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Autore: MedusaNoir    05/04/2023    0 recensioni
Arkham, ottobre 1928. La brillante studentessa di Biologia Ellen Lawlier viene convocata dal decano Miller per un consulto: la carcassa di una creatura ignota è stata rinvenuta sulle sponde del Miskatonic River e l’università ha deciso di mettere in piedi un’equipe per indagare. Ben presto si ritroverà immischiata in qualcosa di più grande: streghe, cultisti, una pesante eredità e quattro libri sui quali tutti vogliono mettere le mani...
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Richiamo di Cthulhu: Il Guardiano

 

Capitolo I

 

Campus universitario, Arkham, 23 ottobre 1928

 

Erano diversi gli aggettivi con cui Ellen Lawlier era solita descrivere se stessa: solitaria, intelligente, curiosa. Molti di più erano quelli utilizzati dalle persone che, nel corso dei suoi ultimi anni di vita, avevano avuto la sfortuna di incontrarla: fastidiosa, supponente, arrogante, testarda, antipatica erano solo alcuni di essi. Eppure, quella mattina di un consueto ottobre dal cielo coperto da fitte nubi nerastre, Ellen aveva appena scoperto un nuovo termine per definire se stessa: entusiasta.

Soltanto un’ora prima credeva di dovere affrontare l’ennesimo, tedioso lunedì sprecato dietro le fandonie di Peabody, che in aula si comportava come fosse il migliore insegnante sulla faccia della Terra, quando a sentirlo parlare diveniva evidente che non lo fosse nemmeno comparato al proprio riflesso nello specchio. Quasi settanta anni dopo la pubblicazione delle teorie di Charles Darwin che avevano rivoluzionato il mondo delle scienze, il “professor” Peabody si ostinava a negarle; non le confutava, le negava e basta. Se fosse stato un docente di Teologia, Ellen se ne sarebbe infischiata, ma lavorava all’interno della facoltà di Biologia, tenendo uno dei corsi obbligatori, e le innumerevoli lamentele che lei aveva posto al decano Miller non erano riuscite a mettere quantomeno in discussione il suo incarico: i Peabody erano una famiglia influente di Arkham, e a quanto pare ciò bastava per permettere loro di sparare stronzate a destra e a manca.

Quel lunedì, però, Ellen non avrebbe dovuto seguire il corso di Peabody, perché la sua presenza era stata richiesta altrove. Aveva ricevuto una convocazione nell’ufficio del decano, il quale la invitava a presentarsi alle nove nella Science Hall. Ellen ne aveva approfittato per fare una sostanziosa colazione in sala mensa, stirare in lavanderia la sua divisa migliore e sistemare meglio che poteva i corti capelli ramati. Alle otto e cinquanta minuti era fuori dall’Upman Hall, il dormitorio femminile, e si trovava di fronte alla statua del decano Hasley quando una voce richiamò la sua attenzione.

Non si era rivolta a lei, ma ne aveva riconosciuto il timbro. Pensando che quella giornata stesse andando di bene in meglio, si voltò e si affrettò a raggiungere la sua sola amica al mondo. Il volto di Janet Holmes era nascosto dietro la sciarpa di lana, tirata su fino al naso, e una sola ciocca bionda le scappava ribelle dal cappello; l’archeologa era immersa in una fitta conversazione con il professor Wingate Peaslee, docente di Psicologia, e quando sollevò lo sguardo e incontrò quello di Ellen le rivolse un sorriso carico d’affetto.

«Ellie!»

Nonostante non si vedessero da appena qualche giorno, Ellen era convinta che avrebbe cercato di abbracciarla se solo non avesse trasportato dei libri tra le mani, e fu grata a suddetti volumi per averla preventivamente tratta d’impaccio.

«Ciao, Janet. Come mai sei da queste parti?» Si voltò poi verso il professor Peaslee, aggrottando la fronte per la sorpresa. «Buongiorno, professore.»

«Buongiorno, signorina…?»

«Lawlier» intervenne Janet. «Lei è la signorina Ellen Lawlier, studia nella facoltà di Biologia. Te ne avevo parlato» aggiunse con colloquialità, e questo confuse Ellen ancora di più.

Da quanto tempo la sua amica conosceva il professor Peaslee? Perché erano entrambi vicini allo Science Hall? E per quale motivo Janet gli aveva parlato di lei?

«Perdonami, ma sono di fretta» disse, ricordando l’appuntamento con il decano. «Ci vediamo a pranzo?»

«Stiamo andando nella stessa direzione.» Janet sorrise, ma era un sorriso teso, nervoso. «Il decano Miller ha convocato anche il professor Peaslee e me.» Esitò. «In realtà… Sai di cosa si tratta?»

