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Autore: Severa Crouch    15/03/2023    2 recensioni
Prima della guerra, erano solo studenti della prestigiosa scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, una seconda casa per tutti loro.
L’inizio dell’anno scolastico 1974-1975 si apre con una minaccia: strani e pericolosi incidenti capitano agli studenti che si avventurano per i corridoi da soli. La preoccupazione inizia a crescere fino ad alimentare le voci su una possibile chiusura della scuola.
I fratelli Black, Sirius e Regulus, Robert Turner e i loro amici inizieranno a indagare su questo mistero, dimostrando che le Case di Hogwarts, a dispetto delle diverse vedute, possono unirsi quando c’è in gioco la sopravvivenza della scuola. Nel mezzo, l’amicizia, gli amori, le lezioni e il Quidditch.
Questa storia partecipa alla challenge “Gruppo di scrittura!” indetta da me sul forum “Writing Games - Ferisce più la penna” - aggiornamenti ogni 15 del mese.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Capitolo 3 - La profezia di Fiorenzo


Infermeria di Hogwarts, 7 settembre 1974


Il corpo di Jason era steso sul lettino dell’infermeria. Regulus si guardò intorno mentre stringeva la scatola di Lumache Gelatinose che aveva portato in dono. Sul tavolino accanto al letto, gli omaggi dei Tassorosso dimostravano l’affetto per il loro compagno di Casa.

Aveva l’aria serena e il colorito cadaverico, che tanto li aveva spaventati la notte precedente, aveva lasciato il posto a un rosa tenue interrotto dalle lentiggini. I capelli biondi, corti, erano ancora spettinati. Regulus si disse che sua madre glieli avrebbe sistemati con un colpo di bacchetta. Le labbra sottili erano ancora strette, come se la battaglia contro ciò che l’aveva aggredito non l’avesse abbandonato del tutto. 

Regulus sospirò, sistemò il suo regalo e un biglietto di pronta guarigione sul tavolino insieme agli altri omaggi. Sedette sulla sedia ad osservare il corpo del ragazzo. Non erano amici e Regulus nemmeno sapeva perché si trovasse lì, al di fuori del voler dare un taglio alle insistenze di Barty che lo aveva supplicato di andare a fargli visita alla ricerca di indizi. Preece era un suo compagno di scuola. Una volta si erano scambiati due parole durante la lezione di Erbologia, forse a Pozioni durante il primo anno avevano parlato, ma i rapporti si limitavano ad essere ciascuno a conoscenza dell’esistenza dell’altro.

“Black?” la voce impastata di Jason fece sobbalzare Regulus sulla sedia.

“T-ti sei svegliato?” 

“Sono le pozioni che mi dà Madama Chips, sono peggio di un Bolide in testa, ma cosa ci fai qua?”

“Ieri sera ti abbiamo trovato nei sotterranei e volevo sapere come stessi, se avessi un’idea di chi possa averti aggredito.”

“Purtroppo no. Non ho visto né sentito nulla. Ero immerso nel buio dei corridoi, cercavo di non finire in punizione con Gazza, ma ora avrei preferito la punizione.”

Regulus sorrise lievemente: “Lo posso immaginare. Lumacorno ci ha graziato solo perché ti abbiamo salvato.”

“Con chi eri?” 

“Con dei compagni di Casa, stavamo seguendo quei rumori nei muri. Tu li hai sentiti?”

Jason scosse la testa. “No, era buio e silenzioso quando ho perso i sensi.”

“Signor Black! Il signor Preece deve riposare! Se ha lasciato il suo regalo, vada via!”

Jason aggrottò la fronte perplesso e Regulus indicò con lo sguardo la sua confezione di Lumache Gelatinose. “Un omaggio da Serpeverde,” gli disse prima di congedarsi. Uscì dall’infermeria più confuso di quanto non fosse nel momento in cui vi aveva messo piede. 

“Allora?” Barty gli aveva teso una delle sue imboscate. Regulus lo aveva lasciato in sala comune e si era raccomandato di aspettarlo là, ma lui naturalmente aveva fatto di testa propria. Era un ragazzino troppo imprevedibile per i suoi gusti. “Cosa ti ha detto? Ha visto l’aggressore?”

Regulus scosse la testa. “No, e non ha nemmeno sentito i rumori.”

