Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
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Autore: EleWar    30/04/2023    6 recensioni
“Non dovevi andare in quel club per imparare a sparare, non ti permetterò di uccidere nessuno!” sentenziò l’uomo, cercando di ergersi sull’esile figura della socia.
E' difficile non ricorrere alle pistole quando si è degli sweeper professionisti, ma Ryo non vuole che Kaori diventi un'assassina... eppure... sarà solo questo che metterà in subbuglio i nostri amati City Hunter?
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Nuovo personaggio, Ryo Saeba, Saeko Nogami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Surprise!! Ecco il penultimo capitolo. Rileggendolo mi è sembrato, a tratti, un po’ sdolcinato, spero che mi perdonerete eh eh eh eh eh ^_^ del resto dopo tanta ‘angoscia’ e serietà, un po’ di ruvida dolcezza ci sta sempre bene  :D
A presto e GRAZIE ancora per esserci!
Eleonora

 
 
 
 
Cap. 14 - Ho fatto quello che dovevo
 
Kaori si svegliò diverse ore più tardi, sentendosi osservata; nella penombra della stanza trovò Ryo sulla porta della camera, sembrava indeciso se entrare o meno.
La ragazza si stropicciò gli occhi e poi, con la voce impastata dal sonno, gli chiese:
 
“Che ore sono?”
 
Ma lui non rispose subito, piuttosto si decise ad avanzare, mentre Kaori si tirava su a sedere sul letto ed accendeva la piccola lampada sul comodino.
Ryo indossava una maschera imperscrutabile ma, non appena fu ad un passo da lei, piano piano il viso cambiò espressione: appariva esausto e Kaori temette il peggio.
Non aveva il coraggio di chiedere.
Gli fece segno di sedersi, lì sul bordo del letto, accanto a lei.
Kaori percepiva tutta la sua tristezza, la sua stanchezza, che andava al di là di quella provata dopo una notte nei bassifondi della città.
In silenzio aprì le braccia, invitandolo a rifugiarsi nel suo abbraccio; lui esitò solo un attimo, poi cedette e l’abbracciò, lasciandosi circondare dal suo corpo amorevole.
Rimasero così per un tempo che parve eterno: una incapace di fare domande, ma in attesa; l’altro incapace di parlare, ma grato dell’amore e della comprensione della ragazza.
 
Infine Ryo si staccò lentamente da lei e le disse:
 
“Ho fatto quello che dovevo, ma… non ho ucciso nessuno, anche se… qualcuno è morto”.
 
Le parole di Ryo le parvero criptiche, molto più di altre volte, e Kaori si limitò a fissarlo in silenzio, senza giudicarlo, come faceva sempre, da una vita ormai.
 
“Kaori, l’ho fatto per te…” aggiunse.
 
“Lo so, Ryo, e immagino che dovrei essertene grata ma… hai detto che qualcuno è morto… e che tu non hai ucciso nessuno, allora… spiegami…”
 
Ryo si accomodò meglio e si decise a parlare:
 
“Ero partito convinto di vendicarti, di farmi sentire e vedere, che quella massa strisciante di vermi sapessero che non devono nemmeno pensare di farti del male!” disse con orgoglio e un accenno di rabbia.
 
Poi dopo un breve pausa, riprese, spiegando:
 
“Quando passai da Falcon a chiedergli man forte, lì mi raggiunse una telefonata di Saeko, che mi informava che sia Kurai che Shiro, si erano dichiarati pronti a testimoniare al processo contro il proprio padre, e che avevano chiesto di essere messi sotto scorta, per paura di ritorsioni da parte della famiglia. Per la polizia quella era stata una doppia fortuna, e subito avevano disposto di metterli all’interno del Programma Protezione Testimoni, così i due fratelli avrebbero cambiato nome, città e sarebbe stato come se fossero morti. Ad entrambi non dispiaceva, perché erano stanchi di far parte di quella famiglia malavitosa, ed erano sicuri che non sarebbero mai riusciti ad uscirne senza tragiche conseguenze. Invece, così, gli si presentava un’occasione insperata. Il padre avrebbe scontato i suoi debiti con la giustizia e, nel migliore dei casi, non sarebbe morto per mano di un altro criminale, e loro due avrebbero finalmente intrapreso una vita nuova, diversa. Certo, così facendo, mi toglievano la possibilità di rifarmi su di loro, su tutti loro, ma almeno avrei potuto spargere la voce che ero stato io a giustiziarli. A quel punto nessuno avrebbe pensato di andare a ricercarli e il mio onore sarebbe stato salvo. Lo so, non è molto edificante tutto ciò, ma… io DOVEVO fare qualcosa di grosso, e non VOLEVO uccidere nessuno… per te. L’ho fatto per te” finì di dire in un soffio.
 
