Shaan il passaggio. -Avete a che fare con due gentiluomini.- annunciò, tenendo la voce bassa. -Il primo è effettivamente un mutaforma, ma dubito che sia lui il responsabile degli incidenti.-
Shaan corrugò la fronte. -Come l'hai scoperto?-
Krem gli rispose con un cenno d'attesa. -Te lo posso far vedere, ma devi assecondarmi.- disse. -Sai, anche se la simpatia che ho per te è direttamente proporzionale all'apprezzamento che si prova per un fungo al piede, preferirei che uscissi da questa situazione tutto intero.-
-Quindi...- Shaan sollevò le sopracciglia sopra un'espressione sorpresa. -Se anche tu sei preoccupato, la cosa è più seria del previsto.- dedusse.
A Krem non servì confermarlo. -Reggimi il gioco.- disse, allungando la mano nella sua direzione. Shaan esitò, poi la strinse.
Prima di avere quella brutta conferma, affacciarsi al calore del sole, incoraggiato dal pizzicorio alla gola donato dal vino, lo avrebbe confortato. In quel momento, però, si sentiva orribilmente esposto. L'unico rifugio sicuro in cui sentiva che era il caso di appigliarsi, in quel momento, era dato dall'uomo che lo accompagnava, tenendolo sottobraccio. Anche se lo riteneva incapace di formulare un pensiero più profondo di un orfizio auricolare, sapeva che era un ottimo guerriero.
Certo, avrebbe preferito farsi accompagnare da una persona diversa, ma in un certo senso gli andava bene stare con qualcuno incapace di capire quanto la situazione lo stesse sconvolgendo. La presa salda di Krem e il suo sguardo vigile lo spinsero a considerare, solo mentalmente, che forse avrebbe fatto bene a ringraziarlo con qualcosa di più di una fragile bottiglia di birra.
Sorseggiò il vino, fingendo che quella scorta fosse la più romantica delle uscite. Suppose che fosse quello il fantomatico gioco che doveva reggere. Era facile, anche senza la scusa che la sua sopravvivenza dipendesse da quello.
-Un fungo al piede.- mormorò, contento che il vino avesse fatto effetto così rapidamente.
Krem gli gettò una rapida occhiata, allegata a un sorrisetto. -Sono figlio di mercanti, le mie metafore non sono argute e ridondanti come le tue.-
Shaan si rigirò il bicchiere vuoto tra le dita della mano libera. -Io sono figlio di schiavi. Non c'entra da dove vieni, c'entra lo spazio che intercorre tra una tempia e l'altra.- rispose. -Sai qual è la prima frase che ho imparato a leggere?-
-Me ne importa poco, ma scommetto che me lo dirai comunque.-
Shaan sbuffò una breve risata dal naso, arricciando gli angoli della bocca. -"Maestro Decimo Chatacis. Visse come faro, riposa alla luce di cento candele".- recitò. -Il mio padrone mi chiudeva nel mausoleo di famiglia per ore, quando mio nonno faceva cadere qualcosa nell'archivio.- fece una pausa. -Era accidentale, soffriva di artrite. Penso fosse più un modo per sfogare le sue frustrazioni, o per dare un senso al tempo a spese di qualcuno, che per punirlo veramente. Lo ha fatto passare a suo padre, prima di lui, poi lo ha fatto passare a me.-
-Mi dispiace.- commentò Krem. Dal tono di voce, sembrava più un modo per sveltire la conversazione, più che uno slancio di compassione. Questa fu l'impressione che fece a Shaan, che fortunatamente della compassione se ne faceva poco o niente.
-Le prime volte battevo sulle porte granitiche fino a farmi sanguinare i pugni, mentre i cadaveri peregrinavano tutt'attorno facendomi una paura assurda. Poi passare la notte lì ha iniziato a diventare un'abitudine, tanto che arrivavo persino ad annoiarmi. Ci facevo conversazioni intere con gli avi del padrone. Unilaterali, dato che alle mie domande complesse loro rispondevano con "uuurgh" e "iiiih". Non erano troppo diverse da quella che stiamo tenendo adesso, insomma.-
Krem ridacchiò. -Mi sa che tutti i tuoi interlocutori presto o tardi finiranno in uno stato di decomposizione cerebrale.- lo punzecchiò.
-Ah, tu eri già così ancora prima che ti rivolgessi la parola.-
-Ho anch'io qualche storia strappalacrime sul Tevinter, sai? Non sei l'unico ad averla avuta difficile.-
-Lo so che l'hai avuta difficile, ma anche se provassi per te tutta la solidarietà di questo mondo...-
-...ti farei schifo uguale, lo so, è reciproco.-
Si scambiarono un bel sorriso, stavolta complice, poi procedettero finché non arrivarono in prossimità dell'ufficio del Comandante. Lì si fermarono.
-Riesci a vedere le stalle da qui?- domandò Krem, incrociando le braccia sulla balaustra del camminamento. Shaan lo imitò, attento che la cartellina non finisse nel vuoto. -Direi di sì.- rispose, facendo per guardare in quella direzione.
Le cavalcature rimaste al castello brucavano tranquillamente l'erba attorno al pozzo, poco lontane da mastro Dennet che ripuliva le mangiatoie approfittando del sole per fare in modo che si asciugassero più rapidamente. Era un'illustrazione di tranquillità intrappolata in una cornice caotica. Shaan guardò attentamente i paraggi, senza capire cosa ci fosse di così importante da vedere.
-Distogli lo sguardo.- lo avvisò Krem, avvicinandosi un po' per sistemargli un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. Shaan si concentrò sul suo viso per qualche istante, prima di porgergli un interrogativo. Krem, però, lo anticipò. -Quanti sono gli halla?-
-Sono tre, come al...-
Il sangue gli si raggelò nelle vene. Gli halla erano tre, come al solito, compresa Cornelia.
Cornelia che era assente da giorni, partita assieme a lethallin.
Con le budella attorcigliate dal terrore, Shaan dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non dare di stomaco. -Perché non lo prendete?- domandò, con un leggero tremito al labbro inferiore.
