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Autore: Glenda    04/05/2023    2 recensioni
Firenze, primi duemila.
Artin ha trent'anni e già sa di vivere in un mondo ostile: padre in galera, madre in ospedale, lavoro intermittente e tre fratelli da mantenere, barcamenandosi ogni giorno tra assistenti sociali, bollette e microcriminalità dei quartieri popolari. Finché, il giorno in cui pensa di non farcela proprio più, un misterioso uomo che gli somiglia come un gemello gli propone un patto terrificante...
Questa è una storia d'ambientazione realistica ma dal tono magico-fiabesco, che riprende il filone tradizionale del principe e il povero e degli scambi di identità: ci sono protagonisti eroici, ottimismo, redenzioni inaspettate, gentilezza come se piovesse, e i miracoli accadono. Anche se lo sfondo è cupo. Anche se il mondo è pieno di falsità, macchinazioni, apparenze e ferocia nascosta.
Dunque astenersi i non amanti dei buoni sentimenti.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Se proprio ti interessa, non ci sono stato a letto! -

- Già, ma per una ragazza che è stata l’amante di Elia, anche… -

- Accidenti, Vittorio! Non l’ho NEMMENO BACIATA, vuoi sentirtelo dire? Se proprio metti gente a sorvegliarmi, almeno sceglili con la vista buona, così quando mi scopo una ricca manager, almeno si divertono! -

- Guarda che se era questo il problema… -

- No, maledizione! Rebecca non c’entra, e non c’entra nemmeno il fatto, che, nel tuo cazzo di mondo, si scambi il sesso coi contratti d’affari! Almeno la gente del mio, di mondo, il sesso lo vende per necessità! Non è questo il “problema”! Il problema sei TU, Vittorio! -

- Io? -

Per la prima volta da che era iniziato quel fastidioso battibecco, Vittorio sentì mancare per un attimo la sua sicurezza.

- Perché io? -

Il viso di Artin era alterato: un rossore lieve gli colorava le gote.

- Perché tu - agitò le mani a mezz’aria, camminando su e giù, per poi piazzarsi di nuovo faccia a faccia con lui - tu non riesci a capire niente, non riesci a ascoltare niente! Come puoi non trovare commovente che una donna si conceda di uscire per una notte dalla recita reiterata per ciascun giorno della sua gloriosa carriera? Come puoi non trovare triste il fatto di esserne persino infastidito? E come puoi non trovare meravigliosamente bello e doloroso che una donna sia così innamorata di Elia Avanzini al punto di continuare a chiamarlo per nome, anche se ha di fatto davanti, in modo chiaro come il sole, una persona diversa? Linda è meravigliosa, Vittorio! Meravigliosa nel suo modo assoluto di amare, e meravigliosa nel suo non pretendere nulla in cambio. E io… - la voce di Artin si incrinò e distolse il viso - io mi sento… così devastato… che avrei pagato qualunque cosa perché l’altra sera una persona, una qualunque persona, mi facesse sentire così tanto indispensabile! -

Sbatté i pungi sul muro, poi ci appoggiò la fronte in mezzo.

Vittorio rimase per un momento in silenzio.

- Ed è per questo che sei qui, no? - disse ad un tratto - Perché volevi sentirti indispensabile. Beh, lo sei stato, e per farlo hai accettato le regole del “mio” mondo, quello che disprezzi ed insulti: cerca di ricordarlo, ogni tanto. -

Artin si voltò di scatto verso di lui, e per un attimo a Vittorio sembrò che volesse assestargli uno schiaffo.

- Lo ricordo meglio di quanto tu creda, e sai cosa detesto? Che tu riesca a mettere una scelta come quella a cui sono stato costretto sullo stesso piano della decisione di chiudere un‘azienda. Così come, per la stessa ragione, metti sullo stesso piano ciò che io ho fatto con Rebecca e il gesto che ha fatto mia sorella, e tante ragazze come lei. Da un lato si parla di vita e di morte e dall’altro soltanto di… -

- Non mi hai detto tu che vita e morte non sono uguali per tutti, e che è solo una questione di valori?-

- No. Io ho detto che morire e vivere possono essere ugualmente facili o difficili, ed entrambe sono scelte che comportano energia, e forza, e partecipazione. Ma una lunga morte in vita seduti dietro ad una scrivania a fare il conto delle entrate, invece, è faticosa? Dimmelo tu, Vittorio! -

- Stai diventando offensivo. Chi ti credi di essere? Sei solo un poco di buono raccattato per strada! Se Elia non fosse capitato sul tuo cammino… -

- Se Elia non fosse capitato sul mio cammino, forse starei facendo da pappone ad una sorella puttana, o sarei morto di fame sotto un ponte o magari avrei trovato lavoro e avrei riscattato me e la mia famiglia! Neanche la vita si fa coi se e coi ma, Vittorio! E non ci si volta indietro a pentirsi del fatto e del non fatto, perché ogni secondo che perdi lo stai sottraendo a qualcosa che puoi fare adesso! - lo fissò negli occhi, erano arrossati e aggressivi, pieni di quella stessa passione che c'era nelle sue parole - Te lo chiedi mai che cosa puoi fare di importante e di bello adesso? -

Vittorio sfidò il suo sguardo, accolse la provocazione.

