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Autore: Lella73    20/04/2023    4 recensioni
Buongiorno e bentrovati a tutti! Torno a condividere con voi uno dei miei racconti, una mini-long in otto capitoli in cui partendo dall'episodio 20 (per me cruciale con quel brillante doppio duello dell'incipit, il ballo in alta uniforme e la partenza di Fersen) del nostro anime preferito, per offrire una via diversa ai Nostri. Ho immaginato eventi che possano offrire a Oscar e André un poco di leggerezza e gioventù, nonché opportunità e scelte alternative a quelle delle vicende note; ho cercato infine di costruire per loro un passato di ricordi vissuti assieme ed emozioni condivise.
Confido nella lettura attenta e sensibile con cui è stato seguito il racconto che ho già pubblicato qualche mese fa e ringrazio fin d'ora infinitamente per il tempo che mi vorrete concedere.
Ho scelto di far seguire l'intera storia da un "contesto musicale", affidando ai titoli di celebri canzoni il titolo di ogni capitolo. Spero proprio che lo spirito di ogni pezzo ricordato possa aiutare a comprendere lo spirito di ogni parte della storia.
Con molta emozione, non mi resta che augurarvi buona lettura!
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2 - Io me ne andrei
Il ballo in alta uniforme, Fersen parte per l'America, Oscar chiede una licenza

Il pomeriggio inoltrato volgeva lentamente verso la sera. Oscar non si era trattenuta che poche ore a Versailles ed era rientrata presto, nel cuore un'inquietudine che non riusciva a definire. Distesa negligentemente sul letto, le gambe lasciate pendere oltre il bordo e gli occhi coperti dall'avambraccio, si sentiva irritata. Dopo la sua ambasciata sotto la pioggia, Fersen non era più venuto in visita a palazzo Jarjayes; si erano incontrati saltuariamente a Versailles, non scambiandosi altro che qualche parola formale. A corte si riportava ogni genere di pettegolezzo maligno su di lui e sua maestà la regina; Oscar non aveva tollerato che se ne parlasse in sua presenza e le sue reazioni erano state talmente risolute e dure quando aveva avuto occasione di ascoltare, che dame e gentiluomini avevano iniziato ad evitarla. Solo Girodelle aveva continuato a darle il tormento, incapace di resistere alla tentazione di qualche commento gustoso di tanto in tanto.

Fuori cadeva una pioggerella sottile e tagliente e l'aria era pesante e umida, troppo calda per la stagione. Di lontano Oscar sentì un battere forte e insistente; pensò che André stesse sistemando la carrozza per la sera. Era previsto un gran ballo di gala a corte. Oscar sorrise: ad André piacevano i balli. Vi prendeva parte volentieri e lei sapeva che avendone l'occasione non gli dispiaceva affatto di poter danzare di tanto in tanto. Oscar invece non ballava mai. Non che le dispiacesse in realtà, ma non amava attirare l'attenzione e consapevole della curiosità che sempre le riservavano i nobili a corte, preferiva evitare di attirare sguardi su di sè. Ballava saltuariamente, quando accompagnava Rosalie a qualche ricevimento privato. Le piaceva l'entusiasmo che leggeva negli occhi della giovane in quelle occasioni; dopo le prime apparizioni pubbliche in cui Rosalie si era sentita intimidita da un mondo per lei sconosciuto, quando aveva finalmente potuto  conquistare una certa sicurezza, aveva iniziato a comportarsi con una naturale grazia che le procurava ammirazione e lusinghe e a Oscar piaceva osservarla, con un misto di orgoglio e affetto.

I colpi, forti e regolari, si susseguivano incalzanti. Oscar si alzò per raggiungere la finestra; dalla sua stanza poteva vedere le scuderie e la rimessa delle carrozze, con l'ingresso spalancato. Espiró rumorosamente: era in cerca di un pretesto per non recarsi a corte. Decise di raggiungere André: aveva bisogno di compagnia, di qualcuno che l'ascoltasse…

 

