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Autore: Anonimadelirante    19/02/2023    3 recensioni
Sette bambini con poteri speciali vengono adottati e addestrati perché diventino supereroi – o erano otto? Non che sia importante. Quello che conta è: prima o poi, i bambini crescono. E nessuno ha davvero voglia di rimanere.
Alternatamente: loro madre muore, Leo torna dopo anni di nulla cosmico, Percy si crede Batman, Annabeth è l'unica ad essersi fatta una vita degna di questo nome, Nico a quanto pare ha persino più problemi di quanti ne ricordasse e Piper è sempre meravigliosa e inavvicinabile e sua sorella (legalmente, almeno). Neanche da Frank ci sono particolari novità – ma quello perché, be', perché è morto. Che schifo. (Di Hazel non vuole neanche iniziare a parlare. La sua vita era già abbastanza complicata prima che l'unica con cui non avesse alcun motivo di conflitto pubblicasse un libro su quanto sia orribile come fratello.)
In tutto questo, giustamente, deve scoppiare l'Apocalisse. Sarebbe strano il contrario, davvero. D'altra parte, com'è che si dice? Piove sempre sul bagnato?
[Umbrella Academy au partecipante alla challenge “Gruppo di scrittura” indetta da Severa Crouch sul forum Ferisce più la penna]
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Calipso, I sette della Profezia, Nico/Will
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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2. Le merendine non scadono mai. 
Certo. Come no. Questo è il genere di fake news che può portare ad una seria intossicazione alimentare. E Leo detesta le intossicazioni alimentari

 

 

Whatever happened to all the heroes?
All the Shakespearoes?
They watched their Rome burn
Whatever happened to the heroes?
Whatever happened to the heroes?
No more heroes any more
(No more heros, The Strangles)

 

 

 

 


Anche prima di sbagliare clamorosamente l’equazione più importante della sua intera esistenza, la giornata di Leo stava andando abbastanza male. La sua intera vita, in realtà.
O be’. Già prima non era una passeggiata di salute, ma l’ultima quindicina d’anni o giù di lì sono stati un tale spettacolo di merda che in confronto la sua infanzia sembra lo spin-off di Nicky, Ricky, Dicky & Dawn.
Ora però – ah, ora ha passato il segno.
Leo è così stufo.
Davvero.
Questo è il più grande scherzo cosmico dell’universo.
Qualunque cosa abbia fatto, nella sua vita precedente, deve per forza avere a che fare con la creazione della bomba atomica, perché nient’altro giustificherebbe un karma così di merda.
«Merda» sbotta, allontanandosi barcollante da Haz per succhiarsi via il sangue dal taglio che la sua adorabile, ferocissima, giustamente incazzata sorellina gli ha aperto sul labbro e scrollarsi via la polvere dai vestiti ormai pesanti di pioggia. Sospira. Che giornata di merda. «Ho bisogno di un caffè.»

 

 

 


°

 

 


Ora, a scanso di equivoci: Leo è così grato di essere a casa che potrebbe sinceramente piangere. Lo sta un po’ facendo, in realtà. Chiuso nel bagno vicino alla cucina in cui Frank e Nico si chiudevano per giocare a Mitomagia al posto di studiare. Con lo specchio così, appannato, Leo può persino fingere per ventisette gloriosi secondi che siano ancora lì, i suoi fratellini, inginocchiati sulle piastrelle fredde a scambiarsi opinioni da nerd su-- onestamente, la sua mente arriva fin lì. Non ha la minima idea di cosa si dicessero, in realtà. Ha un’idea ben più chiara su cosa ci fosse disegnato sulle carte – mostri mitologici e punti forza, punti vita e penalità – ma la ragione per cui lo sa con tanta precisione è piuttosto deprimente. E lui non ha bisogno di altre ragioni per essere depresso, grazie tante. Quindi. Inspira. Sbatte le palpebre. Espira. Pulisce lo specchio col palmo della mano, così, per essere proprio del tutto certo che Frank non sia seduto a gambe incrociate con la schiena appoggiata  alla vasca da bagno. Perché, a quanto pare, Calipso ha sempre ragione e lui sempre torto ed in particolare Calipso ha ragione quando dice che ha tendenze masochistiche del tutto gratuite e vagamente autolesioniste.
Frank – ovviamente – non c’è.
Non c’è neanche Calipso, però, per cui chiude l’acqua e si passa una mano fra i ricci un po’ ispidi che hanno un serio bisogno di un buon taglio e poi esce da quello stupido bagno.

