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Autore: Betz73    13/02/2023    7 recensioni
Ho scritto questa fanfiction per la ricorrenza di San Valentino, che è ormai alle porte. Pensavo venisse una oneshot ma mi sono ritrovata con 2 capitoli...così ho deciso di postare il primo oggi e la conclusione domani per celebrare con un piccolo omaggio la festa degli innamorati. Spero vi piacerà egrazie a chi vorrà dedicarmi un po' del suo tempo ^^
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Marron Glacé, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un sole caldo e luminoso splendeva indisturbato nel cielo terso, inondando il terrazzino di palazzo Jarjayes su cui Oscar e  André stavano sorseggiando la loro cioccolata: febbraio era iniziato da una dozzina di giorni eppure quella mattinata mite e serena sembrava essere già un piccolo assaggio di primavera, così invitante da averli spinti a godersi un po’ di tepore all’esterno. Oscar, elegantemente seduta e con la tazza fumante tra le mani, fissava il foglio davanti a sé: una lunga lista dei prossimi ricevimenti a cui avrebbe partecipato nella speranza di intercettare prima o poi il Cavaliere Nero, divenuto ormai una spina nel fianco dell’aristocrazia parigina. André era in piedi, vicino alla balaustra, il viso rivolto al sole mentre con le braccia alzate si stiracchiava la schiena, quasi si fosse appena alzato dal letto: iniziava ad accusare un po’ di stanchezza dopo tante serate trascorse fuori ad osservare i nobili divertirsi sino a tarda notte. Sentendo i muscoli un po’ intorpiditi, si lasciò sfuggire un commento.
- Mi è sempre piaciuto prendere parte ai balli, ma non tutte le sere!
Oscar diede un’occhiata all’elenco che proprio André le aveva stilato pochi giorni prima, ignorando quella che suonava come una piccola lamentela.
– Ce ne aspetta un altro stasera, a casa dei Bougavant.
E forse sarà la volta giusta, aggiunse silenziosamente tra sé e sé.
L’atmosfera era così tranquilla e familiare…forse valeva la pena fare un tentativo. André espirò rumorosamente prima di formulare la domanda che da tempo voleva rivolgerle.
 – Oscar, senti… La ritieni davvero una cosa necessaria prendere il Cavaliere Nero? Non fa del male a nessuno. Ho anche sentito dire che dona ai poveri i gioielli rubati.
Ecco, lo aveva detto…ma chissà perché nell’udire le proprie parole, gli era sembrato di poter prevedere ciò che Oscar avrebbe risposto. La conosceva troppo bene per illudersi che potesse rinunciare a quella che ormai era divenuta una vera e propria caccia all’uomo.
- Un ladro è sempre un ladro e il nostro compito è quello di prenderlo.
La voce dell’autorità costituita si era chiaramente espressa: inutile insistere.
– Eh sì, hai ragione.

Le rispose dandole ancora le spalle, perdendosi così l’espressione attonita con cui Oscar lo aveva guardato appena compresa la sua domanda. Cosa diavolo gli passava per la testa? Il Cavaliere Nero non era altro che un volgare criminale che agiva indisturbato violando palazzi e residenze nobiliari, prendendosi apertamente gioco delle forze dell’ordine, quasi godesse di una qualche protezione. Sapeva dove colpire e quando farlo, evitando accuratamente proprio i ricevimenti a cui lei aveva presenziato, come se qualcuno lo avesse informato di volta in volta della sua partecipazione… Ma no…che andava mai a pensare? Forse semplicemente stava sbagliando strategia. Forse il comandante della Guardia Reale dava troppo nell’occhio ovunque andasse, dissuadendo il Cavaliere dal commettere i suoi vergognosi reati. Era necessario trovare un altro modo per sorprenderlo con le mani letteralmente nel sacco…ma quale?
Oscar si portò la tazza alla bocca per sorbire il resto della cioccolata prima che si raffreddasse. Cercò di ignorare la richiesta così fuori luogo di André e ricacciare indietro la stessa sensazione di disagio che l’aveva colpita qualche sera prima, quando lo aveva visto rientrare dopo un’insolita cavalcata al buio e al freddo, con una collana di perle che spuntava dalla tasca della giacca. Collana che le aveva poi consegnato il mattino seguente, dichiarando di averla trovata durante la sua uscita solitaria, spingendola così ad allontanare il sottile sospetto che quelle circostanze velatamente ambigue avevano insinuato nel suo animo. Non era davvero il caso di sprecare tempo ad alimentare un’ingiustificata diffidenza: meglio piuttosto concentrare la propria attenzione nel formulare un piano concreto con cui fermare il Cavaliere Nero una volta per tutte.
Si stava facendo tardi: a Versailles l’attendevano per la presentazione delle nuove reclute. Oscar allontanò la sedia dal tavolino, alzandosi con grazia mentre ripiegava a metà il foglio che le avrebbe fornito le prossime incombenze serali. Guardò l’amico d’infanzia che ancora le volgeva le spalle.
- Andiamo, André. La giornata è ancora lunga.

