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Autore: Jamie_Sand    28/02/2023    3 recensioni
Raccolta di one-shot legata alla mia long "lascia che ti racconti la storia".
Piccoli scorci sulla vita di Hazel e Sirius e le persone attorno a loro.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Molly Weasley Jr, Nuovo personaggio, Percy Weasley, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lascia che ti racconti la storia'
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Il pranzo di famiglia


Percy Weasley sembrava avere un’esistenza perfetta. 

Viveva in una graziosa villetta di proprietà a due piani, situata in un bel quartiere residenziale a nord di Londra, circondata da un giardino curato nei minimi dettagli che era una vera e propria gioia per gli occhi. Nel vialetto sterrato c’era un’auto che i babbani consideravano costosa ma che però Percy non guidava mai, e il prato inglese tutto intorno alla casa, che sembrava quasi essere stato tagliato filo per filo, aveva un ottimo sistema di irrigazione che perfino in piena estate riusciva a tenere testa a quell’insolito caldo degli ultimi anni. 

Percy Weasley aveva una vita perfetta, sì. 

Certo, alle spalle aveva un matrimonio fallito e una lunghissima relazione terminata letteralmente a un passo dall’altare, aveva tre figli da due donne diverse e ora era intrappolato in un matrimonio con una donna che da tempo lo lasciava indifferente, ma resisteva. 

Percy Weasley resisteva, era bravo a resistere, era il suo grande talento, anche perché non aveva scelta: non poteva di certo lasciare Penelope. 

Non poteva lasciarla per Artie e, soprattutto, non poteva lasciarla perché farlo avrebbe voluto dire precipitare nuovamente nella solitudine in cui prima Audrey e poi Hazel lo avevano gettato. Inoltre affrontare un secondo divorzio non era proprio tra i suoi piani, non ne aveva le forze. 

Tuttavia il mago adorava la sua routine: ogni mattina si svegliava e scopriva che Penny aveva preparato per lui la colazione, mangiava un piatto di uova strapazzate con due fettine sottili di pancetta seduto al tavolo della cucina assieme a sua moglie e, durante le vacanze, anche assieme al loro Artie, beveva una tazza di tè con una goccia di latte mentre parlava di cosa lo aspettava in ufficio e, dopo essersi preparato a dovere, usciva di casa per dirigersi al Ministero. 

Passava lì le successive otto ore, ma di tanto in tanto capitava che si fermasse fino a sera. Era pur sempre il capo dell’Ufficio del Trasporto Magico, da lui dipendeva un buon funzionamento della metropolvere, del nottetempo e la buona gestione delle passaporte, inoltre faceva sempre comodo avere qualche galeone in più alla fine del mese: lui non era mica nato con la camicia come quel Black, quel melodrammatico viziato ricco di famiglia, no, Percy era partito dal nulla e di certo non aveva nemmeno una moglie che vendeva opere d’arte a cifre stratosferiche…

Erano passati anni da quando Hazel lo aveva abbandonato, eppure di tanto in tanto pensarci faceva ancora male. Non sentiva la sua mancanza ovviamente, — sarebbe stato davvero strano dopo tutto quel tempo — piuttosto sentiva la mancanza di sé stesso, dell’uomo che era stato mentre lei era al suo fianco. Hazel lo aveva reso migliore, attraverso di lei si era perdonato, attraverso di lei si era piaciuto davvero pe rla prima volta in vita sua. E poi doveva ammettere che vederla contenta lo turbava ancora. 

L’aveva presa sul personale: perché mentre stava con lui Hazel era sempre così tormentata mentre adesso aveva trovato la pace? Ma soprattutto perché questo non era valso anche per lui? Perché si sentiva ancora così maledettamente infelice pur avendo una vita che da fuori appariva perfetta?

Percy aveva detestato ogni secondo di quando l’aveva rivista insieme a Black il giorno del matrimonio di Victoire e Teddy e tutt’ora quella spiacevole sensazione continuava ad attanagliare le sue viscere ogni qualvolta che si imbatteva in lei e Sirius, cosa che, per fortuna, non capitava poi così tanto spesso. Ma era stato il momento in cui Percy aveva visto Janus insieme a Molly quello peggiore, ma mai come quando aveva scoperto che quei due stavano insieme… anzi no, forse il momento peggiore in assoluto era stato decisamente quando si era reso conto che sua figlia avrebbe sposato quel bellimbusto arrogante e presuntuoso.

Janus Black era un piantagrane, un sovversivo e anche un comunista, un ragazzino ribelle che si occupava di lotte insensate e potenzialmente pericolose mentre recitava a menadito tutti gli articoli della Carta della Magia che aveva studiato a magisprudenza. 

Aveva perfino un discreto seguito politico e grazie all’appoggio di altri tali e quali a lui era riuscito a far approvare un paio di proposte di legge che Percy considerava un vero e proprio affronto alla tradizione e alla famiglia.

Come se questo già non fosse abbastanza, la follia di Janus Black aveva corrotto anche il mondo del lavoro. Adesso, per colpa di una cosa che lui chiamava “sindacati”, i lavoratori potevano scioperare se qualcosa non andava loro a genio e più di una volta Percy era stato costretto a scendere a compromessi con i suoi dipendenti per non ritrovarsi l’intero Ufficio del Trasporto Magico vuoto. 

