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Autore: Pluma    13/09/2009    1 recensioni
(Dal II° capitolo) “Molto piacere. Come ho già detto io sono Richard Heart. Questa bellissima donna è Sheril Water, il mio braccio destro. Il più vecchio tra noi è Asriel Stern. La ragazza che le ha recuperato la borsetta si chiama Savannah Runner; infine, lui è Jack Salvador, in realtà non si chiama così, ma il suo nome è per tutti noi impronunciabile perciò…Jack.” (...) “E ora che abbiamo fatto tutte le presentazioni, cosa volete dai Predators?” I Predators è un'agenzia tutto fare formata da cinque persone decisamente molto diverse tra loro... partendo dall'età, per continuare con la nazionalità, finendo con il loro carattere. Non disdegnano commissioni che li portano in giro per il mondo, sebbene siano lavori che hanno poco a che vedere con la legalità. Sinceramente non mi importa se li amerete o li odierete, dato che sono degli anti-eroi, la mia speranza è che non vi lascino indifferenti. Per questo spero tanto che recensirete, almeno un pochino...
Genere: Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XII° CAPITOLO

SOUVENIRE DEI 21 ANNI

 

(*)L’infinito sai cos’é? ... L’irraggiungibile fine o meta
Che… rincorrerai per tutta la tua vita,
“ma adesso che farai?... adesso io ... non so... “ infiniti noi
so solo che non potrà mai finire
mai ovunque tu sarai, ovunque io sarò
non smetteremo mai
se questo é amore ... é amore infinito

 

 

Era una bella giornata di fine primavera. Richard girava tranquillo, in solitudine, per le strade della città francese; le mani in tasca e un’andatura rilassata, ma sicura nella direzione della sua meta. Si trattava di un barattino, che lui conosceva fin troppo bene, dove aveva appuntamento con una sua vecchia conoscenza. Girò l’angolo fermandosi subito dopo. Eccola là, Satine Chabrol, più che una vecchia conoscenza, quella, era una sua vecchia fiamma, una di quelle di cui ci si dimentica difficilmente. Lei era seduta di spalle e non poteva vederlo; i soliti capelli neri e lisci, tagliati in un baschetto perfetto con una lieve scalatura nelle ciocche che le incorniciavano il viso. Le gambe lunghe e affusolate erano accavallate sotto il tavolino dove, Richard, vide una cosa che gli fece morire il sorriso sulle labbra e passargli la voglia di andarsi a sedere. Il  pastore di Beauce di Satine, sua guardia personale. Il pastore di Beauce è il cugino francese del Dobermann, con un fisico più robusto e rustico rispetto alla razza tedesca. Satine possedeva un cane della stessa risma anche quando si erano conosciuti; dato il tempo che era passato non poteva essere lo stesso, ma tra Richard e il vecchio cane di Satine c’era sempre stato un odio viscerale che divertiva molto la donna. Sebbene lui non conoscesse il nuovo pastore, poco ma sicuro, quella non era una razza molto socievole con gli estranei.

In quel momento la testa del cane, che fino ad ora era appoggiata su una delle zampe anteriori scattò verso l’alto, puntando, poi, gli occhi scuri sullo sconosciuto. Da quella distanza Richard non poteva esserne totalmente sicuro, ma avrebbe scommesso che appena lo aveva visto aveva cominciato a ringhiare nella sua direzione, probabilmente allarmato che un uomo stesse fissando così intensamente la propria padrona. Satine piegò la testa di lato per controllare il suo fedelissimo, dando prova che stava effettivamente ringhiando. Dopo aver calmato il cane, voltò il busto verso Richard regalandogli uno dei suoi più splendidi sorrisi maliziosi. Lui si avvicinò e, dopo aver controllato che il pastore non si muovesse, posò una mano sul fianco della donna, baciandola sulle guance.

“Sempre scortata?” disse Richard sedendosi.

“Lo sai che adoro i Beauce. Lei si chiama Rouge. Tu, invece, sembri sempre uno straccione.”

Richard sorrise, passandosi con noncuranza le dita fra i lunghi capelli.

“Non penso di ricordare male: nonostante il mio aspetto hai ceduto.”

“Ero giovane ed inesperta” si giustificò lei, senza averne una reale intenzione.

“Giovani lo eravamo insieme, quanto all’inesperta non lo credevo all’ora come non lo credo oggi.”

In quel momento, un ragazzo con la divisa da cameriere portò loro due caffè.

“Direi che abbiamo usato sufficiente tempo per il passato.”

“Sono d’accordo. Allora Satine, perché mi hai fatto venire a Montpellier?”