Oscar camminò veloce verso la rimessa sotto la pioggia sottile, inalando l'aria carica di umidità. Uscendo non aveva avuto bisogno di coprirsi: non sembrava affatto ottobre inoltrato. Si fermò sulla porta, al riparo dello spiovente. Avvicinandosi non aveva fatto rumore e André, intento a sistemare una delle più sontuose carrozze della famiglia Jarjayes, non si era accorto di lei. Era stato meticoloso: Oscar osservò che lo stemma sugli sportelli era stato lucidato e che su tutta la superficie  era stata passata la cera. In cassetta il velluto del cuscino verde scuro era stato spazzolato e le tende all'interno raccolte, formando morbidi panneggi. Oscar guardò André: accovacciato accanto a una delle ruote anteriori, batteva forte con un martello per assicurarla al perno. "André!" gli disse; lui si levò, voltandosi verso di lei.  "È inutile che prepari la carrozza!" proseguì Oscar "Questa sera non prenderò parte al ballo di corte. Invierò un messaggio dicendo che sto poco bene. Questo è tutto". Fece per andarsene, ma esitò, non sapendo bene se nella speranza che lui la richiamasse o tacesse. André strinse forte il martello nella mano e serró la mascella: eccola lì la sua Oscar. Quella che solo lui conosceva. Quella che non temeva di affrontare un intero reggimento, ma che scappava se qualcosa minacciava di svelare la sua fragilità. "Oscar!" la chiamò con cipiglio severo. Lei si volse, indecisa se rispondere o andarsene: sapeva di non poter imbrogliare André. Perché era andata a cercarlo? Le tornarono alla mente le sue parole: "C'è gente che ama una persona tutta la vita, senza che questa persona lo sappia…" ma davvero lei era innamorata? Era questo amare? Un'inquietudine più simile a un tormento che a un piacere? Si trinceró dietro un falso rimprovero: "Non urlare così! Si potrebbero spaventare i cavalli…". Che stupidaggine, pensò: le scuderie erano distanti e inoltre nessuno sapeva trattare i cavalli come André… abbassò lo sguardo e così non potè vedere l'ombra di un sorriso beffardo sul viso di lui. André le si avvicinò. "Oscar," le disse "si tratta di un ballo importante; vi prenderanno parte i personaggi più influenti del regno e tu quale comandante delle guardie di sua maestà e quale erede della famiglia Jarjayes non puoi certo mancare!". Oscar strinse le labbra. Sapeva che André non le avrebbe permesso di mentire a se stessa, eppure l'aveva cercato lo stesso. Lo guardò torva. "Non mi piace l'idea di stare tra quella gente!" gli disse brusca, le sopracciglia aggrottate "Sai bene quello che accade in certi casi! Sua maestà la regina sarà guardata con disprezzo da tutti i nobili presenti!". I pugni stretti e alzati, il tono veemente: André sentì un moto di intensa tenerezza invadergli il petto; se avesse potuto, l'avrebbe abbracciata. Le sorrise con dolcezza. "Vedi," le disse "questa a mio avviso è la ragione per cui dovresti andare al ballo. Sei  l'unica sulla quale la regina possa contare…" fece una breve pausa mentre lei lo guardava negli occhi con una sottile, dolorosa traccia di smarrimento nello sguardo. La vide pronta a ribattere, ma non gliene diede il tempo. "... anche il conte di Fersen  la pensa così…" mormorò. Oscar tacque un istante, per poi parlare a voce alta, il tono quasi rabbioso: "No! Non mi piace André! Te lo giuro! Non mi piace questo ruolo! Non voglio essere coinvolta in questa storia!". Tornò ad alzare gli occhi su di lui e trovare nel suo sguardo una tranquilla comprensione le procuró un istante di incertezza. Pensò che André fosse sempre bravo a dirle cosa non fare… perché non provava invece a dirle cosa fare una volta tanto?? Gli parlò brusca: "Che cosa dovrei fare secondo te? Minacciare con la spada tutti quelli che sparlano di loro? Tutti coloro che li guardano con tanto disprezzo?". André sorrise e per un attimo fugace a Oscar parve che nel suo sorriso il cuore le facesse meno male. Espirò rumorosamente. André rise piano: "Potrebbe essere un'idea!" la schernì con dolcezza, "Provaci Oscar!". Oscar lo fissò interdetta, poi non poté che sorridere a sua volta. Scosse la testa e si ritirò senza aggiungere altro.

 

Sceso con un balzo agile dalla cassetta, André si era affrettato a raggiungere lo sportello della carrozza e lo aveva aperto cerimoniosamente, accompagnando il gesto con un profondo inchino. Oscar aveva sorriso vedendolo inchinarsi e quando lui aveva alzato la testa, offrendole uno sguardo furbo e ammiccante, lei aveva scosso impercettibilmente il capo, simulando un falso disappunto con un'espressione vagamente divertita. André le aveva porto la mano aiutandola a scendere, altera e bellissima nella sua alta uniforme, e lei si era diretta verso il maestoso ingresso. Prima di condurre carrozza e cavalli al ricovero, André si era fermato a guardarla: l'incedere elegante, il portamento fiero, le spalle dritte, il tricorno saldamente trattenuto sotto il braccio e i lunghi capelli che ondeggiavano a ogni passo. Aveva indossato altre volte la sua alta uniforme, ma solo in occasioni formali e mai mondane.

 

Fersen si era tormentato a lungo prima di decidere se recarsi a corte per il ballo. In piedi nel grande salone delle feste di Versailles, elegantemente vestito, i capelli chiari trattenuti in una coda ordinata da un nastro di seta scura, ora teneva fra le mani una coppa di champagne da cui sorbiva brevi sorsi distratti. Pensava alle tristi notizie apprese nel pomeriggio: in America i coloni si battevano per la libertà e l'indipendenza. Il conte Lindberg aveva dato la vita per sostenerli in questa causa… Fersen sospirò corrugando la fronte: morendo il conte Lindberg aveva riempito di senso la propria esistenza… e qual era il senso della sua esistenza? Elemosinare minuti a un amore che non gli era concesso di vivere? La voce alta di un valletto richiamò la sua attenzione: sua maestà la regina Maria Antonietta faceva il suo ingresso: il seno generoso avvolto in un corpetto dal delicato color pudica, le ampie gonne fruscianti, l'elaborata acconciatura e il sorriso enigmatico nel bel volto diafano, Maria Antonietta incedeva lentamente, con il suo portamento regale, avanzando piano fra le due ali di nobili assiepati e falsamente sussiegosi, intenti in realtà a scrutare lo sguardo della regina, certi che avrebbe cercato il proprio amante fra tutti loro. Fersen sentì una fitta al cuore: un dolore sordo e intenso nella consapevolezza di amare senza averne il diritto. L'avrebbe fatta ballare tutta la notte, avrebbe servito a quei nobili infidi quello che volevano su un piatto d'argento. Dal fondo della sala fu annunciato l'arrivo di un ospite tardivo. Fersen alzò lo sguardo e rimase sorpreso nel vedere Madamigella Oscar camminare sicura verso sua maestà: austera eppure bellissima nella sua alta uniforme di colonnello delle guardie reali, guardava diritto dinnanzi a sè, non distogliendo un attimo lo sguardo da quello della sua regina.