In poche parole: Percy Weasley aveva un’esistenza perfetta, ma era perseguitato da quelli che di cognome facevano Black, che sembravano essere sempre pronti a rovinargliela. 

Perfino una delle sue figlie faceva di cognome Black da almeno cinque anni a quella parte! 

La sua Molly… la sua bambina che aveva sposato quell’estremista che l’aveva spinta a lasciare il suo posto sicuro come insegnante di pozioni a Hogwarts per mettersi a scrivere libri di poesie. 

Quella mattina di metà giugno, Percy Weasley aprì gli occhi tutto in una volta, ritrovandosi come di consueto sdraiato sul lato sinistro, nel suo letto. Accanto a lui non c’era nessuno ma, a giudicare dall’odore di pancetta e caffè che aveva invaso la casa, Penny doveva essersi già messa all’opera in cucina. Percy approvava il fatto che a lei piacesse cucinare per lui, cosa che per fortunatamente Hazel non aveva mai fatto dato che era proprio negata ai fornelli. 

Dopo un attimo di contemplazione, il mago si alzò dal letto, indossò la vestaglia e scese al piano di sotto, dove trovò, già vestiti e seduti attorno al tavolo della cucina imbandito di leccornie, sua moglie e suo figlio. 

Se Molly e Lucy avevano preso da lui i capelli rossi e le lentiggini, Arthur aveva ereditato da Percy solo la miopia, dato che era uguale in tutto e per tutto a Penelope. Come sua madre, infatti, Arthur era biondo e molto carino, ed era inoltre un ottimo studente. Era stato smistato in Corvonero, esattamente come Halley, ma con cui non era mai andato d’accordo. Anzi, in realtà si poteva dire che tra Arthur e i due giovani Black non corresse affatto buon sangue. 

Era un ragazzino bizzarro, Halley. Arthur raccontava che fosse un po’ ritardato e che spesso non gli riuscivano nemmeno i semplici incantesimi del primo anno. Era praticamente alla stregua di un magonò e un po’ tutti lo prendevano in giro, ma puntualmente la preside se la prendeva sempre e solo con lui che non faceva niente di male ma che di certo non voleva essere amico suo. Chi lo avrebbe voluto, dopotutto? 

- Buongiorno. - Esordì Percy, sedendosi a capotavola, davanti ad un piatto di uova fumanti. - Come mai siamo già svegli a quest’ora di domenica? - 

- Siamo a pranzo da Molly e Janus, oggi, caro. Non te lo ricordi? - Cinguettò Penelope. 

- Giusto. In effetti lo avevo dimenticato. - 

- Ci sarà anche Audrey. E ci saranno anche loro, anche lei. - Sottolineò Penelope, in tono alterato.

Se all’inizio Penny e Hazel erano andate più o meno d’accordo, nel corso degli anni il loro rapporto si era decisamente... raffreddato, per così dire. Di certo Penelope non avrebbe mai ammesso chiaramente di detestarla, ma si limitava ad agire usando tutta la sua passivo-aggressività. Non sopportava il fatto che la famiglia di lui avesse riallacciato saldamente i rapporti con quella donna che aveva fatto soffrire tanto uno di loro, proprio non capiva cosa ci trovassero i Weasley in quella babbana dall’aria insulsa.

- Verrà anche quel ragazzino problematico immagino. - Proseguì.  

- Be’, non credo che lo lasceranno a casa, solo perché tu lo ritieni problematico. - Rispose Percy, prima di portarsi la sua tazza di tè alla bocca.

- Mi sembra assurdo che debba stare in classe con nostro figlio. Rallenta il programma delle lezioni! - Esclamò Penny. - Arthur dice che è pessimo nella magia. - 

- È un povero idiota, un po’ mi fa anche pena. - Annuì il ragazzo. 

- Non capisco perché i suoi genitori si ostinino a mandarlo a Hogwarts nonostante abbia le capacità magiche di Mastro Gazza. - 

Percy sospirò. Non si riteneva una persona aperta alle diversità, ma doveva ammettere che sua moglie e suo figlio spesso toccassero cime inimmaginabili persino per lui. - Il fatto che abbia dei problemi non implica che debba essere escluso. - Disse duramente, posando lo sguardo su Arthur. - Almeno per oggi vorrei evitare di ritrovarmi in situazioni sconvenienti, quindi non prenderlo in giro, Artie. - 

- Io non lo prendo in giro. - Si lagnò Arthur. - Lui è strano. I suoi unici amici sono Hagrid e quei due strambi dei figli della professoressa Lovegood. - 

- Be’, comportati bene lo stesso. - Ribadì Percy, il tono che non ammetteva repliche. 