 


«Ma che--» sbotta, quando la prima cosa che succede quando mette piede in cucina è che Nico – Nico – gli tiri un pugno dritto in faccia.
«Che cazzo» sibila Nico. Nico è--
Be’, Nico è cresciuto. Ovviamente. È… francamente, Leo si sta sforzando moltissimo di non mollare la presa sulla sua – discutibile – sanità mentale, in questo momento perché Nico è. Ah. Nico è l’esatto ritratto del cadavere che sarà entro pochi giorni, se non riescono a fermare l’Apocalisse. I lividi sul collo, striature violacee sulla cui provenienza Leo ha avuto un intero decennio per interrogarsi inutilmente, spiccano dolorosamente sulla sua carnagione chiarissima e questo è.
Questo è rassicurante, perché la vita di Leo – non per ripetersi – fa dannatamente schifo.
Perché se Nico se li è procurati da appena qualche ora, vuol dire che hanno ancora tempo.
«Anch’io sono felice di vederti, fratellino» borbotta, soffocato, scostandolo per puntare dritto alla credenza. Vuole davvero un caffè. Lo ha desiderato per-- molto tempo. 
«Sei-- davvero tu?» domanda una voce.
Una voce che Leo ha sognato per quindici infiniti anni. Chiude gli occhi e trattiene il respiro e quando si volta a guardarla è ragionevolmente sicuro di star sorridendo, nonostante il nodo che gli stringe la gola in un cappio: «Reginetta di Bellezza!» esclama, allegro, abbandonando la moka per spalancare le braccia in un chiaro invito.
Chiaro invito che Piper ovviamente fraintende, perché Era ha cresciuto un branco di violenti psicopatici, ecco perché.
Siccome Leo è chiaramente il primo della lista, però, non riesce a prendersela del tutto con sua sorella, quando la sua prima reazione è tirargli un pugno nello stomaco, invece che abbracciarlo. Potrebbe anche essere perché la cosa che fa immediatamente dopo è stritolarlo in una presa frantuma-ossa, soffocando un singhiozzo. O perché gli è mancata così tanto che non riesce ad ingoiare le lacrime, quando affonda il viso contro la massa di treccine che porta al posto dei capelli tagliati asimmetrici della loro infanzia.
«Non è… appropriazione culturale o qualcosa del genere?» borbotta, umido, quando riesce a metterla a fuoco. Che moccioso, pensa, passandosi una mano sul viso. Con l’altra, le tira una treccina, ma piano, giocoso.
Pip, per tutta risposta, gli colpisce la spalla con un pugnetto affettuoso: «Sta’ zitto» sbuffa, ma l’istante dopo sta sorridendo uno di quei suoi sorrisi di sempre, largo e dolcissimo ed appena un po’ tremolante di commozione: «Sono passati… quindici anni, Leo» mormora poi, allontanandosi quel che basta per scrutarlo in volto e passargli le mani sulle spalle in una carezza.
«Sì, amico» commenta Percy, appena dietro di lei. Percy. Leo lo strattona verso di sé con uno scatto, coinvolgendo sia lui che Piper in un nuovo abbraccio. Gli sono mancati così tanto.

Tutti quanti.

Così. Tanto.

 

 


°

 

 