Krem gli indicò il cortile con un cenno del capo. Cornelia era scomparsa. -Ci sfugge di continuo.- rispose, poi si sporse per appoggiargli un bacio sulla guancia e, in quel modo, per dargli un ulteriore rassicurazione. -So che è un'impresa, ma fa' tutto quello che ti dice lui.-
Shaan si aggrappò momentaneamente a una cinghia della sua uniforme, perché le gambe avevano iniziato a cedergli.
Rimase nella più completa immobilità per un tempo indefinibile. Non riusciva a capire perché la copia sputata di Cornelia gli facesse così paura. Forse non era paura quella che provava, ma sapere che qualcuno stesse alterando la sua percezione del mondo solo per il gusto di tormentarlo era destabilizzante.
Krem gli tolse il bicchiere di mano, appoggiandolo sul parapetto, poi gli passò una carezza vigorosa sul braccio. -Sei stato impassibile fino adesso, ti pare il momento di dare di matto?-
Shaan scosse la testa nervosamente, mollando la presa per recuperare la cartellina. La strinse con forza al petto, creando un solco concavo tra pelle e lana, poi si sforzò di fare un respiro profondo. Nonostante il cuore gli battesse a mille e ogni centimetro della sua pelle fosse irto come la buccia di un mandarino, Shaan sorrise. -Hai un talento naturale per farmi girare la testa.- scherzò.
Krem gli strizzò l'occhio, poi gli indicò la porta dell'ufficio del Comandante con un cenno del capo. -Vai, prima che ti butti giù dal muro.-
Shaan non se lo fece ripetere due volte.

Era scosso, molto, ma non poteva fare irruzione come un messaggero qualsiasi.
Si schiarì la voce, chiuse le dita della destra a pugno, mentre si sorreggeva letteralmente alla cartellina, e bussò due colpi alla porta con enfasi. Non ci volle molto prima di sentire un -Avanti- secco e sbrigativo.
Trovò il Comandante a discutere con un messaggero dell'Ambasciatrice, quindi decise di attendere sull'uscio per educazione, prendendosi i suoi tempi per chiudere la porta, nonostante la sua volontà fosse quella di barricarsi dentro.
Istintivamente, fece ciò che faceva in adolescenza: aspettare docilmente che il padrone concludesse, facendo finta di essere una mosca sul muro, senza orecchie per intendere gli affari privati che non gli competevano e senza emettere un suono al di fuori del suo respiro moderato. Era una bambola a disposizione della sua paura e quella sensazione non fece altro che accrescere il senso di nausea che lo attanagliava da quando aveva visto Cornelia.
Quando il messaggero si chiuse la porta alle spalle, Shaan si ritrovò a trasalire. Aveva appena concluso un viaggio nel tempo particolarmente umiliante, d'altronde.
Drizzò la schiena, sollevò il mento e rivolse la sua attenzione al padrone di casa, che gli stava facendo cenno silenziosamente di seguirlo alle spalle della scrivania. Shaan non esitò, cosa che avrebbe fatto normalmente di fronte a una richiesta di quel tipo, ma quella situazione metteva la fine in cima e le intestazioni in coda.
Senza dire una parola, Cullen spostò la poltrona e sollevò un lembo del tappeto che appesantiva il pavimento, scoprendolo. -Ti prego di mantenere il riserbo su questo passaggio.- si raccomandò, infilando le dita nell'intercapedine di una botola per aprirla. Una scala a pioli ancorata a un muro verticale anticipava un corridoio oscuro dal quale fuoriusciva un intenso olezzo di polvere. Shaan osservò quell'ambiente nero come l'inchiostro con aria dubbiosa, poi spostò uno sguardo incerto su Cullen, come se aspettasse il suo permesso.
L'espressione incoraggiante che trovò alla fonte gli fece finire quel poco di amor proprio che gli restava sotto le caviglie. Con il suo atteggiamento risibile era riuscito a farsi compatire persino da lui.
Discese la scala con la cartellina tra i denti, rischiando di scivolare un paio di volte a causa di un piolo arrugginito, o peggio, viscido di umidità.
-Skyhold è piena di passaggi segreti, a quanto pare.- commentò, una volta che Cullen lo ebbe raggiunto.
-Ce ne sono una decina, alcuni purtroppo sono ostruiti.- rispose l'altro, accendendo facilmente una torcia appesa alla parete. La prese, usandola come fonte di luce mentre faceva strada. Il corridoio, davvero angusto, sembrava muoversi a ridosso dei muri della torre, perché ogni cinque sei metri c'era una brusca svolta a elle in leggera pendenza. Procedettero in fila indiana, perché le pareti erano talmente vicine che Cullen doveva procedere di lato, camminando di tanto in tanto come un fiorettista antivano per evitare un mattone o un mucchio di ragnatele. -L'Inquisitrice sa di questo...?- Shaan indicò con un cenno i paraggi, senza concludere la domanda.
Cullen gettò una rapida occhiata alle sue spalle. -Anche se siamo in una relazione, io e l'Inquisitrice siamo d'accordo che non ci serve sapere tutto l'uno dell'altra.- rispose.
Shaan si tenne per sé quanto stupida gli sembrasse quell'affermazione. -Krem mi ha...-
-Non siamo ancora al sicuro.- lo interruppe Cullen. -Cerca di resistere, lo so che c'è un odore un po' fastidioso quaggiù, soprattutto per i nasi più recettivi.-
In realtà, a Shaan quell'odore non dispiaceva, anzi, gli ricordava gli ultimi anni passati al fianco di suo nonno a studiare le rovine elfiche delle Valli. Trascrivere i glifi che abbellivano frammenti di dipinti delicatissimi, ricalcare i bassorilievi imbevuti della luce del velfuoco, emozionarsi di fronte alla statua di un Cavaliere di Smeraldo la cui lancia si protendeva verso un'impresa epica... se il suo orgoglio gliel'avesse permesso, Shaan si sarebbe commosso.
Sapeva che Ankh avrebbe apprezzato di trovarsi laggiù tanto quanto lo stava apprezzando lui in quel momento. -Dovrebbe dirglielo.- mormorò.
