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Autore: _Cthylla_    01/02/2023    0 recensioni
[Sequel della fanfic del 2013 “The Specter Bros’”]
Dopo la battaglia che ha portato alla distruzione dell’Omega Lock, molte persone in entrambe gli schieramenti si sentono perse o hanno perso qualcosa -o, ancora, qualcuno.
Il ritorno di vecchie conoscenze più o meno inaspettate sarà destinato a peggiorare ulteriormente la situazione o porterà qualcosa di buono?
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Autobot, Decepticon, DJD/Decepticon Justice Division, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Transformers: Prime
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
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In questo capitolo bonus, precedentemente, una ona shot a se stante che ho deciso di accorpare qui, parla anche di cose presenti in "(Not) the odyssey" ma conoscere quella fanfiction non è altrettanto necessario a fini di comprensione :) buona lettura!














Stranieri













Lord Megatron, uscito dall’alloggio di Soundwave, iniziò a riflettere sul fatto di trovarsi vicino ai propri obiettivi più di quanto fosse mai stato.
Optimus Prime era offline, il resto del suo team lo era a sua volta, il nuovo Omega Lock era stato costruito, non mancava molto a completare la formula dell’energon sintetico e finalmente Megatron avrebbe potuto rimediare a ciò che la guerra da lui iniziata aveva causato: la rovina di Cybertron, la morte della stessa patria che eoni addietro avrebbe tanto voluto salvare, purificandola da una nobiltà corrotta nella sua quasi totalità.

“Erano tempi diversi”.

Pur con tutto il marcio che aveva avuto modo di vedere anche nell’arena di Kaon, che non era poco, guardando indietro non faticava a rendersi conto di quanto all’epoca fosse stato disperatamente idealista già solo nell’aver pensato di essere diverso da quegli stessi nobili che aveva fatto massacrare. O meglio: forse “diverso” lo era stato, almeno all’epoca, ma non lo era più e lo sapeva benissimo da molto tempo, per quanto avesse potuto cercare di ammantare di filosofia tutte le atrocità commesse e lasciate commettere dai suoi sottoposti.

Il Megatronus di allora non avrebbe approvato che, con la motivazione della genesi stessa del pianeta Terra, un’intera razza perlopiù inconsapevole della loro esistenza e presenza sul pianeta fosse spazzata via, né il Megatronus degli inizi, quando gli Autobot si erano perlopiù dispersi, avrebbe cercato di rivolgere contro le specie organiche la rabbia del movimento che aveva creato. Era logico che suddette specie avessero iniziato a vedere i cybertroniani come una minaccia, data la portata e l’estensione della guerra civile, era logico che il tutto si fosse inasprito quando lui aveva deciso di attaccare, attaccare e attaccare ancora spazzandone via di intere e creando colonie Decepticon al loro posto.

Lo sapeva, si rendeva conto di questo e di molte altre cose, e decideva ogni giorno di persistere. Il concetto di “muoversi per inerzia”, se fatto persona, sarebbe potuto essere sintetizzato in “Megatron”.

“Sì e no. Dopotutto in alcune cose credo ancora” pensò.

Se il suo fosse un crederci o un voler crederci era qualcosa che non sapeva e che forse non voleva sapere affatto. C’era una reale differenza, poi? Lord Megatron aveva iniziato a pensare di no. Alla fine tutto quel che contava era proprio la volontà e, per quanto consunta dal peso di eoni ed eoni di vita e di orrore, la sua era ancora fatta del metallo più resistente che si potesse concepire.