Certo che lo sapeva. La richiesta di Miller non era stata accompagnata da delucidazioni, ma al Campus non si parlava d’altro dalla sera prima. La mattina precedente, infatti, qualcuno aveva rivenuto una carcassa sulle sponde del Miskatonic River; a una rapida analisi, era stato chiaro che appartenesse a una creatura ignota, o probabilmente non identificabile nell’immediato, forse proprio per via delle ferite che l’avevano condotta alla morte. Sulle dimensioni c’erano pareri discordanti: alcuni sostenevano che fosse lunga quindici piedi e robusta quanto un orso bruno, altri che superasse di poco la stazza di un cane di medie dimensioni e che fosse in gran parte scheletrica. Ellen non si era interessata alla notizia, certa che si trattasse di un animale deturpato dal suo predatore e dal tempo trascorso in acqua, fino a quando non era stata chiamata in causa. Una convocazione ufficiale aveva risvegliato completamente il suo interesse accademico, facendole intuire che, sotto lo strato della bizzarra diceria, ci fosse qualcosa di vero.

«Girano delle voci su una carcassa» rispose infine. «Un animale ritrovato sul Miskatonic River.»

«Esattamente.»

«Quindi sono vere?» Le sfuggiva ancora la presenza di Janet e del docente di Psicologia. «Tu l’hai vista?»

Janet esitò, poi rispose: «Io l’ho trovata, Ellen.»

«Dovremmo andare.» La voce del professor Peaslee si stagliò nel silenzio appena sceso fra loro. «Il decano Miller non ama i ritardatari.»

 

***

 

Quando il trio giunse nell’ufficio del decano Miller, lo trovò affollato. Oltre al cinquantottenne, che sedeva con gli occhiali sul naso dietro l’imponente scrivania, c’era un altro membro del corpo docenti. Riconoscere la professoressa Mary Baker, insegnante di Biologia Animale, le fece storcere il naso – esattamente lo stesso gesto eseguito dalla donna non appena la vide. Si scrutarono a fondo prima di distogliere entrambe lo sguardo. Ellen non provava simpatia per la professoressa, ed era reciproco: la Baker mal sopportava i suoi interventi durante le lezioni, nonché il tono supponente che la ragazza non si curava di mascherare. Si erano riprese a vicenda più di una volta, confutando quanto appena detto dall’altra, e, sebbene fossero consapevoli di rappresentare uno spettacolo divertente per il resto della classe, non si sentivano per nulla divertite a loro volta. Ellen lo era stata, la prima volta in cui aveva interrotto una lezione della Baker per farle notare un errore grossolano durante la spiegazione, ma ben presto la professoressa aveva avuto la sua rivincita, e allora ogni lezione ed esame di Biologia Animale era divenuto terreno di scontro.

Girandosi, Ellen riconobbe anche il dottor Crown, anatomopatologo del St Mary che per decenni aveva insegnato Anatomia Patologica alla Miskatonic University; giunto alla veneranda età di sessant’anni l’uomo aveva deciso di operare per via esclusiva all’interno dell’ospedale, con grande sollievo delle studentesse di Medicina, che da oltre un lustro avevano quindi smesso di sentirsi molestate dai suoi occhi indagatori, fin troppo spesso fissi all’altezza del seno, e dalle sue richieste di dare gli esami in sede privata. Per fortuna, il lavoro che svolgeva in quel momento gli impediva di importunare le tirocinanti: ormai poteva molestare soltanto i cadaveri.

C’era una quarta persona nell’ufficio, un uomo alto che dava loro le spalle, intento a fumare accanto a una delle due finestre della stanza. A Ellen non parve di conoscerlo.

«Signorine, benvenute» le salutò il decano non appena furono entrate. I suoi occhiali però erano puntati sul solo uomo che era con loro. «Professor Peaslee, a cosa devo la vostra presenza?»

«Ho pensato di accompagnare la signorina Holmes. Spero non sia un problema.»

«No, affatto.»

L’espressione di Miller pareva suggerire il contrario; tuttavia, il decano si limitò a inspirare profondamente e a fare alle donne cenno di accomodarsi – non c’era spazio per il professor Peaslee, ma ciò non lo dissuase dal sedersi nella poltrona riservata all’uomo in piedi, il quale dal canto suo non diede alcun segno di fastidio. Ellen si ritrovò a fissarlo intensamente, cercando di riconoscerne i lunghi capelli neri o la figura slanciata, ma era sempre più certa di non averlo mai visto prima.

«Come ben sapete» proseguì Miller «ci sono delle voci nel Campus riguardo il motivo per cui vi ho chiesto di essere qui, questa mattina.»

