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Autore: LorasWeasley    22/01/2023    2 recensioni
future|fic [kuroken|iwaoi|ushiten|semishira|futaone]
Raccolta di OS dove Natsu si ubriaca prima di andare a una cena con i suoi genitori e quelli di Kea; Ami scrive ff strane su tutti i suoi amici; Haru distrugge le cose dei suoi genitori e molto altro!
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Mika Yamaka, Tendo Satori, Tetsurou Kuroo, Tooru Oikawa
Note: Kidfic | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Future Fic with Babies'
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Essere accettati


Ormai Kuro Tetsuro aveva dovuto accettarlo come fidanzato di suo figlio, questo Natsu lo sapeva bene, ma il ragazzo aveva sempre avuto la certezza che l’avesse fatto non perché gli piacesse davvero ma perché non poteva fare altrimenti.
Di conseguenza, Natsu faceva di tutto per provare a farsi piacere di più ogni singola volta che si incontravano, dal portargli le sue birre preferite quando veniva invitato a pranzo all’evitare di parlare di suo padre davanti a lui.
Finché, un giorno, decise che avrebbe fatto quel passo in più, porgendogli quella domanda che avrebbe potuto avvicinarli o allontanarli del tutto.
-Signor Kuro…- Natsu si stava torturando le mani mentre raggiungeva l’uomo nel suo garage dove stava pulendo la sua moto -ehm… volevo chiederle… se e quando ha tempo non è che potrebbe insegnarmi a murare? Insomma… Kea mi ha detto che al liceo era considerato uno dei migliori centrali del suo anno per il suo tempismo nel murare le schiacciate.
Kuro alzò un sopracciglio sorpreso da quella richiesta, poi chiese a sua volta -Non sei già al terzo anno?
-Sì, ma vorrei continuare a giocare a pallavolo dopo il liceo… come mio padre.
-E perché non hai chiesto a lui?
Natsu arrossì -Lui mi ha insegnato tante cose, ma so già murare come lui, vorrei diventare più bravo…
Tetsuro lo esaminò con lo sguardo per dei secondi infiniti, secondi nei quali Natsu ebbe davvero paura che l’uomo stesse cercando un modo per farlo fuori, poi fece un sorriso per nulla rassicurante e rispose -Certo che ti aiuterò, così potrò sbattere in faccia a tuo padre che sono un insegnante migliore di lui.
Natsu iniziò a sudare freddo, ma in cosa si era andato a cacciare?
 