“Siete riusciti a prendere il Trojan?”

Il volto di Richard non mutò nel sentire la domanda, si limitò solamente a continuare a fissare la francese.

“So tutto del tuo attuale incarico, quindi non fare giochetti.”

“Non ti ho insegnato proprio niente, allora, mia cara.”

Fu tra loro due che tutto iniziò: la storia dei Predators. Richard era una specie di avventuriero moderno, ciò che era anche ora all’età di 46 anni, ma gli mancavano le conoscenze, le persone giuste come potenziali clienti. Gli mancava ciò che a Satine Chabrol, figlia unica di una famiglia schifosamente ricca non mancava affatto.

 

Nel 1984 Richard aveva 21 anni, una grandissima voglia di viaggiare, la forza per farlo e l’età per pretenderlo. Amava moltissimo l’Inghilterra, ma trovare un lavoro con cui aveva la possibilità di viaggiare per il mondo era il sogno della sua vita. Anche da giovane Richard era abbastanza brillante da riuscire a trovare, senza troppe difficoltà, un lavoro adatto. A dire il vero ne aveva provati molti, ma a tutti mancava una piccola caratteristica: il rischio che avrebbe dato frizzantezza al viaggio. L’ultima volta che si ritrovò in Francia, senza pensare troppo ai pro e ai contro decise di rimanerci, almeno per un po’. Camuffando il suo aspetto, già all’epoca trasandato, cominciò a frequentare locali alla moda, confondendosi e facendo conoscenza con le persone più ricche in circolazione. Sentendo i loro discorsi e l’atmosfera che si percepiva in quei posti, Richard si convinse che quello decisamente non era il suo ambiente. Lo circondavano persone troppo concentrate sull’apparenza. Le donne facevano a gara per chi aveva il vestito più costoso, non era importante se la vincitrice fosse volgare o ridicola. gli uomini, tra le altre cose, facevano mostra delle loro donne, una più bella dell’altra; poco importava che non fossero vere conquiste ma solo signorine a pagamento. Ciò che piaceva a Richard Heart erano i soldi e quella gente ne aveva molti, allora perché non servirli nei loro capricci? Fu in quel periodo che nacque l’idea di un’agenzia tutto fare. Solo il pensiero eccitava la fantasia del giovane; c’era solo una falla in tutto il suo progetto: non aveva le basi per cominciare a farsi un nome.

L’incontro con un’annoiata riccona di nome Satine Chabrol fu una vera e propria manna dal cielo. Richard e Satine si compensavano: lui conosceva abbastanza il mondo da sapersela cavare, più o meno, in tutte le situazioni, lei aveva la lista dei clienti e il fascino per trovarne di nuovi. Per circa un annetto le cose andarono a gonfie vele, fino a quando ognuno rimase nel proprio campo di competenza, ma sia lui che lei avevano un carattere forte, decisamente inclini al comando. Satine cominciò a fare di testa sua durante le “missioni”; anche Richard, però, non fu da meno. Stando con Satine aveva imparato a tirare fuori quel carisma necessario perché le persone gli affidassero i propri capricci.

I due si lasciarono esattamente come si erano incontrati. Nella camera da letto di Satine, tra le lenzuola vellutate, senza litigare e senza rimbeccare all’altro i suoi errori. Iniziò con passione e finì con la stessa.

Nei 25 anni che passarono si rividero solo una volta, un paio di anni dopo. Richard si trovava a Montpellier per affari e, avendo un po’ di tempo libero aveva cercato Satine, invitandola a bere qualche cosa insieme, nello stesso bar in cui si trovavano ora. Lei gli raccontò di aver trovato un altro lavoro ma, ogni tanto, si divertiva a mettere in pratica ciò che aveva imparato stando con Richard. Per lei insomma era diventato solamente un hobby, con cui passare il tempo nei periodi di noia.

Lui, invece, aveva continuato e, scendendo nei particolari, le disse di aver messo su una squadra perché si era reso conto che, nonostante il suo talento, non era assolutamente capace di fare tutto con eccellenza. Sheril era perfetta per le pubbliche relazioni e anche se non era come Satine, poteva solo dire di essere soddisfatto della sua PR. Asriel era un ladro fantastico; anche Richard non aveva troppe difficoltà ad entrare nelle case altrui, ma il tedesco non conosceva neanche un ostacolo. Jack era un sadico assassino privo di morale e amore per il prossimo; tutti nei Predators erano in grado di difendersi, ma il signor Salvador si divertiva e questo era un vantaggio per lui in certe occasioni: niente coscienza con cui fare i conti a fine giornata. Savannah era un atleta, il suo ruolo non era mai stato ben definito e all’inizio Richard aveva avuto dei grossi dubbi su di lei. La ragazza era l’unica del gruppo ad aver cercato Richard, mentre con gli altri era avvenuto il contrario. Lui li aveva visti, si era innamorato delle loro capacità e li aveva ingaggiati. A convincere Richard su Savannah era stata la rabbia repressa che l’americana emanava da ogni cellula del suo corpo. Nonostante la sua apparente inutilità, Savannah si era rivelata spesso vantaggiosa in più di un’occasione.