Crown ne approfittò per interromperlo subito. «Abbiamo sentito… parlo per me, certo, ma credo che le voci siano le stesse. Abbiamo sentito di un… ritrovamento, mi sbaglio?»

«Non sbagliate» rispose Miller, assottigliando le labbra. «La scorsa mattina la signorina Holmes, che alcuni di voi conoscono in quanto collaboratrice presso la nostra facoltà di Archeologia, ha scovato presso le rive del Miskatonic la carcassa di un animale che non ha ancora potuto identificare…»

«Sfido» lo interruppe stavolta la professoressa Baker, rivolgendosi a Janet. «Voi siete un’archeologa, no? Che cosa pensavate di capirci?»

«Certo molto più di quello che potete capire voi senza neanche avere visto la carcassa.»

La voce di Ellen fece calare il gelo nell’ufficio. Miller e Crown erano chiaramente a disagio, Peaslee si era lasciato sfuggire una smorfia divertita, e perfino l’uomo alla finestra le aveva lanciato uno sguardo incuriosito. La Baker sembrava furiosa.

«Come mai questa ragazzina è qui? Credevo si trattasse di un consulto serio

«E lo è, signorina Baker.»

«Professoressa» ringhiò lei, mentre Ellen sorrideva intimamente.

Miller la ignorò. «La signorina Lawlier è qui su richiesta della signorina Holmes» proseguì, e ciò inferse un colpo all’orgoglio di Ellen. Fino a quel momento, era stata certa che la sua presenza fosse dovuta alle doti scolastiche, alla media che la rendeva la migliore studentessa di Biologia, a…

A niente, rifletté. Sono qui solo perché lo ha voluto Janet.

«Credo sia il momento opportuno per fare le presentazioni» parlò finalmente l’uomo alla finestra, spegnendo la sigaretta e girandosi verso di loro.

Ellen si era aspettava un volto misterioso, occhi color ghiaccio, un qualunque tratto distintivo, e invece si ritrovò di fronte una persona comune. Aveva bei tratti, un viso pulito, rasato di fresco. La sola cosa che destò di nuovo la sua curiosità fu il suo accento. Non lo riconobbe: non era inglese, né italiano, e neanche latino. Da dove poteva venire?

La risposta giunse inaspettatamente da Miller.

«Avete ragione, dottor Fauerbach. Tra di noi ci conosciamo tutti… più o meno… ma è necessario fare delle presentazioni prima di continuare. Conoscete già Mary Baker.» Miller evitò di aggiungere “signorina” o “professoressa”. «Il dottor Robert Crown, un tempo docente di Anatomia Patologica e attualmente il nostro migliore anatomopatologo. Il professor Wingate Peaslee, insegnante di Psicologia. La signorina Janet Holmes, un’archeologa che ha spesso partecipato alle spedizioni compiute insieme all’università di Harvard, e la signorina Lawlier, nostra allieva. Signori, lui è il dottor Michael Fauerbach, altro collaboratore della nostra illustre università. Trovandosi ad Arkham, ha acconsentito volentieri a unirsi all’equipe.»

Il dottor Fauerbach fece un cenno con il capo per ringraziare Miller, poi sorrise in direzione di Janet. «Vi prego, signorina Holmes, potete dirci del vostro ritrovamento?»

Ora che la tensione pareva essersi dissipata, Janet sorrise a sua volta. «Grazie, dottore. Come il decano Miller stava illustrando, domenica mattina durante una passeggiata nella Downtown con un’amica ho notato uno strano esemplare sulle rive del fiume. Siamo scese a controllare e infine, di comune accordo, abbiamo allertato la vicina stazione di polizia.»

«L’esemplare era ancora in vita?» domandò la Baker.

«No. Al momento però non ne eravamo certe, e date le sue dimensioni temevamo potesse rappresentare un pericolo. Per fortuna, gli agenti sono accorsi a controllare e io stessa sono riuscita a mettermi in contatto con l’università, certa che la scoperta potesse essere di vostro interesse.»

«Possiamo vederlo? È qui nel Campus?»

«Un momento, signorina Baker» si intromise Miller.

«Professoressa Baker.»

Per la seconda volta, il decano la ignorò. «Preferisco che veniate prima messi a parte dell’aspetto della creatura. Vederla potrebbe… destabilizzarvi.» Ellen si accorse che lo sguardo dell’uomo si puntò in particolare modo su di lei e sulla Baker.

Siamo biologhe, pezzo di merda, avrebbe voluto rispondergli. Abbiamo visto più cadaveri animali di te, che sei solo un patetico esempio di nepotismo.