Maria Antonietta la accolse con sincero affetto; dal momento stesso in cui l'aveva vista entrare, aveva saputo che l'amica era venuta per lei. Quando furono a pochi passi l'una dall'altra, Oscar si inchinò rispettosamente. "Madamigella Oscar!" la salutò la regina "È la prima volta che venite a corte per danzare! È forse un'occasione speciale questa?". Oscar si levò, un'espressione seria sul viso sottile. "Sì, è vero." rispose "Avete indovinato: questa di oggi è un'occasione specialissima.". La sovrana sorrise con dolcezza: "E avete già deciso con chi danzare madamigella?" chiese, "Con una dama un con gentiluomo?". Oscar la fissó un istante, poi: " Io avrei un solo desiderio questa sera: danzare con voi.". Il tono serio pareva non ammettere repliche, ma Maria Antonietta seppe riconoscere nelle parole dell'amica una supplica sincera. Annuì, offrendo la mano a Oscar, che la prese con fermezza. I musicisti iniziarono a suonare e il ballo ebbe inizio.

Fersen rimase in disparte, osservando l'infinita grazia con cui le due donne si muovevano, consapevole che la disinvolta sicurezza di Oscar aveva strappato l'attenzione malevola di tutti i presenti dalla sua persona. Si sentì meschino per non essere riuscito a controllare i propri sentimenti e soprattutto si sentì solo. Lasciando vagare lo sguardo attraverso la grande sala, scorse André a pochi passi dall'ingresso. La presenza di un amico gli donò conforto; lasciò sul vassoio di un cameriere che passava la propria coppa di champagne ormai vuota per prenderne altre due e si incamminò a sua volta verso l'ingresso: non voleva più bere da solo.

 

Il tenente Girodelle era arrivato per tempo: non voleva perdersi nulla di quanto sarebbe accaduto al ballo! Ovunque non si faceva che parlare della relazione fra il conte svedese e sua maestà la regina e lui voleva assistere personalmente a quanto di sconveniente sarebbe potuto succedere: sguardi di intesa, parole mormorate… sarebbe stato un attento osservatore. Aveva scelto con cura la mise per la sera e aveva provato un certo fastidio nel notare come invece il conte di Fersen fosse dotato di una prestanza tale e di una naturale eleganza da rendere quasi ininfluente la ricercatezza del suo abbigliamento.

Impegnato in una conversazione piacevole con due amabili gentildonne, Girodelle aveva atteso dunque l'arrivo di sua maestà la regina ed era rimasto sorpreso, quando questa aveva finalmente fatto il proprio ingresso, di veder arrivare quasi contestualmente Madamigella Oscar in alta uniforme. Non l'aveva mai vista venire a corte per ballare. Osservandola notò che nonostante la formalità dell'abbigliamento Oscar era rimasta fedele alla propria austerità, non facendo alcuna concessione alla vanità: i capelli sempre negligentemente liberi e privi di acconciatura e soprattutto nessuna traccia di cipria, né sul volto né sulla capigliatura. Girodelle provò un certo disappunto: ballando Oscar avrebbe ostentato un colorito sconveniente! L'aveva già notato durante le battute di caccia con sua maestà il re: non si era mai data pena di nascondere il fatto che fosse accaldata!

Quando vide Madamigella Oscar invitare la regina a ballare Girodelle capì che non era affatto venuta per danzare, ma solo per tener fede al suo impegno di servire sempre fedelmente la corona. Espirò stringendo le labbra; era deluso: non ci sarebbe stato nessuno scandalo con cui distrarsi per quella sera… Abbandonò le sue interlocutrici e si guardò intorno spazientito. Notò l'attendente di Madamigella Oscar vicino all'ingresso della sala; doveva essere appena arrivato. Lo raggiunse: voleva esprimergli il suo disappunto per l'insensatezza di Madamigella Oscar nel rifiutarsi di usare un minimo di belletto, ma appena iniziò a parlargli questi si scostò di un passo e gli parve infastidito… era talmente noioso con quella sua assurda fedeltà alla padrona! Non la lasciava un momento… ora si era persino intrufolato a un ballo ufficiale! Chissà cosa credeva? Pensava non ci fossero abbastanza servitori a corte per la serata? Si sentì disturbato dalla sua presenza: l'intesa che lui e Oscar sembravano sempre ostentare lo faceva sentire escluso… e non di meno trovava tale intesa decisamente inappropriata. Alzò gli occhi: il conte di Fersen incedeva verso di loro con due calici in mano! Piacevolmente sorpreso sorrise superbo: dopotutto la sua mise impeccabile non sarebbe andata sprecata! La serata sembrava prendere una piega tutta nuova e piuttosto interessante ora: avrebbe avuto notizie di prima mano!