“Oh Ryo, ma è…. è magnifico!” esclamò la ragazza tornando ad abbracciarlo stretto, commossa.
 
In quell’assurda situazione, ciò che era successo era veramente l’ideale per tutti!
Nessuno spargimento di sangue, Kurai e Shiro, che per certi versi non avevano colpe, erano stati risparmiati e redenti; Kama sarebbe finito in prigione, e Ryo non era stato costretto ad uccidere nessuno per farsi rispettare.
 
“Però non ti ho ancora detto tutto…” le mormorò fra i capelli.
Si scostarono un poco per potersi guardare: “Se i fratelli Minamoto-Kamakura e il loro degno padre sono stati sistemati, mancavano ancora all’appello quegli scagnozzi che… che volevano approfittarsi di te”.
 
E subito Kaori ripensò a quei brutti ceffi che l’avevano strattonata, strappandole la camicia, e da cui s’era difesa con un bel calcio fra le gambe, che non era stato comunque sufficiente perché poi… cosa era successo veramente?
Ah, sì: Shiro l’aveva drogata.
 
“Che-che ne hai fatto?” balbettò la ragazza.
 
“Diciamo che per i prossimi anni sarà già tanto se riusciranno anche solo a guardare una donna” e sul viso dell’uomo comparve un ghigno malefico “Ah, e naturalmente mi sono anche occupato di quelli che ti hanno dato addosso nel magazzino, ma anche lì è stato un gioco da ragazzi. Tutti comunque si ricorderanno la lezione molto bene, e il tuo nome, inscindibilmente legato al mio, sarà temuto per sempre!” sentenziò.
 
Kaori non chiese ulteriori chiarimenti, del resto Ryo le aveva detto che non aveva ucciso nessuno, e i principali artefici delle sue sventure erano stati, in un certo senso, sistemati.
Quella pletora fetida di burattini aveva avuto la giusta lezione, soprattutto per aver anche solo pensato di approfittarsi di una donna indifesa; che poi la donna in questione non fosse totalmente indifesa, e per giunta la socia del grande Ryo Saeba, quello era un altro conto.
 
Kaori, convinta che le spiegazioni fossero ormai finite, lo attirò a sé e lo baciò dolcemente, facendolo sospirare e sciogliere, poi però Ryo si riscosse e, quasi come a ricordarsi qualcosa, le disse:
 
“Ah, dimenticavo: ho anche sistemato quel tuo amico, quel Seitaro!” e nuovamente un ghigno deformò il suo bel viso, un po’ meno malefico dell’altro, ma sempre abbastanza inquietante; aveva anche calcato su quell’amico e Kaori provò un certo senso di disagio.
 
“Cosa vuoi dire esattamente?” domandò la donna preoccupata.
 
“Oh, niente di eclatante” rispose Ryo “Diciamo che gli ho dato il giusto consiglio per smettere di essere il codardo che è, e soprattutto gli ho proibito anche solo di telefonarti per cercare di rivederti, perché sei la mia donna e deve girarti alla larga. E comunque, quando è stata ora, ti ha abbandonata a te stessa! Che razza di uomo è, uno come quello lì? Forse meritava una lezione diversa…”
 
Kaori non osò chiedere cosa gli avesse fatto, e Ryo non le disse che era piombato a casa sua a notte fonda, che lo aveva buttato giù dal letto, costretto a spogliarsi tutto nudo e a vagare per la città in quello stato, minacciato con la pistola e tenuto sotto tiro a debita distanza.
Che lo aveva fatto arrivare fino a Kubukicho, dove l’aveva costretto ad entrare in un locale per sole donne, in cui l’aveva lasciato in pasto ad una massa di casalinghe arrapate e frustrate.
Seitaro aveva implorato il suo aiuto, ma Ryo, già stanco di tutta quella faccenda e desideroso di tornare fra le braccia di Kaori, l’aveva bellamente ignorato e se ne era andato senza una parola.
 
Ed ora Ryo era finalmente lì, doveva desiderava essere da diverse ore.
Era esausto e non voleva più pensare a niente, solo dormire accanto alla sua compagna; ma, d’improvviso, ebbe timore a chiederle di poter restare lì con lei, nel suo letto.
La guardò con espressione persa e, al solito, Kaori capì: gli fece cenno di accomodarsi accanto a lei, e lui, spogliatosi, si coricò vicino alla compagna.
Il letto di Kaori era più piccolo di quello di Ryo, ma poco importava, perché subito si strinsero in un abbraccio amoroso e consolatorio, e l’uomo si addormentò cullato dalle carezze e dai piccoli baci della sua fantastica ragazza.
Era così faticoso essere Ryo Saeba, ma solo Kaori Makimura sapeva come prendersi cura di lui.
 
