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Autore: Demy77    14/05/2023    2 recensioni
Sequel di “Finché morte non ci separi”. Una breve carrellata sulla vita di Ross, Demelza ed i loro figli quindici anni dopo la conclusione della storia precedente.
AVVERTIMENTI: per chi non avesse ancora letto “Finché morte non ci separi”, Valentine e Julia qui NON sono fratelli, in quanto Julia non è figlia di Ross. La cronologia inoltre, volutamente, non rispecchia fedelmente quella della saga di Graham.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fu un pasto allegro, uno di quelli di cui da tempo si sentiva la mancanza a Nampara. Persino Demelza riuscì a ridere di gusto e a partecipare alla conversazione, soprattutto con Valentine. Mentre il ragazzo raccontava della sua vita a Londra le tornavano alla mente le giornate trascorse nei parchi, in biblioteca, in società quando era la moglie di Hugh… una vita diversa, che sembrava aver cancellato, ma che era pur sempre parte della sua storia…e poi c’era Ross. Osservò suo marito all’altro capo del tavolo, e gli sorrise. Anche lui era sempre stato parte di lei. Era a Londra che aveva rinunciato a lui, a Londra si erano amati la prima volta, e alla fine per lui aveva deciso di lasciare tutto e tornare in Cornovaglia, perché l’amore sa sempre dove venire a cercarti.
La gioia nel riavere la famiglia riunita e riconciliata aveva contagiato soprattutto i più piccoli, Bella ed Henry, che faticavano a restare seduti e più volte dovevano essere richiamati per terminare ciò che avevano nel piatto.
Ad un certo punto incominciarono a parlare del Natale imminente e Ross ricordò improvvisamente che John Treneglos, vicino di casa e suo antico socio alla miniera, aveva invitato tutti loro per il tè alla vigilia di Natale, vale a dire il pomeriggio successivo. Ruth, la moglie di John, era stata la più cara amica di Elizabeth e per lungo tempo non aveva accettato che Ross si fosse risposato con Demelza, date le sue umili origini. Nel corso degli anni, tuttavia, aveva dovuto fare quel che si suol dire “buon viso a cattivo gioco”: Demelza era amata e rispettata da tutti, in società non aveva mai sfigurato, anzi mostrava dei tratti non consueti di eleganza e garbo; inoltre le due famiglie, i Treneglos ed i Poldark, erano legate da un’amicizia secolare che sarebbe stato scandaloso distruggere per una mera questione di principio. Suo malgrado, dunque, Ruth aveva dovuto accettare di avere a che fare con Demelza, dapprima scambiando con lei frasi di circostanza nelle rare occasioni in cui si erano incontrate. Dopo qualche tempo, però, come si confaceva alle famiglie perbene del luogo, era stato necessario scambiarsi qualche invito nelle rispettive dimore. Con grande sollievo di Ruth i Poldark erano, notoriamente, una famiglia che non faceva grossa vita mondana e che spesso  si trovava a declinare cortesemente gli inviti a cene e banchetti. In tutto, quindi, Demelza era stata a casa dei Treneglos in quegli anni non più di sei o sette volte, così come Ruth era stata a Nampara molto di rado, spesso adducendo malesseri improvvisi ed incaricando il povero marito di rappresentare la famiglia. In questa occasione in particolare Ruth, in cuor suo, sperava che Demelza fosse impossibilitata a presentarsi al rinfresco, date le sue precarie condizioni di salute.
Demelza stava appunto comunicando al marito che forse non se la sentiva ancora, per il suo stato di salute, di accompagnarlo in quella visita, e Ross diceva che allora non sarebbe andato neppure lui; già non era molto incline a fare salotto, figuriamoci senza Demelza! Disse che avrebbe trovato una scusa plausibile, magari un’indisposizione, un passeggero malessere di tutti i membri della famiglia. Bella, però, ebbe da ridire: “Io voglio andarci! Il signor Treneglos ha un bellissimo pianoforte e mi permette sempre di usarlo! Ho preparato tante canzoni natalizie e voglio farle ascoltare ad Agnes e Clara!”