 

Quando aveva raggiunto il salone delle feste, trattenendosi in disparte come sempre, André aveva trovato Oscar già intenta a ballare con sua maestà la regina. Maria Antonietta volteggiava fra le sue braccia con grazia e leggerezza; l'elaborata acconciatura, la scollatura generosa, il turbine di colori pallidi e trine del suo sontuoso abito la facevano sembrare una creatura eterea. Oscar conduceva la danza con sicurezza, senza distogliere mai lo sguardo da quello di sua maestà.

Girodelle gli si avvicinò; André si scostò di un passo, ma il conte, le mani intrecciate dietro la schiena, non rinunciò ai commenti che lo avevano tenuto sulle spine fino a quel momento: "Madamigella Oscar dovrebbe usare la cipria!". André dilatò le narici e irrigidì la mascella, infastidito. Non rispose e Girodelle proseguì, ma lui non l'ascoltò: "L'ho notato anche alle battute di caccia con sua maestà il re: Madamigella Oscar non fa uso di cipria mai! Guardatela!" disse indicandola con il mento "Le basta accaldarsi un attimo perché le compaia un colorito sconveniente!". André rimase in silenzio, volgendo lo sguardo altrove; scorse il conte di Fersen, fra i nobili che lo guardavano curiosi e mormoravano. Gli sembrò immensamente solo ed ebbe sinceramente pena per lui: lo sguardo malinconico, l'espressione di rassegnata accettazione… persino la figura elegante sembrava provata dal dolore e dall'inquietudine. Lo vide restituire il proprio calice a un cameriere per prenderne due pieni dal vassoio che questi gli porgeva. Il conte Girodelle continuava a parlare: ancora commenti spiacevoli su Oscar e il suo colorito vivace… André fece un passo indietro verso la porta, ma fu fermato dalla voce del conte di Fersen: "Buona sera André, anche voi qui!". André gli sorrise con gentilezza, accennando un inchino col capo. Girodelle si mosse per raggiungerli, con il braccio alzato e la mano tesa nell'intento di accogliere la coppa di champagne che Fersen stava per porgere, ma questi stava già offrendo quella stessa coppa ad André: "Vi prego amico mio, bevete insieme a me…" gli stava dicendo. André accettò con garbo; fissò negli occhi il conte,  riconoscendo nelle iridi chiare un tormento che gli trasmise tutta la tristezza che incombeva sul suo animo. Entrambi accennarono un gesto di rispetto e buon augurio sollevando appena i bicchieri in direzione l'uno dell'altro e bevvero in silenzio, sotto lo sguardo indispettito del tenente Girodelle.

"Stavo per andarmene." disse piano Fersen. André gli rivolse uno sguardo di comprensione; "Venite," gli disse "vi accompagno alla vostra carrozza.". Si allontanarono lentamente, seguiti dallo sguardo tagliente di Girodelle e di tanti altri nobili, incuranti del dolore altrui e solo interessati ad accaparrarsi qualche dettaglio in più per fomentare le chiacchiere di corte.

 

L'aria della notte era pungente. André camminava accanto a Fersen. Una nebbia sottile pioveva su di loro e quando raggiunsero la carrozza del conte i cavalli sembravano surreali, attorniati dal vapore del loro respiro e con il manto reso innaturalmente lucido dall'umidità. Un servitore aprì lo sportello della carrozza, Fersen vi si appoggiò e congedò l'uomo raccomandandogli di trovare il suo cocchiere. "Ho intenzione di andarmene, sapete?" disse. André affondò le mani nelle tasche, intirizzito. "Dove pensate di andare?" gli chiese. Fersen sembrava cercare le parole. "Credo ci sia soltanto una cosa ormai che mi resta da fare: qualcuno dirà che sono un codardo ma non mi importa… Io devo andare lontano… Anche se mi dispiace devo andare molto, molto lontano… Vi prego André, assicuratevi che Madamigella Oscar si prenda cura della regina per me.". André gli rivolse uno sguardo di infinita comprensione: "Amare non è una colpa, conte…" gli disse piano. Fersen si lasciò andare ad un sorriso mesto. "Grazie," rispose; sembrò cercare di trattenere l'emozione, poi continuò: "Se non fosse stato per Madamigella Oscar io avrei danzato con la regina Maria Antonietta tutta la sera e questo sarebbe stato pericoloso…  Avrei desiderato farlo, ma se l'avessi avuta tra le mie braccia questa sera, non sarei stato capace di nascondere i sentimenti che nutro per lei e le voci che circolano sarebbero diventate ancora più maligne… E allora sarebbe stato impossibile soffocare lo scandalo.". André corrugò le sopracciglia abbassando lo sguardo: possibile che dovesse essere tanto doloroso amare? Fersen era tormentato; si mise seduto sul predellino che sporgeva dallo sportello aperto. Le spalle curve, si prese la testa fra le mani:

"So che non sarei dovuto venire a corte questa sera…"  disse "Eppure l'ho fatto… Mi rendo conto che questa situazione è imbarazzante per lei…". André fece qualche passo per avvicinarglisi; "Voi l'amate, conte." gli disse "L'amate veramente…". Fersen lo guardò. "Già…" rispose "... e proprio perché io le voglio bene veramente, avrei dovuto fare qualunque cosa per evitare di giungere a questi estremi… Non avrei mai dovuto far trasparire i miei sentimenti…". Fu André questa volta a sorridere mesto: esisteva un modo per non far trasparire i propri sentimenti? Per nasconderli, per soffocarli? Ed era veramente giusto un mondo che arrivava ad imporre questo? Fersen continuò: "Con il mio comportamento l'ho esposta allo scandalo, l'ho  fatta soffrire enormemente...".

