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Autore: MadameGirodelle    17/03/2023    2 recensioni
Una storia raccontata a due bambini.
Un colonnello coinvolto in un duello e ciò che avvenne in seguito. Pochi capitoli, in verità, forse due, al massimo tre.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Come sarebbe a dire?”

“Quello che vi ho detto, padre”.

“No, non è possibile. Tu…”

Lo vide alzarsi, battendo le mani sulla scrivania, in maniera talmente violenta che l’inchiostro del calamaio cadde, macchiando i fogli sparsi.

Ecco. Così si sentì, quando scoprì di quel bambino. Macchiata. Ma questo, suo padre, non poteva saperlo. Non poteva accettarlo.

Mentre rimuginava su ciò, non vide arrivare lo schiaffo, violento, così tanto da buttarla a terra.

Le lacrime iniziarono ad offuscarle la vista. Non per lo schiaffo, perché di quelli ne aveva sempre avuti, ma il pensiero che avesse deluso suo padre… il pensiero che lei avesse quella responsabilità, di quella piccola vita che era dentro di lei… se gli fosse accaduto qualcosa, non se lo sarebbe mai perdonata. Ed, infine, il pensiero di lui… quella notte a Saint Louis, a casa sua… tra le sue braccia. Ma non poteva piangere, no. Avrebbe dovuto affrontare l’ira di suo padre, adesso. Ma come? Come, poi, poteva dire a Victor di quel bambino, senza aver paura di macchiare anche il suo nome? Che diritto avrebbe avuto di farlo? No… era fin troppo leale.

Il generale, suo padre, l’afferrò per il bavero, costringendola ad alzarsi. 

“COME HAI OSATO?”

Abbassò gli occhi, portandosi le braccia al ventre, cercando di proteggere quella minuscola creatura dall’ira di suo padre.

“DI CHI È?”

Lei non rispose.

“RISPONDIMI”.

Sollevò lo sguardo, riflettendosi in quegli occhi così simili ai suoi, ma con uno sguardo così diverso.

“RISPONDIMI”.

Un altro ceffone in pieno viso.

Rotolò nuovamente in terra.

Stava per darle un calcio, ma sua madre arrivò in tempo.

“FERMATI, FERMATI AUGUSTIN. Ti prego… ti prego”.

Disse Madame Jarjayes, con le lacrime agli occhi, vedendo sua figlia riversa al suolo, raggomitolata. Quella figlia che l’era stata strappata troppo presto. Quella figlia tanto amata.

Con il suo corpo le fece da scudo.

Il generale, che non aveva mai visto sua moglie così triste, adirata, si fece da parte, sconvolto. Aveva bisogno di aria… di riflettere, di prendere la decisione più ovvia. Uscì, lasciando sole sua moglie e… no, non poteva più considerarla ‘figlio’ data l’evidenza dei fatti e, no, non poteva nemmeno considerarla figlia… 

Intanto Oscar si alzò su un braccio, guardando sua madre. Iniziò a cacciare quelle lacrime che aveva recriminato fino a quel momento.

“Madre…”

Sua madre l’abbracciò forte, le accarezzò i capelli e l’aiutò ad alzarsi.

“Tesoro… sapevo che, prima o poi, sarebbe accaduto. Sei umana, dopotutto è normale amare…”

“Madre… non ho mai avuto così paura come… come la provo adesso”.

Disse, con voce sommossa dal pianto.

“Lo so, bambina. È normale. Stai tranquilla, adesso risolveremo tutto insieme, ti va?”

Fu la prima ed unica volta in cui trovò l’appoggio di sua madre… ma non perché lei non volesse, ma… colpa di suo padre… sempre. 

Annuì, allora, alle parole di sua madre.

“Madre.. Cosa debbo fare adesso?”

“Quello che senti”.

“Ma… lui non…”

“Lo so… ma devi decidere tu cosa fare: se tenerlo o meno”.

“Non posso… non voglio che muoia”.

“Devi dirlo al padre”.

“No… no”.

“È Andrè?”

“Cosa? No…”

“Capisco…”

Si aspettava fosse Andrè, perché non aveva mai visto nessun uomo avvicinarsi più del dovuto a sua figlia. Con André aveva sempre avuto un rapporto speciale, pensò che sarebbe stato più che ovvio che fosse lui… ed invece… chissà. 