“Come è possibile?” Le sopracciglia di Barty si aggrottarono ancora di più. Regulus si strinse nelle spalle. “Sono ancora più confuso di prima… Forse Jago e Alex hanno trovato qualcosa in biblioteca,” sospirò sconsolato, “andiamo a fare colazione.” 

Naturalmente, la notizia dell’aggressione subita da Jason si era diffusa con una rapidità sorprendente e tra gli studenti non si parlava d’altro.

“Come fanno a saperlo? È accaduto solo ieri sera!” domandava Barty ogni volta che sentiva qualcuno parlare dell’incidente. Mulciber ridacchiò: “Crouch, ti accorgerai che se c’è una cosa che a Hogwarts si diffonde in modo istantaneo, quelle sono le notizie…”

“Hai sentito? Pare che Jason Preece di Tassorosso sia stato aggredito…” disse la Dama Grigia, il fantasma di Corvonero, a sir Nicholas, quello di Grifondoro. Li raggiunse il Frate Grasso con l’aria più tetra che mai e aggiunse rammaricato: “Povero ragazzo, è un così bravo studente! Che Tosca lo assista!”

Barty gonfiò le guance come un gatto indispettito: “Ma che pettegoli!” Al suo fianco, Alexandra scoppiò a ridere e la sua risata finì per contagiare anche Regulus. Barty domandò: “Perché ridete?”

“A me fa ridere Alex.”

“Io stavo pensando che a casa di Regulus persino i quadri sono pettegoli.”

“I quadri! Alex, sei un genio! Possiamo chiedere ai quadri!” Regulus si sentiva nuovamente vivo, con una traccia da seguire. Forse, loro avrebbero captato qualcosa più di Jason. Insomma, i ritratti conoscevano ogni movimento tra quelle pareti.

“Avete trovato qualcosa in biblioteca?” 

“Un completo e totale buco nell’acqua,” commentò Jago mentre addentava una salsiccia. Al suo fianco, Desmond Avery riempiva il piatto di uova e bacon. Severus Piton, invece, giocava con il porridge. 

“Coraggio, Piton, sei ancora giù di morale per la punizione?”

“Vorrei vederti al posto mio! Madama Pince mi ha vietato di entrare in biblioteca per una settimana! Non so come farò a fare i compiti! Quella è una vecchia pazza!”

“Ti basterà copiare i compiti di Avery, no?”

Severus si lasciò sprofondare con il viso sul tavolo e si nascose dietro le braccia. “Adesso sì che sono proprio disperato!”

 

***

 

Erano diverse ore che Sirius era rinchiuso in quell’aula abbandonata, sperduto tra i corridoi del sesto piano, certo che nessuno sarebbe andato a cercarlo, almeno fino al momento in cui James, Remus e Peter non si fossero accorti della sua assenza e della mappa che permetteva loro di ritrovarlo facilmente.

Uscire da quella porta, tuttavia, era fuori discussione. 

Lanciò un’occhiata allo specchio e sospirò deluso. Stava migliorando nella trasformazione in Animagus, ma tornare umano era sempre un procedimento complesso. Aveva bisogno di perfezionare la sua abilità nella Trasfigurazione perché per quel genere di magia non bastavano i bei voti che la professoressa McGranitt gli elargiva né il talento nelle trasfigurazioni basilari che insegnavano a scuola. La trasformazione in Animagus era l’esempio più concreto del passaggio dalla teoria alla pratica e i libri erano pieni di orribili incidenti accaduti a maghi poco esperti. 

Sarebbe stato uno di quei maghi? Avrebbero riso di lui per tutto il resto della sua vita? Cosa avrebbero detto i suoi amici? E Regulus? Gli sembrò quasi di sentire la risatina irritante di Bellatrix alla prima cena di famiglia. 

Voltò le spalle e lo sguardo andò a posarsi sul bordo dei suoi pantaloni da cui spuntava una lunga coda nera, ricordo di una trasformazione non proprio perfetta.

