Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! 5D's
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Autore: Jigokuko    10/03/2023    0 recensioni
Akane non sa nulla di sé. Né da dove viene, né il suo vero nome.
Non appena apre gli occhi e si ritrova al buio, l'istinto le dice di scappare ed ignorare il dolore lancinante che la sta divorando dall'interno.
Quando incontra lo sguardo di due iridi d'argento, tutto inizia ad essere ancor più intricato.
Ma la domanda è sempre la stessa: chi è lei, in realtà?

"Il tempo è qualcosa di ineluttabile, non si può andare incontro ad esso.
Il tempo non scende a compromessi, il tempo è intoccabile, il tempo non è un gioco."
Genere: Malinconico, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bruno, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Yusei Fudo, Z-one
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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1

Non ho bisogno di uno specchio


Un brusio, qualcosa sotto la testa la teneva sollevata. Non capiva nulla, la fronte pulsava ed il naso sembrava aver preso fuoco. Sentiva le labbra bagnate, il sapore era forte.
Si sentì scuotere delicatamente. Aprì le palpebre per uno spiraglio, buio.
Le venne toccato il viso e spalancò gli occhi di colpo. Davanti a sé, un paio di iridi, erano grige, ma non riuscì a discernerne il colore vero e proprio a causa della poca luce.

- ... Ah! Stai bene?

Gli occhi grigi parlarono— no, non erano bulbi fluttuanti, ma appartenevano a qualcuno.
Ancora rimbambita, si guardò attorno; il tizio in questione era un uomo, giovane, con i capelli blu che gli raggiungevano le spalle. Sul suo volto squadrato un'espressione preoccupata... solo dopo si accorse che, ciò che aveva precedentemente sentito sotto la testa, era il braccio di lui, avvolto attorno alle sue spalle in modo che potesse stare in una posizione semi-seduta.

- Cosa... chi sei? Dannazione, che male... dove mi trovo? Che è successo?

Mille domande tutte in una volta, doveva essere sembrata una scema.
... a proposito, quella era la sua stessa voce? Non ci aveva fatto molto caso quando stava urlando -il dolore era troppo forte per preoccuparsene-, perciò ne fu sorpresa. Era decisamente femminile, allora non si era sbagliata, in ogni caso aveva bisogno di guardarsi allo specchio, almeno per vedersi in volto.

- Ti ho vista prendere di faccia il lampione, hai dato una testata... è pericoloso correre così forte con una nebbia tanto spessa, il rischio di ferirsi è elevato...!-
- U—Un lampione? – Balbettò, sbattendo le palpebre un paio di volte, in imbarazzo. – Devi aver riso molto ad una scena simile...-
- In realtà mi hai fatto preoccupare, sai, il rumore di ferro che vibrava dopo la testata è stato assordante e sei crollata all'indietro con una violenza tale da farmi credere che fossi morta.- Né sul viso né nel tono di lui trasparivano accenni di divertimento, sembrava veramente in ansia per lei.
- Per favore, non infierire aggiungendo ulteriori dettagli. – Con un piccolo aiuto, si mise a sedere in autonomia. – La testa...-
- Ti fa ancora male? Io abito qui, posso darti del ghiaccio se ne hai bisogno... inoltre hai il naso che sembra un rubinetto aperto.-
Mistero risolto, ecco cos'era quel saporaccio in bocca.
- ... Devo fidarmi?-
- Se preferisci posso lasciarti in mezzo alla nebbia, ma a giudicare dalla velocità a cui correvi credo ti stessero inseguendo. Sbaglio...?-
- Saresti disposto a prendere in casa una tizia a caso così a cuor leggero? E se fossi un'assassina?-
- Non hai la faccia da assassina.- Le rispose, senza pensarci due volte.
- Che faccia ho?- Domanda genuina.
- La faccia di una che l'ha fracassata contro un pilastro di ferro da una tonnellata— sotto il sangue sembra esserci una ragazza, però, se potessi vederla per intero potrei giudicarla!- A questo tizio sembrava piacesse prenderla in giro, oppure era lui ad essere così e basta.
- ... Hai vinto, sembra.-