André gli appoggiò una mano su una spalla: "Avrebbe sofferto di più senza avervi accanto…". Un rumore di passi annunciò l'arrivo del cocchiere. André si fece indietro di un passo e Fersen si alzò: "Addio amico mio. Portate il mio affetto sincero a Madamigella Oscar.". André lo guardò; "Dove volete andare?" gli chiese. Fersen tacque un istante, poi: "In America i coloni combattono per la libertà. Mi arruolo." rispose serio salendo in carrozza. Nel buio André poteva appena indovinare la sua figura sul sedile. "Abbiate cura di voi, conte." gli disse, chiudendo lo sportello.

André si allontanò dalla carrozza e diede ordine al cocchiere di partire. Rimase immobile guardando la vettura allontanarsi finché non scomparve nella bruma. "In America…" pensò "Certo che è lontana…". Pensava al conte di Fersen; avrebbe forse potuto sentirsi sollevato per la sua partenza, invece un'amarezza triste e pesante gli riempiva il petto: un uomo gentile… un uomo per bene era costretto ad andare in guerra per un amore che non gli era dato di vivere nella sua pienezza.

 

La mitezza dell'autunno aveva lasciato il posto a un inverno particolarmente rigido e l'arrivo di temperature più tiepide era stato accolto con un certo sollievo da tutti. L'aria profumata della primavera inoltrata era piacevole e dalle ampie vetrate i colori del crepuscolo rendevano l'atmosfera morbida e accogliente.

Oscar aspettava che Rosalie scrivesse con cura tutte le sue note su Carlo Magno e in silenzio osservava André ostentando una falsa indifferenza; assorto nella lettura, André non sembrava interessato alla loro lezione di storia. In genere gli piaceva intervenire e partecipava con trasporto aiutando Rosalie e riempiendo di colore le spiegazioni di Oscar con aneddoti e curiosità che riuscivano a mantenere alti sia l'umore che l'attenzione. Da qualche tempo invece, anche se si univa sempre a loro, rimaneva in disparte, evidentemente molto interessato dai volumi che sembrava talvolta leggere e altre semplicemente consultare. Oscar non riuscì a trattenere la curiosità: "André! Cosa leggi?". André sollevò gli occhi dalle pagine e richiuse il libro sul proprio dito per non perdere il segno, mostrandole la pesante copertina di cuoio su cui si stagliavano le lettere incise in oro: "La Araucana," le disse "di Alonso de Ercilla… racconta della guerra dei conquistatori spagnoli contro i selvaggi del versante pacifico, nel Nuovo Mondo…". Oscar tacque: nei giorni precedenti aveva visto André prendere dalla biblioteca del generale volumi che riguardavano le Americhe e i viaggi delle navi francesi nelle Indie Orientali. Perché improvvisamente gli interessava tanto il mondo?

Fersen se n'era andato. Le aveva lasciato un breve biglietto in cui le annunciava di essersi arruolato per combattere a fianco dei coloni americani per l'indipendenza dagli inglesi e le chiedeva di vegliare sulla regina Maria Antonietta, ma la verità era che ormai erano poche per lei le opportunità di stare accanto alla sua regina: poco dopo la partenza di Fersen, infatti, anche lei se n'era andata, ritirandosi a una vita quasi frugale per una sovrana. Oscar sapeva che il Trianon non era lontano, ma la distanza fra il piccolo palazzo e la vita della reggia e del regno intero le pareva spesso incolmabile. Le pareva spesso incolmabile anche la distanza fra lei stessa e la regina. Non metteva in discussione la propria devozione o il proprio affetto, era piuttosto la confidenza che sentiva da tempo affievolirsi quando pensava a sua maestà: ormai percepiva la sua figura come quella di una persona cara che fosse partita per un paese lontano: una figura cui pensare con dolcezza, ma nella consapevolezza della distanza…