Aveva pensato che trasformarsi in Felpato, come lo aveva ribattezzato James, sarebbe stata un’ottima idea per indagare sull’accaduto e muoversi per la scuola senza incorrere nelle punizioni di Gazza, ma si sbagliava. La trasformazione era stata incompleta e il ritorno alla forma umana si era tramutato in una lenta agonia che gli aveva lasciato in ricordo una coda. “Forse, con la veste da mago, riesco a nasconderla a casa…” si disse osservandosi allo specchio. “Non voglio nemmeno pensare cosa direbbero Regulus e Robert di questa situazione…”

Osservò fuori dalla finestra dell’aula che dava verso il campo da Quidditch. Era una bella domenica di settembre e la squadra di Grifondoro aveva finito gli allenamenti mentre il resto degli studenti si godeva quegli scampoli di estate sui prati. Gli era persino sembrato di vedere Mary e Marlene che chiacchieravano con Peter e Remus. Nessuno sembrava essersi accorto della sua assenza e, se tale circostanza era parte del piano, in quel momento si stava rivelando una seccatura. Non sapeva come chiedere aiuto senza dare nell’occhio.

Ma poi, chiedere aiuto a chi? A James che in quel momento era sotto la doccia? A Peter che di Trasfigurazione ne sapeva molto meno di lui? A Remus che, forse, avrebbe potuto aiutarlo ma che era del tutto ignaro del loro piano di diventare Animagi per fargli compagnia durante le notti di luna piena? Avrebbe rovinato la sorpresa a cui stavano lavorando da anni e Remus avrebbe finito per fare qualsiasi cosa pur di dissuaderli dal perseguimento di quel piano. Avrebbe tirato fuori i cavilli burocratici - tipo che essere Animagi non registrati è un reato! - e soprattutto li avrebbe stressati con la sua ansia e i sensi di colpa. James, poi, se la sarebbe presa con lui, visto che sulla segretezza della loro missione aveva insistito moltissimo.

“Dannazione, ho lasciato lo Specchio Gemello in dormitorio!” esclamò lasciandosi scivolare sul pavimento. Si rialzò. Quella dannata coda era proprio scomoda e dava un sacco di prurito. Come avrebbe fatto a seguire le lezioni? Sarebbe rimasto con quella coda per sempre? La professoressa McGranitt o Madama Chips avrebbero potuto sistemare il suo didietro? Solo il pensiero lo faceva sprofondare dalla vergogna. 

Nascose il viso tra le mani mentre si abbandonava a pensieri disperati. Si accorse che qualcuno era entrato in quell’aula solo quando sentì la voce di James esclamare: “Ecco dove ti eri nascosto! Che ti succede, amico?”

Sirius alzò lo sguardo verso James sorpreso. Non solo la sua trasformazione si era rivelata un fiasco, ma persino i suoi sensi si erano attenuati… “Volevo approfittare della domenica per indagare sull’aggressione a Preece, i Serpeverde non mi ispirano fiducia…”

James alzò le sopracciglia con l’espressione confusa: “E perché sei qui?”

Sirius sospirò: “Prometti di non ridere?” 

Quella domanda non fu una buona idea, perché sul volto di James comparve un gran sorriso e la promessa fu solo quella di un tentativo di non scoppiare a ridere. Se la fece andar bene e mostrò a James la coda che gli era rimasta. James però non scoppiò a ridere, ma si passò una mano tra la folta massa di capelli neri che aveva in testa e osservò la coda interessato.

“Non ti sta male,” disse. “Insomma, è sempre meglio di quando sono tornato umano e mi sono rimaste le corna di Ramoso…” Si accarezzò il mento e domandò tra sé e sé: “Come avevo fatto?” James afferrò la bacchetta e Sirius si allontanò istintivamente. “Non fare nulla di cui non sei convinto,” gli disse. “Non vorrei peggiorare la situazione.”

“Tranquillo, mi sono ricordato.” James puntò la bacchetta contro la coda di Sirius che scondinzolò per l’impazienza dell’attesa e strappò una risatina a James. “Sai che sei carino mezzo cane?”

“James!” 

“D’accordo, d’accordo! Finite Incantatem!” Il fascio di luce bianca colpì Sirius e sentì i pantaloni tornare al loro posto mentre la coda scompariva. Si portò le mani sul fondoschiena e tastò sorpreso. “Scomparsa!”

James gli sorrise: “Sembra un incantesimo semplice, ma è molto complesso. Dovremmo esercitarci e padroneggiarlo tutti e tre molto bene. Un giorno, la nostra vita potrebbe dipendere da Peter.” Sirius alzò le sopracciglia dubbioso su quell’affermazione. In linea teorica James aveva ragione, ed era indubbiamente vero che dovevano migliorare anche con gli incantesimi curativi e i contro incantesimi se volevano riuscire a trasformarsi con una certa tranquillità. Inoltre, avrebbero dovuto essere in grado di guidare Peter che non era versato nelle arti magiche quanto loro due.

