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Autore: New Moon Black    02/02/2023    0 recensioni
Dopo il tentato suicidio nel buttarsi da un palazzo abbandonato, Mikey non ricorda del perché si trovasse lì e non ha la vaga idea di come abbia fatto a sopravvivere all'impatto.
Ricoverato in ospedale e su consiglio dei dottori e del suo infermiere di fiducia, un certo Takemichi Hanagaki, a Manjiro Sano gli viene dato il "diario della degenza".
Guidato dalla determinazione di quell'infermiere, per lui stranamente familiare, l'ex Boss della Bonten comincia la sua cosiddetta "ricerca" su se stesso: sul perché si sia ridotto allo stremo delle forze, chi fossero quelle figure che, di tanto in tanto, facevano visita nei suoi ricordi passati e per quale ragione sentiva, quelle emozioni negative, tormentargli il suo animo.
Ma soprattutto, voleva sapere, chi era la persona che gli aveva salvato la vita.
---
Storia partecipante a "Diario di Degenza" a cura del gruppo "Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction" di facebook.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Manjirou Sano, Takemichi Hanagaki
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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*Iniziativa: questa storia partecipa a “Diario di Degenza”
a cura del gruppo
Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction di facebook.
*Fandom: Tokyo Revengers.
*Numero Parole: 2874.
*Genere: Hurt/Comfort, Angst, Introspettivo.
#DiariodiDegenza
#Entry2
TW: linguaggio scurrile, menzioni a malattie particolari, quali amnesia ed anoressia.

 
 
 

6 Gennaio 2018
 
 
 
Centro Medico della Croce Rossa Giapponese, Shibuya, Tokyo.
Stanza 208, area riabilitazione, ore 05:40 del pomeriggio.
 
 
Sono successe molte cose in questi giorni, stando in questo ospedale.
Non saprei nemmeno da dove posso cominciare... perché sono tante informazioni da digerire.
Cazzo, se sono tante.
Ma partiamo con quello che è successo questa mattina, che ha dell'incredibile.

C̶o̶m̶'è i̶n̶c̶r̶e̶d̶i̶b̶i̶l̶e̶ i̶l̶ f̶a̶t̶t̶o̶ c̶h̶e̶, o̶l̶t̶r̶e̶ a̶ n̶o̶n̶ a̶v̶e̶r̶ a̶n̶c̶o̶r̶a̶ d̶i̶s̶f̶a̶t̶t̶o̶ q̶u̶e̶s̶t̶o̶ d̶i̶a̶r̶i̶o̶, s̶o̶n̶o̶ q̶u̶i̶ a̶ p̶a̶r̶l̶a̶r̶n̶e̶.
S̶e̶n̶z̶a̶ c̶h̶e̶ m̶i̶ s̶a̶l̶e̶ q̶u̶e̶l̶ f̶o̶r̶t̶e̶ i̶m̶p̶u̶l̶s̶o̶ d̶i̶ v̶o̶l̶e̶r̶ d̶i̶s̶t̶r̶u̶g̶g̶e̶r̶e̶ q̶u̶a̶l̶c̶o̶s̶a̶ ... o̶ q̶u̶a̶l̶c̶u̶n̶o̶.

Mi ero svegliato di soprassalto alle prime luci dell'alba, sudato e tremante,
complice un incubo che mi stava tormentando da giorni, se non settimane.
Non starò qui a parlarne, perché era così confuso ed offuscato che, nemmeno io, ho capito cosa è successo...