-Cosa?-
-Dovrebbe portarcela.-
Cullen non disse nulla per un minuto buono. -Solo se sarà necessario. E, francamente, mi sento in difetto a portarci te per primo.- sussurrò, a ridosso dell'uscita.
Fuoriuscirono in uno spazio basso e impregnato di umidità, le cui superfici erano talmente lucide e globulose da sembrare l'interno dello stomaco di un grosso animale. C'era una torcia per ogni parete, ma nemmeno con un'illuminazione adatta quel posto avrebbe potuto avere redenzione. E poi c'erano i ragni, tantissimi ragni, uno in particolare era grosso quanto la testa di Re Bhelen e faceva la guardia a una porta blindata che di sicuro si affacciava su corridoi ben più stantii di quello che avevano percorso in precedenza.
-Mi rimangio il mio suggerimento.- disse Shaan, mentre Cullen avvicinava due sgabelli recuperati da una pila al di sotto di una delle torce. Approfittò di quel mini trasloco per fare un giro di perlustrazione della stanza, con aria interessata.
Nonostante fosse chiaramente un posto in cui nessuno avrebbe voluto trascorrere del tempo, c'erano diversi boccali sparsi a terra, due casse di sigillate da cui fuoriusciva uno sbuffo di piume e un gran numero di effetti personali ammonticchiati in un angolo.
-Mi dispiace essere ricorso alla segretezza, ma non potevo discuterne di fronte alle mie colleghe.- disse Cullen, attirando l'attenzione su di sé.
Shaan, che stava studiando una ragnatela particolarmente complessa, si voltò nella sua direzione e constatò che aspettava lui per sedersi. Un riguardo peculiare, ma non troppo distante dalla sua personalità.
-Per essere una persona così schietta, mi sembra bizzarro che non si faccia problemi a tenere dei segreti.- commentò, prendendo finalmente posto.
Cullen lo imitò dopo poco. -Non mi piace, ma a volte è necessario farlo.- ammise. Shaan riconobbe un certo grado di disagio nel suo sguardo. Si corresse: non era solo disagio, era esasperazione.
In quel momento capì perché lethallin si fosse innamorata a prima vista di quell'uomo. Era decisamente un tronco di colonna. Una colonna rotta a cui mancava il capitello, ma che si ostinava a reggere un tetto molto pesante, o ciò che rimaneva di esso, perché era stata costruita in modo da non cedere nemmeno sotto la pressione più forte. Nei suoi lineamenti contratti riusciva tranquillamente a riconoscere un amalgama di dolore e fierezza, così distinte e così unite da avere l'una la forma dell'altra.
-Cos'è successo, a quell'uomo?- domandò Shaan, mentre il suo corpo veniva pervaso da un binomio di malinconia e conforto.
Cullen si passò una mano sulla barba, appena accennata, ma rumorosa e tagliente come una grattugia. -Ser Declan aveva smesso di prendere il lyrium da due settimane. Stanotte ha avuto una brutta ricaduta e, senza dire niente, ha attinto alle scorte dei suoi confratelli.-
Shaan aggrottò la fronte. Sembrava un resoconto, un rapporto militare asciutto e conciso, eppure in quelle parole c'era una gran pesantezza. -Non so proprio cosa dire.-
-C'è davvero qualcosa da dire? Concentriamoci su altro.- decretò Cullen, fissandolo con aria severa. -Krem ti ha fatto vedere Cornelia, suppongo. Quando sei entrato, eri più bianco di un osso di seppia.-
Shaan, che in quel momento si sentiva abbastanza al sicuro, riprese immediatamente il controllo del proprio raziocinio. -State aspettando che cambi forma, immagino.-
Cullen diede un cenno d'assenso. -Il problema non è lui, purtroppo. Sospettiamo che si avvalga di un complice.-
-Come l'avete scoperto?-
-L'ha scoperto Lav.-
Shaan batté un paio di volte le palpebre, confuso. -Lav?- ripeté, scandendo bene quel soprannome.
Cullen si morse le labbra, spostando lo sguardo altrove. Rimase così, come se fosse indeciso se proseguire oltre, oppure stava cercando il coraggio di dire qualcosa che gli costava un grande sforzo di volontà. -Questa è la parte che non ho riferito alle mie colleghe.- disse, abbassando il tono di voce. Era un sussurro basso, impastato dall'imbarazzo.
-E perché io dovrei venirne a conoscenza?- domandò Shaan, sporgendosi appena nella sua direzione, per invitarlo a proseguire. Seguì con lo sguardo il suo pomo d'adamo scontrarsi sulle pareti della gola in una contrazione nervosa. Ci aveva visto giusto, era imbarazzato.
Cullen estrasse una lettera dalle falde del mantello, tenendola saldamente fra loro. Lo sguardo che rifilò a Shaan trasudava insicurezza. -Il contenuto è... non è per gli occhi di tutti, ma se la conosco bene, e penso di conoscerla davvero bene...- deglutì nuovamente. -Non è quello che sembra, ecco tutto.- concluse, porgendogliela con riluttanza.
Per raccoglierla, Shaan adagiò la cartellina in grembo e, senza distogliere lo sguardo da quello del Comandante, spiegò la lettera con tanto di calma. Una volta scorse le prime due righe capì il perché di quell'atteggiamento.
Era una lettera d'amore. Una lettera d'amore intima. Una lettera d'amore intima che apparteneva al cuore di un'altra persona.
Gli bastarono le prime tre parole per risentire la bile lottare contro di lui verticalmente.

Vhenan, ma vhenan,
Non riesco a sopportare di essere la luna senza nome, compagna di un'esistenza che riguarda occhi diversi dai miei. Non posso aspettarti, non posso rincorrerti, siamo in due cieli diversi, di qui e di là, adesso e nel non tempo.
Siamo sempre stati come i due gufi, quello che osserva e quello che caccia.
Il mio cuore è rimasto con te e io devo seguirlo. Ci vedremo presto.

Shaan tarpò un singhiozzo a mano aperta, che lo scosse dentro e fuori.
A quanto pare, il suo interlocutore non si aspettava una reazione simile. Infatti, arretrò il capo, osservandolo sciogliersi in un pianto nervoso con aria sbigottita.