«Che fine hai fatto?» gli domanda Annie, dopo che anche il suo turno per malmenarlo e strizzargli via l’aria dai polmoni e controllare che sia in effetti lì, tutto intero, vivo e vegeto è arrivato e passato.
«È una lunga storia» risponde lui, perché be’, sono passati quindici anni. Allo stesso tempo, però, è anche una storia molto breve e tristemente stupida. «Nel futuro» riassume. «È una vera merda, a proposito. E… mi dispiace tornare con delle brutte notizie, ragazzi, ma il mondo finisce fra-- be’, di preciso non lo so. Che giorno è? Mi sono perso il funerale? Sarà un giovedì di questi, comunque.»
«Lo abbiamo celebrato un’ora fa» interloquisce Jason, stranamente laconico.
Jason è… Jason è un problema. Leo non sa, precisamente, cosa sia successo, ma Jason a malapena lo guarda e – okay, non è che voglia sembrare un ingrato, ma: sono passati quindici anni. Jason era il suo migliore amico. Non è neanche un po’ felice di vederlo?
È un peccato che non ci sia tempo, per chiarire la faccenda, davvero.
Ma – sì, insomma: priorità.
La Rowling sarebbe dannatamente fiera di lui. Oppure no. Ha letto abbastanza stralci di giornali, durante la sua non proprio felice permanenza nell’Hotel Apocalisse da sapere che la Rowling ha fatto in tempo a bersi il cervello, prima che il mondo finisse, per cui. Eh. Chi se ne frega, comunque.
Sta divagando.
Lo fa molto in generale, ma lo fa di più quand’è stressato (Calipso finge di non trovarlo dannatamente adorabile, ma non è una grande attrice).
«Che vuoi dire con “il mondo sta finendo”?» s’informa Percy gesticolando in aria per mimare le virgolette e sembrando nel complesso più che altro affettuosamente divertito e non abbastanza preoccupato.
(Oh, be’: è una grande attrice quando non è intenerita a morte da lui. Leo è davvero fiero di questo suo superpotere – è il migliore che ha.)
«Come fai a sapere del funerale?» domanda Jason, lo sguardo ostinatamente puntato sulla credenza dietro di lui. Leo si gira, giusto per sicurezza, ma no: la credenza è una credenza perfettamente normale e suo fratello lo odia a tal punto da non voler neanche incontrare il suo sguardo. Ah. Va di bene in meglio.
«Quale punto di futuro non è chiaro?» gli risponde, più duro di quello che vorrebbe. Jason si stringe nelle spalle.
«Quello in cui non ci hai ancora spiegato cosa hai fatto per tutto questo tempo, probabilmente» s’intromette Haz. Jason stringe le labbra ed arriccia il naso e sembrerebbe voler far qualunque cosa invece che annuire, ma alla fine nicchia col capo: «Sì» ammette. «Quello sarebbe un buon punto da spiegare.»
«D’accordo» sospira Leo. È un po’ giusto, immagina. «È… complicato. La psicopatica aveva ragione, viaggiare nello spazio e viaggiare nel tempo sono due cose completamente diverse. Pensare che avessero qualcosa in comunque è come credere che un elefante in tutù possa stare in equilibrio su di una ghianda senza ridurla in polvere.»
«Le tue metafore non avevano senso quindici anni fa e continuano a non avercelo» commenta Nico, porgendogli una tazza. Oh, Dèi. È ufficialmente il suo preferito. «È rassicurante, in un certo senso.»
«Almeno sappiamo che è davvero lui» interloquisce Annabeth, sedendosi sul tavolo.
«Avevamo dubbi che fosse lui?» s'informa Percy, frugando nell’anta sopra il lavello per estrarre vittorioso un pacco di muffin ai mirtilli preconfezionati. Lo stomaco di Leo si contorce: «Tieni quella roba lontana da me» sibila, prima di potersi fermare.
Percy sbatte le palpebre, perplesso: «Le… merendine?» chiarisce lentamente.
«Sì» ringhia Leo, nauseato. Beve un sorso di caffè. E poi un altro. Respiri brevi e controllati. Non vomiterà. Ha sognato di rivedere i suoi fratelli per anni e la prima cosa che farà non sarà vomitare loro addosso. Si scosta un po’, per sicurezza: «È una bufala, per la cronaca» arriccia le labbra alla fine. «Il fatto che le merendine non scadano mai. Scadono eccome
Nico inarca le sopracciglia.
Hazel ne alza uno e Pip – benedetta, adorabile Pip – aggrotta la fronte, un lampo d’apprensione nello sguardo. Jason apre la bocca, e poi la richiude. Percy inclina la testa.
«Sì, avevamo dei dubbi sul fatto che fosse lui, Testa d’Alghe» conferma Annabeth. «Ora non li abbiamo più.»
Leo le sorride più che può.

 

 


°

 

 