“Raggiungiamo gli altri?” domandò James.

“Come mi hai trovato?”

“Beh, la tua soluzione sulla Mappa è stata geniale! Effettivamente è molto utile. Ero appena uscito dalla doccia quando mi sono accorto che era tutto troppo silenzioso. Ho aperto la Mappa per vedere dove foste tutti voi e quando ti ho visto in un’aula da solo ho capito che stavi tramando qualcosa e ti ho raggiunto.” 

Sirius avvertì dentro di sé una stretta al petto che di senso di colpa. Come aveva potuto dubitare di James e pensare che i suoi amici lo avrebbero dimenticato? Si scambiarono un sorriso, nessuno dei due aveva programmi per il resto della domenica. Forse, Sirius avrebbe potuto coinvolgere James e gli altri nelle indagini sull’aggressione di Preece. 

La prima tappa, quindi, sarebbe stata la biblioteca, dove Remus e Peter stavano finendo i compiti. Voltarono verso le scale e non furono pronti a vedere la figura di Aurora Sinistra riversa sul bordo del piano con la mano sospesa nel vuoto, proprio dove stavano per attaccarsi le scale. 

“Presto, James!” urlò Sirius. “Spostiamola prima che le scale le stacchino il braccio!” Corsero vicino il corpo di Aurora, le afferrarono il mantello e la fecero rotolare lontana dal bordo verso l’interno del ripiano. Il cuore gli batteva forte per lo spavento e riusciva a leggere la medesima preoccupazione negli occhi di James. 

Si chinarono intorno alla figura di Aurora, Sirius le prese il viso tra le mani e cercò di risvegliarla domandandosi se si fosse sentita male, avesse avuto un colpo di sonno o se qualcuno l’avesse attaccata. Il solo pensiero era assurdo: Aurora Sinistra era una Corvonero con la testa perennemente tra le nuvole. Certo, qualche burlone di tanto in tanto le faceva degli scherzi, ma nessuno si era mai spinto a far perdere i sensi a un altro studente. Aurora non dava segni di ripresa. Sirius alzò lo sguardo verso James e gli disse: “Credo che dovremo portarla in infermeria.”

“Sai cosa significa dopo aver portato Preece?”

Sirius annuì. “Non possiamo di certo lasciarla qui per terra.”

“Non c’è nessun segno di attacco, ma questo sappiamo che non serve, uno Schiantesimo potrebbe far perdere i sensi a una come Aurora.”

“Chi mai userebbe uno Schiantesimo contro di lei?”

James si strinse nelle spalle e scosse la testa. “Non lo so. Stavo pensando che quando ho preso le scale per raggiungerti, lei non c’era, altrimenti l’avrei vista. Vado a chiamare la professoressa McGranitt.”

Sirius rimase accanto ad Aurora, provando ad osservarle le mani, morbide, con le dita macchiate di inchiostro, tra le dita stringeva un taccuino dalla copertina in cuoio blu e lo stemma di Corvonero inciso in bronzo. Le dita non fecero alcuna resistenza quando Sirius provò a sfilarle il taccuino, segno che nel momento in cui era stata attaccata i muscoli erano rilassati. Non si era accorta di nulla. Tra le pagine trovò solo una marea di appunti di posizioni delle stelle, riconobbe la costellazione del cane maggiore e avvertì una punta di imbarazzo quando vide un piccolo cuore accanto alla stella che portava il suo nome. “Mi dispiace che ti sia capitato questo,” le sussurrò scostandole una ciocca di capelli neri. Osservò il pallore della ragazza, le occhiaie che testimoniavano le notti insonni e si sentì un po’ in colpa. 

“Non dovresti perdere tempo a sognare me. Io… beh, è complicato. Non voglio condannare nessuna ragazza a entrare nella mia famiglia di pazzi. Senza contare che… beh… nessuna offesa, ma io preferisco le bionde.” Aver sbirciato i segreti di Aurora era qualcosa di spregevole e rifiutarla mentre lei era incosciente era da vigliacchi. Una voce nella sua testa, però, gli suggeriva che tecnicamente lui non doveva sapere niente e quindi non aveva nemmeno senso rifiutarla apertamente. Non c’era bisogno di umiliarla.