- Mi stai chiedendo di fare amicizia con il ritardato, per caso? - 

- Ti sto chiedendo di trattarlo con rispetto, di non farmi fare brutta figura. - Spiegò Percy, dopo aver preso un respiro molto profondo. - E non chiamarlo così, non è carino. - 

- Dai retta a tuo padre, caro. - Disse dolcemente Penelope. - Cosa penserebbero gli altri a sentirti parlare in questo modo? Inoltre le persone svantaggiate come lui, poverino, devono essere aiutate da bravi ragazzi dotati come te, piccolo caro. - 

Arthur non sembrò per nulla d’accordo. - Secondo me invece quelli come lui dovrebbero stare lontano da noi persone normali. - Disse con disprezzo. - Il problema non è solo lui, ma anche quella Serpe della sorella. - 

- Aurora mi sembra una tipa sveglia. - Obiettò Percy, mentre si versava il succo di zucca nel bicchiere. - Ho saputo da Ginny che ha un grande talento per il quidditch. - 

- Oh sì, lei è fin troppo sveglia. - Ghignò Arthur. - Si apparta con i ragazzi in ogni anfratto. - 

- Con una madre come la sua come pensi che possa venir su una giovane, caro? - Sospirò Penny, con fare drammatico. - Lo sappiamo tutti che Hazel è un po’... libertina. - 

- Hazel è una brava madre. - Dichiarò gelidamente Percy. - Sono convinto che sia Sirius quello veramente inadatto a fare il genitore tra loro due. Ricordo com’era con Janus, un pessimo padre e un pessimo esempio da seguire, infatti si sono visti i risultati. Era un giovane tanto per bene, una volta. -

- Come dicono i babbani “la mela non cade mai lontano dall’albero”, caro. - Cinguettò Penelope, dopo un sospiro pieno di dramma.

 

Nello stesso momento, più a sud rispetto a loro ma sempre nella città di Londra, altri membri di un’altra famiglia si stavano pian piano preparando alla lunga giornata che attendeva loro.

Un uomo e una donna sulla cinquantina, ancora in pigiama, i capelli spettinati e le facce un po’ assonnate, erano in piedi davanti ai fornelli di una cucina piuttosto disordinata, intenti a mettere insieme una colazione degna di una domenica. Da un lato c’era lui, che in quel momento stava girando pancake a colpi di bacchetta mentre cantava ad alta voce e senza alcun ritegno una canzone di David Bowie, dall’altro c’era invece lei, che gli lanciava occhiate divertite e perplesse insieme mentre aspettava che l’acqua per il tè bollisse. 

- Rebel rebel, you've torn your dress… rebel rebel, your face is a mess… rebel rebel, how could they know? Hot tramp, I love you so!

Hazel si trattenne dallo scoppiare a ridere e Sirius, in tutta risposta, gli lanciò uno sguardo teatralmente molto ferito.

- Invece di fare quella faccia dovresti cantare insieme a me. - Buttò lì con nonchalance, facendo saltare un pancake dalla padella al piatto. 

- Non conosco così bene la canzone, quindi per questa volta passo, mi dispiace. - 

- E che ascoltavi durante l’adolescenza se non David Bowie? - Chiese lui, sconvolto. 

- Ero una adolescente quando ti ho conosciuto, quindi sai cosa ascoltavo. - Rispose lei. 

- Non eri una adolescente, eri più quasi un’adulta. - 

- Quindi una adolescente. Non ero poi tanto più grande di nostra figlia se ci pensi. - 

Sirius alzò gli occhi al cielo. - Be’, ma prima cosa ascoltavi? - Insistette. 

Hazel scrollò le spalle. - Quando ero piccola non saprei… Madonna, forse. - 

- Madonna? - 

- Proprio lei. - Annuì Hazel, facendo un sorrisetto nostalgico. - Ma credo che la colonna sonora della mia triste infanzia sia stata “never ending story”. Ancora ricordo quando uscì il film… andai a vederlo tre volte. - 

- Turn around… - 

- Look at what you see… -

- In her face… -

- The mirror of your dreams… make believe I'm everywhere…

- Potete darci un taglio o avete intenzione di continuare ancora per molto? - Sbottò la voce di Aurora, mentre varcava la porta della cucina alle loro spalle. - Mi avete svegliata, lo sapete? - 

Sirius si voltò verso di lei tenendo il piatto pieno di pancake caldi tra le mani. 

Aurora, sedici anni compiuti da poco, stava guardando i propri genitori con un’espressione imbronciata dipinta sul quel suo bel volto altero, gli occhi scuri ridotti a due fessure e le braccia incrociate sul petto. Era piuttosto alta per essere una ragazza e sembrava più adulta della sua età, cosa che negli anni aveva attirato l’attenzione di un bel po’ di ragazzi più grandi di lei, cosa che Sirius detestava. Una volta, sotto forma di Felpato, aveva persino morso uno dei suoi primi fidanzati. 

- Era quello il senso. - Rispose allegramente il mago. - Comunque buongiorno. - 

Aurora mugugnò qualcosa di indefinito e poi si lasciò cadere su una delle sedie che circondavano il tavolo. - Non sarei così felice se fossi in te, caro. -

- Perché dici questo, cara? - Fece a sua volta Sirius, imitando il modo di parlare di Penelope. 