***

Non furono gli impegni alla reggia a rendere particolarmente gravosa la giornata, bensì il costante brusio, neppure tanto sommesso, con il quale i cortigiani andavano lamentandosi dei furti perpetrati ai danni dell’aristocrazia, e soprattutto della scandalosa inefficienza dimostrata dalle autorità nel perseguire il colpevole. Sembrava che non vi fosse al mondo altro criminale che il Cavaliere Nero, e che non esistesse altro argomento di cui parlare tra i corridoi e i saloni di Versailles, che si trattasse dei nobili o della loro servitù. Alcuni si lanciavano in ipotesi quanto meno fantasiose su chi potesse essere questo famigerato ladro, e dopo poche ore trascorse ad ascoltare involontariamente qualsiasi tipo considerazione, Oscar era veramente stanca di sentir anche solo nominare il Cavaliere Nero: fu quasi con sollievo che si apprestò ad iniziare le esercitazioni con il corpo della Guardia Reale, poiché l’avrebbero quanto meno tenuta lontana dalle incessanti lagnanze che rendevano ormai satura l’aria all’interno del palazzo.
Fu solo nel tardo pomeriggio, al termine dell’addestramento, che si ricongiunse con André, il quale era invece rimasto all’interno della reggia cercando di reperire, tra le varie dicerie, qualche informazione che potesse rivelarsi davvero utile. Dall’espressione compiaciuta con cui la guardò prima di parlare, sembrava aver finalmente scoperto qualcosa.
- Sai Oscar, girano voci piuttosto interessanti sul Cavaliere Nero.
Oscar fu sul punto di rispondere in malo modo, che ne aveva abbastanza di sentir pronunciare quel nome da chicchessia, ma la sua mente catturò la parola “interessanti” prima di poter dare fiato al proprio disappunto. Lo invitò così ad andare avanti.
- A parte le lamentele senza fine dei cortigiani? Dimmi, sono molto curiosa.
- Beh, pare si sia stancato di saccheggiare le residenze nobiliari, preferendo negli ultimi tempi un genere di furto più “individuale”, diciamo. Frequenta ancora balli e ricevimenti, ma solo per sorprendere le coppie di aristocratici che si appartano nei giardini, in cerca di un po’ di…intimità.

Oscar ascoltava attenta, senza commentare. Non sapendo come interpretare il suo silenzio, André proseguì.
- Approfitta del loro isolamento per derubarli di tutto: orologi, spille, collane, anelli… Sotto la minaccia di una pistola, si fa consegnare facilmente qualsiasi gioiello indossino i malcapitati, ed una volta ottenuto il bottino si allontana, lasciandoli fortunatamente incolumi. Forse è per questo che non ci è mai riuscito di incontrarlo durante le feste a cui abbiamo preso parte!
Non gli sfuggì questa volta lo sguardo interrogativo di Oscar, che sembrava chiedere delucidazioni.
- Ecco…pare che certi ricevimenti, più di altri, favoriscano questo genere di “scambi” tra nobili annoiati in cerca di particolari distrazioni… E poiché nessuno si preoccupa mai di ciò che viene detto davanti alla servitù, ho scoperto che un evento simile è previsto proprio domani, giorno di San Valentino, presso la residenza del Duca di Fronsac. Un ballo in maschera, ovviamente. Che ne pensi?
La mente di Oscar era già in fermento prima ancora di udire la domanda di André. Il pensiero di aver inseguito il Cavaliere dando troppa evidenza alle proprie intenzioni l’aveva sfiorata durante la colazione: di certo la sua presenza in veste ufficiale lo aveva scoraggiato dal tentare qualsiasi colpo. Ma se avesse partecipato ad un ballo così particolare, mischiandosi proprio al genere di prede che sembravano attirare le attenzioni di quel criminale…quale modo migliore per tendergli un tranello? Nonostante il suo disprezzo per i pettegolezzi, sapeva che l’adulterio era una pratica quanto mai diffusa tra la nobiltà, tacitamente tollerata dai più quale risposta a matrimoni combinati che altro non erano se non contratti assai remunerativi, in cui sentimento ed amore non avevano spazio alcuno. Per una volta avrebbe approfittato di quel cattivo costume, sfruttandolo come mezzo per intrappolare finalmente l’uomo che stava diventando l’incubo di tutta Versailles.
- Andremo anche noi a quel ballo, André, invece di partecipare a quello di stasera. Sbrighiamoci a tornare a casa: ho bisogno di parlare con Nanny perché riesca ad organizzare ogni cosa per tempo.