- E tu, cosa credi di star facendo, di così bello? -

Artin, con un gesto quasi teatrale, si batté la mano sul petto

- Io sto cercando di portarti con me! -

- Eh? -

- Io voglio portati con me! Esci da qui, Vittorio! Guardati intorno, maledizione! E mandami affanculo, qualche volta! Che c’è? Hai paura che ti si screpoli la faccia? Lascia passare un’emozione ogni tanto e smetti di guardare il mondo con quel viso di palstica come se niente toccasse la tua vita, o prima o poi sarà lei a non guardare più te, e sarà molto peggio! -

 

Un'altra voce – una voce che, pur sforzandosi, Artin non poteva realmente imitare – si sovrappose alla sua, e le pareti di quell'ufficio all'improvviso diventavano le vetrate di un lussuoso ristorante, dove, seduti nel privé, lui ed Elia si guardavano negli occhi come non era mai successo.

- Arrabbiati, maledizione! Gridami in faccia, mandami al diavolo! Perché non lo fai, Vittorio? Perché non lo fai mai!?! -

Elia si era alzato in piedi, aveva sbattuto le mani sul tavolo, ed il suo calice di vino si era rovesciato. Aveva alzato la voce così tanto che qualcuno dei pochi clienti si era volato.

Lui si era sentito a disagio: quelle non erano scene da fare in pubblico, erano persone adulte e rispettabili. Doveva avergli detto proprio questo. E poi aveva aggiunto:

- Perché vuoi che ti tratti come un bambino? -

Ma il suo viso non si era incrinato, nemmeno quella volta.

Elia allora lo aveva mollato lì, prima che arrivassero le portate, ed era andato via, senza voltarsi indietro.

Vittorio ricordava vagamente il motivo di quella discussione, avvenuta almeno dieci anni prima. Aveva scoperto che Elia aveva una ragazza di cui non parlava con nessuno, così aveva chiesto ad un suo collaboratore di indagare. Era venuto a sapere che la fantomatica fidanzata lavorava nell'impresa di pulizie che serviva la banca, che si frequentavano da qualche mese e che la relazione sembrava seria. La cosa non gli era piaciuta e lo aveva invitato fuori in pausa pranzo per parlarne.

Cercò di riportare alla mente i dettagli di quella conversazione - fino a quel giorno solo una tra le tante e oggi, all'improvviso, così importate. Cosa aveva fatto alterare il suo imperturbabile amico? Qual era stata la parola, o l'espressione, o il sottinteso che all'improvviso aveva sgretolato la maschera e alterato per pochissimi istanti quel sorriso impassibile? Poteva davvero averlo dimenticato? Poteva avergli dato così poco valore?

C'era molto sole quel giorno, doveva essere primavera avanzata o già estate perché mentre aspettava aveva chiesto al cameriere di far spegnere l'aria condizionata, che gli sembrava eccessiva, e lui lo aveva fatto subito, incurante del punto di vista degli altri clienti.

Elia era arrivato un po' in ritardo, con l'aria di uno che non vuole restare molto e lo aveva sfidato con una frase inaspettata:

- Pensavo fosse una pausa pranzo, non un banchetto - si era versato il vino - ma comunque è meglio se butti via i tuoi soldi al ristorante che nel pagare un investigatore privato per sapere i fatti miei. -

- Su, su, non prendertela. Ero solo preoccupato. E facevo bene. -

- Perché? - aveva chiesto lui con falsa ingenuità.

- Andiamo, Elia. La donna delle pulizie? Con tutte le ragazze che puoi avere… Non pensi a tua madre? -

Ecco, forse era stato quello il momento in cui la sua espressione era cambiata.

- Cosa c'entra mia madre? -

- Glielo hai detto? -

- Non è necessario che lo faccia. -

- Insomma, Elia, pensa a quello che ha passato. Pensa all'imbarazzo in cui la metti. Lei desidera per te… -

Si era nascosto spendendo il nome di sua madre, quando in realtà quello che gli premeva era l'immagine da offrire alla gente. Come aveva fatto ad essere tanto vigliacco, con tanta naturalezza?

Elia lo aveva interrotto. Lo aveva fatto a voce alta, deliberatamente, quando il cameriere si era avvicinato per servire.

- Quando mio padre era vivo non ti sei preoccupato di quello che mia madre passava. Che noi passavamo. Te ne sei preoccupato quando è morto, e ti assicuro che la sua morte invece è stata una grazia del cielo! -

Ora ricordava quella frase ma comprese per la prima volta il desiderio di Elia di ferirlo, di colpirlo, di fargli del male. Il suo desiderio di essere ferito, di essere colpito, di avere diritto a stare male.

Invece lui lo aveva guardato limitandosi a sollevare un sopracciglio, gli aveva detto “Fai piano. Ti pare il momento?” ed allora Elia si era alzato in piedi, il bicchiere si era rovesciato, e con lui il suo fiume di parole. E quel sorriso era andato in frantumi.

- Certo che è il momento! E mi fa schifo che tu possa decidere quando lo è o non lo è! Non guardarmi con quella faccia di cera, maledizione! Ti ho appena insultato: reagisci, una buona volta!-

Dopo quel giorno, non gli aveva più parlato così.

Quel sorriso, non si era rotto più.

Non aveva capito niente.

 

- Elia – scosse la testa – Elia… -

Non disse altro.

Ma Artin sapeva che non si stava rivolgendo a lui.

 

  
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