Il fatto è questo.
Prima che la sua vita si trasformasse in un glorioso vortice di merda, Leo se la passava… non esattamente bene, ma comunque--
In effetti, la sua infanzia è l’esatto opposto della definizione di bene.
Però.
Però hanno scritto fumetti sulla sua infanzia. Libri. Haz ha scritto un libro.
Leo l’ha letto così tante volte che la sua copia – già smangiucchiata dal fuoco e impolverata e stropicciata per colpa, sì, be’, per colpa di qualunque cosa abbia causato la fine del mondo – ha cominciato a perdere le pagine. Le ultime, quelle dell’epilogo, erano già strappate quando l’ha trovata fra le macerie della biblioteca. E Leo ha aspettato quindici anni per saperlo, per cui, appena sono soli (Nico e Percy ed Annie a confabulare a bassa voce di qualcosa e Jason e Piper chissà dove – esattamente come ai vecchi tempi, quindi, escluso il fatto che c’era Frank, prima, e Nico non era esattamente in rapporti distesi con Percy ed Annabeth. Quindi, sì. Non esattamente come ai vecchi tempi. Un po’, però) glielo chiede: «Come finisce, il libro?»
Hazel sbatte le palpebre.
Poi, le sbatte di nuovo.
Leo può individuare l’istante in cui capisce a cosa si sta riferendo, perché s’irrigidisce di colpo: «Oh» mormora. «Oh, io-- mi dispiace, per quello.»
È il turno di Leo di sbattere le palpebre, stordito: «Per cosa?»
«Per, . Per aver scritto quello che ho scritto» si stringe nelle spalle lei. Sembra davvero dispiaciuta, per qualche assurda ragione. Se ne sta lì, le braccia incrociate al petto e gli occhi bassi puntanti sul tappeto e Leo la odia.
Cioè, no, ovviamente non odia Haz.
Odia qualunque cosa le stia passando per la testa.
È una sensazione ridicolmente familiare, in realtà, per essere una sensazione che non ha provato per tre interi lustri. «Fai bene» dice quindi, gettandosi sul divano con un balzo. «Ho passato quindici anni soffrendo d’insonnia per colpa di questo» sbuffa, estraendo la sua copia dalla tasca della giacca ancora umida che ha abbandonato sullo schienale in favore di una felpa grigia e morbida che ha l’odore di Jason. 
Jason.
Ingoia a vuoto, ma focus, si dice: Jason è un problema per un altro momento.
In questo momento, il suo problema è capire perché Hazel stia annuendo, ma senza guardarlo.
Oh, Dèi. E lui che credeva che sarebbe stato quello più traumatizzato, a questo punto. Questa famiglia è un disastro, pensa. Non è esattamente una realizzazione. In effetti, è la definizione stessa della sua infanzia. Ma. Allo stesso tempo. Lo stupisce sempre un po’, quanto le cose possano peggiorare continuamente.
«Haz» dice, piano. Con un paio di colpetti un po’ incerti le fa scivolare il libro davanti, sul tavolino da caffè posto di fronte al divano. «Guardami.»
Hazel sussulta, ma lo fa.
Leo le sorride: in una vita parallela, forse le direbbe qualcosa di smaccatamente melenso e ridicolmente cheesy, qualcosa tipo Grazie, mi sono mancati i tuoi occhi, il che è tecnicamente anche vero, ma. Ma lui non è Jason, lei non Piper, ed è – tipo – la sua sorellina. 
Inoltre, non vuole essere picchiato di nuovo. «Perché ti stai scusando?» le chiede, quindi.
Hazel aggrotta la fronte: «Davvero?» domanda, e qualcosa nel suo sguardo s’indurisce. «Davvero me lo farai dire? Va bene» ripete, con il tono e l’aria di una a cui la cosa non va bene per niente. Leo si raddrizza un po’, sul divano, aggrottando la fronte.
«Mi dispiace per aver scritto questo stupido libro. Mi dispiace per aver fatto sapere a tutto il mondo quanto schifo faccia la nostra famiglia. Mi dispiace di aver ferito i tuoi sentimenti descrivendo quanto sola e triste e abbandonata mi sia sentita durante l’infanzia e mi dispiace se il mio essere clinicamente depressa ti ha causato qualche tipo d’imbarazzo e scusa tanto se--»
«Woah» la blocca Leo, perché che cavolo..? «Sì. Okay» scrolla le spalle ed appoggia una mano sulla copertina sgualcita del libro per non allungarla sulla sua spalla, perché onestamente non è del tutto sicuro che Haz voglia essere toccata, in questo momento. «No» corregge il tiro l’istante dopo. «No, le sapevo già tutte queste cose. Ero presente, ricordi?» sbuffa, quando Hazel annuisce, ma sta anche sorridendo un po’, o almeno facendo una specie di smorfia, per cui va bene. «Quello che volevo dire è che…» è stupido, pensa. È così stupido. «Non lo so» borbotta. «Speravo che nell’epilogo ti fossi sposata o avessi comprato casa o avessi trovato lavoro, ecco tutto.»
Apre il libro al contrario, per farle vedere il bordo frastagliato delle pagine mancanti.
È probabile, si rende conto all’improvviso, che non sia successo. Ha passato quindici anni a credere che chiunque avesse strappato il finale della sua copia di “Extra-ordinary: vita dell’ottava sorella” lo avesse derubato del lieto fine di Hazel, quando, invece, è più che probabile che non sia andata così. È più che probabile che la vita di Haz abbia continuato a fare schifo. In effetti, dalla faccia che ha, Leo non avrebbe neanche dovuto chiedere.
(Nonostante Calipso non sia un’idiota – al contrario di lui – non lo ha mai contraddetto, quando le parlava di quanto successo era sicuro avesse avuto Hazel. Mai una sola volta. Una fitta di dolorosa gratitudine gli trafigge il petto. Calipso. E l’attimo dopo: D’accordo, pensa. Una cosa alla volta. Priorità. Prima salverà il mondo, poi lei: in quest’ordine, perché è un adulto, nonostante le apparenze, e, sì, è in grado di separare l’opera dalla persona, per cui: al diavolo la Rowling, ma viva Harry Potter. , annuisce a sé stesso. Priorità.)
Hazel fa un verso strano, di fondo gola, e Leo ci mette un po’ a capire che è una risatina: «Niente di tutto questo» sbuffa, gli occhi che le brillano – d’affetto e di lacrime che si rifiuta di versare in egual misura, e non buffo, come le cose non siano cambiate affatto? «Però» aggiunge dopo un istante di tentennamento. «In realtà. Ho comprato casa. Con, sai. I soldi dei diritti del film.»
«…il film?» esala Leo in risposta, sgranando gli occhi.
Hazel ride un po’ – davvero, questa volta: «Vuoi sapere chi ti ha interpretato?
Ah. Hazel.
«Devo sapere chi mi ha interpretato!» la corregge. «Ma--» si contraddice l’istante dopo. «Assolutamente non prima di aver visto la tua casa!»
Hazel annuisce, passandosi una mano sul viso per asciugare le lacrime che sono sfuggite al suo controllo: «Giusto» mormora. «Sì. Vuoi andarci subito?»
Leo le sta già tendendo la mano, quando le chiede: «Un posto vicino che conosco?»
Ed Hazel: «La gelateria» gli svela, con un sorrisetto saputo.
Leo quasi sussulta: «Io adoro la gelateria!»
«Lo so.»
«E tu ci abiti vicino, adesso?» la incalza lui, sorridendo a sua volta.
«Sì.»
«Ah, guardati» sospira, teatrale, con un ampio gesticolio delle braccia. «La mia sorellina è un’adulta
Hazel alza gli occhi al cielo, ma sta sorridendo – ampia e dolcissima, e senza ombre nello sguardo, questa volta – quando gli porge la mano perché possa teletrasportarli entrambi lontano dal salotto in cui sono cresciuti: «Andiamo, dai.»

