Anime & Manga > Lady Oscar
Ricorda la storia  |      
Autore: Chevalier1    25/12/2022    6 recensioni
A mezzanotte del 25 dicembre 1789 si apprestava a celebrare, per pochi sparuti fedeli, la prima messa di Natale del nuovo accidentato corso. Nell’ultimo banco vicino alla porta notò un uomo che non aveva mai veduto (...). Era vestito con sobrietà ma con un ordine che si sarebbe detto marziale, il portamento gli dava tutta l’aria di essere un nobile. Probabilmente lo era. Quando ne incrociò lo sguardo azzurro, segnato di tristezza ma trasparente e a suo modo fiero nella disperazione, il sacerdote si chiese dove avesse già visto quegli occhi. (Potenzialmente seguito di Le parole che non vi ho detto).
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Generale Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Natale 1789

La neve aveva coperto le strade e i campi intorno. Le vetrate della chiesetta isolata in mezzo alla campagna - la stessa che prima della convocazione degli Stati generali aveva ospitato incontri di giovani di ceti diversi, aperti al cambiamento, che discutevano del futuro di una nuova Francia più libera e meno diseguale - lasciavano filtrare la luce fioca delle candele accese.

Dal medesimo altare da cui, per tante sere, aveva presieduto gli incontri ricordando a quegli uomini e a quelle donne riuniti che Dio aveva creato tutti gli uomini uguali, mentre nel loro Paese la ricchezza e il potere erano concentrati nelle mani del 3% della popolazione che poteva vantare quarti di nobiltà, a mezzanotte del 25 dicembre 1789, quello stesso sacerdote - più giovane di quanto la sua barba e i suoi capelli grigi a mezza lunghezza lasciassero presumere - si apprestava a celebrare, per pochi sparuti fedeli, la prima messa di Natale del nuovo accidentato corso.

Nell’ultimo banco vicino alla porta notò un uomo che non aveva mai veduto, era certo di non sbagliarsi perché le precauzioni necessarie, negli anni bui e drammaticamente conflittuali che avevano preceduto la presa della Bastiglia, gli avevano insegnato a memorizzare ogni volto che entrasse in chiesa, celebrazioni o riunioni che fossero. L’esercizio non era impossibile: la chiesa era piccola, anche quando era gremita si trattava comunque di un numero limitato di persone.

L’uomo seduto in fondo non era più giovane e il bel volto, parzialmente coperto dal bavero di un tabarro grigio, mostrava insieme a un’innegabile dignità i segni di chi è provato dalla vita. Era vestito con sobrietà ma con un ordine che si sarebbe detto marziale, il portamento gli dava tutta l’aria di essere un nobile. Probabilmente lo era. Quando ne incrociò lo sguardo grigio, segnato di tristezza ma trasparente e a suo modo fiero nella disperazione, il sacerdote si chiese dove avesse già visto quegli occhi. Eppure era certo di non aver mai incontrato quell’uomo e di non conoscerlo.

«Ecce agnus Dei qui tollit peccata mundi»

Sentì distintamente la voce di quello sconosciuto rispondere insieme alla scarna assemblea«Domine, non sum dignus»e tacere il seguito, come se sul significato di quelle parole, «Signore, non sono degno», si fermasse la sua convinzione. Poi notò che era rimasto inginocchiato, senza alzarsi per comunicarsi.

...

«Ite missa est»

La messa era finita, il piccolo drappello di fedeli si era disperso alla spicciolata nel gelo. Il sacerdote stava riponendo gli arredi sacri, con ancora la stola addosso, quando notò che lo sconosciuto era rimasto in chiesa e s’era spostato vicino al confessionale, in paziente attesa, per poi inginocchiarsi davanti alla grata.

Il sacerdote lasciò quello che stava facendo e lo raggiunse: «In nomine Patris et Filii e Spiritus Sancti. Ditemi fratello», quell’uomo visibilmente turbato era più anziano di lui, non gli venne di chiamarlo figliuolo com’era consuetudine. Sentì tremare una voce che dava l’idea di non essere abituata a farlo e le diede in silenzio il tempo di rinfrancarsi.