S̶o̶ s̶o̶l̶o̶ c̶h̶e̶ c̶'e̶r̶a̶ u̶n̶'o̶m̶b̶r̶a̶... m̶i̶ a̶v̶v̶o̶l̶g̶e̶v̶a̶ o̶v̶u̶n̶q̶u̶e̶, f̶i̶n̶o̶ a̶ c̶h̶e̶ n̶o̶n̶ s̶o̶f̶f̶i̶c̶a̶v̶o̶ e̶ a̶n̶n̶a̶s̶p̶a̶v̶o̶, d̶i̶s̶p̶e̶r̶a̶t̶o̶.
P̶i̶ù v̶o̶l̶t̶e̶ m̶i̶ a̶g̶i̶t̶a̶v̶o̶ e̶ c̶h̶i̶e̶d̶e̶v̶o̶ a̶i̶u̶t̶o̶, p̶i̶ù s̶e̶n̶t̶i̶v̶o̶ l̶a̶ p̶r̶e̶s̶e̶n̶z̶a̶ d̶i̶ q̶u̶e̶l̶l̶'e̶s̶s̶e̶r̶e̶ d̶e̶n̶t̶r̶o̶ d̶i̶ m̶e̶...
p̶o̶t̶e̶v̶o̶ s̶e̶n̶t̶i̶r̶e̶ l̶a̶ s̶u̶a̶ r̶i̶s̶a̶t̶a̶, m̶a̶c̶a̶b̶r̶a̶ e̶ s̶p̶e̶t̶t̶r̶a̶l̶e̶, c̶h̶e̶ s̶i̶ p̶r̶e̶n̶d̶e̶v̶a̶ g̶i̶o̶c̶o̶ d̶i̶ m̶e̶.

La prima cosa che ho pensato, quando buttai via le coperte da dosso, fu che... avevo una gran voglia di vomitare l'anima.
Ricordo di aver corso verso il bagno e strappato via gli aghi della flebo e tutto,
ignorando così sia il prurito che avevo al braccio destro... e il sangue che mi sporcava il pigiama dell'ospedale.
Come spalancai la porta, fiondai subito la testa nel cesso e poi.... ho cacciato fuori tutto.
Ho rigurgitato ogni cosa, fino a quando non rimasi senza forze e poggiare poi la testa al muro.
Era freddo, ma almeno mi ha dato un po' di sollievo.

P̶o̶r̶c̶a̶ p̶u̶t̶t̶a̶n̶a̶, a̶ f̶u̶r̶i̶a̶ d̶i̶ v̶o̶m̶i̶t̶a̶r̶e̶ q̶u̶e̶l̶ m̶i̶s̶c̶u̶g̶l̶i̶o̶ n̶a̶u̶s̶e̶a̶b̶o̶n̶d̶o̶ t̶r̶a̶ s̶a̶l̶i̶v̶a̶,
a̶c̶i̶d̶o̶, m̶i̶n̶e̶s̶t̶r̶a̶ d̶i̶ p̶o̶l̶l̶o̶, s̶p̶i̶n̶a̶c̶i̶ e̶ k̶i̶w̶i̶, m̶i̶ f̶a̶c̶e̶v̶a̶ m̶a̶l̶e̶ l̶a̶ g̶o̶l̶a̶.

E pensare che, tutte queste cose, le avevo mangiate per cena, ieri sera... è assurdo.
Non che facesse realmente schifo la cucina della nonnina Kaede,
quell'infermiera tanto gentile ed allegra che si era occupata di fasciarmi le mani,
anzi, tutto quello che faceva era buonissimo.
Molte volte è riuscita a farmi venire sia la bava alla bocca che il brontolio nella mia pancia
(e questo... è tutto dire), quando poi le dicevo, esplicitamente, che non avevo alcuna voglia di mangiare.
Però... c'erano quei brutti momenti in cui, quando riuscivo a consumare un pasto dal vassoio,
mi pentivo di aver provato gioia per aver addentato, con la forchetta, un pezzo di carne.
Anche, con un semplice brodo caldo di verdure.

