Anime & Manga > Cells at Work - Lavori in corpo
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Autore: Moriko_    14/02/2023    0 recensioni
[#7ValentinesCaW]
Sette prompt per sette coppie.
Una raccolta di brevi storie collegate tra loro da un unico sentimento: l’amore.
“C’è solo una felicità nella vita: amare ed essere amati.” (George Sand)

[Attenzione: le storie seguenti contengono spoiler per il manga di Cells at Work! BLACK, per la presenza di personaggi che non sono ancora comparsi nell’anime.]
Day 1 | Friendship [U-8787 / NC8429]
Day 2 | Love confession [QJ0076 / Glomerulus]
Day 3 | Third wheel [SS1104 / J-1178’s unnamed companion]
Day 4 | Kiss [BD7599 / U-1212]
Day 5 | Romantic gift [AA2153 / U-1196]
Day 6 | Date [DA4901 / J-1178]
Day 7 | Valentine’s Day [AC1677 / Normal Cell (anime)]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Fanfiction

Seven days of love.

(#7ValentinesCaW | Cells at Work! BLACK)


7 | Valentine’s Day

(AC1677 / Normal Cell (anime))


La giovane cellula era in attesa dell’arrivo di quel globulo rosso con lo sguardo rivolto verso la strada, come ogni giorno. Era in uno dei suoi momenti di pausa dal lavoro noioso e ripetitivo che svolgeva: nonostante ciò il processo di mitosi non era uno dei più semplici, e per questo doveva essere svolto con scrupolosità.

«Un solo errore può essere fatale», le aveva detto la cellula madre che l'aveva generata. «Ma tu sei brava, sei una delle migliori cellule che io abbia mai conosciuto… perché sei nata da me, modestamente!»

Anche se aveva un carattere diverso da quella cellula madre ed era molto umile, era felice di aver ereditato da lei la sua grande abilità nel dividersi senza commettere troppi errori. Era felice di svolgere il suo lavoro, da sola, nel silenzio della sua stanza: le bastava svolgere il lavoro che amava per essere felice, perché sapeva che nel suo piccolo stava dando un grande contributo all’organismo del quale faceva parte.

Ma, da quando aveva incontrato quell’eritrocita, la sua vita era cambiata. La prima volta che quella cellula aveva bussato alla sua porta, in un lampo lei aveva capito che egli non era come gli altri colleghi che, invece, erano sempre stati di poche parole: le si era presentato con un sorriso raggiante, e le aveva chiesto se poteva fermarsi da lei per qualche minuto.

Anche se all'inizio lei si era mostrata titubante perché doveva finire il suo lavoro, alla fine aveva deciso di accoglierlo nella sua dimora e, nonostante lei lo avesse avvisato del suo impegno lavorativo, lui non aveva cambiato idea, anzi: si era seduto nel soggiorno, e nell'attesa aveva iniziato a parlare di sé, dei suoi amici, del suo duro lavoro ma anche di quella speranza che portava viva nel suo cuore e che, nonostante tutto, non avrebbe mai voluto spegnere completamente.

Da quel giorno, quell’eritrocita era diventato una presenza fissa nella sua vita, comportandosi in modo gentile nei suoi confronti e addirittura arrivando a offrirsi volontario per aiutarla nel suo lavoro - anche se il suo aiuto sarebbe stato inutile, data la sua inesperienza con il lavoro che lei svolgeva. Le sembrava strano tutto ciò: sembrava che lui stesse volontariamente saltando dei turni di lavoro… per lei, solo per lei.

Ma nessuno si era lamentato di quello che sarebbe potuto risultare un problema, né a lui, né direttamente a lei. E lei aveva finito per abituarsi a quella piacevole presenza, a condividere con lui le pause da un turno all'altro di lavoro e, attraverso le sue parole, a conoscere man mano il mondo che la circondava e che lei non era abituata a vedere, chiusa tra le quattro mura della sua abitazione a ripetere lo stesso processo.