Continuò a camminare nei corridoi bui della Nemesis e, resosi conto di non aver mangiato quella manciatina di chips di rame rubate dal pacco che aveva portato a Soundwave, si trovò a pensare a lui e al suo recentissimo divorzio. Era finita male ma, se non avesse capito che era tempo di concludere, tra lui e Spectra Specter sarebbe potuta finire molto peggio -già solo perché la ragazza in questione aveva legami pericolosi. Non era sicuro di quale etichetta avrebbe potuto dare a ciò che Tarn aveva mostrato nei riguardi di quella femme né sinceramente aveva la minima voglia di rifletterci sopra, tantomeno di chiederglielo. Se non altro sentiva di essere a posto con la coscienza: lui aveva fatto quel che poteva perché fosse libera di scegliere, Spectra aveva ricambiato avvisandolo di quel suo sogno potenzialmente profetico e non iniziando a detestarlo nello scoprire l’ingerenza nel suo matrimonio, dunque erano pari. Essere stata cresciuta da Spectrus l’aveva abituata a sentirsi a proprio agio con dei mostri, poteva essere emotiva, ingenua -meno di quanto sembrasse- e poteva avere un lato impulsivo ma non era un’ingrata, non era cattiva, non lo era mai stata e dubitava che potesse diventarlo… finché avesse continuato ad avere la volontà di non farlo.

Le chips di rame finirono nella sua bocca e si trovò a pensare che il concetto della volontà si poteva ritrovare in tutto, anche in Soundwave. Serviva volontà per cercare di riportare nei giusti binari qualcosa che era deragliato da tempo, ne serviva altrettanta per decidere di mollare il colpo senza continuare a intestardirsi facendo male solo a se stesso.

In certi casi serviva più volontà per mollare che per continuare.



“Chips di rame e femmes, mi risulta che ne sappia qualcosa anche tu. Io perlomeno so come si chiama”.



Anche Soundwave non aveva iniziato a detestarlo ma questo non significava che gli avesse risparmiato il sarcasmo. Lui, Megatron, aveva incassato il colpo: era meritato.



Dopo l’aiuto, non vuoi darmi anche la tua designazione?”

“Assolutamente no”.

Senti un po’-”

“Fuori”.

“Tempo finito, l’hai sentito. Arrivederci o addio, Straniero”.

“Tu tornerai! La prossima volta e anche le altre”.




La Straniera non era mai tornata.

I ricordi invasero il suo processore come uno tsunami, tanto quelli dei rapporti consumati con lei nel suo alloggio di gladiatore quanto quel che era venuto dopo la scomparsa di quella femme dalla sua esistenza. Aveva creduto di essere superiore a certe amenità ma aveva scoperto di sbagliarsi ogni volta in cui, nell’arena, il suo sguardo era corso tra gli spettatori con la speranza inutile e maledetta di incrociare quel suo sguardo dorato; inutile, sì, perché quando lei c’era stata non aveva mai avuto bisogno di cercarlo, lo aveva sempre percepito chiaramente come avrebbe potuto percepire la lama di un pugnale infilata nel petto.

In quel periodo il giovane se stesso aveva pensato a tante cose e ne aveva provate altrettante, dalla profonda amarezza all’idea che lei potesse aver deciso di troncare cercando qualcosa che reputasse migliore -col sottinteso che lui non fosse all’altezza- alla rabbia, perché avrebbe potuto almeno salutarlo un’ultima volta, alla preoccupazione. “Se le avessero fatto del male? Se fosse morta? Se le avessero fatto tutto questo perché hanno, forse, trovato le pagine che IO ho scritto?”.
A un certo punto era stato costretto a venire a patti col fatto di non poter mai sapere com’era andata davvero, perché quella testarda non aveva mai voluto rivelargli niente di sé, neppure la designazione, dunque non avrebbe saputo neanche da dove iniziare a cercare notizie. “Troncare cosa, poi?”, si era ripetuto centinaia e centinaia di volte. Non c’era mai stato nulla da “troncare”, all’atto pratico la Straniera era stata una delle femmes che avevano voluto delle connessioni con lui e nulla di più.

Per lui forse non era stato così ma alla realtà non importava mai alcunché dei sentimenti di chicchessia.

Il tempo e tutto quel che era accaduto l’avevano aiutato a smettere di pensarci. C’erano stati tanti altri luoghi, tanti altri danni, tante altre donne… ma nessuna che avesse tenuto vicina troppo a lungo -per un motivo o l’altro- e nessuna alla quale avrebbe chiesto in diretta televisiva di raggiungerlo, contrariamente a quel che aveva fatto in quel Chosen One Day di tanto tempo fa.