C̶'e̶r̶a̶ u̶n̶a̶ v̶o̶c̶e̶, n̶e̶l̶l̶a̶ m̶i̶a̶ t̶e̶s̶t̶a̶, c̶h̶e̶ m̶i̶ d̶i̶c̶e̶v̶a̶: "C̶h̶e̶ c̶a̶z̶z̶o̶ s̶t̶a̶i̶ f̶a̶c̶e̶n̶d̶o̶, c̶o̶g̶l̶i̶o̶n̶e̶?
S̶p̶u̶t̶a̶ t̶u̶t̶t̶o̶, n̶o̶n̶ t̶e̶ l̶o̶ m̶e̶r̶i̶t̶i̶."

Mi saliva l'ansia ogni volta che la nonnina portava, sia pranzo che a cena,
tutti i pasti nella mia stanza e cercava di incoraggiarmi a prendere qualche boccone, visto che ai suoi occhi ero "sciupato".

E̶ a̶n̶c̶o̶r̶a̶, q̶u̶e̶l̶l̶a̶ v̶o̶c̶e̶, c̶h̶e̶ m̶i̶ t̶o̶r̶m̶e̶n̶t̶a̶v̶a̶ e̶ m̶i̶ s̶b̶r̶a̶i̶t̶a̶v̶a̶ c̶o̶n̶t̶r̶o̶, d̶i̶c̶e̶n̶d̶o̶ q̶u̶a̶l̶c̶o̶s̶a̶ c̶o̶m̶e̶:
"B̶r̶u̶t̶t̶a̶ m̶e̶g̶e̶r̶a̶, s̶e̶ t̶i̶ d̶i̶c̶o̶ c̶h̶e̶ n̶o̶n̶ l̶o̶ v̶o̶g̶l̶i̶o̶, è p̶e̶r̶c̶h̶è n̶o̶n̶ l̶o̶ v̶o̶g̶l̶i̶o̶!
Q̶u̶e̶l̶ s̶o̶r̶r̶i̶s̶o̶ d̶e̶l̶ c̶a̶z̶z̶o̶ t̶e̶ l̶o̶ i̶n̶f̶i̶l̶o̶ s̶u̶ p̶e̶r̶ i̶l̶ c̶u̶l̶o̶, s̶t̶r̶o̶n̶z̶a̶!"

All'inizio non mangiavo tutto, a stento toccavo quel cosiddetto "Ben di Dio",
ma ricordo perfettamente cosa facevo prima di lasciare il vassoio.
Invece di finire tutte le pietanze, tagliuzzavo con il coltello la mela.
(Non molto affilato a dire la verità, intendo, il coltello da frutta)
Ad ogni modo, lo tagliavo in pezzi molto piccoli e, quando masticavo,
sentivo la polpa e il succo dolce di quel frutto scontrarsi con i miei denti...
Finché, con fatica, mandavo giù quella massa informe in gola.
Era uno strano rito che facevo ogni volta, mattina, pomeriggio e sera,
e sebbene non avevo consumato un pasto completo, riuscivo ad essere sazio per tutta la giornata.
La nonnina, all'inizio, non era molto contenta considerando che fosse in apprensione per la mia condizione e,
molte volte, mi capitava di svenire durante le sedute dallo psicologo.
Eppure, cercava di venirmi incontro.
Certo, m'incoraggiava a migliorare poco a poco il mio rapporto con il cibo,
eppure non mi faceva sentire così... come si dice in questi casi, forzato?
Già, forzato.
Rispetto gli altri dipendenti, che mi costringevano con la forza a mangiare persino un chicco d'uva,
la nonnina Kaede ha sempre rispettato i miei tempi.
Non mi ha mai imposto nulla per ripicca o parlarmi con tono autoritario,
al contrario: la sua rabbia passiva-aggressiva la riversava ai suoi colleghi, specialmente con i novellini.
Ogni tanto mi chiamava con nomignoli buffi, quasi materni, come "Gnappo", "Fagiolino" o "Pulce",
e lo faceva sempre con un sorriso stampato in faccia; mai una volta in cui non mi abbia guardato con tanta gentilezza.
Forse mi vede come un nipote?
Non saprei dirlo... da un lato, mi fa sentire strano provare questo calore nel petto, questa sensazione di pace... di calma.
Però, infondo, non mi dispiace affatto la sua compagnia.
Nemmeno la sua cucina, è davvero brava nel suo lavoro.