I due amanti di un tempo parlarono per tutto il pomeriggio, come se nulla fosse cambiato; solo quando lei aveva dichiarato di dover rientrare ci fu una prova della lontananza che si era creata fra i due. Si erano alzati entrambi, guardandosi negli occhi, entrambi decisi su come salutarsi o sulle frasi da dire di commiato. Fu Richard a sbloccare la situazione, prese la mano destra di Satine e dopo avergliela baciata, senza aggiungere altro le girò le spalle.

 

“Non ti ho insegnato proprio niente, allora, mia cara.”

“Sì, sì lo so: bocca chiusa occhi ed orecchie ben aperti.”

Richard si limitò a sorridere, soddisfatto.

“Allora facciamo un bel gioco” propose Satine. “Il gioco del supponiamo.”

“Molto bene, prima tu.”

“Supponiamo che una signora mi abbia contattato per recuperare una statuetta. Supponiamo che io sia impazzita nel cercare le sue tracce, perché in ogni via che setacciavo, ad un certo punto lei spariva sempre e, al suo posto, mi capitava un cavallino di legno che, per pura comodità, chiameremo Trojan. Mettiamo che io sia venuta a sapere che una famiglia di mafiosi americani, oramai di poco valore, per tornare in auge, abbia rubato il Trojan, non tanto perché il buzzurro che ne è a capo lo colleghi alla statuetta…

“Che per pura comodità chiameremo?”la interruppe Richard.

Per un attimo Satine rimase in silenzio, chiedendosi se e cosa avrebbe dovuto tenere nascosto all’uomo.

“La Sainte Vierge du Pardon, posso continuare con il gioco?”

“Te ne prego” rispose Richard con un lieve inchino del capo.

“Il vero motivo per cui questi americani avrebbero rubato il Trojan sarebbe stato il fatto che chiunque rubi qualche cosa al nuovo possessore della statuetta deve, per forza di cose, essere molto stupido o molto potente. Per quanto ne saprebbero, la famiglia…”

“Rizzo.”

“Per supposizione.”

“Ovviamente.”

“Avrebbero rubato un modellino senza conoscerne il vero valore.”

“Ti prego fammi continuare” richiese Richard. “Supponiamo che sei venuta a sapere che il vecchio proprietario John Smith…”

“Quanta fantasia” lo interruppe Satine.

“Sono d’accordo, ma io non c’entro. Dicevo? Ah sì, John Smith ha ingaggiato un’agenzia per recuperare il Trojan senza raccontare tutta la storia e tu, per non fare troppa fatica hai aspettato, perché conosci il capo dell’agenzia.”

Satine sorrise annuendo.

“Cosa vuoi?”

“Per supposizione?” chiese la donna ironicamente.

Richard non rispose, non ce ne era bisogno. Mandarla a cagare sarebbe stata una caduta di stile; dichiarare che il gioco lo aveva stancato sarebbe equivalso ad un autogol.

“Voglio che tu mi consegni il Trojan” rispose, questa volta seria, Satine.

“Certamente, basta che tu mi paghi più di quello che ho pattuito con John Smith.”

“Tu non capisci. Non vengo pagata nemmeno io questa volta.”

“Satine Chabrol che fa beneficenza?” la prese in giro lui.

“C’è una storia triste dietro quella statuetta.”

“Faccio portare un pacchetto di fazzoletti?”

“Stronzo!”

“Sempre al tuo servizio.”

Dopo l’ultimo scambio di battute cadde il silenzio. Rouge, percependo la tensione creatasi, sporse il muso lungo, toccando con il naso umido il ginocchio nudo della padrona. Per tranquillizzare il suo pastore di Beauce la accarezzò sulla testa, grattandole il pelo grosso e duro. A dire il vero Satine era molto tentata a dire una semplice parola, un unico comando e i Predators sarebbero stati costretti a portarsi il loro capo su una carrozzina, in giro per tutto il mondo.

“Fammela vedere, Satine.”