Lui le mostrò un largo sorriso, le avvolse di nuovo le spalle con il braccio ed in men che non si dica l'aveva tirata in piedi come se fosse fatta di carta. Solo in quel momento notò quanto fosse più alto di lei, faticava a raggiungergli le clavicole, in confronto a lei era un vero e proprio muro. Ad essere onesti, un po' le fece paura.
La condusse nella nebbia per pochi metri, finché non svoltarono l'angolo e scesero un rampa di cemento, la quale dava su quello che sembrava un enorme garage. Lo spazio al suo interno era parecchio ed aveva anche un secondo piano dal quale notava un frigorifero ed una cucina.
... Dov'era capitata?
Si voltò e, vedendolo togliersi la giacca, sussultò, allontanandosi di qualche metro. Quando la notò, alzò un sopracciglio, confuso.

- Che succede...?-
- Cosa vuoi farm— sapevo che non— non—- Il cuore accelerò i suoi battiti, lo sentiva martellare violentemente contro la cassa toracica.
- Eh...? Spiegati, per favore, non ho capito. Che ho fatto di sbagliato? Volevo solo darti la mia giacca, se non metti subito a mollo la tua maglietta rimarranno le macchie di sangue ed il giubbotto che porti tu mi sembra corto, potresti prendere freddo...-
- Eh?-
- Mh?-
- ... Ah.- Si ricompose. Aveva appena analizzato inutilmente tutto l'ambiente circostante per darsela a gambe.
- Allora...?-
- Non è un disturbo?-
- Se non tieni alla maglietta puoi rimanere anche così.-
... Effettivamente non sapeva se ne avesse un'altra, meglio non rischiare di dover andare in giro come una che è stata appena assassinata.
- ... Accetto, allora, grazie.-

Trovatasi in bagno, finalmente si vide riflessa in uno specchio.
Aveva la pelle bianca, cadaverica ed impregnata del suo stesso sangue, le labbra di un intenso rosa naturale, il naso piccolo ed all'insù, occhi azzurri dal taglio lievemente affilato e contornato da un ventaglio di ciglia scurissime e lunghe. Guardandosi i capelli aveva capito perché, tastandoli al buio, sembravano infiniti... lo erano veramente.
Di un intenso e lucido corvino, la frangia le copriva la fronte per intero -un vantaggio, l'eventuale livido non si sarebbe visto!- e formava una leggera onda che la faceva pendere verso la sua destra. A scendere, due ciuffi le si appoggiavano sul petto, mentre la chioma alle sue spalle raggiungeva addirittura le ginocchia, erano lunghissimi ed a primo impatto sembravano tantissimi, doveva essere un incubo prendersene cura... tutti i capelli, tranne la frangia, presentavano un gradiente di una sfumatura simile al celeste intenso dei suoi occhi. Tra tutto quel nero, a tenerli in ordine, spiccava un semplice cerchietto bianco.
Scendendo, notò un choker al collo, spesso e nero, con un anello di metallo al centro. Indossava una giacca di pelle anch'essa nera ed alcuni dettagli verdi sul colletto, aveva le maniche lunghe, ma raggiungeva i fianchi ed effettivamente non avrebbe potuto coprirla se non avesse avuto nulla sotto.
La maglietta incriminata era di un verde acceso macchiato da bolle rosse, sotto di essa se ne notava un'altra, a rete, che proseguiva lungo le braccia fino a diventare dei guanti a mezzo dito.
Portava degli shorts neri con qualche dettaglio verde e due catene di metallo pendevano ai suoi lati. Le gambe erano fasciate da delle parigine spaiate; quella di sinistra era a righe verticali nei soliti nero e verde e quella di destra era tutta nera, salvo per due sottili righe alla sua base.
Gli enormi stivali ai piedi complicavano l'outfit in maniera spropositata; neri, di pelle lucida, lunghi fino alle ginocchia e con ben otto cinture dalla fibbia argentata che partivano dal collo del piede e percorrevano tutta la calzatura. Sotto, un altissimo platform che, non contento, si alzava anche per dare la forma di un tacco alla scarpa.
Come avesse fatto non solo a camminarci, ma a correrci, lo sapevano solo le divinità.