Oscar non aggiunse altro mentre ogni tassello andava ad incastrarsi velocemente in quel piano che era ancora frutto della sola immaginazione. Non avrebbe raccontato a nessuno ciò che aveva intenzione di fare: la presenza di André sarebbe stata essenziale ma sufficiente, poiché sapeva di poter contare su di lui. Avrebbe informato suo padre solo in caso di successo: l’anonimato era quanto mai un fattore fondamentale.
André la seguì senza porle ulteriori domande: del resto anche quando le aveva chiesto perché proprio lei avrebbe dovuto occuparsi del Cavaliere Nero, gli aveva risposto stizzita intimandogli di fare quello che gli era stato ordinato. Inutile chiedere altro: avrebbe sicuramente scoperto i dettagli per tempo, e qualunque cosa Oscar avesse per la mente, gli importava soltanto sapere che sarebbe stato al suo fianco per proteggerla da ogni pericolo, come sempre.

***

Il giorno successivo non portò cambiamenti di sorta nella routine quotidiana di entrambi: Oscar si tenne occupata con l’addestramento dei soldati ed André rimase come d’abitudine ad attenderla fino al tramonto, quando giunse il momento di rientrare a Palazzo Jarjayes. Solo lungo il tragitto verso casa, Oscar  gli spiegò brevemente quale fosse il suo piano.
- André, al ballo di questa sera ci faremo passare per una delle tante coppie di nobili che partecipano a quel genere di divertimenti… E se, come credo, ci sarà anche il Cavaliere Nero, avrò finalmente la possibilità di prenderlo e strappargli la maschera!
Ci volle qualche secondo, ad André, per capire esattamente il significato di quelle parole: lui ed Oscar…una coppia di aristocratici?? Certo, aveva accompagnato lei e Rosalie a tanti ricevimenti, danzando ogni volta con la loro giovane protetta…ma passare per un nobile…era tutt’altra cosa! Ci sarebbe davvero riuscito? E poi...un momento! Questo significava anche…che Oscar avrebbe indossato di nuovo abiti femminili?! Non seppe spiegarsi il perché, ma sentì chiaro dentro di sé il desiderio di poterla vedere in un vestito che non fosse lo stesso di quella sera, scelto per occhi che non erano i suoi… Sapeva però di non poter chiedere nulla al riguardo, così le fece un’altra domanda.
- Ma Oscar, in che modo pensi di attirare l’attenzione del Cavaliere proprio su di noi, fra le tante coppie che saranno presenti?
- Ho chiesto a Nanny di preparare i gioielli di famiglia più preziosi: sono certa che non passeranno inosservati agli occhi di un ladro così esperto, saranno per lui una tentazione troppo grande. E quando lo avremo di fronte, non avrà più alcuna possibilità di scappare.
Il suo tono deciso non ammetteva repliche né smentite. André si augurò che ogni cosa andasse per il meglio, a cominciare dalla sua “interpretazione”. Avrebbe tenuto gli occhi ben aperti, e nel caso in cui le aspettative di Oscar fossero state disattese, si sarebbe semplicemente goduto ogni singolo istante trascorso accanto a lei: anche solo per questa possibilità, non trovò nulla da obiettare alle sue parole.