Il ritorno di James con la professoressa McGranitt e il professor Vitious mise fine a quei pensieri. 

“Un altro studente privo di sensi nei corridoi!” sospirò la McGranitt. “Com’è possibile che queste cose accadano quando voi siete in giro?” 

“Credo che sia perché noi siamo spesso in giro, professoressa,” disse James. “Stavo raggiungendo Sirius in quell’aula.

“Cosa faceva in un’aula da solo, signor Black?”

“Mi stavo esercitando in Trasfigurazione, professoressa. Volevo perfezionare alcuni  incantesimi per la prossima lezione in attesa che James finisse gli allenamenti di Quidditch.”

“Non ha sentito niente, signor Black?”

Sirius scosse la testa e James aggiunse: “Quando ho raggiunto Sirius, ho preso le scale venendo dalla torre di Grifondoro e Aurora non c’era, deve essere arrivata poco dopo.”

“Forse era nell’aula di Astronomia,” disse Vitious. “Può essere arrivata quando Potter e Black erano nell’aula. Non avete sentito nulla?”

Entrambi scossero la testa in sincrono. “No, l’abbiamo ritrovata sul bordo del piano, con il braccio riverso nel vuoto mentre le scale si muovevano nella sua direzione. Ci siamo affrettati a spostarla prima che le rompessero un braccio.”

“Un gesto molto nobile, signor Black, ma le posso assicurare che le scale sono perfettamente istruite a gestire situazioni del genere.”

“Questo sì che è un sollievo, professoressa,” disse Sirius, “non credevo che le scale si aspettassero di trovare studenti privi di senso.”

“Non sia impertinente. Nei secoli di storia, Hogwarts ha visto ogni genere di cose. Assegno cinque punti a Grifondoro, a ciascuno di voi, per la prontezza di spirito e il soccorso prestato.”

 

***

 

Il morbido terreno erboso aveva lasciato il posto allo scricchiolare delle foglie che iniziavano a cadere dagli alberi. Sotto i loro piedi c’erano radici, un terreno fangoso per la pioggia del mattino e foglie che iniziavano a marcire. L’aria profumava di resina, fango, foglie e animali. Robert si scambiò uno sguardo di intesa con Giles, entrambi avanzavano con le bacchette in mano e lo sguardo pronto a cogliere ogni aspetto della foresta. Stavano provando a tracciare il percorso dei sentieri, in modo da non perdersi quando avrebbero deciso di tornare verso la scuola.

La spedizione era guidata da Xenophilius, il più impaziente di mettere i piedi all’interno della Foresta Proibita, alla ricerca di Creature Magiche e del territorio dei Centauri.

“Guarda, Xeno, un Asticello!” esclamò Robert mentre avvicinava il viso al tronco di un albero. La creatura lo osservò strizzando gli occhi, come se fosse indispettito da quelle presenze estranee. “Fossi in te, mi allontanerei, Rob, gli Asticelli possono diventare molto dispettosi.”

Robert annuì: “Sì, credo che possano arrivare a cavare gli occhi ai maghi che non rispettano il loro territorio.”

“Sapessi quanti incidenti ci sono tra gli apprendisti di fabbricanti di bacchette,” disse Giles, “mio padre conosce un sacco di storie.” Alzò lo sguardo verso l’albero e si illuminò. “Oh, questo sì che è un bel faggio, sono certo che ha un legno perfetto per le bacchette.” Appoggiò la mano sul tronco quasi come se stesse ascoltando il battito del cuore di una persona e chiuse gli occhi. Annuiva mentre era in ascolto, puntò la bacchetta contro un ramo, l’Asticello corse su quel ramo, come per proteggerlo e Giles sorrise. “Non ti porto via le tue uova, ma sappi che hai scelto un bell’esemplare di faggio. Credo che reagirebbe molto bene con il crine di Unicorno.”

Robert era incantato dall’osservazione dei gesti attenti di Giles, il modo in cui stava analizzando quel faggio ricordava la curiosità che lui stesso provava quando suo padre gli insegnava gli incantesimi curativi. In estate, quando andava al San Mungo con i suoi genitori, gli era capitato di accompagnare suo padre nei giri in corsia e ogni volta si era incantato ad osservare il modo in cui era possibile, grazie alla magia, sollevare i maghi e le streghe dal dolore e guarire i loro corpi. La gratitudine che leggeva negli sguardi era qualcosa di impagabile.