Dopo essersi lavata il viso dal sangue -nonostante continuasse a scendere-, rimosse sia la giacca che la maglietta verde ma, quando rimase solo con quella a rete a maglie larghe, notò qualcosa di... strano.
Tolse anche quella. Terrore. Indietreggiò lentamente, fino a scontrarsi con la schiena contro le piastrelle gelate del muro, un brivido le percorse tutto il corpo, ma non di freddo.
Proprio nel punto in cui aveva avuto quelle fitte atroci, c'era un... un... abominio, non sapeva come altro definirlo. Partiva da entrambe le spalle, si univa al centro del petto e poi scendeva giù fino al pube; un'enorme ferita a forma di "Y", fatta con una precisione chirurgica. Arrossata e quasi violacea, sulla sua pelle bianchissima e tra le ossa sporgenti il contorno spiccava come un faro nella notte.
Provò a toccarla, ma il solo sfiorarla le provocava un dolore lancinante. E poi si ricordò di una cosa.
Meccanicamente, raggiunse il choker e se lo tolse, rivelando un altro taglio; era sul lato sinistro della gola, lunghissimo e frastagliato, ugualmente evidente a causa del rossore ed ugualmente doloroso.
Non resse e, crollando in ginocchio sul pavimento, soppresse un urlo piantandosi le mani in bocca. Da dove diamine venivano quei tagli? Chi glieli aveva fatti? Perché? Era per quel motivo che si trovava in una specie di laboratorio?
Non lo sapeva, non voleva saperlo, voleva solamente... cosa voleva, esattamente? Non sapeva nemmeno quello.
La luce sfarfallò un paio di volte, inquietandola parecchio, ma dopo un po' riuscì a riprendere un respiro regolare, raccogliere la maglietta bagnata di sangue e mettersi la giacca che le avevano prestato.
Dire che fosse enorme sembrava un diminutivo. Le raggiungeva le ginocchia e ciò voleva dire che, a causa delle enormi maniche, risultava impossibile usare le mani senza prima alzare le braccia al cielo e farle scendere.  La trovava molto bella con tutti quei colori, ma ciò che trovò stranissimo fu il suo interno: perché quel tizio aveva tutti quei cacciaviti, chiavi inglesi ed altri strumenti di cui non conosceva l'utilizzo ficcati dentro la giacca? Mistero. Non sapeva se averne paura -sarebbero stati un'ottima arma- o sentirsi al sicuro perché ora era lei ad averli. Ma in ogni caso la dovette chiudere, non voleva assolutamente che vedesse le ferite (o solo il suo corpo mezzo nudo).
Quando uscì dal bagno, lui la raggiunse poco dopo, prendendo la maglietta macchiata.

- Scusami, ci ho messo un po', il naso continuava a sanguinare...-
- Sta succedendo anche ora, attenta...! Tieni la testa alzata ed aspettami sul divano, metto questa ammollo e ti porto il ghiaccio e qualcosa per fermarlo.-

Obbedì e lui mantenne la parola. Tornò da lei con un pacco di fazzoletti; ne prese uno, lo spezzò in due parti e se lo mise nelle narici. Era ridicola, ma sempre meglio che sporcare vestiti non suoi.
Il ghiaccio se lo mise sulla fronte, pulsava ancora, ma il dolore era decisamente diminuito.
Il giovane la osservò in volto, pensieroso.

- A primo impatto il naso non sembra rotto, potrebbe solo diventare livido, la fronte—

Allungò una mano per spostarle la frangia, ma lei si ricordò che, al suo risveglio, anche la testa le aveva fatto male... e se avesse avuto una ferita simile anche lì? Si era dimenticata di guardarci! Come avrebbe reagito, lui, alla sua vista?
Spalancò gli occhi come un animale impaurito e si mosse all'indietro per evitare la sua mano, ma lui la raggiunse ugualmente. Le spostò i capelli e la sua espressione neutra non mutò, né lo vide sussultare... buon segno? Era immacolata?