Si chiese Madame, mentre continuava a consolare sua figlia.

Ma André… forse lui… lui sapeva. 

“Vieni, andiamo da Nanny. Ti faccio preparare un the caldo… dopo parliamo, ti va?”

Chiese con dolcezza.

Lei annuì.

Insieme si incamminarono verso le cucine.

Sapevano entrambe che il generale fosse uscito, sentirono il rumore degli zoccoli del suo cavallo, poco prima, allontanarsi sempre di più dal palazzo.

“Oh… bambina mia… come stai?”

Le chiese Nanny, circondandole il viso con le mani”.

Lei si guardò intorno. Notò che André non era lì. Se ne preoccupò. Si preoccupò del fatto che suo padre avesse potuto avere un pensiero analogo a quello di sua madre.

“Dov’è André?”

“In camera sua”.

Rispose la governante, porgendole una tazza di the.

Lei annuì, rasserenata.

Parlarono a lungo le tre donne. 

E lei… lei decise che non avrebbe spezzato quella vita innocente, che quel bambino avrebbe visto la luce… che lei glielo doveva. Perché era stata solo colpa sua. Tuttavia… omise un piccolo dettaglio: Victor. Nessuno avrebbe dovuto sapere che fosse lui il padre. Sia perché… la carta matrimoniale con l’arciduchessa de l'Epine era stata firmata, ormai, dal re (contro il volere del Conte, ovviamente. Più ci pensava più capiva quanto non fosse l’unica a subire le decisioni di un padre che pensa solo al bene del proprio casato), sia… beh… non avrebbe potuto e basta.

Da quel giorno, i giorni a venire, i mesi, passarono.

Il padre, alla fine, aveva deciso che quel bambino, appena nato, sarebbe stato mandato in qualche buona famiglia, che ‘suo figlio’ avrebbe ripreso il posto nelle guardie reali (o, nel peggiore delle ipotesi, l’avrebbe reclusa in convento, se si fosse messa nuovamente contro di lui) e nessuno avrebbe saputo nulla di quell’increscioso ‘inconveniente’.

Infatti, saggiamente, il generale decise di mandarla in campagna, con una scusa di una qualche malattia a lungo termine. Tubercolosi, ad esempio. E risultò un’ottima scusa… tranne che ad una persona… una persona estranea ai fatti successi a casa Jarjayes… il tenente Girodelle.

Continuò a chiedersi perché il suo comandante non si fosse più presentata a Versailles… davvero una malattia? O, semplicemente, non voleva più vederlo? Solo una mattina, in una calda giornata primaverile, successe l’impensabile.

“Conte…”

Lo sorprese, alle spalle. 

“Grandier? Che ci fate qui? Il colonnello è tornato a Versailles? Dov’è?”

“No… non è qui… debbo parlarvi, se me lo permettete”.

“È grave?”

“Dipende dai punti di vista”.

Il tenente alzò gli occhi al cielo. 

“Va bene, ma non qui. Seguitemi nel mio studio”.

Si accomodarono, uno di fronte all’altro, dopo aver chiuso la porta dello studio, accertandosi che non ci fosse nessuno a sentirli.

“Conte, voi, amate Oscar, non è vero?”

“Non meno di quanto non l’amiate voi”.

“Con la differenza che… il vostro amore è corrisposto”.

Il Conte sgranò gli occhi. Che avesse capito? Che sapesse?

“Voi… siete stati insieme, non è vero?”

Tum… tum… tum…

Victor iniziò a sudare freddo, mentre, dall’altra parte, André sperava che gli dicesse di sì. Almeno sarebbe vissuto col pensiero che la donna amata sarebbe stata felice. 

“Io… perché siete qui? Arrivate al dunque, vi prego”.

“Rispondetemi”.

“Sì… sì, è così”.

“Allora… siete voi… il padre”.

“Suo padre? Cosa c’entra? È successo qualcosa? Ha saputo di…”

“No… non suo padre… o meglio… sì, ma non intendevo… È difficile da spiegare. Avete… fatto i conti dal giorno in cui siete stati… insieme, ecco”.

“La notte prima del duello col duca de Germain”.

“Luglio… quindi… mesi fa”.

“Sì, ma… rispondere alla mia domanda; cos’è successo?”