Procedette ancora, intenzionato ad andare nel laboratorio in cui Shockwave, Knockout, il medico Autobot e Vos della DJD stavano lavorando all’energon sintetico. Capitava che ogni tanto al gruppo si unisse anche Tesarus. Cos’avesse a che fare un ex demolitore con quella faccenda e perché potesse essere interessato, solo il cielo lo sapeva e avrebbe continuato a saperlo. Era un’altra di quelle cose che non aveva la minima intenzione di domandare.

Svoltato l’angolo vide il Decepticon in questione fuori dalla porta del laboratorio, apparentemente impegnato in una videochiamata.

«… fermoposta, come sempre. Anche Helex non vede l’ora di averle e-…» vedendolo arrivare si interruppe e si mise sull’attenti «Lord Megatron».

Il leader dei Decepticon rispose con un breve cenno, pronto a entrare in laboratorio…


Ciao, Straniero.


Salvo bloccarsi dopo quella che doveva essere stata un’allucinazione uditiva o forse no, dal momento che Tesarus era effettivamente al telefono con qualcuno.

“Possibile che quel qualcuno sia PROPRIO-

I millisecondi passati immobile erano anche troppi per i gusti di Megatron e il suo stesso ruolo prevedeva che in una situazione simile agisse e si togliesse il dubbio, invece di restare fermo come un idiota.

«Datapad» disse dunque a Tesarus «E resta dove sei».

Il boia della DJD lo accontentò senza esitazione alcuna, com’era giusto che fosse, e dopo poche falcate Megatron raggiunse una stanza vuota nella quale si chiuse.

«Sei ancora lì?» domandò prima di sollevare il datapad.


Salutare e chiudere subito non avrebbe avuto troppo senso.


Era davvero lei, avrebbe riconosciuto la sua voce tra milioni.
Quale assurdo scherzo del destino, al livello di “parli di un demone e spunta la coda”.

I sentimenti provati riguardo il tutto erano altamente contrastanti ma, di nuovo, decise di restare nel personaggio e agire, posando le ottiche su una persona che aveva “accantonato” ma non dimenticato… e restando, almeno internamente, pietrificato da quel che vide. I milioni di anni trascorsi potevano essere stati inclementi con lui sotto certi aspetti ma vedere le condizioni di quella femme gli causò una sgradevolissima stretta allo stomaco dovuta a del genuino dispiacere, sebbene lui nel tempo avesse ridotto molto peggio tante altre persone. Le altre persone però non erano qualcuno cui un tempo aveva pensato, ripensato e ripensato ancora.

La sua ex amante non aveva più un braccio, sembrava non avere più né metà della parte superiore del corpo né le gambe -per quel che riusciva a vedere- e neppure la maggioranza del volto, tutto sostituito da parti che la facevano somigliare a un ibrido tra una femme e un’inquietante bambola capace di parlare.


Sono un po’ in ritardo per gli scontri nell’arena di Kaon – disse la femme – Come vedi ho avuto qualche cybergatta da pelare, anche se forse è il caso di dire che le cybergatte in questione hanno pelato me. Letteralmente. C’è di buono che ho perso peso senza sforzo!


I “capelli” che si erano avvolti attorno ai suoi polsi e alla sua gola però erano ancora lì, la sua linguaccia maledetta era ancora lì -e poté avvertire le proprie labbra tendersi in un sogghigno per le parole che aveva sentito- e anche il suo sguardo, sebbene le fosse rimasto un singolo sensore ottico, era ancora quello, dorato e fiero, senza alcun problema a sostenere il suo nonostante tutta l’acqua passata sotto i ponti e qualsiasi cosa, di certo orrenda e dolorosa a livelli inimmaginabili, le fosse successa.
Era ancora la sua Straniera, anche se “sua” mai stata -almeno non a livello ufficiale.

«Mi hai mollato per una dieta e adesso rispunti così, donna? Milioni di anni e non ti sei sprecata neppure a fare un saluto, e sì che ero bene in vista».


Mi risulta che oltre a essere bene in vista fossi anche molto impegnato.