Ai piedi del faggio intravide delle foglie di luparia. Robert si chinò a raccoglierne un po’, gli sarebbero tornate utili per le sue scorte di pozioni.

“Avete sentito?” domandò Xeno. La sua coda bionda rifletteva i pochi raggi solari che filtravano attraverso le fronde degli alberi. Robert e Giles scossero il capo e si misero in ascolto. “Ci deve essere un corso d’acqua da quella parte, mi sembra di sentire un fruscio,” disse Giles.

“Sentite…” ci fu una pausa in cui Robert non riuscì a sentire nulla. “Calpestio di zoccoli,” aggiunse Xeno puntando il dito alla sua destra. Robert tese l’orecchio in quella direzione e, sotto il gracchiare di un corvo, sentì il rumore a cui alludeva Xeno.

Si scambiarono uno sguardo, entusiasti, e si mossero nella direzione da cui proveniva il suono degli zoccoli. Camminarono cercando di non far rumore e trattennero il fiato nel momento in cui si trovarono davanti un Centauro dal torso di uomo e il corpo di cavallo. Era una creatura affascinante, con uno sguardo profondo e l’espressione turbata.

“Vi chiediamo scusa se abbiamo invaso il vostro territorio,” esordì Xenophilius cimentandosi in un inchino. “Siamo studenti di Hogwarts e…”

“L’accesso alla Foresta è proibito agli studenti,” ribatté il Centauro.

“Sì, ma volevamo conoscervi e comprendere qualcosa sulla vostra civiltà.”

“Civiltà? I maghi hanno sempre disprezzato i Centauri?”

“E come potrebbe essere? Siete i custodi del futuro e della sapienza…” Quelle parole e, ancor più, la sincerità con cui Xeno le pronunciò, ebbero il potere di convincere il Centauro delle loro buone intenzioni. “Mi chiamo Fiorenzo,” disse loro, “e le stelle mi dicono che la scuola corre un grosso pericolo. C’è una minaccia che agisce nell’ombra e brama sangue, abomini che la storia doveva dimenticare.”

“Hanno aggredito un ragazzo,” confermò Giles, ma Fiorenzo scosse la testa: “Non solo uno, miei nuovi amici, sento odore di sangue nell’aria. State attenti. L’oscurità potrebbe scendere sulla scuola.” In lontananza, sentirono un rumore di zoccoli che battevano sul terreno. Fiorenzo sembrò preoccuparsi, aggiunse: “Andate via, amici, non tutti i Centauri sono ben disposti verso gli umani come me. Andate, ci rivedremo quando le stelle indicheranno che è giunto il momento.”

Robert e Giles dovettero prendere Xeno sottobraccio e riportarlo verso la scuola, visto che non era intenzionato ad abbandonare la compagnia di Fiorenzo. “Andiamo, Xeno…” mormoravano i due amici alternandosi, mentre Xeno continuava a voltarsi in direzione del luogo in cui avevano incontrato il Centauro.

“Mi auguro che abbiate segnato sulla mappa dove è avvenuto l’incontro.”

“Sì,” confermò Giles. “La mappa è aggiornata e il punto in cui abbiamo incontrato Fiorenzo è proprio l’ultimo punto segnato. Naturalmente, non sappiamo dove vivono, ma almeno è un indizio.”

“Credete che condivideranno la loro conoscenza?” domandò Robert. Le parole di Fiorenzo sugli altri Centauri e i rapporti con i maghi erano state piuttosto nette.

“Certo, quando ci avranno conosciuto e avranno capito che non siamo una minaccia, saranno ben felici di condividere con noi la loro conoscenza.”

“Mi sembri molto sicuro di te.”

La loro conversazione venne interrotta da Sirius e gli altri Grifondoro che stavano andando loro incontro. “Robert! Questa volta è successo ad Aurora! L’hanno aggredita!”

“Aurora?”

“Sì, Aurora Sinistra, la tua compagna di Casa.”

Robert si scambiò uno sguardo sorpreso con i suoi amici. “Quando è successo?” 

“Oggi pomeriggio.”

Fiorenzo aveva avuto ragione nella sua profezia. Aveva sentito l’odore di sangue nell’aria. “Come facevate a sapere dove trovarci?” domandò Xenophilius, con la sua paranoia relativa alla missione segreta. Robert notò come Sirius e James si scambiarono uno sguardo prima di rispondere, quasi come se stessero concordando una versione univoca. “Non lo sapevamo,” disse James. “Vi stiamo cercando da un po’...”

