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Autore: Orso Scrive    13/04/2023    1 recensioni
Dal 1963 a oggi, ci sono state due costanti irrinunciabili: la minaccia della guerra atomica e i Nomadi. Sulla prima non ho voce in capitolo. Ma sui Nomadi, qualcosa da dire ce l’ho pure io. Insomma, quest’anno compiono sessant’anni. Sessant’anni suonati, è proprio il caso di dirlo! Ho pensato, allora, di scrivere dei brevi racconti – in certi casi, poco più che semplici pensieri – ispirati ad alcune delle loro canzoni. È il mio personale tributo a questo gruppo musicale che, con le sue note, mi ha accompagnato in pratica da sempre.
Per dirla a modo loro, come sempre, sempre Nomadi!
Genere: Generale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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LE STRADE

(1995)

 

 

dietro al mulino i rifiuti,

portati dal fiume,

che taglia la grande pianura,

ridotta a bitume…

 

 

Mi aggiravo per la campagna. Per quella che era stata la campagna, un tempo non ancora lontano. Un tempo, per intenderci, abbastanza vicino perché io stesso potessi serbarne memoria.

Questa strada asfaltata era stata un viottolo sterrato. Quel resort di lusso era stata una cascina con il suo fienile e la stalla. Al posto delle piscine dove adesso sguazzavano ricconi annoiati, io potevo quasi vedere ancora i campi arati, con quella terra nera e grassa da cui sarebbero spuntate le spighe di grano e gli steli del mais.

Eppure, con un sorriso stanco e triste, mi venne da pensare che, gli uomini che avevano reso possibile questo scempio, erano gli stessi che si erano riempiti la bocca di paroloni, di false promesse, di rassicurazioni.

«Non consumeremo più territorio.»

«Tuteleremo il verde.»

«La campagna è un tesoro prezioso, da preservare.»

Ed eccoli qui, i bei risultati di tutti quei proclami.

Scomparsi sotto il catrame e il cemento. Probabilmente, il verde che quei tizi si ripromisero di tutelare, era quello delle banconote che avrebbero incassato cedendo la terra fertile al miglior offerente.

Dicono sempre di non abbattersi, di non lasciarsi andare.

Di non arrendersi.

Ma di fronte allo scempio della più bella e fertile pianura del mondo, trasformata in questo modo, mentre i politicanti piangono l’assenza di risorse, almeno consentitemi di dire che mi cadono le braccia.

Però, una volta assorbito l’urto, mi viene da dire che no, non bisogna arrendersi. Non bisogna smettere di lottare per ciò che è giusto. Potremo ancora salvare tutto questo, potremo farcela, se almeno noi non ci lasceremo corrompere da insulsi interessi personali.

Il vento che soffia da lontano mi porta un odore alle narici. Un odore di terra, di erba, di essenze vegetali.

È l’odore della campagna, che ancora sopravvive nonostante tutto.

 

Il cuore della campagna

batte ormai stanco,

stanco di troppe parole,

date in pasto al branco.

Ma c’è un odore di terra, odore lontano,

che ci riporta ad un mondo più umano…

 

 
 
   
 
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