«Ci puoi giurare. Però sono un mech che sa gestire bene il proprio tempo» replicò Megatron «Avrei potuto trovarne anche per quello».


Non è andata così, dunque non c’è granché da aggiungere. Mi dicono che ci siano buone notizie per questo pianeta? Non sono scesi nei dettagli. -


«Sei a Cybertron?! Sapevo di comunità di persone ostinate che non hanno voluto lasciare alcune zone di quel pianeta morto. Avrei dovuto immaginarlo. Dove altro saresti potuta essere se no, testarda come sei?» disse il leader dei Decepticon. «Confermo le buone notizie. A breve non sarà più morto».


Molto bene.


«… tra le altre cose mi chiedo come e perché tu sia venuta in contatto con la Decepticon Justice Division» aggiunse Megatron, dopo aver riflettuto su chi fosse il proprietario del datapad che stava utilizzando.


Conosco il loro capo da molto prima di tutti loro e di te, Straniero. Se te lo stai chiedendo, sì, quando mi ha conosciuta ero già dimagrita da un bel po’... e lui non aveva ancora avuto il piacere di incontrare il Senato.


Avrebbe potuto ricevere notizie di quella femme eoni addietro se solo avesse indagato più a fondo nella vita pre-empurata del suo inquisitore fanatico. Non aveva neppure pensato di farlo, in primis perché in realtà Tarn in ogni sua incarnazione era una delle tante cose di cui non gli era mai importato davvero, contrariamente a quanto credeva Tarn stesso, e ne aveva pagato il prezzo senza saperlo.

“Le cose avrebbero potuto essere diverse…”

Le cose e anche la Straniera. Se era stato quel che era successo al suo corpo a tenerla lontana, se non era stato per disinteresse o perché aveva trovato (un) altro che aveva smesso di venire a Kaon, allora avrebbe potuto fare qualcosa. Avrebbe potuto tenderle la mano e farle riavere la sua, insieme al resto del corpo e a un badge da Decepticon. Ricordando le loro connessioni era piuttosto certo che nessuno avrebbe avuto da ridire se avesse deciso di tenere con sé una simile macchina da battaglia.

«Capisco. Avrai modo di darmi altri dettagli in futuro» disse, perfino.

Prima aveva riflettuto su quanto fosse cambiato rispetto alla sua versione giovane, idealista e con dei sogni, ma forse quel Megatron non era morto del tutto se nel suo processore ronzavano ancora simili pensieri riguardo qualcuno che l’aveva colpito profondamente in gioventù -il tutto senza chiedersi se lei, allora come adesso, l’avrebbe pensata allo stesso modo.
La parte più cinica di lui era molto chiara nel suggerirgli che il divorzio di Soundwave avrebbe dovuto fungere da promemoria, che stesse solo inseguendo un sogno finito prima di iniziare, magari nel tentativo di portare ulteriore linfa vitale a quel momento di “stanca” dove il troppo rimuginare smorzava addirittura l’entusiasmo dovuto alla prospettiva di utilizzare l’Omega Lock, ma un’altra parte diceva “Perché no? Perché no? Raggiunti i tuoi obiettivi principali, perché non provare a raggiungere anche questo? Perché non concederti di provare a riprendere quel che è stato interrotto?”.
C’erano sogni peggiori da inseguire… e quelli dai quali invece era inseguito, poi, erano a tutt’altro livello di “peggiore”.

«Credo che ormai sia questione di giorni prima che io torni a mia volta su Cybertron» proseguì «Sogni “profetici” mortiferi permettendo» si trovò ad aggiungere, quasi tra sé e sé.


Prego?


«Sul pianeta in cui mi trovo ora ho avuto modo di fare alcuni incontri piuttosto peculiari, inclusa una femme che fa sogni pericolosi. Dubito che mi riunirò all’Allspark tanto presto, specie dopo essere stato avvertito» minimizzò l’ex gladiatore, forse per convincere se stesso in primis «Non hai di che allarmarti, Straniera. A proposito, vuoi dirmi o no il tuo nome? Credo di aver aspettato abbastanza».

La femme, senza rispondere, continuò a guardarlo per qualche breve istante.