- Penso che anche qui ti verrà solo un livido. Devi proprio avere la testa dura!- Ridacchiò, sedendosi accanto a lei sul divano.
Lei sospirò profondamente, tornando ad essere calma.
- Non hai risposto a tutte le mie domande, prima...-
- Oh, giusto, le hai sparate così a raffica che non ho avuto il tempo di elaborarle tutte.
Vediamo... una era "dove ci troviamo", giusto? – Annuì. – Come ben saprai ci troviamo a Nuova Domino, – No che non lo sapeva. – qui siamo in periferia, io e gli altri non possiamo permetterci qualcosa verso il centro.-
- "Altri"...?-
- Abito con tre amici! Si chiamano Yusei, Jack e Crow, tra non molto sicuramente li conoscerai, dovrebbero tornare presto.-
- Oh.-
- Nell'ultima domanda chiedevi chi sono. Il mio nome è Bruno, sono un meccanico, – Ora la giacca piena di cacciaviti aveva più senso. – tu come ti chiami?-
Silenzio.
Come... come si chiamava?
Si girò verso di lui, la bocca semiaperta, lo guardava negli occhi ma in realtà aveva lo sguardo perso.
- No—Non... – L'aria si bloccò nei polmoni, le mani nascoste dalle maniche erano chiuse a pugno e tremavano. – non lo so...- La voce uscì come un sospiro difficilissimo da udire, non era nemmeno sicura l'avesse sentito.
La pelle del viso di Bruno si irrigidì, come se avesse stretto i denti ed anche lui strinse i pugni, i muscoli delle sue braccia erano tesi.
- Come... non lo sai?- Anche la sua voce divenne un sibilo.
- Non me lo ricordo... fino a che non sono entrata in bagno e mi sono vista allo specchio, non conoscevo nemmeno il mio aspetto.- Lei inarcò la schiena e guardò altrove, realizzando sempre più la sua situazione.
Una mano le venne appoggiata sulla spalla, con una delicatezza tale da farle pensare di essersela solo immaginata.
- Mi dispiace. – Mormorò. – È stato lo stesso per me, tempo fa, sai?
Mi hanno trovato svenuto su una spiaggia e, al mio risveglio, per me era tutto estraneo.-
Lei si voltò di colpo verso di lui. Quante probabilità c'erano di incappare in una coincidenza tale?
- E... hai recuperato i tuoi ricordi? – Scosse il capo, abbassando lo sguardo. – ... anche a me dispiace, allora.
La verità è che sono fuggita da un edificio inquietante, sembrava un laboratorio, era enorme e pieno di corridoi, ma completamente vuoto. Mi provocava un senso di paura tale che il mio unico pensiero era quello di darmela a gambe.-
- ... Ed ecco come sei finita contro il lampione.-
- Esatto.-
- E non hai un posto dove andare, né un nome con cui essere cui essere chiamata. – Lei fece no con la testa. – ... Rimani qui.-
- Bruno, hai detto che siete in quattro, questo posto mi sembra stretto già per voi, non ci starà mai una quinta persona.-
- Almeno per stanotte, ormai è sera, non voglio che tu rimanga là fuori da sola e senza ricordi.-
- Io...-
- Per favore. Se c'è qualcosa che posso fare per aiutare qualcuno nella mia stessa situazione, voglio esercitare tutto il mio potere.-
- ... E va bene, ma chiedilo agli altri, deve andare bene anche a loro. Domani me ne andrò, non so dove, ma lo farò.-
- A patto che tu abbia un nome con il quale posso cercarti.-
- Scegline uno, allora.-
- Che ne dici di "Akane"? Vuol dire "Profondo Rosso", come quello che esce dal tuo naso!-
- Mi prendi in giro?! – Gli abbaiò contro, facendo mutare la sua espressione in un sorriso mite e sincero. – ... Effettivamente è carino, ma ometti il motivo quando lo dirai agli altri. È imbarazzante.-
- Lo è già, hai un fazzoletto insanguinato che ti esce dal naso, una giacca in cui puoi starci tre volte e mezzo ed una borsa del ghiaccio premuta sulla fronte.-
- Ecco, non aggravare!-

In quel momento, multipli rombi di motore iniziarono ad udirsi, susseguiti da tre moto che entrarono nel garage e si parcheggiarono al piano inferiore. Bruno si alzò dal divano su cui stavano, facendole cenno di aspettarlo; lei seguì la conversazione da lontano, cercando di sentire al meglio delle sue capacità.