- Infatti, cara. - Proseguì Hazel, versando intanto l’acqua finalmente calda in un paio di tazze. - È una bella giornata, tuo padre ha fatto i pancake e oggi a pranzo mangeremo cibo vegano… può forse andare meglio di così? - 

- Be’... direi di sì. Ad esempio Janus oggi potrebbe annunciare che divorzierà da Molly brandendo una coscia di pollo per farla infuriare. - Rispose Aurora. - Questo renderebbe la giornata memorabile. - 

- Non essere cattiva. - La ammonì Hazel, sedendosi al suo fianco. 

- Però è chiaro che devono fare un annuncio o cose del genere. - Riprese la giovane. - Altrimenti non ci avrebbero costretto ad andare da loro, in Scozia. - 

- A proposito di noi quattro: Halley dov’è? - Chiese Sirius, guardandosi attorno. 

- Ancora a letto. Dice che sta male, anche se secondo me sta tentando di saltare il pranzo di oggi. - Rispose Aurora, prima di infilzare un pancake con la forchetta. - Sinceramente lo capisco. Nemmeno io muoio dalla voglia di vedere la brutta faccia di Artie Weasley fuori da scuola. - 

Hazel sospirò e pur di non proferire parola si portò la tazza alle labbra. Quel ragazzino era un bullo della peggior specie e questo lo sapeva anche lei: ne aveva conosciuti tanti così nel corso della sua vita e soprattutto della sua infanzia e anche lei, proprio come Aurora, comprendeva Halley e il desiderio che il giovane aveva di stargli alla larga. Tuttavia non aveva nessuna voglia di mettersi a litigare con Percy per colpa dei loro figli. 

- Vado a vedere come sta. - Disse Sirius, prima di uscire dalla cucina. 

Quando raggiunse il piano di sopra, notò che la camera di Halley aveva la porta solo accostata, cosa che lo spinse ad entrare senza prima bussare. Lì trovò il ragazzo ancora a letto che leggeva un romanzo. Prese dunque ad osservarlo. 

Nonostante avesse già quattordici anni, Halley aveva ancora le fattezze di un bambino. Somigliava molto a Hazel: come lei aveva i capelli castani e parecchio vaporosi, era gracile e minuto e anche la forma degli occhi era la stessa: sebbene fossero grigi come quelli di Sirius, gli occhi di Halley erano troppo grandi per stare bene sul suo volto. 

Ma non era simile a lei solo nell’aspetto: aveva infatti ereditato la stessa predisposizione per il disegno e per arte della madre e per questo le pareti della sua stanza erano tappezzate di disegni, entrambi amavano i vecchi e noiosi romanzi ottocenteschi e spesso anche lui parlava di cose che gli altri non riuscivano a capire, esattamente come faceva Hazel. 

Sirius doveva ammetterlo, suo figlio era un po’ strampalato ma questo non lo aveva mai disturbato. Insomma, almeno non era uno stronzo com’era Janus alla sua età. 

- Stai male? - 

Quella brusca domanda fece sobbalzare Halley, che chiuse il libro di scatto e si portò una mano al petto, voltandosi verso di lui.

- A me sembri troppo reattivo per stare male. - Osservò Sirius, sogghignando. 

Halley all’inizio non rispose, ma prese a fissare la copertina rossa del suo libro. - Puoi dire a mamma che sto male? - Chiese poi, senza staccare gli occhi da lì. 

Sirius sospirò. - Lo sai che se ne accorge sempre se mento. - Rispose. - Sarà babbana, ma è più brava di un legilimens esperto nel leggere la mia mente. - 

Lui rimase zitto, cosa che fece sospirare di nuovo Sirius. 

- Se è per Arthur non devi preoccuparti. - Tentò di dire, senza essere sicuro che quello fosse l’approccio giusto. Halley non era come Aurora, parlare con lui era a dir poco complicato. - Non credo che si metterebbe a prenderti in giro davanti a degli adulti, ma se lo fa potrei finalmente dirgli qualcosa. - 

- No. - Rispose bruscamente Halley. - Mi sentirei ancor più stupido di quanto io già non sia e poi a scuola sarebbe anche peggio. - 

- Ma tu non sei stupido. - Obiettò Sirius, aggrottando la fronte.

- Non sono bravo in nulla, quindi sono stupido. - 

- Sei bravo nel disegno. - 

- È un talento inutile. - 

- Vallo a dire a tua madre, se ne hai coraggio. - Sorrise Sirius. - So che sei molto bravo anche con le creature magiche. Io ero pessimo, non avevo pazienza. -

- Tu non avevi pazienza, io invece non ho magia. - Disse Halley, accigliato. 

- Sì che ne hai di magia. Hai ricevuto la lettera, quindi sei un mago. - 

Lui lo guardò, le labbra piegate leggermente verso il basso e le sopracciglia aggrottate, e poi scosse lentamente la testa senza parlare. 

- Senti, ti capisco se non ti va di andare oggi. Nemmeno io muoio dalla voglia di avere a che fare con Percy e la sua famigliola, ma d’altra parte mi fa piacere vedere Janus a casa sua, una volta tanto. - Continuò allora Sirius. - E dopo, nel viaggio verso casa, ci godremo insieme tua madre che sbraita perché la moglie di Percy le ha detto che è ingrassata o altre cose di questo genere. Ti ricordi quando Penelope ha venduto il quadro le avevamo regalato perché a suo dire quella era “arte troppo degenerata” per i suoi gusti? -  

Halley accettò un piccolo sorriso. 