M̶a̶ n̶e̶i̶ m̶o̶m̶e̶n̶t̶i̶ i̶n̶ c̶u̶i̶ n̶o̶n̶ c̶'e̶r̶a̶ l̶e̶i̶ a̶ c̶o̶n̶t̶r̶o̶l̶l̶o̶l̶a̶r̶m̶i̶ o̶ a̶ d̶i̶s̶s̶u̶a̶d̶e̶r̶m̶i̶ a̶ f̶a̶r̶e̶ d̶i̶ p̶i̶ù,
n̶e̶l̶ m̶o̶d̶o̶ c̶h̶e̶ s̶o̶l̶o̶ l̶e̶i̶ s̶a̶p̶e̶v̶a̶ f̶a̶r̶e̶... c̶o̶r̶r̶e̶v̶o̶ i̶n̶ b̶a̶g̶n̶o̶, a̶ v̶o̶m̶i̶t̶a̶r̶e̶ a̶n̶c̶h̶e̶ q̶u̶e̶l̶ p̶o̶c̶o̶ c̶h̶e̶ a̶v̶e̶v̶o̶ m̶a̶n̶g̶i̶a̶t̶o̶.

Il punto è che, quando riuscì a ritornare in camera, tra un ansimo e un altro,
e mi misi a letto con fatica... mi ricordai cosa avevo sognato.
O meglio, quale fosse l'incubo che mi aveva terrorizzato, a tal punto, da farmi venire la nausea.
Più che un sogno, sembrava un ricordo di quando ero giovane e...
ho avuto l'impressione di aver già vissuto quel momento.
Ero in una specie di discarica, non solo moto e altre cianfrusaglie di metallo,
ma anche tante automobili e targhe di ogni tipo, delle ombre scure mi circondavano intorno...
ma stranamente, erano molto lontani da me, come se temessero della mia presenza.
Potevo muovermi, parlare e respirare, eppure il mio corpo si rifiutava di spostarsi da quel luogo.
Non capivo il perché di tutto ciò e questo... mi fece sentire solo nervoso.
Frustrato.
Impotente.
Poi, guardandomi bene attorno, notai due cose.
La prima era che tenevo in mano una sorta di talismano, credo che riguardasse la fortuna,
e facevo attenzione a non sporcarne il contorno con il sangue.

E̶r̶a̶ i̶l̶ m̶i̶o̶... o̶ q̶u̶e̶l̶l̶o̶ d̶i̶ q̶u̶a̶l̶c̶u̶n̶ a̶l̶t̶r̶o̶?