Così, anche quel giorno, si era affacciata al balcone, in attesa dell’eritrocita che non tardò ad arrivare. Quel giorno, però, egli stava portando con sé una piccola scatola bianca: anche se dalla semplice scritta “O2” dal colore azzurro indicava la presenza di ossigeno, proprio dalle dimensioni non sembrava essere la solita scatola che i globuli rossi trasportavano dai polmoni in tutto il corpo.

Sembrava essere fin troppo leggera per essere sorretta da quell’eritrocita con una mano sola.

«Dai, non prendermi in giro» gli disse con un sorriso divertito. Lo accolse in casa, e si sedette con lui al tavolo della piccola cucina. «Vuoi farmi credere di essere diventato più forte con una scatola più piccola… e suppongo vuota? Scommetto che lì dentro non c’è alcuna bombola d’ossigeno.»

L’eritrocita posò la scatola sul tavolo. «Hai scommesso bene: infatti niente ossigeno per oggi!»

«Potrei quasi offendermi, sai?»

«Fidati: questo è mille volte meglio!»

«Non sarà caffeina, vero? Sai che non posso sopportarlo.»

«Quella schifezza? Bleah, non voglio nemmeno sentire il suo nome!» Per sottolineare ancora di più quanto anche lui non gradisse quella bevanda considerata da molti miracolosa, arricciò il naso e inarcò le sopracciglia, una reazione di fronte alla quale lei soffocò una risata.

«Allora cos’è?» gli chiese, sporgendosi verso di lui. «Oppure preferisci mantenere questo alone di mistero fino alla fine?»

L’eritrocita le sorrise. Aprì la scatola e con dolcezza le porse il contenuto: una confezione di cioccolatini posti in un piccolo vassoio dorato. Dove li ha presi? si chiese lei, chiedendosi allo stesso tempo come fossero fatti, dato che ne aveva sempre sentito parlare ma non aveva mai avuto la possibilità di assaggiarne qualcuno.

«Allora, la questione è questa» l’eritrocita tentò di spiegare, mentre si grattò la nuca. «Questa mattina ho fatto una consegna nella zona del cervello, e i nostri superiori stavano parlando di una cosa chiamata “San Valentino” che avrebbe portato conseguenze in tutto il corpo. Infatti ho notato che oggi sono tutti agitati dallo stomaco fino ai polmoni: i neuroni erano super concentrati nelle loro postazioni di lavoro, nei vasi sanguigni il traffico è aumentato a dismisura e negli altri organi le varie cellule erano molto nervose! Così, siccome mi è venuto mal di testa per via di questo casino, ne ho approfittato per venire da te: ho sempre pensato che le punte delle dita e dei piedi fossero l’ideale per prendersi un po’ di pausa…»

«… come sempre» aggiunse lei, con una punta di divertimento e col pensiero che non era la prima volta che l’eritrocita saltasse qualche turno di lavoro.

«Esatto: come sempre. Aaaah, che pace che si respira qui: sto già recuperando un sacco di energie!» 

Poi, l’eritrocita si spinse verso di lei, e le prese le mani che in quel momento si trovavano sul tavolo. «Oggi, sei tu che hai bisogno di me, più di ogni altra cellula al mondo. Se c’è una cosa che ho capito della giornata di oggi, è che è bello trascorrerla con la cellula alla quale vuoi bene. E forse hai già capito a chi mi sto riferendo…»

Le fece un occhiolino, di fronte al quale lei arrossì. Per stemperare l’atmosfera di imbarazzo che si stava creando tra loro, gli sorrise e in uno slancio di sincerità gli rispose: «Infatti mi chiedo: il tuo amico con gli occhiali dov’è? Si è perso nel traffico?»

E, sotto al suo sguardo divertito, come lei aveva previsto l’eritrocita cadde con la schiena contro la sedia e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. «Ma dai, non è giusto! È davvero necessario metterlo in mezzo anche ora?»

 

   
 
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