Raggiunsero i cancelli della tenuta Jarjayes quando ormai era buio: fecero appena in tempo a smontare da cavallo prima di essere letteralmente investiti dalla furia con cui li accolse Nanny, ritta in cima alla scalinata con le mani strette a pugno appoggiate sui fianchi, e sul viso un cipiglio degno di un colonnello.
- Vi sembra questa l’ora di arrivare? Con tutto il tempo necessario per prepararvi al ballo? Possibile che non vi rendiate conto di quante cose abbiamo ancora da fare? Lasciate lì i cavalli e venite subito dentro! Dovrei trascinarvi in casa per le orecchie, come facevo quando eravate bambini! Presto! Presto! Sbrigatevi!
André ed Oscar ebbero giusto il tempo di scambiarsi un sguardo di intesa ed un sorrisetto complice prima di affidare gli animali al garzone, giunto prontamente dalle stalle, e seguire obbedienti quella piccola vecchina all’apparenza tanto dolce e premurosa, che sapeva tuttavia imporsi con la sola forza di una naturale predisposizione al comando (e anche di qualche colpo di mestolo, a volte).
Appena oltrepassata la soglia, Oscar si ritrovò circondata da tre cameriere che l’attendevano ai piedi dello scalone interno, mentre Nanny, afferratala per un braccio, quasi la trascinava su per i primi gradini, senza mai smettere di borbottare la propria rimostranza verso la cronica mancanza di rispetto dei suoi ragazzi. La giovane ebbe appena il tempo di voltarsi a cercare con lo sguardo André, strappandogli una risata silenziosa per l’enfasi con cui alzò gli occhi al cielo, prima di lasciarsi condurre a passo veloce verso la propria stanza.

André raggiunse con calma la sua camera, ben sapendo che la preparazione di Oscar avrebbe richiesto molto più tempo della sua: un bel fuoco scoppiettava nel caminetto, diffondendo tutt’intorno un piacevole calore, il migliore benvenuto dopo una cavalcata nel freddo di febbraio. Si avvicinò al letto, su cui faceva bella mostra di sé l’abito che avrebbe indossato al ballo di San Valentino: un magnifico completo, così elegante che quasi ebbe il timore di toccarlo. La giacca era di un velluto blu notte, talmente morbido al tatto da ricordare una pelliccia, impreziosita da elaborati ricami argentei che decoravano ampiamente tutte le bordure, per replicarsi identici sull’orlo delle maniche. Il panciotto, di raso argento, si abbinava perfettamente alla giacca invertendone i colori, e riproponendo il medesimo ricamo ma in blu. Completavano il tutto i calzoni, anch’essi di velluto blu, un fazzoletto per il collo dello stesso colore, ma di tonalità più tenue, una camicia di seta bianca, le calze, una maschera di raso blu, e, ai piedi del letto, un paio di scarpe nere perfettamente lucidate e dalle fibbie metalliche simili a piccole cornici. André raramente aveva visto qualcosa di altrettanto bello, e il pensiero che un abito simile fosse destinato a lui, anche solo per una notte, gli sembrò un privilegio. Si sfilò la giacca marrone, abbandonandola sulla poltrona di fronte al caminetto, per mettere poi mano ai bottoni del panciotto e spogliarsi velocemente di tutto quello che indossava.

***

Oscar uscì dalla sua stanza con lo stesso sollievo di un prigioniero che lasciasse una cella dopo una notte di detenzione. Nanny e le cameriere l’avevano sottoposta ad ogni tipo di tortura – perché non vi era un altro modo per definire le costrizioni che aveva dovuto subire per entrare in quel vestito stretto ed acconciare i suoi capelli in una foggia alla moda: come diavolo potevano le sue sorelle sottostare a violenze simili ogni giorno della loro esistenza? L’aveva abbandonata da poco più di un’ora, e già rimpiangeva la sua uniforme… Ma era inutile lamentarsi: l’idea era stata unicamente sua, e se non altro al termine di quello che poteva a tutti gli effetti definirsi un assalto, Nanny si era dichiarata più che soddisfatta, segno evidente che quanto meno ne fosse valsa la pena. Era riuscita almeno a convincerla ad allentare leggermente i lacci del corsetto per permetterle un minimo di agilità in previsione di un potenziale scontro con il Cavaliere Nero, e le era altresì grata per aver modificato la gonna dell’abito in modo da non richiedere il panier, che le avrebbe ostacolato gran parte dei movimenti, impedendole di avere facile accesso alla piccola pistola flintlock che aveva nascosto sotto la stoffa. Restavano soltanto da indossare i guanti color argento e la maschera di pizzo blu, che stringeva tra le mani insieme al ventaglio riccamente ornato di piume di pavone: accessori quanto mai inutili che pure sembravano vitali nella mise di una nobildonna.
Si avviò quindi verso le scale per scendere e raggiungere l’ingresso, accorciando il passo, altrimenti per sua natura marziale, a causa delle scarpine in raso che in pochi secondi si erano già aggiudicate il primato della scomodità. Intenta ad infilarsi il guanto destro, alzò il viso soltanto alla soglia del primo gradino per controllare dove mettere il piede, ampiamente nascosto dall’orlo del vestito. Fu solo allora che vide André, e, per un istante che sembrò infinito, lui fu tutto ciò che riuscì a vedere.