Piegato in due dal dolore atroce che gli crivellava il petto di fitte intense, Shaan si sentiva sempre più umiliato. Strinse la lettera nel pugno, sentendo le pieghe della carta fare un'acuta pressione sulla sua pelle, affilate come il ricordo che quelle parole si portavano dietro e come le domande che il suo atteggiamento avrebbe scaturito.
-Non... mi scuserò.- disse, talmente rauco e profondo da aver cambiato totalmente identità. Nella sua visuale sfocata, individuò gli occhi del Comandante e riversò su di loro una rabbia talmente vivida che sentì la sua pelle ribollire. -Non ha realizzato che questa è una scrittura diversa?- domandò, lottando contro il desiderio di spingergli la carta in gola.
-Allora avevo ragione.- mormorò Cullen, accigliato. -Avevo il dubbio che, nonostante fosse indirizzata a me, avrei dovuto farla leggere a un'altra persona, qualcuno che la conosce bene. Non pensavo che…- si interruppe. -Shaan, è la sua scrittura. Controlla bene.-
Shaan si costrinse ad assecondarlo. Si asciugò le palpebre con il palmo della mano, con forza e senza riguardo. Quando i suoi occhi furono di nuovo in grado di mettere a fuoco le parole e il suo respiro abbastanza libero da poter articolare una frase legata a un pensiero, sbucciò la lettera accartocciata e provò a prestare una maggiore attenzione al testo. Effettivamente, la scrittura era quella di lethallin.
Provò davvero a pensare a una giustificazione, mentre le unghie della mano destra grattavano istintivamente il tessuto del gilet che stava sopra al suo cuore. Lei era l'unica al mondo a saperlo. Strumentalizzare qualcosa di così intimo (facendone partecipe un'altra persona tra l'altro) per trasmettergli un messaggio era superficiale, crudele e vergognoso.
-Ora è il mio turno di chiederti cosa sia successo.- disse Cullen, abbassando di poco il tono di voce. Shaan fu lieto di vedere che nel suo viso non ci fosse pietà, solo sorpresa.
-Non ha il diritto di saperlo.- rispose, lisciando il foglio sopra la cartellina per riprendere ogni singolo frammento di compostezza che aveva perso esplodendo.
-No, ma oggi non voglio vedere altre brave persone morire quindi, ti prego, fa' uno sforzo.- ribatté Cullen, con la voce incrinata dal nervosismo.
Shaan gli gettò addosso un'occhiata pregna di disprezzo. -Mi pare che sia l'unico qui che stia davvero facendo uno sforzo. Un atto di fiducia continuo, che viene ripagato con dei sotterfugi.-
Cullen rimase in silenzio a lungo. -Sto facendo di tutto per capire, ma devi darmi qualcosa su cui lavorare.- disse, e Shaan percepì che si stava sforzando di mantenere la calma. “Non voglio vedere altre persone morire” aveva detto, con il dolore che si abbatteva sul suo viso, cercando di sfigurarlo come un'onda oceanica che gradualmente divora la stabilità di una scogliera.
Lui però era completamente ignorante sul significato della lettera. Non era al corrente del demone che lethallin, che l'Inquisitrice aveva risvegliato, aprendo una vecchia cicatrice con la stessa facilità con cui apriva lo stomaco di un cervo per sviscerarlo.
-Posso capire perché abbia subito pensato che fossero in due.- disse Shaan, continuando a stirare la lettera. -Uno che agisce, l'altro che osserva.-
Cullen diede un cenno d'assenso, invitandolo a continuare.
-Non è così. L'altra persona non c'è.-
-In che senso?-
Shaan esitò, prima di sollevare il foglio, ora in condizioni migliori. -Questa è una lettera d'addio.- gli rivelò, in un sussurro soffocato.
Il suo interlocutore, con il viso dapprima contratto dalla serietà, rasserenò i lineamenti. -Capisco.-
Shaan consegnò la lettera tra le sue mani, quasi spingendola. -No, non penso. E non penso che nemmeno lei capisca, se è arrivata a trascrivere una cosa del genere con l'unico scopo di avvisarmi che è una faccenda legata al passato.-
Cullen ripiegò il foglio con cura, prima di intascarlo. -Quindi è probabile che anche la persona che ti stia tormentando provenga dal tuo passato.-
-Non ho nemici, Comandante.-
-Nemmeno di riflesso?-
-Come mi avete fatto capire durante la riunione di prima, non godo della considerazione della gente con cui mi sono alleato, figuriamoci di quella che ho lasciato per strada.- rispose Shaan. Si schiarì la voce, per interrompere una replica sul nascere. Sfogarsi con uno sconosciuto su qualcosa di così personale era inutile.
Doveva semplicemente farsi da parte e ammettere che lui era quello delle scalette, che funzionava al contrario e che ogni volta che si trovava in una posizione di svantaggio emotivo regrediva a quel ragazzino senza speranza che veniva usato per punire le persone a cui voleva bene.
-Cosa devo fare?- domandò, con la voce macchiata di frustrazione.
Cullen, che non aveva smesso di osservarlo nemmeno per un istante, si approcciò a lui come si era approcciato a Burrows diverse ore prima. -Puoi restare qui, al sicuro, oppure puoi ingoiare il rospo e rimetterti in piedi.- disse.
Shaan si voltò verso quel pezzo di colonna spezzata, cercando di trovare le forze per dirgli che voleva solo ritornare nella sua stanza a dormire. Purtroppo, l'ostinazione di quell'uomo aveva un'influenza maggiore del previsto. -Non è che abbia tanta scelta.- commentò.

Respirò a pieni polmoni l'aria fresca serale che accarezzava la muraglia, chiudendo gli occhi mentre il vento gli arrossiva la faccia.
Ormai, gli importava poco delle condizioni delle sue guance, tanto meno dei suoi capelli che erano diventati leonini. Era in salute, almeno per il momento, ma quella giornata gli aveva ricordato quante ammaccature avesse accumulato nel corso della sua breve esistenza.