Scylla – disse – Il mio nome è Scylla e abito nella città di Tarn, dove ho sempre vissuto. Fabbrico bambole.


«Scylla» ripeté Megatron «Ora so dove venirti a cercare e lo farò».

Era soddisfatto di conoscere la designazione di quella femme testarda come un mulocon, finalmente. Forse lei stessa a quel punto desiderava di essere trovata, motivo per cui aveva desistito dal continuare a nascondergli il tutto.

“Fabbricante di bambole… un mestiere peculiare” pensò “Ma d’altra parte è peculiare lei stessa”.


No, Megatron – disse Scylla – Non lo farai.


«Non credi alla mia parola?» ribattè lui, sottilmente inquietato dal modo e dal tono in cui lei aveva risposto.


Posso credere che tu sia convinto di quel che dici – replicò lei – Ma ormai è irrilevante. In ogni caso non mi pento di aver sfruttato l’occasione per una passeggiata sul viale dei ricordi... – sollevò l’unica mano rimastale in un cenno di saluto – Addio, Straniero.


«Scylla-»

La femme terminò la videochiamata, e l’unica immagine che gli restituì lo schermo del datapad fu la sua.

Rimase qualche istante solo, in silenzio, a rimuginare sulle ultime frasi che Scylla gli aveva rivolto, per poi uscire dalla stanza, restituire il datapad a Tesarus ed entrare nel laboratorio come aveva previsto di fare.

Scervellarsi sulle parole di quella testarda era inutile, dimostrarle il contrario con le proprie azioni non lo sarebbe stato e, una volta giunto il momento, era esattamente ciò che avrebbe fatto.





***





«… nient’altro. Non so cosa si siano detti, Lord Megatron è andato a parlare da un’altra parte» riferì Tesarus a Tarn «E Scylla non era più in linea quando mi ha restituito il datapad. Non solo, oltre a questo non ha risposto quando ho provato a richiamarla. La sola fortuna è che avessimo sistemato i nostri affari prima».

“Nulla di tutto questo promette bene” pensò Tarn.

«Hai fatto bene a riferirmelo, Tesarus».

«Non avevo idea che lei e Lord Megatron si conoscessero…»

«Io neppure».

Tesarus assunse un’aria pensierosa. «Che si conoscano per le stesse ragioni per cui io e Helex…»

Silenzio.

Tesarus aveva avuto almeno il buonsenso di non completare il pensiero riguardo il fatto che Lord Megatron potesse conoscere Scylla per questioni triviali come le bambole erotiche, perché sicuramente era ciò cui si riferiva -Tarn era al corrente di quel dettaglio? Sì. Avrebbe fatto volentieri a meno? Sì! - dunque, concedendogli che il suo stato confusionale potesse essere derivato dalla stranezza dell’accaduto, lasciò che se Tesarus ne andasse rapidamente dopo che questi ebbe borbottato la prima scusa che gli era venuta in mente.

Megatron non era il solo a essersi sentito inquietato a causa di quella telefonata: Tarn, pur non essendone consapevole, ora gli faceva compagnia. Non sapeva se fosse più perché Lord Megatron aveva parlato con Scylla, per il fatto che i due sembrassero conoscersi per qualche ragione -“E in tutto questo tempo mai che lei abbia detto una parola a riguardo!”- o per il silenzio di Scylla, tutt’altro che normale. Se e quando lui e la sua squadra sarebbero passati in città, chiederle alcune spiegazioni sarebbe stata la prima cosa che avrebbe fatto.

“Posso veramente cercare di indagare su dettagli personali di Lord Megatron? È andato a conversare con lei altrove, dunque qualsiasi cosa sia vuole che resti privata” rifletté poi, fortemente indeciso “Però, se chiedessi a Scylla del suo punto di vista riguardo la questione, starei indagando su di lei… non direttamente su di Lui”.

Concluse che quella linea d’azione potesse andar bene e, ancor meno sereno di quanto non si sentisse da quando era venuto a conoscenza del sogno di Spectra, diede un’occhiata all’ora e decise che passare in infermeria non era una brutta idea.
   
 
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