«Non c’è peccato che non abbia commesso, padre. Trentaquattro anni fa ho preteso di sostituire alla volontà di Dio la mia, ho peccato di una superbia che non conosce perdono:

e violando il primo comandamento, ho violato anche il secondo: con quella superbia come presupposto ho di fatto nominato Dio invano ogni volta che ho pregato, ho educato la mia sesta figlia come se fosse il figlio che Dio non mi aveva concesso. Volevo un erede e me lo sono creato. Ho fatto della mia ultima figlia un ufficiale, un ufficiale di prim’ordine, ma ho scelto io per lei».

In quel momento il sacerdote si ricordò di un giovane biondo, dai lineamenti insolitamente delicati, che in compagnia di un conoscente di Bernard Chatelet un paio di volte aveva presenziato agli incontri senza mai prendere la parola, un giovane talmente bello che in abiti diversi si sarebbe confuso facilmente con una donna: aveva gli stessi occhi dell’uomo che si struggeva dietro la grata.

«Era nata la notte di Natale e da quando è morta in battaglia non c’è più festa per me da santificare. Non avrò forse disonorato il padre e la madre, ma per un assurdo capriccio ho rischiato di rovinare la vita di una figlia, se non ci sono riuscito del tutto è stato solo perché lei era migliore di me.

Le mie mani grondano sangue, padre, e non per i morti in battaglia, che sono lo scotto che si paga alla vita militare, ma perché solo un intervento esterno mi ha impedito, accecato com’ero dall’onta del suo tradimento, di portare a termine il proposito di uccidere lei, l’uomo che amava ricambiata - un ragazzo del popolo che avevo educato e cresciuto nella mia casa - e me stesso. La mia coscienza sa che ne sarei stato capace.

«Non ho commesso atti impuri, ma ho ostacolato il loro amore puro e oggi arrivo ad augurarmi che lo abbiano consumato contro di me che, fedele alle convenzioni sociali, ho impedito loro di sposarsi e viverlo alla luce del sole, in grazia di Dio. Voglia Iddio che mi abbiano disobbedito.

«Ho rubato a mia figlia la sua essenza.

«Ho costruito la vita di lei sul presupposto di una falsità

e vissuto la mia nel desiderio di ciò che non mi è stato concesso di avere.

«Il fatto che lei si sia rivelata un soldato di valore – ne sono certo anche se alla fine lo ha messo al servizio di idee diverse dalle mie – e insieme una splendida donna, senza rinnegare nessuna delle sue due anime e che in quel modo abbia fatto propria la vita che le ho imposto, è un dettaglio che non lava le mie colpe: è stato solo merito suo».

Il sacerdote non impiegò molto a capire che aveva finito, avendo confessato di aver violato l’intero decalogo – o, almeno, di quello si autoaccusava - . Non ebbe dubbi che il pentimento fosse sincero. Anche se non poteva vederlo in viso, era certo di non aver mai avuto di fronte un’anima più nuda di quella.

«Il vostro dolore è la vostra pena, fratello. Non vi chiederò di pregare per penitenza, pregate perché Iddio vi conceda la grazia di perdonare voi stesso...Ego te...»

«No, non assolvetemi, Padre. – lo interruppe la voce tornata ferma - Io non merito perdono. È l’inferno il mio posto».

«Non siate sacrilego, siete venuto a chiedere un sacramento».

«Sono a venuto a umiliare me stesso, non a cercare assoluzioni, se mi sono inginocchiato dietro questa grata è stato solo perché non sarei riuscito ad arrivare in fondo a viso aperto. Fate conto che vi abbia parlato là fuori su quella panca, che abbia parlato a un fratello. Avevo solo bisogno di ascolto e di ascoltarmi io stesso per vedere me stesso da fuori. Quello che ho visto non mi piace. È giusto che quando sarà l’ora io arrivi al cospetto di Dio con tutto il mio fardello: troppo comodo alleggerirsi all’ultimo. Sono stato intransigente con tutti nella mia vita, soprattutto con lei. Non potrei sopportare di esserlo di meno ora con me stesso».

Il sacerdote seguì l’uomo che nel frattempo si era alzato e gli mise una mano sulla spalla. Il gesto di vicinanza, senza parole, ruppe gli argini di un pianto dirotto, il volto nascosto tra le mani.

Lo lasciò solo per dargli il tempo di ricomporsi, ritirandosi in sacrestia senza perderlo di vista per impedire che se ne andasse com’era venuto. Quando capì che si era ripreso tornò da lui.

«Perché siete venuto proprio da me, da uno che i pochi nobili non ancora emigrati dalla Francia chiamano non senza disprezzo “prete rivoluzionario”?».