-Insomma, non avete risolto un accidente.-
Si voltò verso Amun, che gli era apparso di fianco con una pipa tra le labbra e le mani infilate nelle tasche dei pantaloni. Shaan posò lo sguardo su di lui, che sotto a un paio di bretelle d'oro indossava una camicia troppo larga e con una fantasia di uccelli delle Anderfels, rigorosamente in scala di azzurro.
-Adra ti fa uscire vestito così?- gli chiese.
Nel rivolgergli un sorriso giocoso, Amun fece ballare la pipa tra i denti. -L'ha scelta Vonnie, io non c'entro.-
-Vonnie, Vonnie, Vonnie...- ripeté Shaan, come un'eco che andava degradandosi. -Eccone uno che si divertirebbe un mondo a cercare gli aghi nei pagliai. O a evitare le frane come un daino.-
Amun scorse lo sguardo su Skyhold, che si apriva sotto di loro come un anfiteatro di gente troppo impegnata per assistere a uno spettacolo malinconico. -Se Ankh non nutrisse una gran fiducia nei tuoi confronti, non ti avrebbe chiamato al suo fianco.- disse. Un brusio nel vento.
-Eppure, sembra che stia facendo di tutto per tenermi a distanza.-
-Lo fa con tutti, anche con me. Più ti avvicini, più ti rendi conto che lei è distante anche con se stessa.-
Shaan ci rifletté. Forse era vero il detto che le persone distrutte si attirano a vicenda per sentirsi meno sole. Per lei la sua gente aveva sempre avuto la priorità, ma era solo l'ennesima alpinista alle prese con un monte troppo alto che lottava con l'assenza di ossigeno. Proprio come lui, che si ostinava a redigere documenti che non sarebbero mai stati utili a una discendenza troppo gelosa del passato e troppo timorosa del futuro. -Non siamo troppo diversi dagli Umani.- disse. Un altro brusio nel vento. -Bambini che affrontano il lutto troppo presto, troppo bruscamente, che si rivolgono alla lapide di una tomba vuota, pregando che i nostri genitori ci mandino un segno dal cielo.- chiuse di nuovo gli occhi.
-Ci sono modi e modi di affrontare un lutto.- intervenne Amun, portandosi di fronte a lui.
-L'importante è rialzarsi!- esclamò Shaan, divertito senza essere divertito. Odiava quel genere di rassicurazione. -Senza il diritto di essere tristi. Sempre avanti! Nascondi le lacrime! Nascondi tutto prima che ti vedano soffrire!- ormai era giunto il tempo dell'isteria. Era stanco di farsi prendere in giro, tanto valeva farsi due risate.
Amun sollevò un sopracciglio, squadrandolo attentamente. -A te l'aria di montagna fa male.-
-Mi fanno male le cazzate, lethallan.-
Amun non riuscì a trattenere una risata. Tirò su con il naso, poi spostò la testa altrove. -Non so cosa ti abbia fatto, ma se vuoi quando torna ci faccio due paroline. Non sarò uno spirito della dialettica, ma so farmi capire bene quando voglio.-
Clic.
Qualcosa, un'idea informe immobilizzò Shaan, costringendolo a guardare il vuoto a occhi spalancati. Gli ci volle un minuto buono di richiami e dita schioccate di fronte al naso per riprendersi. Il suo cervello si era messo in moto ed evidentemente non ammetteva distrazioni.
-So chi è il mutaforma.- disse, prima di recuperare al volo la cartellina con tutta l'intenzione di ritornare sui suoi passi.
Ser Darrow e Neria, che lo tenevano d'occhio a distanza, rimasero perplesse nel vederlo attaccarsi letteralmente alla porta del Comandante.
Bussò sonoramente, rischiando di dare un pugno sul petto di Cullen quando gli venne aperto. -Deve darmi la lettera. Subito.- gli intimò.
-Ti è venuto in mente qualcosa?-
-Mi dia quella cazzo di lettera!-
Cullen fu quasi tentato di non dargliela, visto che ci mise un po' a eseguire quella richiesta.
Shaan quasi gliela strappò di mano. La lesse una, due, tre, sette volte prima di guardare in faccia il suo interlocutore. -Non l'ha scritta lei.- affermò.
Cullen aggrottò la fronte, poi si avvicinò ulteriormente a Shaan, guardando il testo dalla sua spalla. -Se non l'ha scritta lei, è grave. Questa è la sua scrittura precisa.- disse, con aria preoccupata.
-Non è precisa.- Shaan lanciò la cartellina sulla scrivania e gli mostrò il foglio sotto la luce di una candela. La scrittura di Ankh era piccola, decisa e nervosa, perché seguire i suoi pensieri era difficile e rincorrerli su carta diventava un'impresa. -Di solito scrive di getto, quindi gli spazi tra le parole sono molto ridotti.- spiegò, indicandogli un punto preciso.
Cullen si allontanò di un passo per poter leggere con più facilità. -Certe parole sono divise da una spaziatura più ampia.- appurò.
Shaan annuì con convinzione.
-Ora lo vedo.-
-L'ho scritta io.-
-Non... ti seguo.-
-Lo farà adesso.- concluse Shaan, precipitandosi all'esterno. Marciò verso Neria, allungando una mano nella sua direzione. -Il bastone.- disse, contraendo le dita più volte, con un gesto nervoso.
Neria guardò lui, poi la sua arma, poi Ser Darrow, poi ancora lui. -Shaan, tutto bene?- gli chiese.
-Benissimo.- rispose lui, prendendole il bastone senza aspettare il permesso. Si diresse di gran carriera attraverso il camminamento, muovendosi in direzione del cortile.
-Maledetto gambe lunghe!- lo ingiuriò Amun, che doveva correre per stargli dietro. Tra lui e Shaan si muovevano Cullen, Ser Darrow e una Neria davvero infastidita.
-Mannaggia, mannaggia, mannaggia.- ripeté Shaan, a ogni scalino che calpestava, mentre scendeva la scalinata che conduceva al Riposo. Atterrò con un balzello, ignorò lo sguardo sbigottito di Krem e proseguì a grandi falcate fino al centro esatto del cortile, dove si fermò. Mentre gli altri lo raggiungevano, fece un giro su se stesso, come se fosse alla ricerca di qualcosa.