Lei guardò l’omo che le stava di fronte. Non era cambiato in quella ventina di anni, sempre trasandato come quando ne aveva 21. Capelli e barba lunghi, un po’ crespi, di un colore simile all’ocra con qualche striatura rossiccia. Gli occhi grandi, ma poco marcati, le ricordarono il perché Richard non avesse mai avuto problemi di donne. L’espressione sempre gioiosa, a parte rari casi eccezionali; sempre curiosa come quella dei bambini forse smuoveva l’istinto materno che alberga in ogni donna. Poi tutto passava, quando rimaneva senza maglietta. Il suo fisico muscoloso era tutt’altro che fanciullesco ma non lo era, in special modo, il tatuaggio che aveva dietro la schiena. Una corona inglese in bianco e nero, minuziosamente particolareggiata in tutte le più piccole sfumature, lunga da scapola a scapola e proporzionalmente alta. Non che il fisico e il tatuaggio allontanassero le conquiste, anzi. Solo che, al posto della madre, usciva la donna.

La mano che stava accarezzando ancora Rouge si spostò dalla testa del cane e aprì la borsetta firmata, dalla quale uscì una foto. Il soggetto era una piccola, ma fine ed elegante, statuetta della Vergine. Il viso, le mani giunte in preghiera e i piedi scalzi erano, stranamente, di un bianco sporco, lo stesso colore del vestito. Solo le pieghe di quest’ultimo e il rosario che Maria aveva in mano erano d’oro.

“Perché tutta bianca?”

“E’ d’avorio.”

“John Smith mi paga decisamente poco.”

“Ed è anche vecchia.”

“Quanto?”

“Seconda Guerra Mondiale.”

“Non così tanto.”

“Sì, ma vale di più per un collezionista, amante del periodo.”

“Per essere più precisi?”

“Non sono la tua consulente” rispose rabbiosa Satine, quasi ringhiando. “Non ti ho fatto venire a Montpellier per farti guadagnare di più.”

“Lo sai in che guaio mi metterei se ti dessi la statuetta? Se la vuoi almeno pagami.”

Satine sbuffò, appoggiando la schiena alla sedia, esasperata.

“Se ti facessi raccontare la storia, cambieresti idea?”

“Improbabile, comunque non sarei solo io a dover essere convinto.”

“Pensavo che fossi tu il capo” lo provocò Satine.

“Infatti, ma ci sono dei limiti. Vorrei vedere te come terresti a freno quattro persone, tutt’altro che innocue, se gli dici che dopo un lavoro non li pagherai.”

“Almeno acconsenti di sentire la storia.”

“Per quello che cambia, a me va bene. Ma verrà anche la mia squadra.”

“Ti manderò un messaggio” disse Satine alzandosi e, senza nemmeno salutare concluse così l’appuntamento. Lasciando a Richard solo il conto da pagare.

 

(*) “L’infinito” di Raf.

Vorrei spiegare il perché ho scelto questa canzone. Il motivo è semplice: tra Richard e Satine c’è un rapporto un po’ particolare. Non si sono dimenticati, ma sanno di essere incompatibili, così hanno fatto la loro scelta di vivere due strade diverse. Essendo persone coerenti non lasciano che ciò che è stato ricominci ancora una volta. Spero che dai dialoghi tutto ciò sia venuto fuori, a voi l’ardua sentenza!!! Per quanto riguarda la storia la domanda è: Richard e Satine continueranno a voler avere due vite diverse o ci riproveranno? Sinceramente ancora non lo so…né l’uno né l’altra mi hanno suggerito niente per ora.

 

Leuconoe: va bene và, per questa volta ti perdono J… ovviamente stò scherzando!!! Non ti devi preoccupare, soprattutto perché almeno qualcuno (cioè tu) ha risposto alla mia domanda e sono molto contenta che il cap tra Jack e Savannah non fosse volgare. Per rispondere alla tua recensione, è vero il cadavere a pochi passi fa senso, però come hai detto tu caratterizza Jack. Savannah, finalmente, ha avuto la sua rivincita, forse ora sarà un pochino più serena. A dire il vero questa storia è nata proprio con il passato di Savannah: mi ero immaginata i Predators, tutti quanti, ma non sapevo cosa fargli fare, poi mi è venuto in mente il passato di Savannah. Solo dopo è nato il Trojan e solamente da pochi giorni è nata La Sainte Vierge du Pardon, con la relativa storia che rivelerò nei prossimi capitoli con personaggi tutti nuovi…spero solo di non annoiarvi con questa storia nella storia…

   
 
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