Agnes e Clara erano le due figlie dei Treneglos, di 15 e 12 anni. La coppia aveva anche un maschio, Jonathan, che era pressappoco dell’età di Valentine.
“Andiamoci papà – insisteva Bella – sarà anche l’occasione per Julia per rivedere il suo pretendente!”
“Che vuol dire pretendente?” – domandò il piccolo Henry.
Senza peli sulla lingua, e senza che nessuno dei familiari facesse in tempo a zittirla, Bella proseguì, spiegando al fratellino, con un tono da maestrina: “Vuol dire che Jonathan Treneglos vorrebbe fidanzarsi con Julia, che lei gli piace, che se ne è innamorato insomma!”.
“Ma Julia non è innamorata di lui, quindi il discorso si chiude qui – troncò la discussione Demelza, che non aveva perso d’occhio un attimo Valentine, al pari di Ross e di Jeremy – se proprio insisti, Bella, ci andrai tu sola, magari con papà e Clowance. Non credo che Julia ne abbia voglia… vero, Julia?”
Julia annuì. Era troppo imbarazzata per aggiungere altro o dare spiegazioni. Era vero che Jonathan le faceva la corte, ma lei lo trovava una compagnia gradevole e nulla  di più. Negli ultimi mesi, proprio da quando Valentine era andato via, Jonathan pareva avere acquisito più coraggio ed iniziativa, come se la presenza del fratello maggiore di Julia gli avesse fino a quel momento impedito di aprirsi sinceramente con lei. Era capitato di passeggiare insieme talvolta, tra i sentieri che costeggiavano Nampara e la proprietà dei Treneglos, e ad un ballo a casa degli Enys Jonathan le aveva fatto da cavaliere in quasi tutte le danze. Era un giovane garbato, simpatico, ma forse troppo posato, e dunque troppo simile di carattere a Julia per andare d’accordo. 
Bella era una bambina molto sveglia, probabilmente si era accorta prima degli altri della natura dell’interesse di Jonathan per sua sorella. In teoria, pensò Ross, quell’invito proprio a Natale poteva essere un’occasione per John, che era molto in confidenza con Ross, per sondare il terreno in merito ad una possibile unione fra i loro rampolli. Fino a quel momento Ross e Demelza non avevano pensato ad una simile possibilità, tuttavia le parole di Bella ingenerarono quanto meno un sospetto. Ciascuno di loro però rifletté che la madre di Jonathan sarebbe stata di ostacolo: un conto era mantenere cordiali rapporti di buon vicinato, un conto consentire che il suo primogenito, erede della fortuna familiare, sposasse la figlia di un ex cameriera e di un uomo di cui non si conosceva neppure l’identità. Julia portava il cognome Poldark, era proprietaria di Trenwith, ma era pur sempre una figlia illegittima: per quanto la ricchezza facesse gola a Ruth, se Ross e sua moglie la conoscevano a sufficienza non avrebbe mai approvato quell’unione e non avrebbe mai consentito al marito John di sbilanciarsi sul punto.
Valentine, al sentire dell’interesse di Jonathan per Julia – una persona che stimava pochissimo, reputandolo un pavido ed un imbecille – aveva provato uno strano ribollire dentro, che non era altro che il tarlo della gelosia. Pensò che era stato uno stupido, si era allontanato dalla Cornovaglia per dimenticare Julia, ma non poteva certo impedire che altri nel frattempo si interessassero a lei… e sicuramente la ragazza non poteva restare zitella a vita, Ross e Demelza non lo avrebbero mai permesso. Forse non sarebbe stato Jonathan, ma con il tempo si sarebbero fatti avanti altri “pretendenti”, come li aveva definiti Bella. Fino a quando Julia avrebbe resistito? Era veramente innamorata di lui, o lo aveva già dimenticato?
