Merlin scrutò solo un attimo nel suo armadio, prima di tirare fuori la giacca rossa regalatagli da Arthur poco dopo il loro rientro da Avalon.
Merlin aspettava da tempo quel confronto, sapeva che sarebbe arrivato.
Erano rimasti soli una volta soltanto, durante il breve viaggio del Re, ma allora le questioni di Camelot avevano rimandato qualsiasi discorso personale.
Era giunto il momento.
Bussò alla porta delle stanze reali e sentì la voce della donna che lo invitava a entrare.
“Volevate vedermi, mia Regina?”,
“Siediti”.
“Preferirei stare in piedi, se non è un problema”.
“Vengo subito al punto”,
fece secca la donna.
“Credo sia opportuno, in questo periodo, che tu organizzi al più presto un viaggio. Per sondare gli umori delle comunità dei Druidi. Sai, dopo l’abolizione del bando…”.
“Non ne abbiamo parlato l’ultima volta che siamo rimasti a Camelot insieme”,
la interruppe Merlin.
“E l’argomento non è stato sollevato dal Consiglio”.
“Ma è comunque la cosa migliore da fare”.
“Arthur lo sa?”.
“Credo che converrà con me”.
“Arthur mi ha detto, pochi giorni fa, che non vuole che io lasci Camelot”.
“Posso sempre fargli cambiare idea”.
Lo stregone fece un passo verso la scrivania, dietro la quale Gwen era seduta.
Un altro respiro ampio.
“Perché non la smetti di torturare tuo marito, Gwen?”,
sibilò.
Il passaggio inaspettato dall’etichetta al tono informale fece sgranare gli occhi alla Regina.
“Chiedo scusa?”
“Mi ha sentita. Non capisco il motivo, onestamente”,
proseguì Merlin, abbassando la voce di una tacca,
“di sottopporre ad Arthur questioni inutili. Non capisco perché ti ostini ad angustiarlo con questa tua puerile gelosia”,
terminò, tagliente.
“Come osi parlarmi così?”,
si alzò in piedi Gwen, guardandolo adirata.
“Oso, perché dovresti avere più premura verso colui che hai giurato di amare nella buona e nella cattiva sorte, verso un uomo che è praticamente tornato dalla morte. Dovresti soltanto gioire di averlo con te”,
scandì il mago.
“Con me, appunto”,
sottilizzò Gwen.
Eccolo, il punto della questione, pensò Merlin.
Chiuse gli occhi, per stabilizzarsi, e il blu oceano ritornò.
cercò di addolcire.“Sono stato nell’ombra per dieci anni, Gwen. Dieci anni ho atteso che Arthur mi accettasse per quello che sono. Tu hai tutto di lui. Sei sua moglie, la rispettata Regina del suo regno, gli darai dei figli. Cosa temi del nostro tempo insieme?”,
“Mi prendi in giro, Merlin? A quale tempo insieme esattamente ti riferisci? Credi che non mi accorga che Arthur non riesce nemmeno a dormire bene, lontano da te? Credi che non veda come vi parlate, come vi guardate?”
Il tono di Gwen era sarcastico, sgradevole.
“Il legame tra me e Arthur”,
fece una pausa, inspirando,
“è soprannaturale. Sacro. Non mi aspetto che tu lo comprenda, ma non ti permetto di alludere. Devi rispettarlo”.
Gli occhi di Gwen lo fulminarono.
“Vuoi dettare tu le condizioni? Lo hai detto: sono la Regina. Questo tuo ardire nel parlarmi si fermerà adesso”.
“No. Non mi fermerò. Non farmi dimenticare chi sei stata per me e chi sei per Arthur, Gwen. Non provocarmi ulteriormente”.
La voce del mago era bassa, pericolosa e lei ebbe un tremito.
“Arthur è una parte di me. È mio, prima che di chiunque altro. Per il suo bene, soprattutto per il suo bene, tu smetterai con questa storia. Ora!”.
Poi lo sguardo di Merlin si spense. Senza proferir parola, si voltò e con passi veloci si allontanò dalle camere, precipitandosi fuori dal castello.