-Voglio proprio sapere cos'ha in mente!- esclamò Krem, unendosi al gruppo.
Cullen lo afferrò per un braccio e fece cenno a tutti di non avvicinarsi troppo. Una civetta bianca era andata ad appollaiarsi in cima a una delle bandiere che delimitavano i gradini più bassi della possente scalinata del mastio.
-Belinda, evacua il cortile e dì a Burrows di coprire le uscite.- ordinò Cullen. Lei lo assecondò in un istante.
Nel frattempo, la civetta osservava Shaan e Shaan osservava la civetta. Si studiavano a una distanza moderata, lei con grandi occhi di zaffiro, lui con un'espressione che era il riassunto di un tumulto di emozioni.
-Mi dispiace averti trattenuto qui così a lungo.- mormorò Shaan, sapendo che lei lo avrebbe sentito. Prese un respiro profondo, poi mulinò il bastone, piantandolo a terra a una velocità incredibile. Laddove era avvenuto l’impatto con il terreno apparve un glifo bianco che emise un soffio di luce verticale.
La civetta dispiegò le ali, facendo per andarsene, ma ormai la trappola era scattata. Shaan allungò un braccio, afferrò l'aria di fronte a sé e una forza sconosciuta risucchiò il rapace nel glifo, intrappolandolo.
Shaan consolidò le mura della prigione con un cenno deciso del braccio, mantenendo le dita tese di fronte a sé per diversi istanti, in modo da stabilizzare l'evocazione.
Chiunque fosse attorno a lui osservava la scena con tanto d'occhi, tranne Cullen che conosceva le inclinazioni del segretario dalla prima volta che l'aveva visto. Shaan lo sapeva, quindi non si sorprese che i suoi occhi non fossero puntati su di lui, ma sul mutaforma. Quell'uomo avrebbe fiutato un Mago a distanza di chilometri, a favore e controvento.
-Scusa se ti ho traumatizzato, sono un po' arrugginito.- disse Shaan, accucciandosi di fronte al rapace. Attraverso le inferriate bianche, sembrava scintillante come una perla colpita dal sole. -Te la senti di mostrarti?-
La civetta lo fissava, segno che l'aveva capito, ma non ebbe alcuna reazione.
-Non ti verrà fatto alcun male, lethallan. Voglio solo chiarire le cose.- insistette Shaan, facendo cenno a Krem di rinfoderare il martello da guerra.
Passò molto tempo prima che la civetta decidesse di trasformarsi. Fu una transizione lenta, quasi come una metamorfosi da baco in farfalla. Il corpo rotondo e soffice di piume dell'animale si gonfiò. Le ali dimagrirono, prendendo la forma di braccia e le zampe si allungarono, mentre gli occhi di zaffiro non perdevano di vista quelli di Shaan.
Amun imprecò, Cullen sollevò le sopracciglia dalla sorpresa. Era un soldato dell'Inquisizione, ma allo stesso tempo non lo era. La sua figura era vitrea e luminosa, esattamente come una perla colpita dal sole.
-Come ti chiami?- domandò Shaan, prima in elvhen, poi in lingua comune.
-Osbourne.- gli rispose una voce composta da echi.
-Il tuo vero nome.- precisò Shaan.
Il soldato ci rifletté, poi rispose: -Lethallan?-
Shaan non insistette, tanto non importava. -Chi eri, prima che ti attirassi qui? Anzi, che cosa ti ha attratto qui?-
Il soldato alzò pigramente il dito indice, che non sembrava neanche un dito, era un rametto sottile, pervaso dalla bruma. Indicò il suo petto.
Shaan capì al volo. -Oh.- disse, sommesso, chinando la testa. -Hai scritto tu la lettera, suppongo.-
L'altro diede un piccolo cenno d'assenso.
-Come hai fatto a trovarla?-
Un altro piccolo cenno, diretto al suo cuore.
-Ha senso.-
-Posso restare?- domandò il soldato, con la voce macchiata da una sottile aspettativa.
-Temo di no.- rispose Shaan, improvvisamente triste. -Non posso sostituirla con te.-
-Ma ti senti molto solo.-
-Noi esseri di carne siamo tutti soli. Vivere il presente è già difficile di suo, ma vivere il presente senza qualcuno che ci tenga la mano è la cosa più triste e spaventosa con cui dobbiamo fare i conti.- spiegò Shaan, con una calma malinconica. -Ti dirò una cosa sulla nostra natura, lethallan: il massimo punto di connessione tra due persone avviene quando condividono il dolore. Per questo io non sarò mai realmente solo.- fece una pausa. -Non avresti dovuto ricordarmelo in questa maniera, tramite Ankh.- lo rimproverò.
-Pensavo che ti avrebbe aiutato a...- il soldato indugiò su un istante di raccoglimento. -Pensavo che dandoti una crisi da risolvere avresti pensato di meno a lei. A loro. Che mettendoti davanti alle stesse sensazioni che hai provato scrivendola, avresti ricordato l'errore che avresti potuto fare se non l'avessi scritta.- indicò il cuore di Shaan.
-Non sei molto bravo a delineare la complessità di un dolore del genere, eh?- ipotizzò Shaan, in tono rassicurante.
Il soldato lo guardò con un misto di perplessità e vergogna.
-Posso aiutarti a tornare a casa, se vuoi. Qui è pericoloso per te, potresti cambiare.-
-Sarebbe male?-
-Sarebbe tortura. Per entrambi.-
Il soldato si prese un istante per processare l'idea, poi annuì. Shaan trasse un sospiro di sollievo. -Meno male!- disse, ridendo. -Mi ha fatto piacere conoscerti, lethallan.-
Come una macchia sugli occhi quando si osserva troppo il sole, il soldato divenne uno e tutti i colori. Indicò il cuore di Shaan, mentre lui si rialzava per attirare a sé la magia del Velo e aiutare lo spirito a passare oltre. -Salutami il nonno e Gala, quando li vedi.- mormorò.