Sapeva che non avrebbe sfigurato in abiti aristocratici, ma la sua eleganza superava qualsiasi immaginazione: ad un occhio più ingenuo il merito sarebbe certamente andato a quel completo scuro così raffinato, ma Oscar sentì chiara una voce dentro di sé asserire senza ombra di dubbio che proprio il portamento di André dava risalto alle sue vesti, e non il contrario. Il suo fisico slanciato, le sue spalle larghe…possibile che non le avesse mai notate? E da quando il suo sguardo brillava come il più puro degli smeraldi? Forse era solo l’effetto della maschera che aveva sul viso e che ne sottolineava in qualche modo la bellezza...eppure era innegabile quanto fosse attraente. Persino i suoi capelli corvini, raccolti con un elegante nastro blu notte, sembravano diversi: per un istante immaginò di saggiarne la consistenza facendoseli scivolare lentamente tra le dita…ed il solo pensiero la fece avvampare. Ma cosa le passava per la testa?? Scosse il capo impercettibilmente, cercando di non lasciarsi andare a fantasie così fuori luogo, e iniziò a scendere, appoggiandosi con la mano sinistra al corrimano.

André era rimasto tutto il tempo nel salottino, impaziente di rivedere Oscar risplendere in tutta la sua femminilità, nella consapevolezza che, almeno per una sera, avrebbe potuto godere appieno della sua bellezza. L’attesa gli era sembrata piuttosto lunga e noiosa, finché aveva sentito la porta della camera aprirsi e poi richiudersi sul vociare della nonna, segno che Oscar doveva essere finalmente uscita. Si era così diretto ai piedi della scala per accoglierla come il più ossequioso dei cavalieri, ma il sorriso con cui si era apprestato a riceverla gli morì sulle labbra non appena la vide avvicinarsi ai primi gradini.
Passò mentalmente in rassegna tutti gli aggettivi con cui avrebbe potuto descriverla, ma non ne trovò alcuno che potesse renderle davvero giustizia: Oscar era…una visione. Avvolta in un meraviglioso abito di broccato blu, della stessa tonalità del suo completo, sembrava una creatura eterea che la notte avesse offerto al mondo reale per una sera soltanto, salvo poi richiamarla a sé quasi fosse troppo unica e preziosa per poterla condividere con dei semplici mortali. La lentezza con cui stava scendendo gli permise di osservare ogni singolo dettaglio e riempirsi gli occhi di lei: il vestito era un tripudio di ricami argentei che ornavano tutto il corpetto, così come l’orlo della gonna, per essere poi ripresi sulla bordura delle maniche, dalle quali spuntava, all’altezza dei gomiti, un pizzo così prezioso e fine da sembrare impalpabile come polvere di stelle. Lo scollo, ampio ma non eccessivamente profondo, sottolineava la perfetta armonia delle sue curve femminili, finalmente libere dall’austera divisa in cui venivano caparbiamente celate ogni giorno, sulle quali spiccava una splendida collana di ricca fattura, perfettamente intonata al blu della stoffa.