Ad ogni modo, ricordo che il colore di quell'amuleto era di un vivido e sgargiante viola,
con vari decori delicati e piccoli kanji in oro, sorretto da una piccola corda a spago.
La seconda, invece, fu che sentivo i singhiozzi disperati di una persona, che piangeva,
e cercava con tutte le sue forze a non urlare a squarciagola.
Alzando lo sguardo, riuscì a distinguere due figure poco lontano da me...
rispetto a quella decina, anzi no, migliaia di ombre che ci circondavano intorno.
Erano due ragazzi: il primo sembrava che andasse alle scuole medie,
complice la semplice divisa scolastica, non potevo vedergli la faccia perché era di spalle ed era chinato in avanti,
ma vidi la sua testa, una zazzera di capelli biondi e paglierini, agitarsi di tanto in tanto.
Facendo scorgere appena la sua pelle chiara dai suoi vestiti,
sgualciti ed impolverati, vidi che aveva vari lividi viola sul suo profilo e alle mani.
L'altro, invece, aveva i capelli neri, legati in una coda di cavallo, il viso bianco quasi scavato,
gli occhi scuri che tremolavano ad ogni battito di ciglia e vari rivoli di sangue che gli uscivano dalla bocca,
sporcando sia il volto e quei insoliti canini da vampiro.
Era sorretto da qualcuno, volevo guardarlo negli occhi ma non riuscì a capire chi fosse.
Anche lui faceva parte di quelle figure misteriose, quelle ombre, senza faccia...
inspiegabilmente, mi tremavano le mani.
Solo più tardi, notai un grosso pugnale che era conficcato nel suo stomaco e,
a giudicare da come fosse posizionato, sembrava che si fosse trafitto da solo, in un punto mortale.
Anche i vestiti, bianco e grigio, si erano imbrattati di sangue,
sporcando persino un laccetto rosso che recitava un nome strano... ma stranamente familiare.
"Valhalla."
Ricordo che nel mio sogno feci del mio meglio per trattenere, invano,
la mole di vomito che mi saliva in gola... ma nel fare ciò, non mi accorsi che stavo piangendo.
Ma perché?
Non sapevo chi fossero quei ragazzi, non capivo nemmeno il perché potevo vedere solo loro due...
eppure, nel profondo del mio cuore, era come se li conoscessi da sempre.
Da tutta una vita, sia l'uno che l'altro.
Ma quali erano i loro nomi?
Non riuscivo a ricordarli...

E̶r̶a̶n̶o̶, f̶o̶r̶s̶e̶... i̶m̶p̶o̶r̶t̶a̶n̶t̶i̶, p̶e̶r̶ m̶e̶?

Il biondino stava dicendo qualcosa a quel ragazzo steso a terra e,
di tanto in tanto, mi guardava dritto negli occhi, fermo, sussurrando a denti stretti perché faceva molta fatica a respirare.
Non riuscì a sentire molto, tranne per una frase...
che mi fece tremare, letteralmente, dallo shock.
Aveva detto:“... in qualche modo, mi ricordi Shinichiro.
Sto lasciando Mikey... e la Toman... Nelle tue mani!”

*Interruzione*

Dopo quell'avvenimento, capitato solo stamane,
ho provato a parlarne sia con quell'infermiere e quello psicologo che, di tanto in tanto,
viene a trovarmi per sapere come stavo e, anche, se stavo iniziando a notare dei cambiamenti riguardo la mia persona.
(O era uno psichiatra? Boh, non capisco la differenza, onestamente).
Entrambi sono rimasti sorpresi da questa mia confessione...
Anche se, ho avuto l'impressione che solo lo strizzacervelli, un certo signor Ibe, aveva avuto una reazione più positiva.
Disse che, in qualche modo, nonostante la mia amnesia aveva voluto oscurare ogni momento della mia vita,
una parte del mio subconscio ha voluto mostrarmi un ricordo, abbastanza casuale, riguardo il mio passato.
Soprattutto, se si trattava di volti di persone che mi conoscevano da tanto tempo.
C'era una possibilità su dieci che sarebbero capitati ancora degli episodi del genere...
ovvero, quello di ricordare, di punto in bianco, chi ero e quali sono stati i miei trascorsi con "quelle" figure misteriose.
Tuttavia, c'era la questione dei cosiddetti "effetti collaterali":
se mi sforzavo a recuperare la memoria tramite esperimenti sensoriali,
potevo subire delle crisi molto violente ed instabili, quali mal di testa, vertigini, spasmi e nausea.
Sicuramente, mi avrebbero messo sotto osservazione e il signor Ibe, entusiasta com'era,
si sarebbe dato da fare per prepararmi ai suoi "approcci", da bravo strizzacervelli quale era.
Non è stato facile digerire quella notizia, scettico com'ero all'inizio sui metodi abbastanza ambigui come l'ipnosi,
eppure non riuscì a non sorridere di gioia, anche se con la mia continua stanchezza e spossatezza, sembravo poco interessato.
Avrei finalmente avuto le mie risposte, avrei capito molte cose riguardo me stesso e,
cosa più importante, avrei potuto comprendere sul perché avevo rischiato di morire.
C'era ancora speranza, persino per uno come me.
Eppure, solo "lui", l'infermiere Hanagaki, non rimase contento da tutto ciò.