- Povera Penelope. In realtà a me lei sta simpatica. - 

- Ti piace perché tiene Percy lontano da mamma. - 

Sirius strinse le labbra. - Va bene, può darsi che sia vero. - Ammise poi. - Adesso ti decidi a scendere giù o devo farti qualche altra confessione imbarazzante? - 

Halley sospirò. - Adesso arrivo. -

- Bravo ragazzo. - Asserì l’uomo.

 

-ˋˏ ༻❁༺ ˎˊ-

 

Essere sposato con una Weasley imponeva una serie di regole non scritte, e questo Janus lo sapeva bene. Ad esempio c’era il fatto che i signori Weasley quasi imponessero a tutti i loro nipoti di andare a pranzo alla Tana almeno una volta al mese, c’era il dovere di partecipare a tantissimi compleanni, spesso anche uno dopo l’altro e una serie di altri punti fermi che solo chi faceva parte di una famiglia molto numerosa poteva capire. Janus sapeva che mettere piede alla Tana significava ogni singola volta prepararsi a una serie infinita di domande, dalle più innocue come “come va il lavoro?” oppure “hai davvero difeso quel serial killer?”, alle più irritanti, che potevano essere riassunte tutte in quattro semplici parole: “quando fate un bambino?” 

Quella domanda era la più complicata di tutte dato che era quasi impossibile rispondere senza farlo davvero. 

All’inizio Janus e Molly propinavano a tutti frasi di circostanza del tipo “chi lo sa, prima o poi”, per poi chiudersi in un preoccupante silenzio stampa per anni, silenzio che era terminato quando erano scesi a patti con il fatto che insieme facevano la coppia meno fertile della storia dell’umanità. 

Avevano visto ogni genere di medimago e curatore e alla fine si erano addirittura affidati alla medicina babbana: si erano sottoposti a ogni genere di cura e procedura, puntore, esami invadenti o imbarazzanti ma niente, non c’era stato verso. Tutto quello che avevano dunque potuto fare era stato informare i parenti, così da farli smettere di porsi domande, senza però scendere troppo in dettagli. Ammettere di essere proprio lui il problema tra i due lo avrebbe fatto sentire ancor più inutile e depresso di quanto già non fosse.

E poi, quando ormai anche la speranza era andata perduta, a un passo dal prendere un cane per riversare su di esso tutto l’affetto che avrebbero potuto dare a un loro eventuale bambino, era successo: Molly era rimasta incinta. 

Ma mentre Janus aveva sentito fin da subito la voglia di dirlo a tutti, un po’ come se quella fosse la prova che in lui non ci fosse niente che non andasse, lei aveva preferito mantenere il segreto, giusto per assicurarsi che fosse tutto vero. 

Così, all’entrata del secondo trimestre, nessuno era ancora a conoscenza della presenza di quel potenziale individuo che stava crescendo nell’utero di Molly. 

- Tu pensi davvero che sia necessario dirglielo proprio oggi? - Domandò lei per l’ennesima volta da quando quella giornata era iniziata, mentre osservava lo sformato di verdure che si stava dorando nel forno. 

Janus, appoggiato allo stipite della porta della cucina, sospirò in risposta e subito dopo Molly si voltò a guardarlo.

- E se qualcosa andasse male? Non si sa mai, visto come sono andate le cose per noi fino ad ora. - Proseguì la giovane, corrucciando la fronte. - Penny ci riempirà di domande. - 

Lui sospirò nuovamente e per una manciata di secondi non parlò. 

Era una bella giornata per essere inizio estate in Scozia, e in quel momento la luce che entrava dalla finestra spalancata della cucina stava illuminando il viso di Molly in un modo che Janus trovava parecchio interessante. Probabilmente, se avesse avuto il talento artistico di sua madre e suo fratello, l’avrebbe dipinta o le avrebbe scattato una fotografia, così senza preavviso, cogliendo l’attimo. 

Si erano trasferiti in quel vecchio cottage subito dopo essersi sposati. Molly diceva che la campagna offriva molto più spazio all’immaginazione rispetto alla città. Le piaceva il fatto che lì si sentisse spesso l’odore del mare anche se non si vedeva, adorava che ci fosse un orto in giardino e soprattutto che i suoi genitori trovassero un po’ scomodo arrivare fin là per andarla a trovare. 

Osservandola, Janus notò che Molly indossava uno di quei suoi vestiti babbani risalenti a un'altra epoca, uno di quelli che la facevano sentire carina e sicura di sé, cosa che gli suggerì che forse era un po’ in ansia per quel pranzo. 

- Lo hai sentito il medico babbano: tu stai bene e lui o lei anche. - Le disse, puntando lo sguardo sul ventre accennato di lei. - State bene. Inoltre ormai si nota che sei incinta, non possiamo più nasconderlo. - 

- No che non si nota. - Obiettò Molly, alzando gli occhi al cielo e accarezzando il tessuto del vestito lungo il suo corpo. - Ho preso qualche chilo ma non si nota… o sì? - 

- A guardarti così direi che sei piuttosto incinta. - Affermò lui sorridendo, prima di fare un passo nella sua direzione, avvicinandosi. 