«Perché volevo essere sicuro di non trovare un giudice pregiudizialmente indulgente e perché non escludo che mia figlia sia stata qui qualche volta».

«Dov’è il resto della vostra famiglia?».

«Sono riparati in Inghilterra, so che sono arrivati di là dalla Manica, ma da mesi non ho loro notizie, spero siano al sicuro».

«Che cosa intendete fare? Di voi dico».

«Non fuggire, restare fedele al mio dovere, per non perdere l’ultimo barlume che mi resta di rispetto di me stesso. È probabile che io abbia sbagliato fronte in questo drammatico momento, che il mio mondo sia perduto per sempre, ma vedo intorno a me sacche di fanatismo che a mia figlia e al suo uomo non sarebbero piaciute: per come li ho conosciuti avrebbero voluto un mondo più equo e libero, non una caccia alle streghe... Buonanotte, Reverendo, grazie di aver sacrificato questa notte di festa a un peccatore».

Le candele erano quasi tutte spente, la chiesa senza più quasi luce, ormai freddissima.

«È molto tardi, la notte è gelida e le strade non sono sicure, permettetemi almeno di darvi un riparo fino all’alba. È un riparo modestissimo dacché i beni degli ecclesiastici sono stati dati in pegno per i debiti di stato ma è meglio della strada. La vostra casa, vuota in una notte come questa, potrebbe essere in balia di predoni e di chi sente di aver conti da regolare, è pericoloso tornarvi ora».

«Non temete, Reverendo, non c’è più niente da saccheggiare là dentro, è un luogo enorme, vuoto di tutto e senza vita, che ormai occupo da solo. L’unica cosa rimasta viva era il mio cuore, ma mi è stato strappato sei mesi fa. Non c’è più niente che io possa perdere. Se vivo è solo per espiare le mie colpe. Sono un generale, se volessi, si tratterebbe soltanto di scegliere l’arma. Ma nelle mie condizioni serve più coraggio per sopravvivere che per morire. La morte si sconta vivendo (1), reverendo. Il mio inferno è già cominciato e merito di attraversarlo un passo alla volta in tutta la sua lunghezza».

Il sacerdote capì che ogni parola, anche di fede o di conforto, a quel punto sarebbe stata di troppo. Alzò la mano destra e gli tracciò in fronte un segno di croce, ricevendone in cambio un fremito trattenuto nello sguardo che si abbassava e lo stesso silenzio carico.

Si fermò a guardare attraverso lo spiraglio ventoso della porta socchiusa il Generale che si allontanava a cavallo, quasi a coprirgli le spalle, finché non scomparve nel buio alla sua vista.

In una muta preghiera affidò il dolore dignitoso e tragico di quell’uomo che viveva impigliato in un venerdì santo senza speranza di Resurrezione alla misericordia del Padreterno, nel quale nonostante tutto ancora credeva. Anche se i conflitti e le vendette incrociate, in cui le sue speranze di un mondo più giusto stavano sfociando, seminavano ovunque carichi di sofferenza capaci di mettere alla prova qualsiasi fede, fosse in Dio o nella ragione degli uomini. E sentiva che il peggio doveva ancora venire.

Nel cercare il chiavistello, alzò gli occhi e vide che il vento squarciando le nubi aveva fatto posto a una fulgida stella: sembrava messa lì apposta per illuminare la strada a quell’uomo ramingo. Si disse che se c’era, come sperava, un Dio nell’infinito avrebbe accolto a tempo debito sotto il suo manto quell’anima così severa con sé stessa da pensare di non meritare salvezza.

«Fiat voluntas Tua», mormorò il sacerdote sentendosi minuscolo nel silenzio ovattato dalla neve ancora fresca sotto la volta stellata. Sorrise a quel barlume di speranza e tracciò un segno di croce nell’aria gelata rivolto alla direzione in cui l’aveva visto allontanarsi: «Ego te absolvo a peccatis tuis, in nomine Patris et Filii et Spiritus sancti», sussurrò prima di chiudere definitivamente la porta, augurandosi di averne così aperta una più grande. (*)

(1) Verso "rubato" a Sono una creatura, Giuseppe Ungaretti

(*) Dal 5 aprile 2023 questa storia ha un seguito in Pasqua 1790 https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=4051245&i=1

   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Chevalier1