S̶e̶m̶b̶r̶a̶v̶a̶ p̶r̶e̶o̶c̶c̶u̶p̶a̶t̶o̶, m̶o̶l̶t̶o̶ p̶r̶e̶o̶c̶c̶u̶p̶a̶t̶o̶, c̶o̶m̶e̶ s̶e̶ f̶o̶s̶s̶e̶ a̶ c̶o̶n̶o̶s̶c̶e̶n̶z̶a̶ d̶i̶ q̶u̶a̶l̶c̶o̶s̶a̶... d̶i̶ c̶u̶i̶ e̶r̶o̶ a̶l̶l̶'o̶s̶c̶u̶r̶o̶.

Era rimasto in silenzio, fermo al suo posto, a mordicchiarsi l'interno guancia.
Non disse nulla, nemmeno una parola.
Al contrario, quasi non cadde a terra quando il signor Ibe non lo scosse forte, molto forte, nelle sue spalle.
Ricordo che egli, prima di mettersi a piangere e lasciare la stanza di fretta e furia,
si fosse ammutolito di colpo e strozzarsi con la saliva quando avevo ripetuto, più volte, queste esatti parole:
discarica, ombre, Shinichiro, Toman e Valhalla.
Perché era scappato via l'infermiere Hanagaki?
Per lui avevano un significato particolare?
Possibile che... sa qualcosa a riguardo?
Non ne ho idea, a dire la verità.
Ma posso dire con certezza che, intorno a lui, c'era un velo di mistero.

*Interruzione*

Passato poi l'orario di pranzo, dopo vari minuti a mangiare lentamente un brodo di pesce,
riso in bianco e tagliuzzare la pelle rugosa del kiwi, sono riuscito ad accaparrarmi la mia cartella clinica.
Tutto grazie allo strizzacervelli, che in preda all'euforia,
si era dimenticato di portarsi via alcuni suoi fascicoli personali e vari documenti di pazienti nel reparto psichiatria.
Insomma, "roba" che solo il signor Ibe sapeva... e io non ero interessato.
E, ovviamente, anche all'assenza di quei infermieri che mi seguivano,
convinti che durante le 5 del pomeriggio, avrei chiuso gli occhi per riposarmi, a fare una siesta.

P̶e̶c̶c̶a̶t̶o̶ c̶h̶e̶... a̶v̶e̶v̶o̶ a̶l̶t̶r̶i̶ p̶i̶a̶n̶i̶.

L'unica cosa che m'importava davvero era di scoprire cosa cazzo scrivevano quei dottori
di tanto importante in quella cartella clinica... e ora, finalmente, era qui, tra le mie mani.
Era arrivato il momento della verità.
Quando la lessi, sono rimasto senza parole.
Letteralmente.
Cito parola per parola, tutto quello che ho potuto comprendere...
perché si sa: i dottori hanno, sempre, una calligrafia di merda.
“Nonostante il paziente sia in fase di negazione riguardo la sua anoressia nervosa e, non sempre,
collabora con la dottoressa Kaede Takahashi, è sorprendente che grazie ai suoi metodi,
il signor Sano riesca a raggiungere pian piano l'obbiettivo della terapia.

Com'è incredibile che sia riuscito a sopravvivere all'impatto all'incidente di Shibuya avvenuto solo un anno,
nonostante ha avuto fratture multiple a braccia e gambe e un lieve trauma cranico.

Ha risposto bene alle cure di questa struttura clinica... tuttavia, è in stato confusionale:
non è in grado di ricordare gli episodi avvenuti precedentemente, né riconoscere i volti a lui familiari.