Ultimato il pranzo Ross inviò un biglietto a casa Treneglos, tramite  Jud, porgendo le scuse di Demelza e comunicando che l’indomani sarebbero stati presenti lui ed i ragazzi. In realtà si erano organizzati affinché Julia restasse a fare compagnia alla madre, mentre Henry era ancora troppo piccolo per bere il tè in un salotto senza combinare disastri. Valentine era tentato di andare, per guardare in faccia quello sciocco di Jonathan e capire quali fossero le sue reali intenzioni con Julia; ma poi si disse che la voglia di spaccargli il muso era troppo forte e se avesse perduto il controllo avrebbe messo suo padre in difficoltà. Decise di restare a casa anche lui. Aveva meditato un giorno intero sull’accaduto, non era riuscito a riposare neppure bene quella notte:  si arrovellava negli stessi pensieri e malediceva se stesso. Perché non era rimasto a Londra? Lontano dagli occhi, lontano dal cuore: era bastato tornare a Nampara per veder risbocciare i sentimenti per Julia più forti che mai. Erano stati a tavola insieme per una cena e due pranzi, ma aveva avuto l’impressione che Julia evitasse il suo sguardo ed era stata più taciturna del solito. Demelza aveva cercato di mettere in chiaro che a Julia il giovane vicino di casa non interessava, ma allora che senso aveva che non si fosse recata a casa loro per quel tè, rischiando di apparire scortese senza motivo? E se Demelza e gli altri avessero agito così solo per non creare una diatriba familiare proprio nel periodo di Natale? Magari, una volta ripartito, Jonathan e Julia avrebbero ripreso a frequentarsi…Vivere in quell’incertezza era una tortura, e Julia non poteva continuare ad evitarlo per sempre. Doveva cercare di capire cosa le frullava nel cervello, pretendeva sincerità: se l’aveva dimenticato se ne sarebbe fatto una ragione.
Una volta usciti tutti per andare a casa Treneglos, approfittò del fatto che Prudie e Jud si erano chiusi in cucina a bere rum per riscaldarsi, Henry era di sopra con Demelza, e così sgattaiolò in biblioteca, dove Julia si trovava in quel momento, intenta a leggere un libro. Il ragazzo non sapeva che Demelza e sua figlia avevano lungamente discusso di quanto accaduto a tavola il giorno prima e che la madre aveva spronato Julia a fare chiarezza nei suoi sentimenti, promettendole che le sarebbe stata accanto qualunque fosse la sua decisione.
Julia immaginava di dover avere, prima o poi, un confronto con Valentine; non si stupì dunque che lui stesso fosse venuto a cercarla.
Valentine entrò e si premurò di chiudere la porta con circospezione.
“Dobbiamo parlare, Julia. Non possiamo continuare ad evitarci” – disse il ragazzo senza troppi preamboli.
“Non ti sto evitando, Val. E’ solo una tua impressione” – replicò Julia.
“Non hai capito cosa intendo dire. Evitare di parlare di noi, di quello che…”
“Che cosa vuoi sapere, coraggio? – lo interruppe Julia con una veemenza per lei inconsueta – se ti ho dimenticato, in questi mesi? Se intendo accettare la corte di Jonathan, o di qualcun altro? Ascoltami bene, te ne sei andato, hai fatto la tua scelta, io l’ho condivisa, sapendo bene che non avevamo un futuro, e adesso cosa pretendi? Non pensare che, ogni volta che ritorni a casa, puoi continuare a tormentarmi con la tua gelosia… e pretendere di decidere della mia vita, perché non è giusto!”
“Non è giusto, hai ragione – le rispose con dolcezza – ma avrò il diritto, almeno, di sapere cosa ti succede? Ti voglio troppo bene per vederti infelice… non voglio saperti accanto ad una persona che non ami, ma non voglio neppure che tu rinunci a vivere a causa mia…”
“Tra me e Jonathan non c’è nulla, e se mi facesse una proposta la rifiuterei. Mi è simpatico, ma non lo sceglierei come marito. Al momento non mi interessa nessuno, e non intendo sposarmi nell’immediato: sei soddisfatto?”
Valentine scosse la testa. “Lo dici come se fosse solo una questione di orgoglio, voler primeggiare ai tuoi occhi senza vedermi soppiantato da un altro: ti assicuro che non è così. Le mie intenzioni nei tuoi confronti sono sempre state sincere. Io ti a...”