- Com'è andato il collaudo?- Domandò l'unica voce un minimo familiare.
- L'accelerazione è superlativa, proprio ciò che cercavo, unica pecca una leggera instabilità in curva, ma abbiamo un gran margine di miglioramento.- Rispose una prima voce, sempre maschile.
- Vortice della Fenice va sempre, non c'era bisogno che ci ficcassi le tue manacce dentro!- Quest'altra era potente come un tuono.
- Invece la Blackbird ha sempre quel problema... speriamo di poterlo risolvere a breve.- La terza sembrava sconsolata.
- Non preoccuparti, Crow, io e Yusei riusciremo sicuramente a trovare una soluzione.
Ma in realtà c'è una cosa che devo dirvi, anzi, mostrarvi, venite con me.-

"Akane" -ancora le faceva strano quel nome- si fece piccola piccola e sperò di scomparire in quell'immensa giacca. Tre paia di occhi la stavano fissando, tutti con espressioni differenti in volto.
Il primo dei coinquilini di Bruno era un ragazzo dalla pelle olivastra, splendidi occhi blu tanzanite, un tatuaggio dorato sulla guancia sinistra e capelli neri con striature dorate, la guardava con un'espressione neutra, impossibile discernerne qualcosa.
Il secondo era altissimo, tutto vestito di bianco, i capelli biondi, la pelle chiara e due taglienti occhi viola che la fissavano da capo a piedi come se volessero giudicarla.
Il terzo era significativamente più basso, il suo volto era pieno di tatuaggi dorati simili a quello del moro, gli occhi grigi e capelli color carota tutti spettinati e tenuti in posa da una fascia. Lui era confuso, il suo sguardo passava velocemente da lei ai suoi compagni.

- Bruno, è così importante farci vedere una che ti sei portato a letto? Non ci interessa il vostro sesso violento!- Si lamentò il biondo; lei, senza parole, poté associarlo con una delle voci di prima.
- Ma che cavolo dici, Jack?! – Replicò il più alto, il suo volto era bordeaux, Akane non capiva se per rabbia, imbarazzo od entrambi. – Io e lei non— insomma, non è come credi tu!-
- Perché devi sempre saltare a conclusioni strane, zuccone? Dagli il tempo di spiegare!- Quello con i capelli arancioni gli inveì contro.
- Taci, Crow!-
- SMETTETELA, TUTTI E TRE! – Il moro, quello che tra tutti sembrava il più mite, sbottò di colpo, ammutolendoli. – Possiamo smetterla di dare simili prime impressioni? Questa ragazza non sembra nemmeno in forma. – Poi, si rivolse a lei. – Spero tu possa perdonare i miei compagni, spesso non sanno proprio come comportarsi. Io mi chiamo Yusei, penso tu conosca già Bruno, loro invece sono Jack e Crow. È un piacere conoscerti.-
- Piacere mio, io sono... uhm— A—Akane, certo.-
- Ora possiamo sapere le circostanze della tua visita? Non credo di averti mai vista prima.-
- Io— – Il suo sguardo passò velocemente da Yusei, a Bruno, all'ambiente circostante. – Sono qui perché... perché... è imbarazzante da dire, ma ho preso di faccia il lampione qui fuori e Bruno mi ha aiutata. Indosso la sua giacca perché ho sporcato la mia maglietta di sangue.-
- ... Ha sicuramente più senso della teoria di Jack. Ti sei fatta male?-
- Parecchio, ma ora sto meglio.-
- In realtà Akane ha un problema. – Bruno la guardò come per chiederle conferma e lei fu costretta ad acconsentire. – La verità è che si è scontrata contro il lampione perché stava scappando da un luogo che le faceva paura. Non ha alcun ricordo di sé; "Akane" è un nome provvisorio che le ho appena dato.-
- ... Dannazione, questo sì che è un problema.- Sospirò Yusei.
- Non dirmi che ci credi.- Borbottò Jack.
- Certo che ci credo, mi fido di Bruno.-
- E di lei?-
- Se lui si fida, mi fido anch'io.-
- E cosa dovremmo fare, noi? – Domandò Crow, passandosi le dita nel nido che aveva in testa. – Anche se volessimo ospitarla, – Il suo sguardo si spostò per un attimo sul biondo, il quale era molto contrariato. – non ci sarebbe lo spazio per un ulteriore persona, siamo già stretti noi quattro.-
- Ma è già sera, ormai non possiamo lasciarla fuori. Le darò il mio posto, però per favore, almeno stanotte...-
- Aspetta, Bruno, – Parlò lei. – non voglio rimanere qui se poi sarai tu a dormire male.-
- E cos'avresti intenzione di fare? Ce l'hai un piano?-
- Beh... no...-
- Perché non chiamiamo la pubblica sicurezza? Loro sapranno che farci.- Suggerì Jack.
- È solo per una sera, ci possiamo pensare domani a chiamare le autorità, ma vi prego, permettiamole di rimanere...-