Ad ogni passo che la conduceva verso gli ultimi gradini, André sentiva il battito accelerare la sua corsa, fino a quando gli parve di percepire un balzo nel petto nel momento in cui fu abbastanza vicina da poterne ammirare il viso, incorniciato da morbide ciocche bionde che sfuggivano sapientemente dall’acconciatura elaborata ma non eccessiva in cui erano stati raccolti i suoi meravigliosi capelli d’oro. Nessun inutile belletto a rovinare quella naturale bellezza che era sempre stata così evidente per lui, mentre il resto del mondo si lasciava ingenuamente ingannare da un’uniforme. Neppure un velo di cipria: la sua pelle dall’incarnato perfetto non ne aveva alcun bisogno. Le labbra rosee, delicate come i petali di un bocciolo, e infine i suoi occhi, due schegge di cielo infinito in cui smarrire il cuore: solo nel momento in cui riuscì a catturarne lo sguardo, ricordò a se stesso di respirare.
- Sei bellissima, Oscar.
Un velo di rossore sulle guance, soltanto accennato, per il piacere che le regalarono le parole di André e per l’evidente ammirazione con cui la stava guardando.
- Anche tu sei….stai molto bene, André.
Gli sorrise, sinceramente lusingata dal suo complimento, e fu per lui un dono infinitamente più prezioso del gioiello che le adornava il collo.
- Mmh…zaffiri?
Non era tuttavia alle pietre che stava pensando André, ma ai suoi splendidi occhi blu, che il colore dell’abito sembrava addirittura esaltare.
Oscar di riflesso si portò la mano alla collana, che sembrava pesare ancor più per la responsabilità di cui si era presa carico nel momento in cui aveva deciso di utilizzarla come esca per attirare il Cavaliere Nero. Se l’avesse perduta, suo padre non glielo avrebbe mai perdonato.
- Questo collier appartiene alla famiglia Jarjayes da generazioni. Confido sul fatto che non vi sia al ballo nulla di paragonabile, in modo da poter attirare l’attenzione di quel maledetto ladro.

Di certo non ci sarà alcuna fanciulla paragonabile a te per bellezza e portamento, avrebbe voluto risponderle André, ma sapeva che Oscar avrebbe liquidato con un gesto della mano qualsiasi ulteriore apprezzamento. Abbassò per un istante lo sguardo, e solo in quel momento notò ciò che stringeva nella mano sinistra, insieme al ventaglio di piume.
- Vedo che non hai ancora indossato la tua maschera. Mi permetti…?
Allungò la mano verso quella di lei, prendendo quel piccolo lembo di pizzo blu che avrebbe contribuito ad impedire qualsiasi riconoscimento da parte degli altri nobili, e le si fece più vicino, cedendo in realtà al desiderio, ormai incontenibile, di poterla toccare.
- Stai attento alla pettinatura… Se la rovini in qualche modo, Nanny ti prenderà a mestolate fino a Natale!
André le poggiò con delicatezza la maschera sul viso, poi si sporse leggermente verso di lei, per accertarsi di non catturare qualche ciocca mentre le annodava con cura i due lacci dietro la testa. Con il mento le sfiorò i capelli che le ricadevano sulla fronte, e che gli offrirono un piccolo assaggio del suo profumo, così femminile e sensuale da fargli chiudere le palpebre mentre ne inspirava a pieni polmoni la fragranza.

Oscar alzò lo sguardo nell’attimo in cui lo vide avvicinarsi, ritrovandosi così involontariamente ad osservarlo da sotto mentre armeggiava con i due cordoncini della maschera. Non poté fare a meno di notare la sua mascella rasata, così virile e squadrata, ed il profilo delle sue labbra, perfette come quelle di una statua greca. Da quando André si era fatto così….bello? Che ne era stato del ragazzotto con cui faceva spesso a botte in riva al laghetto della tenuta di famiglia? Averlo ad un soffio da lei, al punto da avvertire un flebile traccia di colonia, con cui probabilmente aveva profumato il fazzoletto al collo, le provocò un inspiegabile turbamento, accorciandole per qualche istante il respiro. Eppure si era assicurata che la nonna non le avesse stretto troppo i lacci del corsetto…
Quando ebbe terminato, André tornò a guardarla, sorridente e soddisfatto del proprio operato.
- Ecco fatto. Credo sia ora di andare, Oscar.
Vennero raggiunti in quel momento da Sophie, una delle cameriere che l’avevano assistita nella preparazione e che reggeva tra le mani un bellissimo mantello blu, bordato di pelliccia, senza il quale Oscar avrebbe certamente patito il freddo invernale. Glielo mise sulle spalle, annodandone i lembi con un morbido fiocco sotto la gola, per poi allontanarsi di qualche passo e restare in muta contemplazione di fronte alla bellezza senza pari della sua padrona.
André si spostò di fianco ad Oscar, porgendole galantemente il braccio per scortarla fino alla carrozza, il petto gonfio per l’incredibile onore di poterle fare da cavaliere tutta la sera.