Kea era abituato ad Haru e Diane che discutevano ogni volta che si vedevano da quando si erano conosciuti, di conseguenza era convinto di poter sopportare tutto senza problemi.
Tuttavia, non aveva messo in conto suo padre Tetsuro e il padre di Natsu che non riuscivano a stare zitti per trenta secondi di fila.
Kea era sugli spalti a guardare una delle partite di Natsu, purtroppo per lui però c’erano anche i due adulti sopracitati. Il padre di Natsu era lì perché, essendo giustamente suo padre, non voleva mancare alle partite del figlio quando non doveva lavorare. Tetsuro invece era lì perché, a detta sua, “voglio vedere i frutti dei miei insegnamenti sul ragazzo”.
Così, i due adulti che tanto adulti non erano, non avevano fatto altro che litigare da quando si erano seduti vicini.
Natsu che murava una parallela e Tetsuro si vantava -Visto? Tutto frutto dei miei insegnamenti!
Natsu che faceva un ace e Suguru affermava -Hai guardato bene, stupido gatto? Sono queste le cose importanti che io ho insegnato a mio figlio.
Natsu che prendeva un pallone con la faccia rotolando a terra -...bene, questo glielo hai sicuramente insegnato tu.
-Questo non l’ha mai fatto prima dei tuoi insegnamenti di merda!
Kea sospirò mentre portava entrambe le mani a massaggiarsi la testa, ma perché diavolo si era seduto con loro? Ah già, lui e la sua stupida promessa a papà Kenma dove affermava che avrebbe fatto in modo che Tetsuro non si mettesse nei guai.
Non appena la partita finì con la vittoria del Nohebi, Kea fu il primo ad alzarsi pronto a scappare via da quei due, peccato che questi avevano deciso di seguirlo per congratularsi con Natsu.
L’adolescente si diresse fuori dalla palestra, nel corridoio dove lui e il giocatore si davano sempre appuntamento una volta finita la partita, dove potevano salutarsi e commentare brevemente le varie azioni prima che Natsu andasse a cambiarsi riunendosi con la squadra.
Il suo ragazzo era già lì, ma il sorriso di Kea gli morì sul volto quando vide che stava parlando con due ragazzi, due ragazzi che riconobbe come i suoi ex amici, quelli che lo stavano insultando la sera che si erano conosciuti.
Affrettò il passo e riuscì a sentire parte della frase che uno dei due gli stava rivolgendo con disprezzo -...nella squadra resti comunque uno sfigato, non credere che sia cambiato qualcosa! E poi che schifo, sapevamo che eri davvero un finocchio. Evita di parlarci ancora, non vogliamo essere associati a quelli come te.
Non l’aveva sentito solo Kea, ma l’avevano sentito anche i loro genitori, furono infatti proprio questi a intervenire prima che chiunque altro potesse dire qualcosa.
Suguru aveva uno sguardo di puro odio negli occhi mentre raggiungeva il gruppetto e afferrava per il bavero il ragazzo che aveva parlato, stringendo un po’ troppo forte mentre sbraitava -COSA CAZZO TI SEI PERMESSO DI DIRE SU MIO FIGLIO!?
Tetsuro intervenne all’istante prendendogli il braccio per fargli lasciare il ragazzo, il quale tossì e fece subito due passi indietro spaventato.
-Suvvia Suguru- stava dicendo Kuro con un tono calmo e pacifico -non fare queste cose davanti il prossimo giocatore della giovanile giapponese, non vorrai mica rovinargli la carriera, giusto?
Kea vide suo padre assottigliare lo sguardo e girarsi verso i ragazzi, anche lui era furioso e pronto ad attaccarli con le sue armi principali: le parole.
-Mi sono permesso di ascoltare le vostre idee e non starò qui a farvi la predica visto che fortunatamente non sono io uno dei vostri genitori, ma sì, fanno schifo. Quindi siete pregati di stare lontano da lui, nessuno vuole che venga associato a gente come voi, soprattutto non quando ha buone probabilità di giocare nella nazionale giapponese, la quale sarebbe decimata se avessero escluso tutti gli omosessuali.
Sorrise continuando a fingersi gentile e disponibile, ma Kea lo conosceva troppo bene per non sapere la bomba che stava per sganciare su di loro.
-Voglio essere gentile quindi ti darò un consiglio: inizia a concentrarti sulla tua vita ed evita di dare il tormento alle persone che ti stanno intorno solo perché sono qualcosa che tu non hai il coraggio di ammettere, perché continuando in questo modo ti ritroverai a fare un lavoro che odi per pagarti una tv dove le sue partite verranno trasmesse. Non una grande prospettiva, vero?- sorrise ancora, questa volta in modo più sadico, poi concluse -Ah, quasi dimenticavo. Non mi piace molto vantarmi ma io e mio marito abbiamo più potere economico della mafia, quindi provate ancora ad avvicinarvi a mio figlio e dovrete espatriare per trovare un lavoro.
I due ragazzi scapparono via terrorizzati e tutti erano certi che non li avrebbero più rivisti.
Natsu aveva gli occhi lucidi e Kea lo raggiunse stringendogli il braccio e sorridendogli dolce, gli avrebbe anche detto qualcosa se non fosse stato interrotto dai due adulti che ripresero a litigare.
-Hai preso appunti, Suguru? É così che si difende la famiglia senza finire in carcere.
Daisho lo ignorò sbottando -Perché diavolo hai detto che è tuo figlio?
-Sta con Kea da troppo tempo, ormai è entrato automaticamente nella famiglia.
-Quindi posso dire che Kea è mio figlio?
-NON TI AZZARDARE!
-NON PUOI USARE DUE PESI E DUE MISURE!
Kea mormorò -Ti prego andiamo via, non li sopporto più, sembrano una vecchia coppia sposata e la cosa mi destabilizza.
Natsu tirò su con il naso e borbottò -Tuo padre mi ha accettato…
-L’aveva già fatto- rispose Kea con il tono di chi pensava che fossero tutti scemi tranne lui.
-Ma ora… ora è ufficiale- tirò su con il naso nuovamente.
L’altro sbuffò, ma sorrise impercettibilmente mentre lo abbracciava e gli asciugava le lacrime che erano scese sulle sue guance. Capiva perfettamente la sua felicità, aveva lottato tanto per farsi accettare da suo padre e Kea non poteva fare altro che essere orgoglioso di entrambi. Ma Natsu non sapeva ancora in cosa si era andato a cacciare, essere considerato parte della famiglia significava partecipare ai barbecue dei Bokuto e lì sì che si sarebbe pentito delle sue scelte di vita.
  
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