Il signor Manjiro Sano è affetto da una particolare amnesia permanente, di tipo retrograda:
ricorda il suo nome, la sua età e la sua data di nascita, ma ha difficoltà a ricordare fatti ed eventi passati,
compreso le informazioni che nel quotidiano sono familiari.

Questo, però, prima di oggi, ovvero 6 Gennaio 2018, ore 11:40 del mattino.
Il primo approccio di “déjà-vu”, ovvero il recupero della propria memoria,
è stato durante una crisi epilettica, avvenuto alle prime luci dell'alba: il paziente ha raccontato di aver rivissuto,
in prima persona, un ricordo casuale, molto probabilmente durante la sua gioventù.

Dalle poche informazioni che ho ricavato dal paziente,
posso dedurre che il giovane Manjiro Sano era il Leader di una gang di motociclisti, “Toman” e,
per ragioni che mi sono ignote, si è ritrovato a scontrarsi con una banda rivale, di delinquenti,
chiamata “Valhalla”, in una discarica di rifiuti.

Ho provato a chiedergli se si ricordasse il giorno esatto di quell'avvenimento, ma ha mormorato solo due parole.
“Bloody Halloween”.
Secondo le mie ricerche, Halloween è conosciuta anche come "Notte di Tutti i Santi",
ed è una celebrazione tipica della cristianità occidentale osservata in molti paesi,
Giappone incluso, il 31 Ottobre; e considerando che il mio paziente sia del '90...
se i miei calcoli sono giusti, la data esatta di quel “flashback” è il 31 Ottobre del 2005 e il signor Sano aveva all'incirca 15 anni.

Non ricorda i volti dei ragazzi coinvolti, né i nomi, ma ha riconosciuto due ragazzi:
un membro della gang rivale e una persona esterna.

C'è una possibilità che, uno dei due, sappia l'identità della figura misteriosa, un certo Shinichiro,
escludendo a priori che non fosse presente in quello scontro.

Il paziente si dimostra volenteroso nel voler effettuare la terapia di ipnosi e lettura del subconscio,
un po' meno a parlare riguardo la sua anoressia nervosa...”

Ad una certa, ho smesso di leggere perché non ho più capito cosa avesse scritto il signor Ibe...
e̶ c̶o̶m̶u̶n̶q̶u̶e̶, n̶o̶n̶ p̶e̶r̶ v̶a̶n̶t̶a̶r̶m̶i̶, m̶a̶ i̶o̶ s̶o̶ s̶c̶r̶i̶v̶e̶r̶e̶ m̶e̶g̶l̶i̶o̶ d̶i̶ q̶u̶e̶l̶ d̶o̶t̶t̶o̶r̶e̶, t̶s̶k̶.
Sebbene la calligrafia dello strizzacervelli fosse abbastanza complicata da leggere,
sono riuscito a capire cosa scarabocchiava in quelle pagine bianche.
È stato assurdo, ma anche sorprendente.
Quindi è vero che sono, esageratamente, sottopeso... in più, soffro di un grave disturbo della memoria.
È incredibilmente assurdo.

C̶e̶r̶t̶o̶ c̶h̶e̶, s̶o̶l̶o̶ i̶o̶, p̶o̶t̶e̶v̶o̶ a̶v̶e̶r̶e̶ d̶e̶i̶ p̶a̶r̶t̶i̶c̶o̶l̶a̶r̶i̶ d̶i̶s̶t̶u̶r̶b̶i̶ p̶s̶i̶c̶o̶l̶o̶g̶i̶c̶i̶c̶i̶, p̶o̶r̶c̶a̶ p̶u̶t̶t̶a̶n̶a̶.

Ammetto che conoscere questa informazione mi ha stupito molto, moltissimo,
eppure mi ha fatto rimanere lucido e composto.
Voglio capire di più riguardo la mia amnesia.
Voglio scoprire di più su chi fossero quei due ragazzi.
E si è aggiunto un altro desiderio nella mia lista: voglio conoscere di più il signor Hanagaki,
perché ho l'impressione che sappia qualcosa di me, anche se non so cosa.