Janet però annuì. «Sono d’accordo. La carcassa che abbiamo rinvenuto ha un aspetto inusuale. Assomiglia a un anfibio, possiede arti palmati e branchie ai lati del collo tozzo, ma è incredibilmente grande, di dimensioni più che umane. Non abbiamo neanche compreso il motivo della sua morte, e questo forse è il particolare più inquietante.» Deglutì. «Dobbiamo fare attenzione, perché accanto a lui abbiamo trovato anche un banco di pesci. Morti. Non perché fossero fuori dall’acqua… no, tutti loro manifestano segni di avvelenamento. Potrebbe essere stato lo stesso veleno che ha ucciso la creatura, o al contrario averlo generato lei stessa morendo. Non sono che un’archeologa» proseguì, ma non lanciò sguardi significativi alla Baker «però so che bisogna fare attenzione a specie a noi ignote.»

Dopo un minuto di silenzio, il dottor Fauerbach parlò. «Dove si trova adesso?»

«L’abbiamo fatta trasportare nel laboratorio A» rispose Miller, alzandosi. «Albert Proctor, un nostro ricercatore, ci sta lavorando in questo momento.» Lanciò un’occhiata a Janet. «Provvisto di strumentazione e maschera adeguate, ovviamente.»

 

***

 

Il Charles Tyner Science Lab si ergeva adiacente lo Science Hall, di fronte al campanile neogotico e accanto all’edificio preposto all’insegnamento di lingue, letterature e arti. Era relativamente giovane, inaugurato solo otto anni prima in onore del dottor Tyner, insigne ricercatore della Miskatonic University; al momento rappresentava anche la struttura più all’avanguardia del Campus, con i suoi laboratori dedicati alla fisica e alla chimica, e ovviamente alla biologia. A eccezione dello Science Hall e del dormitorio femminile, era insieme alla Miskatonic Library il luogo del Campus maggiormente frequentato da Ellen.

Non appena ebbero superato il portone di ingresso, svoltarono a destra per salire al piano superiore e poi a sinistra verso il magazzino in cui erano riposte tutte le attrezzature necessarie per le analisi, suddivise per campo e utilizzo. Un incaricato procurò loro una mascherina e un paio di guanti ciascuno, e Miller li rassicurò che sarebbero bastati per il solo esame visivo della carcassa.

Ellen però non ne fu certa finché Janet non glielo ebbe confermato. «All’esterno non ci sono stati problemi, ma all’interno… non posso esserne sicura, ecco. Però la analizzeremo a distanza, solo per darvi un’idea del suo aspetto. Forse non dovremo neppure entrare nel laboratorio.»

La fai facile tu, pensò Ellen, che con i suoi scarsi cinque piedi di altezza stentava a raggiungere le finestrelle montate sulla doppia porta dei laboratori.

Infilò i guanti e fece aderire con cura la mascherina al volto. Tutto procedette nel massimo silenzio, come se i pensieri di ciascuno fossero concentrati sulla misteriosa creatura che di lì a poco avrebbero visionato. A parlare, infine, fu Miller.

«Professor Peaslee» esordì. «Se preferite voi potete attenderci fuori…»

«Nessun disturbo, decano Miller. È un onore per me poter assistere alla vostra indagine.»

Un onore che, rifletté Ellen, Miller gli avrebbe volentieri negato.

«Procediamo, allora.»

Scesero di nuovo al piano inferiore e procedettero verso il fondo del corridoio, diretti al laboratorio A. Superarono diverse svolte e, a un certo punto, Ellen avvertì chiaramente un pizzicore sulla nuca. Si voltò di scatto, pronta a fronteggiare l’ennesima occhiataccia della professoressa Baker, ma incontrò il volto del dottor Fauerbach. Il tedesco – o austriaco, quel che è – le sorrise affabile, ma lei non ricambiò: quell’uomo la inquietava. Non l’aveva mai incontrato al Campus, né ne aveva sentito parlare, e a quanto sembrava conosceva la Baker. Tutti ottimi motivi per tenersene alla larga.

Era ancora sovrappensiero quando raggiunsero la doppia porta del laboratorio A, così andò a cozzare contro la schiena di Miller, che si era fermato di colpo.

«Cosa succede, decano?» domandò Crown facendosi avanti. «Non trovate le chiavi…?» Si bloccò anche lui, guardando attraverso la finestra rettangolare in alto.

Si erano ammutoliti entrambi. Ellen dovette alzarsi in punta di piedi per scoprire cosa avevano visto i professori, ma non appena il suo sguardo vagò oltre il vetro si sentì pietrificare.

La prima cosa che aveva notato era la viscida carcassa verdastra, stesa sul primo tavolo da lavoro e aperta in due.

La seconda era il corpo che dondolava sopra la creatura.

Guardando meglio, Ellen riconobbe Proctor.

Una fune robusta cingeva il suo collo spezzato.

   
 
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