Quando aveva saputo della partenza di Fersen, Oscar aveva provato un grande dolore. Aveva pianto in solitudine e in silenzio. Aveva persino pregato: "Non morite Fersen… non morite…" aveva ripetuto nel buio, nelle lunghe notti di insonnia. In guerra… era tanta la sofferenza per non poter vivere un amore da spingere addirittura un uomo ad andare in guerra? Si era sentita sola nella consapevolezza che Fersen non fosse partito per lei e che non per lei sarebbe un giorno ritornato. Oscar alzò gli occhi: Rosalie aveva finito di trascrivere la lezione; le sorrise e la chiamò vicino a sè per controllare che nel suo compito non ci fossero errori. Le indicò con pazienza alcune imprecisioni e le spiegò alcuni eventi che sembrava non aver capito. Quando finì, rimandandola al posto con qualche parola di incoraggiamento, si accorse che André la stava guardando. Incrociò brevemente il suo sguardo prima di abbassare il proprio, ancora incuriosita dalle sue letture: era sicura di non sbagliare ricordando che André aveva iniziato a interessarsi a libri di paesi lontani da quando Fersen era partito. Perché improvvisamente il mondo sembrava interessargli tanto? Che volesse andarsene anche lui? Oscar ricordò il suo braccio teso verso di lei per porgerle il mantello sotto la pioggia e la sensazione di non essere finalmente più sola, mentre lui le sorrideva rassicurante. Ricordò la propria mano stretta nella sua mentre la trascinava in cucina la stessa sera e il sollievo di chiacchierare con lui senza dover più essere altri che se stessa, ogni volta che rientravano da Versailles, lasciando gli impegni ufficiali alle spalle. Per un istante provò una sorta di smarrimento: e se anche André volesse andarsene? Oscar si rese conto di non aver mai valutato l'ipotesi che a lui potesse interessare una vita diversa da quella che conduceva. A dire il vero non aveva mai nemmeno valutato se lei stessa era veramente soddisfatta della vita che conduceva: si era sempre semplicemente limitata a fare il proprio dovere. … bravo soldatino agli ordini di papà generale… Era stanca. Tornò a guardare i libri sul tavolino accanto ad André; forse anche a lei sarebbe piaciuto andarsene, almeno per un po'.

Osservò Rosalie: gli eventi degli ultimi mesi l'avevano profondamente segnata. La consapevolezza di essere la figlia della donna che più odiava al mondo e l'aver perso la sorella prima ancora che le fosse dato di imparare a conoscerla e magari anche a volerle bene, l'avevano indotta a chiudersi in se stessa. Sempre gentile e diligente, non era mai venuta meno ai propri doveri, impegnandosi con costanza nello studio, nelle esercitazioni alla spada e con le armi da fuoco e nelle molte faccende domestiche in cui con paziente obbedienza seguiva la severa governante, tuttavia c'era ora nel suo sguardo un velo di amara tristezza che sembrava rendere opaco l'azzurro delle sue iridi. L'espressione del suo viso aveva perso la meraviglia infantile che aveva fino ad allora accompagnato la sua vita a palazzo Jarjayes. Nel tempo che trascorreva con Oscar e André, aveva smesso di partecipare alle loro conversazioni, cui invece in passato era sempre intervenuta con allegro trasporto; restava piuttosto chiusa in lunghi silenzi che rendevano il suo dolore tangibile per chi le stava vicino. Oscar la accarezzò con lo sguardo. Sentiva per la sua piccola protetta un affetto profondo, che le faceva desiderare di poterla sempre tenere al riparo dal mondo. Un'ombra scurì il suo sguardo, riconoscendo la propria impotenza nel proteggere la giovane dai dolori che l'avevano colpita. Pensò che forse le avrebbe fatto bene allontanarsi per qualche tempo: le sarebbe piaciuto portare Rosalie in Normandia, dove lei era stata felice tante volte da ragazzina; lanciò uno sguardo furtivo ad André… forse se fossero partiti tutti per un po', lui avrebbe smesso di interessarsi al resto del mondo… Rimuginò per qualche istante: in tanti anni di servizio non aveva mai chiesto licenze, accontentandosi dei brevi congedi che le venivano saltuariamente concessi. E se avesse chiesto una licenza ora? Strinse le labbra, pensierosa; l'idea le parve allettante.

 

André, immerso nella lettura, di tanto in tanto alzava gli occhi per osservare Oscar; vederla occuparsi di Rosalie suscitava in lui sempre una profonda tenerezza: con lei Oscar era premurosa, la trattava con una dolcezza che a pochi concedeva e si lasciava andare ad atteggiamenti quasi materni. André amava prendere parte alle lezioni che lei impartiva quasi ogni giorno alla giovane; in quei momenti restava in disparte e si sedeva in compagnia di un buon libro, ma in realtà leggeva poco, perché preferiva seguire la lezione, intervenendo volentieri talvolta per raccontare aneddoti interessanti, altre volte per offrire un pretesto di cui sorridere, per poi mantenere più alta la concentrazione nello studio.

Erano questi, per lui, momenti preziosi in cui ritrovava una dimensione intima da condividere con Oscar. Nella tranquillità di questi attimi, infatti, Oscar sembrava spogliarsi della sua rigida corazza, per tornare a essere la "sua" Oscar, come quando rientravano da Versailles e nel tragitto verso palazzo Jarjayes ridevano scambiandosi battute stupide.

Quando il conte di Fersen era partito, André aveva pensato che Oscar avrebbe attraversato un periodo di grande tristezza, invece dopo le prime settimane di silenzi e malinconia, aveva notato piuttosto in lei una sorta di insofferenza, come un fastidio per la vita di corte e le mansioni quotidiane. L'aveva vista particolarmente contrariata, pur senza mai esprimere giudizi, dopo che sua maestà la regina aveva deciso di ritirarsi nel piccolo palazzo Trianon.