“Sono passati nove mesi da allora…”

“Sì e…”

Si bloccò di colpo. Tutto acquisì un senso. Il congedo… che stupido… si era congedata dalle guardie reali solo 6 mesi fa… poteva essere normale che non si vedesse… Dio. 

“Prima che vi venga un colpo, vi porto da lei. Sta partorendo e… non ha fatto altro che piangere, in questi mesi. Il bambino non conoscerà mai i suoi veri genitori”.

Avrebbe dovuto immaginarlo.

 

~~~~~~~~~

 

“Spingete, forza. O spingete o il bambino morirà”.

“CI STO PROVANDO. FA COSÌ MALE. ARGHHHHHHH”.

“Forza”.

Giurò su suo figlio che se quella maledetta ostetrica avesse nuovamente detto quella parola, si sarebbe alzata e l’avrebbe passata a fil di spada. Evidentemente non aveva mai provato il dolore del parto. 

“Se andrà tutto come deve andare… arghhhhh… spero che questa sia la prima ed ultima volta… arghhhh”.

“Siete una madre sola”.

“Arghhhhh... TACETE”.

“Spingete ancora, vedo la testa”.

Dopo circa tre ore il bambino si decise ad uscire, liberandola da ogni pena dell’inferno.

“Vi prego… vi prego… prima di portarlo via… voglio… voglio solo vederlo, vi prego. Vi prego, solo uno sguardo”.

“Non è possibile. Vostro padre non vuole che lo vediate”.

“Ve ne prego… vi pagherò il doppio, fatemelo solo vedere… qualche… qualche secondo, non chiedo altro”.

Supplicò, piangendo.

In quei mesi aveva sognato tante volte il volto di quel bambino.

L’ostetrica commossa, glielo porse tra le braccia.

“Ciao… ciao piccolino… scusa… ti chiedo perdono per non essere riuscita ad essere forte… ti chiedo scusa se non saprai mai di me, ma ti prometto che i tuoi… la tua famiglia ti amerà tanto… tanto quanto ti amo io…”

Gli diede un bacio sulla testolina piena di ricci, piangendo.

Il bambino sicuramente non avrebbe avuto il suo carattere, dato che era tranquillo già appena nato. Ma lei, questo, non poteva saperlo… non avrebbe mai potuto scoprirlo. 

“Ti amo, ricordalo sempre… e sono sicura che anche il tuo papà, anche se non sa di te, ti avrebbe amato tanto”.

“Devo portarlo via, Madamigella, mi dispiace”.

“Sì… un ultimo addio”.

“I genitori lo stanno aspettando…”

La porta si aprì di colpo, il generale fece il suo ingresso.

“Muoviti, Giselle”.

Disse, mentre la donna strappava dalle braccia materne quel fagottino, che iniziò ad urlare, piangendo disperatamente.

Fu un attimo…

Un solo attimo.

Un uomo alto, strappò dalle braccia dell’ ostetrica il bambino, mentre il generale era fisso a guardare quella figlia ingrata, che piangeva disperatamente, con il volto soffocato nel cuscino.

“Questo bambino… questo bambino non si muoverà da qui. Mio figlio non verrà strappato dalle braccia di sua madre”.

Il generale si voltò di scatto, sentendo quella voce. Guardò l’uomo, che teneva tra le braccia, stretto stretto, quel figlio illegittimo. Quel bastardo, secondo lui. 

“Voi… siete voi, quello che ha osato mettere incinta mio figlio?”

“Sì, sono stato io ad amare vostrA figliA. E, nonostante abbia scoperto solo ora di essere padre, nessuno ha più diritto di me ed Oscar su questo bambino”.

Disse, avvicinandosi a lei, che assistette immobile alla scena. 

“Io e te parleremo dopo. Adesso devo prima risolvere con tuo padre”.

Disse, mettendole suo figlio, il loro figlio, frutto del LORO amore, il SUO seme, il sangue del SUO sangue, nelle braccia di sua madre.

Quel fagottino che si calmò, non appena sentì il calore di sua madre. 

 

______________________

 

“Quel bambino ero io, padre?”

“Sì, Damien… eri proprio tu”.

“Quindi se non fosse stato per mio padre, maman, noi non saremmo qui? Io starei in un’altra famiglia”.

“Già… ma non è successo, no? Ed è questa la cosa importante…” 

Rispose, carezzando la testa del figlioletto.

“Ed anch’io sarei in un’altra famiglia?” 

“Tu… beh… non saresti nata…”

“Ecco. Lo sapevo. Volete più bene a Damien che a me”.

“Non è così, bestiolina. Ti sbagli. Noi vi amiamo allo stesso identico modo. Solo che le circostanze in cui siete venuti al mondo… beh… sono diverse, anche i nove mesi di gravidanza. Quanto aspettavo tuo fratello ero sola… quando aspettavo te c’era e c’è sempre stato il tuo papà con me”.

“E questo cosa c’entra?”

“Beh… che, a differenza di quando aspettavo te, mi sento molto in colpa nei confronti di tuo fratello…. Come se gli avessi tolto un po’ dell’amore di suo padre”.

“Ah, beh, moglie. Qui ti sbagli. Certo, mi sono perso un po’ di cose, ma l’amore è stato, fin da quando l’ho scoperto, immenso ed incommensurabile”.

“Pardonnez, Mon Chère. Un po’ di affetto, non di amore”.

“Ecco, va già meglio”.

Disse Victor, beffandosi bonariamente di lei.

“E del tuo amico André?”

Chiese Aurore. 

“Beh… lui… è andato via, lontano, in America… però ci scriviamo, lui è felice, ha una bambina poco più piccola di te”.

Damien sospirò.

“Cos’hai, ometto?” 

Chiese suo padre, guardandolo.

“Che… hai sempre parlato di Oscar come una persona fortissima, poi… voleva abbandonarmi”.

Sua madre, a sentire quelle parole, le si lacerò il cuore.

“Non è così, Damien. Tua madre è e rimane tutt’ora quella Oscar forte di cui hai sentito storie e non voleva abbandonarti. Era stata costretta”.

“Sì, ma…”

“Niente ‘ma’”.

Lo interruppe, suo padre, guardandolo con aria di rimprovero.

“Scusate”.

Disse, a quel punto, Oscar, alzandosi e uscendo fuori dalla stanza.

“Hai fatto piangere Maman, contento?”

“Ehh, buona Aurore. Damien… non preoccuparti. State qui, tra poco veniamo a prendervi.

Disse, togliendo suo figlio da sopra le sue ginocchia e poggiandolo sul divano, affianco a sua sorella.

 