Le prese il volto tra le mani e lo scrutò attentamente, perdendosi in quel mare di lentiggini e in quegli occhi castani dietro le lenti degli occhiali. Fu lei ad annullare la poca distanza che li divideva, alzandosi sulle punte e posando le labbra sulle sue in un rapido bacio. 

- E per quanto riguarda Penelope… - Proseguì Janus. - Risponderemo alle sue domande come al solito: prendendola educatamente in giro. - 

Molly sospirò con aria affranta e un secondo più tardi il trillo del campanello riempì l’aria. 

- Oh Merlino, sono già qui. - Mugugnò lei, gettando un’occhiata verso l'orologio appeso a una delle pareti. 

- Vado ad aprire. -

Janus attraversò il corridoio in tutta calma e quando arrivò all’ingresso spalancò la porta, ritrovandosi davanti una famiglia formata da un uomo e una donna di mezza età e un ragazzino e una giovane in piena adolescenza. 

- Buongiorno, ragazzo. - Disse allegramente Sirius, varcando la soglia un po’ come se quella fosse casa sua. - Lo so, siamo in anticipo. Ma abbiamo volato per settecento chilometri, quindi presumo che ci perdonerai. - 

- Volato? - Chiese Janus, allarmato. - In che senso avete volato? - 

- Tuo padre ha incantato la nostra auto. - Rispose Hazel, indicando con un cenno del capo la macchina parcheggiata proprio davanti all’entrata del giardino. 

- Mi sorprende che tu abbia accettato di viaggiare su un’auto incantata. - Fece Janus, chiudendosi la porta alla spalle dopo averli fatti entrare. 

- L’alternativa era la smaterializzazione. Ho scelto la cosa meno rischiosa. - Spiegò la donna, prima di guardarsi intorno con un certo compiacimento. Le piaceva come Janus e Molly stavano trattando la sua vecchia casa: nonostante ci avessero messo la loro impronta non avevano affatto snaturalizzato i vecchi arredi ormai un po’ retrò. 

- Siamo stati quattro ore in auto solo perché mamma ha paura di smaterializzarsi. - Si lamentò Aurora, alzando gli occhi al cielo. 

- Buongiorno! - Esclamò Molly, facendo capolino dalla cucina. 

- Ehilà, nuova Signor Black! - La salutò Sirius. 

- Molly! Oh cielo, non ci vediamo da mesi! - Esclamò Hazel, sorridendo e andandole incontro. - Hai qualcosa di diverso… - Aggiunse guardandola bene. - Forse i capelli? - 

Molly tergiversò, le sopracciglia inarcate in un’espressione incerta. - Ehm… può darsi? - 

- Hai cucinato quella roba vegana anche oggi, Molly? - Le chiese Halley, mentre entrava in cucina insieme al resto della famiglia. 

- Esatto. In questa casa non si cucinano animali. - Asserì Molly.

- Già. Per mia gioia. - Aggiunse Janus, teatralmente lugubre. - Ad ogni modo… io intanto apparecchio. - Proseguì, dirigendosi verso la sala da pranzo. 

Mezz’ora più tardi il campanello suonò nuovamente e stavolta, sulla soglia, Janus trovò Percy in compagnia di Penelope e del loro figlio Arthur. Tutti e tre erano vestiti in modo impeccabile nonostante i trenta gradi percepiti quella mattina, portando in dono una bottiglia di vino elfico. 

- Ciao, Perce. - Lo saluto sorridente Hazel, non appena lo vide varcare la soglia della cucina, beccandosi un’occhiata di fuoco da Penelope nell’immediato. 

Non avevano l’occasione di vedersi spesso come invece avevano creduto quando erano venuti a sapere della relazione che legava i loro figli, ma ogni volta che Percy si trovava nella stessa stanza di Hazel non poteva fare a meno di sentirsi un po’ a disagio. 

- Hazel, ciao. - Rispose, ricambiando quel sorriso con uno di circostanza. - Sirius… - 

- Weatherby. - 

Percy arricciò le labbra con disapprovazione e Janus, che li stava osservando a qualche metro di distanza, si domandò se quel pranzo fosse stata davvero una buona idea. 

- Credo che Audrey sarà qui a momenti. - Disse, dopo un secco sospiro. - Magari iniziamo a sederci. - 

- Non è un po’ strano per te, Weasley? - Fece Sirius, affiancando Percy e poggiando un braccio sulle sue spalle come se fossero vecchi amici, mentre tutti insieme si dirigevano verso la sala da pranzo. - Oggi pranzerai con tre donne che ti hanno visto senza vestiti. - 

A quelle parole Hazel sgranò gli occhi, chiedendosi cosa avesse che non andasse il padre dei suoi figli. 

- Cosa posso dire, Black… puoi sempre cancellare la memoria di Hazel, se questo ti infastidisce. - Ribatté Percy, con insospettabile nonchalance. - Sappiamo tutti che sei molto abile con certi incantesimi. - 

All’una in punto, quando ormai tutti avevano preso posto, il campanello suonò per la terza volta e l’ex moglie di Percy fece finalmente il suo ingresso. 