André, da parte sua, avrebbe potuto sentirsi sollevato dalla partenza del conte, invece il dolore che aveva sentito in lui quando si erano congedati l'aveva profondamente segnato e aveva finito col chiedersi mille volte fin dove un amore contrastato poteva arrivare a spingere un uomo. Era rimasto anche in qualche modo ammirato dal coraggio di Fersen, perché già guardandolo andarsene in carrozza da Versailles, si era reso conto che invece lui mai avrebbe potuto sopportare di allontanarsi da Oscar: Oscar faceva parte di lui. Profondamente. Alle volte dolorosamente, ma con un amore tale da rendergli insopportabile anche solo l'idea di allontanarsi da lei. Si era sentito tuttavia incuriosito al pensiero di terre tanto lontane come quella che il conte aveva scelto di raggiungere, così si era trovato a leggere con interesse prima testi che raccontavano del Nord America, poi altri che narravano di paesi esotici e misteriosi. La biblioteca del generale era ricca quanto la cantina di palazzo Jarjayes e per André era una fonte inesauribile di letture: l'enorme collezione di libri veniva continuamente impreziosita da nuovi volumi, che tuttavia rimanevano sovente assolutamente inutilizzati, poiché il generale si limitava generalmente a consultare documenti ufficiali, dispacci militari e carte topografiche.

André abbandonò la lettura per alzare lo sguardo su Oscar e rimase sorpreso, accorgendosi che lei lo stava guardando. Rimasero qualche istante con gli occhi impigliati, prima che lei abbassasse i propri, disegnando un'ombra sulle guance con le folte ciglia.

 

Oscar era stanca. Aveva passato la mattina a respingere nobili contrariati per l'assenza della regina Maria Antonietta a corte e a discutere con chi, deluso per non essere stato ricevuto in udienza, presentava le proprie rimostranze. Molti nobili erano arrivati a Versailles dopo lunghi viaggi e ora non si facevano remore a lamentarsi per le aspettative disattese, proclamando le proprie ragioni con parole pesanti o alzando la voce.

Quando aveva raggiunto il proprio reggimento Oscar si sentiva già innervosita e la presentazione ufficiale delle nuove reclute era riuscita a esasperarla definitivamente: ragazzetti brufolosi incapaci di marciare con ordine e di tenere le spalle ben dritte stando sull'attenti. Guardandoli, Oscar non poteva fare a meno di pensare alla dura disciplina con cui era stata educata e di ricordare che era stata probabilmente più giovane di molti di quei cadetti incapaci quando aveva assunto il comando della guardia reale. Contrariata, diede ordine affinché tutti si sistemassero a marciare come in parata e vedendo un ragazzino inciampare sui propri piedi, facendo cadere anche il compagno cui si era aggrappato e mandando fuori tempo la sua intera fila, imprecò a mezza voce per poi rimproverare tutti pesantemente. Aveva spinto il cavallo a un trotto leggero, facendo irruzione tra le file disordinate e rivolgendo alle reclute parole di disprezzo, poi si era fermata improvvisamente e ora stringeva le labbra e gli occhi, cercando di recuperare la calma espirando rumorosamente. Alzò lo sguardo e incontrò quello di André, che la osservava silenzioso presso il colonnato, accanto a Girodelle. "Piccoli idioti!" mormorò infine, poi alzò la voce: "Lavatevi almeno! Puzzate come capre!" e spronò César, allontanandosi in fretta. Era arrabbiata. Dover continuamente assorbire i malumori per le mancanze di sua maestà le procurava una grande frustrazione. Decise di meritare una pausa. Voleva partire. Avrebbe chiesto una licenza. Immediatamente. Accorció le redini, dirigendo il cavallo verso André e Girodelle.

 

André osservava Oscar: sapeva che la presentazione delle reclute, dopo l'estenuante mattinata passata a respingere nobili delusi, l'avrebbe definitivamente esacerbata. Provò una sorta di tenerezza vedendola arrabbiarsi; appena possibile le avrebbe proposto di andarsene via prima e di fare un giro a Parigi anziché rientrare subito a palazzo Jarjayes: avrebbero potuto bere qualcosa insieme e buttarsi alle spalle i malumori della giornata.

Un ragazzetto inciampò causando scompiglio fra i cadetti e Oscar, sul suo cavallo, li raggiunse al trotto, apostrofandoli tutti con parole dure. Girodelle si avvicinò ad André: "Cosa c'è che non va?" chiese brusco, evidentemente contrariato dal tono di Oscar.  "Il comandante sembra molto nervoso oggi." continuò "Avrebbe potuto lasciare a me l'addestramento dei nuovi soldati!". André non lo guardò nemmeno. "Oscar detesta l'immobilità." rispose tranquillo "La situazione a corte la esaspera. … ma voi non potete capirlo," mormorò "non la conoscete come la conosco io…". Girodelle si volse verso di lui, lo sguardo tagliente: "Hai detto qualcosa?" chiese a voce alta. André sostenne il suo sguardo. "No, niente", rispose. Girodelle si mostrò immediatamente molto disturbato. "Attento a quello che dici!" esclamò perentorio; "Ricorda qual è il tuo posto quando dai fiato alla bocca!". André lo osservò: il mento sporto in avanti, l'espressione accigliata… sembrava quasi volerlo minacciare. Serrò la mascella e scosse impercettibilmente la testa traendo un profondo respiro, prima di rivolgere lo sguardo altrove e spostarsi di qualche passo.