E̶ c̶h̶i̶e̶d̶e̶r̶g̶l̶i̶ a̶n̶c̶h̶e̶ c̶o̶m̶e̶ s̶i̶ c̶h̶i̶a̶m̶a̶ p̶e̶r̶c̶h̶è, p̶o̶r̶c̶a̶ p̶u̶t̶t̶a̶n̶a̶, m̶i̶ d̶i̶m̶e̶n̶t̶i̶c̶o̶ o̶g̶n̶i̶ v̶o̶l̶t̶a̶ i̶l̶ s̶u̶o̶ n̶o̶m̶e̶!
O̶d̶i̶o̶ n̶o̶n̶ s̶a̶p̶e̶r̶ r̶i̶c̶o̶r̶d̶a̶r̶e̶ u̶n̶a̶ c̶o̶s̶a̶ c̶o̶s̶ì s̶e̶m̶p̶l̶i̶c̶e̶, c̶o̶m̶e̶ i̶l̶ n̶o̶m̶e̶ d̶i̶ u̶n̶a̶ p̶e̶r̶s̶o̶n̶a̶...
C̶o̶m̶p̶r̶e̶n̶d̶o̶ s̶o̶l̶o̶ o̶r̶a̶ l̶'i̶m̶p̶o̶r̶t̶a̶n̶z̶a̶ d̶i̶ t̶e̶n̶e̶r̶e̶ q̶u̶e̶s̶t̶o̶ d̶i̶a̶r̶i̶o̶, c̶a̶z̶z̶o̶.

Mi accorgo solo ora che si è fatta sera.
Che ore si sono fatte?
Ho guardato l'orologio appeso al muro... e segnava all'incirca le 20:50.
Caspita, com'è volato il tempo.
È venuta a trovarmi la nonnina Kaede con il vassoio in mano...
ho un po' timore a scoprire cosa c'è dentro la ciotola di terracotta e il coperchio,
ma c'è qualcuno vicino a lei, un ragazzo che non ho mai visto.
Capelli neri, corti e leggermente mossi, occhi scuri e piccoli,
alto all'incirca un metro e settantacinque e ha un completo giacca e cravatta,
colori neutri e in tinta unita, e in braccio teneva un cappotto scuro.
Forse è un mio coetaneo, ma non ne sono molto sicuro.
E le sorprese non sono ancora finite: il tizio misterioso era, in realtà,
un poliziotto ed era venuto fin qui per farmi delle domande, riguardo le indagini di un caso.
Il caso "Bonten".
Non so cosa sia e perché quel poliziotto me ne sta parlando, eppure... perché mi tremano le mani?
Perché mi si stringe lo stomaco solo a sentire quel nome?
Che cosa st-

*Interruzione*



 

Angolo dell'autor*:

Ed eccomi qui, che riappaio manco fossi una luce mistica nel buio più profondo e triste dell'abisso,
solo per dirvi un paio di cose:

1. Il secondo capitolo epistolare della challenge #diariodidegenza,
che sta diventando sempre più corposo... ed intricato.

2. Stavolta, gli aggiornamenti saranno più frequenti,
quindi per Febbrario sarà un mese di fuoco... e geloni lol

3. La storia prenderà una piega inaspettata e particolare...
ci sono dei flashback particolari che vi hanno colpito molto?

Se con questo, pensate che sia troppo triste per voi...
fidatevi che, il vero angst, la vera sofferenza, deve ancora arrivare.

Ho solo toccato la punta dell'iceberg.

Spero che vi sia piaciuto questo capitolo,
n
on esitate a lasciarmi qualche recensione/messaggio/commento carino nel feedback,
o magari qualche critica costruttiva, mi farebbe un sacco piacere fare con voi qualche chiacchierata.

Ci vediamo al prossimo aggiornamento!

Distinti saluti,
Artemìs.

 



 
   
 
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