~~~~~~

 

“Hey… hey, ferma, ferma. Dove vuoi andare?”

“L’hai sentito anche tu? Ha ragione, Victor. Ha ragione”.

“No, no. Non ne ha. È un bambino, quando si farà più grande lo capirà, te lo assicuro. Scusa, è stata colpa mia, non avrei dovuto raccontargli questa storia… non ora”.

“No… no, l’avevamo deciso insieme ed era giusto così… ma… adesso lui… mi vedrà come una delusione e…”

“No, Oscar, ti sbagli. Damien ti idolatra, ti ammira e non…”

“Maman…”

Si sentì tirare la gonna.

Si asciugò velocemente le lacrime e si voltò in direzione di suo figlio.

“Scusami maman… non volevo intristirti”.

“No… no, amore, è tutto a posto. La mamma sta bene e… ti ama, anzi, vi ama tanto”.

Disse, inginocchiandosi alla sua altezza e stringendolo forte.

“Posso dormire con te e papà, questa notte?”

“Certo… sì, piccolo mio”.

Disse prendendolo in braccio.

Mentre Victor prese in braccio Aurore.

“Damien, non offendetti, ma sono io la figlia preferita”.

Disse la pestifera, generando le risate dei genitori.

“Aurore… si dice ‘offenderti’… e, poi, no, come ha già detto tua madre non abbiamo preferenze su di voi”. 

“Lo soooo. Stavo scherzando. E non ridere perché sbaglio, io sono piccolina”.

“Lo so che sei piccolina… e vorrei che restasse così piccoli per sempre”.

Disse, stringendo ancora di più sua figlia.

Si addormentarono tutti e quattro, tutti stretti in un unico abbraccio che sapeva di amore e di felicità. 

All’indomani sarebbe spettata loro un’altra sorpresa: quella del mitico generale Jarjayes. 

Che, negli anni, aveva solo sentito parlare di quei due bambini e, finalmente, aveva trovato il coraggio e puntare i piedi sia per conoscere i suoi nipoti, sia per riavvicinarsi a sua figlia… magari… magari scusandosi, a modo suo.

   
 
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