“Sì, sappiamo che volete esplorare la Foresta Proibita e abbiamo pensato che oggi era una giornata perfetta,” concluse Sirius. Remus e Peter, alle loro spalle, annuivano con un sorrisetto per nulla convincente. 

“Perché ci cercavate?” domandò Giles, attento all’essenziale.

“Madama Chips sorveglia l’infermeria, dopo due studenti aggrediti non vuole che nessuno vada a ficcare il naso. Magari vi fa andare a trovare la vostra compagna di Casa,” spiegò Remus. 

“Soprattutto tu, Turner,” aggiunse James, “Madama Chips ha un debole per te.”

Robert sorrise divertito. “In realtà credo che abbia un debole per mio padre, ma cercherò di sfruttare la circostanza a nostro favore. Andiamo.”

Fuori dall’infermeria c’era un capannello di studenti che parlottavano tra loro. Nel mezzo, Regulus con Alex, Mulciber e l’ormai onnipresente Crouch. Robert si avvicinò alla sorella che gli disse: “Rob, pare che sia stata aggredita una studentessa.”

“Questo conferma che non devi andare nei corridoi da sola.”

Alexandra scosse la testa. “Non sono sola, sono con i miei compagni di Casa e facciamo attenzione.” Robert sollevò le sopracciglia un po’ scettico e le rivolse uno sguardo complice. “Ricorda, Alex, Madama Chips ha un debole per noi Turner e ora guarda come potrai usare il nostro unico fascino di famiglia…” Si avvicinò verso la porta dell’infermeria e incontrò lo sguardo arcigno di Madama Chips. 

“Signor Turner non è il momento,” esordì l’infermiera. “Non posso fare eccezioni per nessuno.”

“Madama Chips, io pensavo solo che se dessi un occhio ad Aurora, o se lei potesse spiegarmi come sta, io potrei chiedere un consiglio a mio padre… Sa, al San Mungo ne vede tanti di questi casi, è proprio il suo campo, per non parlare di mia madre. Sono sicuro che potremmo essere di grande aiuto.”

“Ne dubito, signor Turner, la signorina Sinistra non ha alcun segno di aggressione, eppure il suo livello di sangue è insolitamente basso.” 

C’è odore di sangue nell’aria, si ritrovò a pensare. 

“Si rimetterà a breve, ha bisogno di riposo, così come il signor Preece.” L’infermiera fece una pausa e aggiunse: “Se mi vuol aiutare, signor Turner, convinca i suoi compagni a sparire da qui.”

Robert annuì. “Sarà fatto.” Si voltò verso gli altri studenti e disse loro: “Coraggio, Aurora ha bisogno di riposo, tornerà presto in sala comune!” Lentamente, gli altri studenti iniziarono ad allontanarsi, mentre Robert raggiungeva Sirius, Regulus, e tutti gli altri che si chiusero in cerchio intorno a lui. Dietro di loro, uno sbuffo infastidito di Madama Chips li convinse a radunarsi nel corridoio dietro l’angolo. Prese un respiro profondo e guardò negli occhi ciascuno dei suoi amici: Xenophilius e Giles, entrambi turbati dalla profezia di Fiorenzo, Sirius e James, curiosi di sapere cosa avesse detto Madama Chips, Regulus e Jago, in attesa. Persino Alexandra e Barty si erano messi in disparte, insieme a Remus e Peter, i primi per non irritarlo, i secondi per dargli modo di parlare senza avere troppe persone addosso. “Madama Chips riferisce che il corpo non ha lesioni e che il suo livello di sangue è piuttosto basso. Si riprenderà.”

“Allora non è stato uno Schiantesimo,” constatò Sirius. “Dovremo aspettare che si risvegli per sapere cosa le è accaduto.”

“Non sarà in grado di rispondervi,” disse Regulus. “Stamattina mi sono intrufolato in infermeria e ho parlato con Jason, mi ha detto che non ha sentito né visto il suo aggressore e che intorno a lui il corridoio era silenzioso. Temeva di essere beccato da Gazza e quindi stava prestando attenzione a ogni rumore.”

“Come hai fatto a infiltrarti in infermeria?” domandò Sirius.