Doveva ringraziare Bruno per la sua insistenza. Non aveva alcun coraggio di dirlo, ma l'idea del biondo non le piaceva affatto.
Era già stata sballottata in giro ed osservata da un sacco di facce sconosciute per troppe volte in poco più di un'ora, l'essere portata via dalla polizia ed interrogata per chissà quanto le metteva una certa ansia addosso.
Yusei la guardò. La sua espressione seria si era ammorbidita e sul suo volto era comparso un piccolo sorriso. Alla fine aveva ceduto -nonostante non le fosse sembrato contrariato sin dall'inizio- ed aveva accettato a lasciarla dormire da loro per quella notte. Aveva zittito Jack -certo che gli piaceva proprio litigare- e per Crow non c'erano stati problemi, si era dimostrato ben contento di aiutarla.

A cena preferirono non aggredirla di ulteriori domande che avrebbero potuto rovinarle l'appetito e la lasciarono un po' in disparte -ne aveva bisogno-, parlando per tutto il tempo di moto, duelli e, soprattutto Yusei e Bruno, di discorsi sulla meccanica di cui non aveva capito una parola. Doveva ammettere che, vedendoli discorrere con così tanta passione, le aveva scaldato il cuore e le aveva sortito una certa curiosità.
Successivamente, Jack e Crow andarono a dormire piuttosto presto, mentre i due erano rimasti a lavorare al progetto fino a tardi -Akane aveva provato a sedersi accanto a Bruno per assistere, ma adocchiate le prime righe di codice e quegli strani diagrammi sullo schermo aveva rinunciato all'istante-; lei, invece, era rimasta sul divano in un tentativo di addormentarsi.
Nonostante fosse esausta, non ci riusciva proprio, i suoi occhi rimanevano spalancati come quelli di un gufo. Sperava di non soffrire di insonnia e che quello fosse solamente un caso.
A notte fonda Yusei andò a dormire ed anche Bruno, il quale poi si stupì di trovarla ancora sveglia, spense il suo computer.

- Non ti senti bene?- Le chiese, a bassa voce.
- Credo solo di avere un po' di insonnia...-
- È normale, con la giornata che hai avuto. Ti va una camomilla? A me aiuta spesso.-
- Sì... grazie.-

Qualche minuto dopo era tornato da lei con due tazze fumanti, proponendole anche di prendere una boccata d'aria all'esterno. Nonostante si fosse trovata abbastanza contrariata, quando notò che la nebbia si era finalmente diradata cambiò idea. Vide per la prima volta la piazzetta in cui era capitata; il garage era attaccato ad un negozio di orologi, dall'altra parte della strada c'era un piccolo bar ed al centro una fontana... a pochi metri da loro il dannatissimo lampione. In lontananza sembrava esserci un mondo totalmente diverso; enormi grattacieli formavano lo skyline, le loro luci davano l'impressione che fosse ancora giorno.
Akane e Bruno si sedettero sul bordo della fontana ad attendere che la camomilla raggiungesse una temperatura umanamente sopportabile.