Quelle parole furono interrotte da Julia che, con la mano, sigillò la bocca del figlio di Ross.
“SHHH! Non pronunciare parole di cui potresti pentirti! Sarà più difficile tornare indietro una volta che…”
Questa volta fu Valentine ad interrompere Julia, con lo stesso gesto.
“ ‘Una volta che’… cosa? Julia ti prego, sai bene che me ne andrò fra pochi giorni, ti chiedo solo, una volta per tutte, di essere sincera su ciò che provi per me… il che non vorrà dire che saremo liberi di sbandierarlo ai quattro venti, né che cambierò i miei progetti di vita… ripartirò, tornerò a Londra … ho sempre cercato di comprendere le tue paure e le tue remore, non ti ho forzato, ho accettato di allontanarmi da te, ma ora ho bisogno di sapere, di sapere se ha un senso quello che ho fatto e quello contro cui sto lottando…”
“Vuoi sentirti dire ciò che già sai? – replicò la fanciulla, gli occhi verdi già inumiditi dalle lacrime – perché credi che ti abbia baciato, quella volta in cui Jeremy ci scoprì? Sono innamorata di te, anche io ti amo, sciocco! Ora però lasciami in pace, sono stanca di soffrire a causa tua!”. E gli voltò le spalle asciugandosi gli occhi con la manica del vestito.
“Oh, Julia!” – fece Valentine, abbracciandola e stringendosela al petto. La ragazza si lasciò andare ai singhiozzi, liberatasi, con quella confessione, ma anche sopraffatta dall’intensità dei propri sentimenti.
In quel momento Henry spalancò la porta. Julia e Valentine si staccarono, come colpevoli di qualcosa, anche se in realtà non c’era nulla di disdicevole nel loro abbraccio. Il bambino, però, percepì il loro imbarazzo.
“Che c’è? – domandò – perché Julia piange? L’hai fatta piangere tu? Avete bisticciato?”
“No, Harry, no, non abbiamo litigato – rispose Valentine – Julia sta piangendo perché… perché … nel libro che stava leggendo era successa una cosa molto triste, e allora io la stavo consolando con un abbraccio!”
Henry guardò titubante la sorella, la quale annuendo gli diede conferma di ciò che aveva detto Valentine. “Adesso mi passa, capito, cucciolo? Era solo un momento di malinconia”.
“Ero venuto a cercare il mio cavallino di legno… lo avete visto per caso?”
Julia aiutò il bambino a cercare il suo giocattolo, che era finito sotto una poltrona. Appena Henry fu uscito trotterellando, felice ed ignaro di tutto, Julia guardò Valentine con amarezza e gli disse: “Capisci, ora, perché non potrà mai essere quello che tu desideri?”
Il resto della giornata corse via rapidamente: in breve fu sera, il calesse dei Poldark fece rientro e l’unica entusiasta della giornata trascorsa a Mingoose pareva Bella. Le sue chiacchiere riportarono buonumore, o almeno distrazione per i cupi pensieri di Valentine e le preoccupazioni di Julia. Dopo una visita da parte dei fratelli di Demelza, che si fermarono a cena, e dopo una innumerevole serie di canti intonati da Bella e Demelza i ragazzi, accompagnati dagli zii e da Prudie, si recarono alla funzione religiosa natalizia nella chiesetta di Sawle.
Ross e Demelza misero a letto Henry e rimasero finalmente da soli.
Già la sera precedente Demelza si era scusata con il marito per essere stata così assente in quelle settimane, per aver perduto la voglia di vivere ed averlo trascurato. Anche Ross si scusò per non essere stato capace di starle accanto nella maniera giusta. Dopo quel chiarimento si erano baciati con passione, non uno di quegli stanchi baci coniugali che ogni tanto, distrattamente, si scambiavano in presenza dei figli, ma un bacio profondo che ricordava loro come fossero ancora, dopo tanti anni, in primo luogo amanti.