- Volete seguirmi, madamigella?
Madamigella… Dopo tutte le volte in cui Nanny aveva sgridato il nipote per la troppa familiarità con cui si rivolgeva sempre a lei, chiamandola semplicemente “Oscar”, sentirlo pronunciare quella parola le strappò un inevitabile sorriso, a cui però decise di accompagnare un leggero sguardo di rimprovero, prima di accettare il suo braccio ed avviarsi con lui verso l’esterno del palazzo.
La carrozza li attendeva con lo sportello già aperto. Oscar mise il piede sul predellino, la mano appoggiata in quella di lui perché l’aiutasse a salire nonostante l’ingombro del vestito. Pur non avvezza a indumenti così femminili e voluminosi, vi era in lei una grazia che neppure cento anni di duro addestramento militare avrebbero mai potuto scalfire. André giurò a se stesso che quella sera si sarebbe consumato gli occhi per non perdersi nulla di lei: avrebbe memorizzato ogni minimo dettaglio per serbarlo gelosamente nel cuore, e poterlo ricordare per tutti i giorni a venire. Salì a sua volta appena Oscar si accomodò sul sedile, occupando il posto di fronte, e con un colpo al tettuccio della carrozza diede il segnale al cocchiere affinché partisse immediatamente.

***

Oscar guardava distrattamente dal finestrino, offrendo ad André il profilo elegante, che la maschera in pizzo rendeva ancor più seducente. Dio, quanto era bella! Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, quasi dovesse fare tesoro di ogni singolo istante trascorso da solo con lei, prima che altri potessero ammirarla. Gli sembrava già di vedere i volti esterrefatti degli aristocratici annoiati presenti al ballo, nel momento in cui avrebbero fatto il loro ingresso nel salone di palazzo Fronsac: di certo avrebbe attirato l’attenzione di ogni singolo uomo, non soltanto del Cavaliere Nero. Lo colpì solo in quel momento il pensiero di quanti però si sarebbero sentiti autorizzati ad imporle avances non gradite, considerando il tipo particolare di festa a cui stavano per partecipare: un genere di attenzioni a cui di certo Oscar non era abituata… Avrebbe ovviamente vegliato su di lei per tutta la durata del ricevimento, tuttavia non sarebbe stata una cattiva idea metterla in guardia su ciò che li attendeva.
- Oscar… Immagino che la tua bellezza non passerà inosservata questa sera… Ci saranno di certo molti nobili che si crederanno liberi di poterti importunare per ottenere i tuoi…favori.
Lo sguardo torvo che ricevette come risposta gli fece alzare entrambe le mani, in un gesto di autodifesa.
- Ehi, non guardarmi così! Dico solo che potrebbe essere difficile respingerli…anche se dalla tua reazione, giurerei che ad essere in pericolo saranno loro, piuttosto! Fortuna che non hai la tua spada con te, altrimenti rischieremmo la strage!

Ad Oscar non sfuggì il suo tono scherzoso, a cui sembrava fare eco un certo brillio negli occhi verdi: André si stava indubbiamente divertendo. La sicurezza restava però qualcosa da non sottovalutare mai né tanto meno da trascurare, pertanto mantenne una certa serietà quando gli rispose.
- E’ vero, non ho potuto portare la mia spada, però ho nascosto una piccola pistola nel-
- No ti prego! – la interruppe lui – Non dirmelo, non lo voglio sapere! Ti credo sulla parola!
André si ritrovò ad un soffio dal ridere, nonostante avesse intavolato il discorso con i migliori propositi: l’ultima cosa di cui avesse bisogno era alimentare il proprio desiderio, già pericolosamente vicino al limite, con qualche bizzarra fantasia… Oscar accennò un mezzo sorriso, ma non le ci volle molto per recuperare il suo usuale atteggiamento severo e richiamarlo all’ordine.
- André, non fare lo sciocco. Ricorda il motivo per cui andiamo a questo ballo: non per svago ma per catturare il Cavaliere Nero!
- Certo Oscar, hai ragione. Ti chiedo scusa. Ti assicuro che non mi distrarrò.
E in nessun modo permetterò che qualcuno si azzardi a sfiorarti con un dito, fu la silenziosa promessa che fece a se stesso mentre ormai la carrozza varcava i cancelli della tenuta dei Fronsac.

 
   
 
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