 

 


°

 

 


Il fatto è questo: anche prima di finire bloccato nell’Apocalisse, la vita di Leo era abbastanza terribile. Era – sua madre, o quanto meno la sua madre adottiva – gli dava fuoco regolarmente.
Come allenamento.
Quella donna era una psicopatica.
(Almeno al pari della famiglia di Calipso.)
E non gli è mancata per niente e non è neanche vagamente dispiaciuto di aver mancato il suo funerale. In effetti, è l’unica ragione per cui non è incazzato di aver sbagliato i calcoli dell’equazione che l’avrebbero riportato a casa, nel suo tempo.
Gli scoccia di aver mancato quindici compleanni, però.
(E non crede si perdonerà mai di non essere riuscito a tornare in tempo per Frank.)
Ma ora è qui. 
Qui.
Dove per qui si intende: nel salotto della casa di Hazel.
Seduto a gambe incrociate sul tappeto a mangiare gelato mentre guardano il più brutto film che abbia mai avuto il dispiacere di sapere essere stato girato: «Dei Immortale, cosa-- perché non sono messicano? Chi ha diretto il casting di questa roba? E tu dov’eri? Perché non hai fatto qualcosa
Non gli importa per niente che il mondo stia per finire, della cenere e del fuoco e degli scarafaggi e delle merendine scadute e di quanto abbia fatto male, il tempo che ha passato senza la sua famiglia, di quanto sarà complicato fermare l’apocalisse, ammesso e non concesso di riuscirci, di quanto ancora dovrà combattere per salvarli – salvarla: Haz sta ridendo, tossendo per colpa del della cucchiaiata di pistacchio che le è andata di traverso, e l’intero universo può andare a quel paese, almeno per questo pomeriggio.
Leo chiude gli occhi ed appoggia la testa contro la sua spalla: «Pessima» borbotta. «Davvero pessima.»

 

 

 

 

 

 

 

N/A: credo che non ci siano abbastanza improperi in tutte le lingue del mondo per spiegare quanto abbia odiato questa roba. Questo capitolo non porta da nessuna parte. Non spiega niente.  Non, ah. Non riuscivo a capire cosa volesse dire Leo né perché ci mettesse così tanto a non dire assolutamente nulla. Me ne scuso, davvero.
Il prossimo mese andrà meglio, però, spero.
E, nel frattempo, ecco un po’ di Leo&Hazel, che fa sempre bene al cuore <3
(Prometto inoltre che le cose fra Jason e tutti Leo non saranno così strane per sempre)

  
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