“Come tutti i Battitori, mi capita di frequentare l’infermeria con una certa assiduità e sono uno dei pazienti preferiti di Madama Chips. Jason è del mio anno e non si è insospettita che gli facessi visita.”

“Tuo fratello è in gamba,” disse Jago stringendo la spalla di Regulus che aveva un’espressione piuttosto compiaciuta.

Sirius alzò le sopracciglia e commentò: “Già… peccato per le compagnie…” Robert non mancò di notare il modo in cui lo sguardo di Regulus si rabbuiò, così Robert provò a sdrammatizzare: “Ehi! Mia sorella è la sua migliore amica!”

“Il ché dimostra che è solo una piattola,” commentò Sirius, quasi tornando in sé. Dietro di loro, Alexandra gonfiò le guance con un’espressione indignata, mentre Crouch le metteva una mano sulla spalla e le suggeriva di lasciar perdere e di tornare in sala comune. Alexandra annuì all’amico e chiese a Regulus se volesse andare con loro. Persino Mulciber si congedò e seguì i compagni di Casa. 

Una volta rimasti soli, Robert e James presero da parte Sirius. “Ehi, non è colpa di Regulus.”

“Lo so, ma a lui piace, hai visto come era orgoglioso per l’apprezzamento di Mulciber? Chi può essere felice per l’apprezzamento di Mulciber? Diventerà come vogliono i miei genitori.”

“No, non lo diventerà e tu lo sai. Regulus è sveglio, ma non ha il tuo carattere, è come Alex.”

“Che è la versione mini di mia madre.”

“Alex è una furbetta, a me fa arrabbiare perché rischia di finire nei guai, ma lei vuole solo che non le diano fastidio. Vuole essere libera, è pronta a fare qualsiasi cosa pur di non dover sentire i rimproveri e il controllo delle nostre madri.”

“E tu come l’hai capito?”

“Semplice, non appena le nostre madri voltano la schiena, lei e Regulus tornano a giocare, come se non fosse stato detto nulla.”

“Volete farmi credere che i vostri fratelli hanno uno spirito malandrino?” domandò James. Robert sorrise. “In un certo senso…”

“Potremo coinvolgerli nelle indagini.”

“No, è fuori discussione,” disse Robert. Sirius al suo fianco annuì: “Troppo pericoloso.”

“Ma per loro sarebbe educativo! Insomma, vi lamentate che gli insegnamenti delle vostre famiglie sono sbagliati e loro hanno la possibilità di conoscere altre persone, fuori dalla cricca di Purosangue ammuffiti e tradizionalisti e voi vorreste negarla? Potreste portarli a capirvi e sostenervi. La vita in casa potrebbe diventare migliore.”

“O potrebbero usare le informazioni per ricattarci,” commentò Sirius. Robert annuì al suo fianco: “Ci abbiamo provato quando erano più piccoli, siamo finiti in punizione. Non ci possiamo fidare di loro, ma sicuramente la proposta di James è un tentativo che possiamo fare. Basterà coinvolgerli a distanza, fare i fratelli rompiscatole, vorranno ingerirsi per forza e chissà, magari qualche seme attecchisce.”

Era una situazione difficile da gestire, ma il pensiero che Alexandra tra qualche anno sarebbe finita con uno come Jago Mulciber gli dava il voltastomaco. Lo ricordava benissimo, alle feste dei Black, con la sua veste tradizionale, che ripeteva le stesse baggianate razziste di suo padre. Non era nemmeno il peggiore dei Purosangue, ma Alex meritava di meglio e, soprattutto, meritava di crescere lontana da quel delirio della caccia al partito Purosangue. 

Suo padre gli aveva fatto un discorso, proprio perché era al quarto anno e il quinto sarebbe stato l’anno degli accordi di fidanzamento, gli aveva chiesto di sondare il terreno e di iniziare a pensare se ci fosse qualche ragazza Purosangue che gli interessasse. Aveva fatto il nome di Marlene McKinnon o di una Bones, o se preferiva conoscere qualche figlia dei suoi colleghi. Robert aveva preso tempo, quattordici anni erano troppo pochi per avere pensieri del genere, voleva solo divertirsi, esplorare la scuola, stare con i suoi amici. Non era pronto per pensare a cose lontane come il fidanzamento o il matrimonio. Lo studio, poi, era la sua priorità. Era certo che le cose si sarebbero sistemate a tempo debito.

 
   
 
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