Dire che Audrey fosse una donna particolare era assolutamente un eufemismo. Prima di tutto era decisamente molto bella, troppo per essere stata sposata con Percy Weasley, con quei suoi setosi capelli di un castano ramato, la pelle di porcellana e grossi occhi verdi come immense praterie. Aveva una certa grazia, un certo portamento e soprattutto una personalità molto forte che la rendeva affascinante e spaventosa allo stesso tempo. Nei suoi confronti, Hazel aveva un certo timore reverenziale ma nonostante ciò — nonostante la lista di insulti che si era beccata da parte sua nel corso degli anni — avevano trovato nella cara Penelope un nemico comune che le aveva rese quasi amiche.

- Perdonate il ritardo. - Disse mentre si sedeva con grazia accanto alla figlia. - Nemmeno il conducente del Nottetempo riusciva a trovare questo posto sperduto nel nulla. Spero che tornerete in città prima o poi. -

- Ci piace molto qui, mamma. - Sbuffò la giovane strega, con tutta l’aria di una che aveva affrontato quel discorso un milione di volte, mentre nel frattempo riempiva i piatti degli ospiti con lo sformato e con una montagna di patate al forno. - È l’ambiente ideale per scrivere, inoltre Jan arriva a Londra in un attimo se si smaterializza. - 

- A proposito, come sta andando la scrittura? - La interrogò ancora Audrey. - L’ultima raccolta è stata un vero successo nel mondo dei babbani. Un po’ meno in quello dei maghi purtroppo. - 

- I maghi hanno uno scarsissimo senso artistico, Audrey. Certe cose non potete capirle appieno. - Criticò Hazel, seppur sorridendo.

Penny tossicchiò rumorosamente, attirando l’attenzione. - Dimmi, cara. - Interloquì subito dopo, rivolgendosi a Hazel. - Fai ancora quei tuoi strani quadretti? - 

Hazel rimase per qualche secondo interdetta. - Io dipingo per lavoro, quindi sì, faccio ancora i miei strani quadretti. - Rispose poi.

- Trovo davvero assurdo che vengano venduti a quelle cifre esorbitanti, sai, cara? - Insistette Penny. - Tuttavia è un bene. - 

Hazel alzò un sopracciglio con un certo sbigottimento e poi infilzò una delle patate che aveva nel piatto con una certa stizza prima di portare la forchetta alla bocca, come per prendersi del tempo. - Comprendo che non tutti possano capire determinati tipi di arte, Penelope, cara. - Disse. - Comunque ti dona davvero molto questo nuovo taglio di capelli. Ti fa il viso meno appuntito... addolcisce il tuo mento importante. - 

Accanto a Janus, Molly guardò Hazel con un moto di ammirazione, cosa che non sfuggì affatto a Penelope. 

- Hai messo su qualche chilo, vero, cara? Sei così paffuta. - Osservò quest’ultima, guardando Molly, prima di fare un sorriso sardonico. - Non sarai mica incinta. -

Tutta la tavolata parve trattenere il fiato, come accadeva ogni qualvolta in cui veniva fuori l’argomento bambini, Molly invece non fece una piega. Da anni ormai la moglie di suo padre era solita commentare il suo aspetto e lanciare frecciatine velate sulla questione bambini. 

- Sì, in effetti ho messo su qualche chilo. - Annuì con calma Molly, appoggiandosi una mano sul ventre. - Per quanto riguarda il resto… io e Jan dobbiamo dirvi una cosa. - 

- Lo sapevo che dovevano fare un annuncio. - Sussurrò Aurora tra sé e sé, mettendosi in ascolto. 

Lì, con gli occhi di ogni membro della sua famiglia puntati contro, la strega sentì la sua testa svuotarsi e le parole mancare. Aveva paura, paura che dire ad alta voce di essere incinta rompesse l’incanto, paura di perdere il bambino e di doverlo poi comunicare a tutti. Quanto le sarebbe piaciuto sparire per qualche mese e riapparire solo quando suo figlio era già venuto al mondo…

- Avete intenzione di adottare un bambino, per caso? - Le chiese Hazel, più bruscamente di quanto avesse voluto. Tra tutte le opzioni, quella era di gran lunga la sua preferita. 

Molly non parlò né diede segni di averla sentita, rapita da quei pensieri infausti, e solo quando Janus le prese la mano si riscosse. Si voltò a guardarlo, le sopracciglia aggrottate e le labbra leggermente piegate verso il basso che le davano quell’aria di un cucciolo spaventato che lui trovava da sempre particolarmente adorabile. 

- Vuoi che lo dica io? - Domandò Janus a bassa voce. 

Lei scosse la testa e poi, guardando suo padre, pronunciò quelle due parole che ancora non aveva avuto il coraggio di dire ad alta voce: 

- Sono incinta. - 

Hazel si lasciò sfuggire un gridolino di contentezza, esattamente come Audrey e i due giovani Black, mentre Sirius inarcò le sopracciglia con una certa sorpresa. 

- Quindi tra qualche mese diventerai nonno Felpato, eh, papà? - Sogghignò Aurora, scoccando un’occhiata divertita verso Sirius. 