 
 
oOo
 
 
 
Era ormai giorno fatto quando Ryo si svegliò in un letto ormai vuoto.
Poteva ancora sentire attorno e su di sé il dolce profumo di Kaori, ed era bello esserne pervasi.
Subito dopo aver riaperto gli occhi, la prima cosa che pensò fu che era davvero un peccato risvegliarsi senza averla accanto, ma poi, voltando lo sguardo verso le tende ancora tirate, dall’intensità della luce del sole che vi filtrava capì che era veramente tardi, e che la sua socia non avrebbe mai indugiato fra le lenzuola per tutto quel tempo.
Probabilmente la sera prima era andata a letto presto, anch’essa bisognosa di riposo dopo quell’avventura stancante al limite della sopravvivenza e, come al solito, si era svegliata di prima mattina; era lui che era rientrato all’alba e aveva bisogno di recuperare le forze, lei, evidentemente, era già ritornata perfettamente in forma.
 
A quell’ora magari Kaori era già in cucina a spadellare, e quell’idea lo consolò della delusione di non averla trovata accanto a lui.
Sedendosi sul letto, però, pensò anche che, effettivamente, loro due, pur vivendo sotto lo stesso tetto, non condividevano gli stessi orari, soprattutto per quanto riguardava il dormire.
Quando, e se, Ryo usciva per locali, rincasava tardissimo, a notte fonda, e poi dormiva tutta la mattina seguente; lei invece, se non era impegnata in qualche missione con lui, di sera restava a casa e il socio immaginava che, nonostante la maratona di film sdolcinati visti in tv, poi ad una certa ora andasse a letto, e non sarebbe potuto essere altrimenti, visto che si svegliava prestissimo il giorno dopo!
A Kaori, non è che non le piacesse dormire, ma insomma preferiva essere attiva e operativa già di mattina presto, e infatti gli rimproverava sempre che lui fosse un pelandrone scansafatiche, e che il lavoro non lo sarebbe andato a cercare a casa.
Al solo pensiero si grattò la testa, ridacchiando piano.
Kaori non aveva tutti i torti, eppure almeno una volta era successo che il lavoro lo era andato a cercare a casa, letteralmente!
Era stata Shoko Amano, che si era schiantata nel loro appartamento!
Già, Shoko, doveva ancora ringraziarla e, soprattutto, ricompensarla; ne avrebbe parlato con Kaori.
 
In ogni caso, se lui, Ryo, voleva risvegliarsi con Kaori nel letto, e soprattutto trascorrere più tempo possibile con lei, doveva per forza cambiare qualche abitudine, qualche orario.
Magari avrebbe potuto portare Kaori con sé in giro, non tanto per i soliti localacci equivoci, ma per la città, cosicché tutti avrebbero capito che ora erano una coppia a tutti gli effetti, e che chi danneggiava lei, poi avrebbe dovuto vedersela con lui.
Era sicuro che ben presto gli effetti della sua vendetta, di cui ne aveva fatto le spese il clan Minamoto-Kamakura, si sarebbero fatti sentire, e tutto quel sottobosco di criminali e gentaglia, avrebbe di colpo ricordato, se mai se ne fossero dimenticati, che con Ryo Saeba e, ora, anche con Kaori Makimura, non si scherzava.
Chissà Kaori come l’avrebbe presa, di andare in perlustrazione con lui?
Sarebbe stato come esporla a nuovi pericoli, o era un rischio inevitabile da correre?
Però, così, avrebbe raggiunto il duplice scopo di farla sentire ancora più parte di City Hunter, e di dimostrare al mondo che lei era intoccabile, la sua donna.
Per il resto, non appena fosse stato sicuro di aver ristabilito e consolidato il suo potere su Shinjuku, avrebbe diradato le sue uscite, per godersi a pieno la compagnia di quella ragazza fantastica.
Sarebbe bastata la sua aura minacciosa ed incombente sui criminali, a tenerli a bada, mentre lui a casa si sarebbe finalmente dedicato all’amore della sua vita.
Glielo doveva.
 