La risposta dello Spirito fu allo stesso tempo dolce come una carezza e affilata come una spada. -Presto o tardi, vi rincontrerete.-
E la gabbia si dissolse, come una nuvoletta di condensa.
Shaan osservò il vuoto di fronte a sé, perfetta rappresentazione di quello che provava. Si passò una mano sul viso, per distendere i lineamenti, poi si voltò verso il suo pubblico, che lo osservava con un misto di malinconia e incredulità.
-Hai appena... bandito uno spirito?- gli domandò Neria, impressionata.
-Non è difficile.- le rispose Shaan. Non c'era presunzione nelle sue parole. -Scusa per il furto. Fammi sistemare un'ultima cosa, prima che te lo renda.- e detto questo, impose una mano sulle macerie del costone, a diversi metri da loro, rimettendole al loro posto con una facilità disarmante.
-Allora non era un mutaforma, era uno spirito.- confermò Cullen, per niente contento della cosa. Lo si vedeva dalla fronte contratta e dallo sguardo arcigno che esplorava il punto esatto in cui la presenza si era dissolta.
Shaan restituì a Neria il bastone, poi si sedette per terra, davanti ad Amun. -L'ho evocato io. Inavvertitamente, ma l'ho fatto.- spiegò. -Avviserò l'Inquisitrice per forma, poi darò le dimissioni. Non ho intenzione di mettervi in pericolo una seconda volta.-
-Ti sei messo in pericolo tu, se non sbaglio.- constatò Amun, appoggiandogli una mano sulla testa.
-Ha messo in pericolo tutti.- affermò Cullen, senza metterci troppa enfasi. -Da quant'è che non pratichi evocazioni?-
Shaan rimase in silenzio per diversi minuti, fissando un punto non specificato tra le gambe di Krem e la facciata del Riposo. -Tanto. Tanto da dimenticarmi che un Mago non deve proteggersi solo dai demoni, ma deve proteggere gli spiriti da sé.- mormorò. -L'ho distrutto io quel muro. Molto probabilmente, ho dislocato il sigillo in qualche cassaforte e...- fece una pausa. -Tutto il resto.-
-Forse è il caso che ricominci a praticare per evitarci altri guai simili, in futuro.-
Shaan sollevò lo sguardo sulla mano di Cullen, tesa nella sua direzione. Se c'era una cosa che non si aspettava, era una reazione del genere da parte sua. -Se restassi, verrei tenuto d'occhio, immagino.-
-Sei già tenuto d'occhio, ma non nel modo in cui credi.- gli rispose Cullen, addolcendo il tono di voce. Continuò a tenere la mano tesa, come per invitarlo a rialzarsi.
Shaan non assecondò il gesto. In realtà, aveva la tentazione di trascinarlo a terra, ma sarebbe stato difficile, vista la sua stazza.
-Forse, faremmo meglio a sederci tutti.- propose Krem, compiendo quel gesto per primo.
-Mi sembra un'ottima idea.- si aggiunse Amun, usando la spalla di Shaan come supporto per evitarsi di finire a gambe all'aria.
Cullen esitò, poi fece lo stesso, mentre Neria si allontanava da loro con un sorrisetto. -Si sta bene qui, in effetti.- ammise, chiudendo gli occhi in risposta a una brezza tiepida che proveniva da ovest.
Shaan inspirò profondamente, poi recuperò il gomitolo dal taschino. Lo tenne un po' tra le mani, in dubbio se completare l'azione, poi lo lisciò con il pollice, per ricordargli la forma che aveva prima di diventare un ammasso di lana.
Era una scarpetta, davvero piccola, fatta all'uncinetto. -Quando l'ho persa, mi è caduto tutto in testa.- disse, sentendo la mano di Amun chiudersi saldamente sulla sua spalla. -È difficile stare in piedi e, allo stesso tempo, è la cosa più facile da fare. Blocchi tutto dentro e vai avanti per inerzia, camminando senza una direzione finché inizi a risentire del crollo. Quel dolore che prima ti alimentava prende una forma, una dimensione nella testa e smetti di avere uno scopo per vivere in funzione sua.- fece una pausa, per sollevare lo sguardo su Cullen. -Siamo noi a farci male, non il dolore in sé.-
Ci fu un istante di profondo silenzio, prima che proseguisse. -Il dolore ci rende vivi, ci rende reali, ci rende unici. Basta solo smettere di camminare per un momento e assecondarlo.-
-E domani è un altro giorno.- esalò Amun stancamente, passandogli una mano sulla schiena.
-Altre frasi fatte ne abbiamo?- domandò Krem, arricciando gli angoli della bocca. Poco da dire, il suo intervento riuscì a spezzare la tensione.
-Come si chiamava?- domandò Cullen, piano.
Shaan si rigirò la scarpetta tra le dita, sorridendo. -Gala.- rispose. -L'ha scelto mio nonno. Più che altro, me l'ha imposto.-
-Perché, tu non hai una tua volontà?- lo punzecchiò Krem.
-Oh, a me andava bene. Tutti quelli che ho scelto io erano nomi di persone andate da un pezzo.- ammise Shaan, rimettendo in tasca la scarpina. -Te l'ho detto che parlavo più con i non-morti che con i vivi, no?-
Cullen esalò una risata bassa. -Ah, ecco perché hai affinità con Lav!-
Amun sbuffò, scontento. -Ha un nome, sai? Inquisitrice di là, Lav di lì... le farai venire una crisi d'identità. Com'è che si chiamava quell'energumeno che la chiamava Aah?-
Shaan ci rifletté, battendosi l'indice sul mento insistentemente. -Fen'Harel ma ghilana, ce l'ho sulla punta della lingua! Wally, Walter, Wobbly...-
-Si, buonanotte!- esclamò Amun, agitando una mano eloquentemente. Mano che poi lasciò cadere sul ginocchio di Cullen, che sobbalzò. -Senti, stare seduti nel circolo dell'amicizia è bello, ma prima o poi io e te dobbiamo chiuderci in una stanza e fare un discorsetto.-
-Assolutamente no!- gemette il suo interlocutore. -Ci tengo all'integrità dei miei intestini!-
Krem alzò un'occhiata sofferente verso Shaan. -Possiamo alzarci, adesso?-
L'altro annuì, altrettanto in difficoltà. -Diamine, sì. La prossima volta che vado in crisi, vedrò di farlo qualche chilometro più in là se deve finire sempre così.-
-Sarà il caso.- bofonchiò Cullen, alzandosi per primo. Nel farlo, scoprì l’impugnatura della spada, decorata con un minuscolo fiocchetto blu.