- Prova a dire di nuovo quella parola associata al mio nome e ti cancellerò dal nostro albero genealogico immaginario, ragazzina. - Ribatté lui, con ostentata serietà prima di sorridere felice.

Dall’altra parte del tavolo, intanto, Percy era impallidito e aveva sgranato gli occhi, Arthur aveva lanciato un’occhiata disinteressata alla sorella e Penny aveva assunto un’espressione interrogativa.

- Ma… scusate, come avete fatto? - Domandò lei, frantumando l’entusiasmo e facendo crollare un imbarazzante silenzio. 

Eccola lì, la regina delle domande inappropriate, pensò Janus, prima di guardare Molly che a sua volta fissava la moglie di Percy con un’espressione perplessa, esattamente come chiunque in quella stanza. 

- Penny, ti ho sopravvalutata. - Disse Janus, nascondendo l’irritazione dietro un sorriso tirato. - Ero certo che tu sapessi come vengono al mondo i bambini. - 

Penelope arrossì leggermente. - Intendevo dire che con tutti i vostri problemi avrete sicuramente usato qualche strana tecnica babbana, immagino. Una mia lontana parente si è affidata ai medici e devo dire che non è andata affatto bene per il bambino, alla fine. - 

Janus aprì la bocca per ribattere, ma fu Molly a rispondere al posto suo: - Potresti essere contenta e basta, per una volta nella vita, Penelope? - Sbottò, in modo del tutto inaspettato. Rispetto a Janus, lei era molto più capace di lasciarsi scivolare addosso le indelicatezze di Penelope. - Perché devi essere sempre così spiacevole? - 

- La mia era solo un’innocente curiosità, Molly, cara. - Affermò l’altra, portandosi una mano al petto come se le parole della giovane l’avessero pugnalata dritta al cuore. - Non era mia intenzione offenderti o turbarti. - 

- Io invece credo che fosse proprio tua intenzione. - Ribatté Molly, decisa. - Tu fai sempre così, ti piace mettere a disagio le persone. Quanto devi essere insicura per comportarti in questo modo? - 

- Molly, ti prego. - La fermò Percy. 

Lei si voltò verso il mago con furia, rivolgendogli un’occhiata torva. - Perché la difendi sempre? - Gli chiese.

Era vero, Percy aveva molti difetti: era rigido, trovava conforto nello status quo e trovava difficile aprirsi alle novità o alla diversità, ma era allo stesso tempo una brava persona, un uomo per bene, molto paziente e capace di amare e di dimostrarlo, anche se spesso a modo suo. Penny, invece… be’, lei era tutt’altra storia; sembrava quasi godere delle disgrazie altrui. 

Molly la detestava. La detestava da sempre, anche se per lei era davvero difficile accettare di provare sentimenti negativi per qualcuno.

- Vogliate scusarmi. - Disse la giovane, prima di alzarsi da tavola, precipitandosi fuori dalla sala da pranzo.

Subito, lungo tutta la tavolata, calò un silenzio molto imbarazzante, uno di quelli capaci di paralizzare chiunque, interrotto solo dal masticare rumoroso di Arthur. 

Un attimo dopo, senza dire una parola, anche Janus si alzò.

Trovò Molly in cucina, ferma davanti alla finestra, le braccia stese lungo i fianchi e le mani strette in due piccoli pugni serrati, e tutto ciò che lui fece all’inizio fu limitarsi a osservarla rimanendo immobile sulla soglia, cercando di capire nel frattempo come agire. Janus sapeva che Molly era quasi del tutto incapace di elaborare e poi accogliere sentimenti o emozioni negative. Non sapeva arrabbiarsi, non sapeva essere triste, cose che invece a lui venivano sempre molto bene. 

- Hey, Polly. - Disse dopo poco, attirando finalmente la sua attenzione.

Molly si limitò a mugugnare sommessamente, cosa che spinse lui ad avvicinarsi. 

- Credo di aver rovinato il pranzo. - Sussurrò la strega, quando Janus alle sue spalle la abbracciò. 

- Casomai Penelope l’ha rovinato. - Asserì lui. - Ma poteva andare molto peggio. Ricordi il mio primo Natale alla Tana? Quello sì che fu un pranzo rovinato. - 

- Avevi undici anni e avevi appena scoperto che tua madre aveva un fidanzato. - Lo giustificò Molly. 

- Tu sei incinta, puoi dare la colpa agli ormoni per ogni tua azione per i prossimi mesi. - Ribatté Janus, sorridendo.



 

Ammettetelo: pensavate di esservi liberati di me, eh? E invece no, eccomi qui, per la vostra somma gioia. Questa volta ci ho messo una vita a finire di scrivere questa one shot e devo dire che il risultato mi repelle, ma se non vado avanti rimango ancorata e non ne esco più. A dire la verità la prima parte mi piace un po’, ma la seconda… bo, sarà che l’ho letta talmente tante volte che ne ho fin sopra i capelli! 

Comunque la scaletta che ho scritto per organizzare questa raccolta dice che tra due capitoli mi sono finite le idee, vi informo così, a caso. 

Alla prossima (spero non tra venti giorni come in questo caso),

J. 


 
   
 
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