- Mi spiace di aver preso alcune decisioni al tuo posto... voglio anche scusarmi per il comportamento dei miei amici.-
- Non preoccuparti, capisco il tuo punto di vista. Non conosco nulla di questo posto, a pensarci ora avrei potuto seriamente cacciarmi nei guai. Dovrei ringraziarti invece...-
- Ho insistito perché ho preso subito a cuore la tua situazione. Capisco ciò che provi, lo smarrimento, la paura di non riconoscere i propri cari nemmeno trovandoseli davanti, non sapere il tuo stesso nome. "Bruno" non lo sento propriamente mio, vorrei conoscere quello vero, come vorrei sapere il mio passato, il motivo per il quale sono così competente ed appassionato di motori... e invece, più provo a ricordare, più sento la mia mente offuscarsi.-
- Quando mi sono svegliata ho provato la stessa sensazione. Era tutto buio, nel panico cercavo di capire qualcosa della situazione, ma era come se la verità si allontanasse sempre più da me. Ho paura di essere fuggita da qualcuno che volesse farmi del male e che ora mi stia cercando con l'intenzione di chiudermi nuovamente in quella stanza senza luce. Non... non voglio tornare là.- Nonostante fosse lui quello con le maniche corte e lei indossasse ancora la giacca, era quella a tremare di freddo, forse più per il terrore. Strinse la tazza bollente tra le mani.
- Akane...-
- Non voglio nemmeno andare dalla polizia. Se... se mostrassero le mie foto e chiunque mi avesse lasciata là venisse a riprendermi spacciandosi per un membro della mia famiglia? Cosa succederà?
A dire il vero non so perché te lo stia dicendo, per quanto ne so potresti essere una specie di complice a tutta questa storia. Sono capitata in questo incubo da pochissimo, eppure mi sento già terribilmente sola.-
- Di qualcuno dovrai pur fidarti, però. Credimi, tutto il mondo non è contro di te, là fuori ci sono persone disposte ad aiutarti. Io stesso voglio aiutarti, perché conosco queste stesse sensazioni e non le auguro a nessun altro.-
- Sei troppo gentile nei confronti di una sconosciuta.-
- Sei una sconosciuta anche per te stessa, Akane. Fammi essere il primo a crederci.-
- A patto che possa restituire il favore, non voglio essere l'unica a ricevere.-
- Allora stringiamo un'alleanza. Io e te contro tutti e contro la nostra stessa amnesia, ci aiuteremo a vicenda a recuperare le nostre identità.- Lui alzò la mano sinistra, offrendole il mignolo.
- Temo di dover accettare, allora. Vediamo fin dove arrivano due smemorati se uniscono le forze.-

Anche Akane alzò il mignolo, ma quando i due si toccarono, presero una forte scossa. Scombussolati, si guardarono per qualche secondo, scoppiando poi a ridere all'unisono.

***

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Angolo autrice
Oggi sono molto felice perché stamattina ho finalmente preso la patente, quindi vi regalo un nuovo capitolo!! Come l'altro, è simile al vecchio, ma con qualche accorgimento in più e delle modifiche che rendano più sensato il tutto.
Il titolo di questo capitolo è una citazione alla canzone "Ich weiß es nicht" di Till Lindemann:
"Ich brauche keinen Spiegel
weiß nicht um mein Gesicht
Ich laufe fleißig nur bei Nacht
verstecke mich bei Licht"

Ovvero:
"Non ho bisogno di uno specchio
Non conosco la mia faccia
Cammino diligentemente solo di notte
Mi nascondo con la luce"

Se vi piace il tedesco sentitela perché è fantastica.

Come ultima cosa vi lascio con una serie di sketch inerenti al capitolo. Adieu!

Jigokuko

 
   
 
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