Oscar si era allontanata dai cadetti e ora stava impartendo loro ordini brevi e concisi. Nervosa, si muoveva incitando César a voce alta; il cavallo sembrava agitato. Girodelle la guardava infastidito: quella stessa mattina l'aveva pregata personalmente di essere cordiale con le nuove reclute. Quei cadetti venivano da famiglie prestigiose e molti  dei  loro facoltosi padri si erano rivolti proprio a lui per raccomandare i propri rampolli, nel tentativo di assicurare loro un occhio di riguardo e avviarli a una carriera che avrebbe potuto procurare loro buone posizioni. Girodelle era stato corteggiato dalle famiglie ansiose di conquistare il suo consenso e aveva ricevuto doni preziosi e lussuosi, che aveva accettato assicurando trattamenti di favore e raccomandazioni presso il severo colonnello Jarjayes. … e ora lei stava rovinando tutto con la sua solita intransigenza… Girodelle strinse le labbra e gettò uno sguardo sprezzante  verso André, che si era allontanato di qualche passo. Lo squadrò di sottecchi: aveva antipatia per quel dannato villano ripulito! "Non la conoscete come la conosco io." … come si era potuto permettere anche solo di pensarlo! Girodelle conosceva benissimo il suo comandante! Erano anni che dimostrava a Madamigella Oscar le proprie capacità! Non era sufficiente questo per poter essere certo di conoscerla più di chiunque altro? Gli tornarono alla mente i troppi tramonti in cui aveva indugiato, solo e in silenzio, guardando Oscar allontanarsi da Versailles col suo attendente… sempre fianco a fianco… spesso ridendo o chiacchierando fitto fitto, ostentando un'intimità che l'aveva sempre urtato, solleticando morbosamente la sua curiosità. … chissà cosa era potuto passare per la mente del conte de Jarjayes quando aveva deciso di affiancare alla figlia un servo che non sapeva comportarsi da servo?! Si rendeva conto il generale del pericolo che correva Oscar ogni giorno? Quei due… sempre quei due… Inseparabili come Castore e Polluce… l'uno l'ombra dell'altra… Cosa facevano quando se ne andavano? Stavano sempre insieme anche a palazzo Jarjayes? E come passavano il tempo insieme a palazzo Jarjayes? … come l'avevano passato fino ad ora? … in maniera niente affatto casta, avrebbe scommesso… Pensieri pruriginosi gli affollarono la mente. Madamigella Oscar non era mondana; frequentava pochissimo se non per dovere balli ed eventi. Come passava le sue serate quando se ne andava con quel suo attendente? Stizzito, Girodelle raggiunse André a grandi passi; "Te la scopi?" gli chiese a bruciapelo, la fronte aggrottata e il respiro alterato, per contenere una collera malcelata. André inarcò le sopracciglia, quindi abbozzò un inchino con un fare vagamente teatrale. "Un servo come me ha sempre da imparare dalla vostra eleganza, conte…" disse con tono falsamente sommesso, condito da una buona dose di sarcasmo. Girodelle alzò un braccio stringendo i pugni, sul volto un'espressione offesa di rabbia e disprezzo, ma cambiò repentinamente atteggiamento, improvvisando un sorriso tirato: Oscar si stava avvicinando. André si girò verso di lei. "André," lo chiamò a voce alta "vieni! Voglio chiedere una licenza! Partiamo! Andiamo nella villa di famiglia in Normandia e voglio che tu venga con me.".

Oscar aveva già lasciato le redini di César a uno scudiero e si era subito incamminata attraverso il colonnato, verso l'ingresso.

André sapeva che non avrebbe dovuto, ma la tentazione fu troppo forte: prima di raggiungerla si soffermò solo un istante, volgendosi verso un costernato Girodelle e offrendogli uno sguardo ammiccante e un sorriso soddisfatto. Mentre correva per raggiungere Oscar, non potè fare a meno di ridere fra sè e sè. "Davvero partiamo?" le chiese allegro quando le fu al fianco. "Sì André. Sono stanca. Voglio partire. Porteremo anche Rosalie con noi… le farà bene." gli rispose Oscar in tono grave, il viso fermo in un'espressione severa. André rimase in silenzio e le camminò a fianco, guardando dinnanzi a sè; incedendo, Oscar si volse appena per lanciargli uno sguardo rapido: fu intimamente felice di trovarlo improvvisamente straordinariamente di buon umore. Pensò che forse anche a lui facesse piacere come a lei andarsene per un po' e sperò che smettesse di interessarsi al resto del mondo.

 

Note al capitolo 2

Come sapete già, la storia e i capitoli portano titoli di canzoni: 

- Per l'intera storia:
  
These are the days of our lives
 
Da "Innuendo" - Queen - 1991

- Per il secondo capitolo:
  
Io me ne andrei
  
Claudio Baglioni - da "Gira che ti rigira amore bello" - 1973

Molti dei dialoghi sono ripresi dall'episodio 20 della serie animata "Lady Oscar" ("Un amore impossibile") e riportati fedelmente secondo la traduzione del doppiaggio italiano.

- Il "delicato color pudica" dell'abito della Regina Maria Antonietta al ballo è un omaggio alla sfortunata sposa di "Fiori d'acciaio" (1989).

Per quanto riguarda le letture di André:
  
"La Araucana"
  
Alonso de Ercilla - 1569

 
   
 
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