E così ci sarebbero state tante serate perfette, semplici e tenere, da trascorrere insieme fino all’ora di coricarsi; e a quel punto avrebbero continuato ad amoreggiare, a coccolarsi, a fare sul serio, e la notte sarebbe stata lunga, lunghissima, e il risveglio sarebbe stato insieme.
Sorrise a questa allettante prospettiva.
Sì, lo doveva anche a sé stesso, un cambio di rotta di quel genere.
 
Si stirò pigramente e si passò una mano sul mento: aveva urgentemente bisogno di una doccia e di farsi la barba.
Stavolta, coscientemente, voleva farsi bello per lei; che lo vedesse rasato, pulito, in ordine, prima di scendere al piano di sotto.
Voleva inoltre passare l’intera giornata con Kaori, magari le avrebbe proposto di uscire, di fare un giro, un pic nic, qualsiasi cosa pur di stare con lei e farla felice.
Aveva bisogno di un po’ di normalità, di leggerezza; ora che si erano ritrovati anche come amanti e che le aveva aperto il suo cuore, avrebbero potuto comportarsi come due fidanzati qualsiasi, e quest’idea lo elettrizzò: due innamorati, due semplici innamorati come tanti, senza le zavorre che si erano portati dietro per anni, liberi di dimostrarsi il loro amore, liberi di passeggiare mano nella mano, e non solo di darsi il braccio come una coppia di vecchi amici.
Voleva di più.
Ricordava ancora quella meravigliosa e fatale sera, quando lei si era finta Cenerentola e lui il cavalier servente, impeccabile e rispettoso: quando avevano giocato ad essere i perfetti fidanzati.
Tutti e due, però, non avevano propriamente finto, e lui lo sapeva benissimo: era così che entrambi sognavano di comportarsi, uno con l’altro, insieme, e adesso era arrivato il momento per farlo, era arrivato il loro momento.
 
Si fece la doccia fischiettando e, mentre si lasciava irrorare dal getto bollente dell’acqua, pensò che avrebbero dovuto fare anche quella che si prospettava una piacevolissima esperienza, e cioè fare la doccia insieme, insaponarsi a vicenda, lavarsi e… tutto il resto.
Sarebbe stato inevitabile!
Anche questa sarebbe stata una bellissima novità; ragionò che ce n’erano, di cose nuove da fare insieme!
Era come se tutte le esperienze che lui avrebbe voluto condividere con lei, e di cui aveva solo sognato e vagheggiato, perché impensabili e impossibili da realizzare, ora che aveva fatto il grande salto, prepotentemente dovessero essere vissute.
Tutte!
 
Sorrise al suo riflesso inondato di schiuma da barba.
 
Sì, era felice di aver fatto un bel cambiamento, di essersi deciso.
E poi… chissà quante e quali cose aveva in programma di fare la sua testolina rossa, per lui e per loro!
Sperò solo che non fossero troppo lontane dalle sue corde, perché troppo sdolcinate o svenevoli; Kaori era così romantica, così sognatrice, che lui faticava a starle dietro.
Però forse, alla fine, poteva venirne fuori qualcosa di buono lo stesso.
Voleva lasciarsi andare anche in questo; gli piaceva quando era lei a prendere l’iniziativa, e all’atto pratico non si era comportata come un’educanda, e comunque a parte quello, moriva dalla voglia di essere l’oggetto delle sue carezze, delle sue tenerezze, voleva essere suo… voleva essere il suo ragazzo.
Voleva essere amato da lei.
 
Sentì improvvisamente la nostalgia di Kaori, e provò come una fitta in fondo allo stomaco: aveva bisogno di vederla, di parlarci, voleva stare con lei.
Si affrettò a sbarbarsi e a rivestirsi e si precipitò di sotto in cucina ma, pur chiamandola con entusiasmo, non la trovò.
 
Notò subito che sul tavolo della cucina, dove lui l’aveva lasciata, non c’era più la pistola di Hideyuki, quella che aveva ereditato Kaori e che Ryo aveva ritrovato a casa di Seitaro la sera prima, quando era andato da lui per una visita di cortesia, come la definiva ironicamente lo sweeper.
Bene, si disse, la socia l’aveva ripresa e di certo messa al sicuro.
Però, al suo posto, aveva lasciato un laconico bigliettino con la scritta:“Se mi cerchi, sai dove sono. K.” senza nessuno di quei simpaticissimi disegnini che sempre ci faceva.
Il testo quindi era forse più serio di quello che appariva, e Ryo non tardò a capirne il perché.
S’incupì.
 
C’era ancora una questione che era rimasta in sospeso fra loro e, ovviamente, anche quella andava risolta.
Sospirò frustrato, passandosi una mano sui capelli ancora umidi.
 
Si decise a scendere di sotto al poligono.
   
 
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