Shaan si impedì di trattenersi dal ridere.


Era assetato, come ogni sera. Era infreddolito, come ogni sera. Voleva solo chiudere gli occhi, come ogni sera.
Ma come ogni sera, si sforzò di trascinarsi verso la sua scrivania per sistemare i documenti da inserire nel faldone la mattina seguente.
Fece aderire la schiena sullo schienale della poltrona, allungando le gambe sotto al mobile. Esalò un sospiro sommesso, chiudendo gli occhi. Era stata una giornata allucinante.
Dopo minuti interminabili a fissare il vuoto, senza energie, adagiò la cartellina sul tavolo e controllò la scaletta degli appuntamenti che avrebbe avuto l'indomani. -Mannaggia, mannaggia, mannaggia.- recitò, monocorde. Ormai, era diventato un mantra.
Stappò la boccetta dell'inchiostro e allungò la mano verso il contenitore dei pennini, sorprendendosi di trovare al suo posto un barattolo di crema. Sollevò le sopracciglia, sentendo la fatica tirargli le palpebre, poi afferrò l'oggetto, portandoselo di fronte al naso. -E tu da dove spunti fuori?- disse, con voce graffiata dalla stanchezza.
Gli rispose un biglietto che piovve sopra la cartellina. Probabilmente si era incastrato sul fondo del barattolo. Lo raccolse e lo lesse. “E poi non dire che non penso mai a te. A.”
Shaan sorrise, poi la sua testa gli fece il piacere di combattere la stanchezza e fare i conti al posto suo. Forse, quel pezzo di colonna socialmente impacciato e l'idiota della sua datrice di lavoro non erano poi così male assortiti. -Non nel modo in cui credi.- ripeté, in un sussurro.
-Sai, ho capito perché non ci sopportiamo.-
Shaan si torse per affacciare uno sguardo alla porta, appoggiando un braccio sullo schienale della poltrona per dare un’impressione di comodità alla posa scomoda. L’illuminazione del corridoio delineava la sagoma di Krem, una linea obliqua appoggiata con la spalla alla cornice della porta. Con una mano agitava una bottiglia di birra con gesti lenti e circolari, l’altra invece era infilata nella tasca dei pantaloni. Sul suo viso c’era la manifestazione di un’ironia che si apprestava a condividere.
-Beh, illuminami.- lo incitò Shaan, passando lo sguardo sulla camicia morbida che indossava, aperta sul punto d’incontro tra sterno e clavicole. Nonostante la palese antipatia, quando voleva Krem sapeva essere un uomo dai modi intriganti.
-Siamo persone diverse da quelle che abbiamo lasciato lì e siamo orgogliosi della nostra nuova pelle.- articolò quello. -Eppure ci resta addosso una gran dose di vergogna. Assurdo, no?-
Shaan intuì perfettamente ciò che intendeva dire. -Davvero assurdo, ma reale.- confermò.
Rimasero a fissarsi giusto un attimo, poi Shaan si alzò per raggiungerlo. -Ricapitolando, non ci sopportiamo per un meccanismo di difesa.-
-Chiamalo come vuoi.- rispose Krem, controllando con un’occhiata quanta birra gli fosse rimasta. -Ma sono un po’ stanco di farmi mettere le mani addosso dal passato senza che sia io a deciderlo.-
-Sfondi una porta aperta.-
-Era socchiusa.-
Shaan osservò il sorrisetto che si era formulato tra le sue labbra, a una distanza minima dal cercine della bottiglia. L’olfatto, nel frattempo, percepì malto ed essenza di embrium; un sodalizio bizzarro. -Sei qui per fare pace con me, o con te?- domandò.
Krem si prese i suoi tempi per rispondere. -Sono qui e basta.-
Shaan si massaggiò le mani, accorciando le distanze. -Domani mattina ho intenzione di alzarmi dal letto, quella dopo anche, finché non arriverà il momento di chiudere gli occhi per sempre. Ma non sarò io a sceglierlo. Quando arriverà, arriverà.- sorrise. -Non preoccuparti.-
-Bene.- fu la risposta secca. Ancora una volta, Shaan non percepì compassione nel suo tono di voce, solo una gran voglia di mettere un punto e andare oltre. Per fortuna, pensò.
-Insomma, non devo aspettarmi qualche storia strappalacrime sulla tua patria, immagino.- disse, affilandosi lo sguardo sugli zigomi del suo interlocutore.
Krem si affrettò a mandare giù un sorso. -In realtà, non mi dispiacerebbe raccontarti qualcosa.- ammise. -Giusto qualcosa.-
Shaan sollevò un sopracciglio, inarcando un angolo della bocca fino a creare una fossetta sulla guancia. -Intendi farlo seduto sul bordo del letto, o seduto sulla mia faccia?-
Krem esalò una risata arrochita dal malto. -Dipende.- rispose, divertito. -Non mi hai ancora fatto entrare.-
Shaan avanzò fino a percepire sulle guance il calore profuso dal suo respiro. Allungò una mano sulla maniglia, indugiò su di essa mentre chinava lo sguardo sulle sue labbra, poi chiuse fuori il mondo esterno.


-Nota-

Si, ma chi cazzo è Vonnie?
https://i.imgur.com/hhXNpLH.jpg
Also, mi dispiace fare scelte di questo tipo, ma questo sarà l’ultimo capitolo dell’anno. Saranno un po’ di settimane difficili e organizzarsi è un incubo. Spero di riuscire a pubblicare il 4 di gennaio, ecco, ma devo rivedere un po’ di cose dei prossimi capitoli e preferisco che sia tutto in ordine anziché postare cose che non hanno né capo né coda lol
<3

   
 
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