La notte successiva, invece, Demelza aveva bisogno di parlare con il marito di una cosa importante. La notte precedente era stata dedicata a loro, a ritrovarsi, a dare sfogo alla passione ed alla tenerezza, ma la questione dei loro figli era più urgente che mai e dovevano prendere una decisione.
Entrambi si erano accorti che Valentine era rimasto turbato al pensiero che Julia avesse fatto battere il cuore ad un altro ragazzo. La sua gelosia era palese, ed era il segno che quella decisione di mettere varie miglia fra sé e Julia probabilmente non era servita a nulla. D’altra parte, non si poteva fingere che quella situazione fosse naturale; Bella ed Henry non sarebbero mai riusciti a capire una loro eventuale relazione, e gli stessi diretti interessati dovevano essere aiutati a capire cosa si agitava nei loro cuori, anziché lanciarsi precipitosamente in una strada senza ritorno.
Dopo aver a lungo ragionato, Demelza espresse il suo pensiero. “Ci ho pensato a lungo, Ross. Secondo me la soluzione più giusta in questo frangente è trasferirci tutti a Londra” .
“A Londra? – obiettò Ross sbalordito– ma la nostra vita è qui… ti ricordo che sei stata tu a voler sempre vivere in Cornovaglia, anche quando ero parlamentare!”
“Questo è vero - riconobbe Demelza - ma adesso la situazione è diversa. Si tratta di Valentine e Julia, Ross”.
“Abbiamo fatto tanto per separarli, e ora dobbiamo riunirli?”
“Non dobbiamo riunirli! Semplicemente, mi sono resa conto che non spettava a noi separarli! Oh, Ross, la vita è tanto breve, ci sono tanti dolori e difficoltà, perché rinunciare all’amore? Se è destino che devono stare insieme, troveranno comunque il modo di farlo, Londra o non Londra! Pensa a noi due: non venisti a cercarmi fino in casa di Hugh quella notte? Se ci penso, mi vengono ancora i brividi…”
“Se pensi questo, perché allora non far tornare semplicemente Valentine a Nampara? In questo modo invece stravolgeremo la vita di tutti gli altri, soprattutto di Bella ed Henry, che vanno ancora a scuola, e non potremo neppure portare Prudie e Jud con noi… senza contare che dovremo delegare a qualcuno la gestione delle miniere!”
“Non dico che dovrebbe essere per sempre, Ross. Ho bisogno che la famiglia sia di nuovo unita. Te ne prego. Nampara è la mia vita, lo sai, ma in questo momento mi riporta alla mente un ricordo ancora troppo doloroso… la perdita di William… vorrei respirare un’aria nuova e Londra può essere il luogo adatto. Fu la città che mi accolse tanti anni fa, nel momento in cui avevo più bisogno di ritrovarmi. Anche io, come Valentine, cercai di allontanarmi da un amore impossibile, e non ci riuscii mai…”.
Gli strinse la mano. “Capisco le tue perplessità, Ross, e comprendo anche che ti sto chiedendo molto. Vorrei però che mi accontentassi, ed avessi fiducia in me ancora una volta.”
“Ne sei proprio sicura, amore mio? Non ti spaventa questa rivoluzione così radicale della nostra vita? In fondo ti sei appena ripresa, dovremo chiedere a Dwight prima di prendere una decisione definitiva…”
“Londra è ancora più adatta di Nampara alla convalescenza. Qui ci sono tante cose da fare, fattoria, giardino, le miniere… lì invece mi farei vezzeggiare come una vera signora… magari avremo la fortuna di assumere una vera governante, che non mi faccia alzare un dito in casa!”. Rise.
“Se ti sentisse Prudie, amore mio…” – rise anche Ross.
“Il cambiamento spaventa anche me, ma a differenza della Demelza ventenne e con una bambina piccola a carico, adesso ho te al mio fianco, ed i nostri adorati figli”.
“Proprio per quanto riguarda loro… sei sicura che capiranno? Come giustificheremo tutto ciò? E Julia come la prenderà? Devi ammettere che non è una scelta molto razionale… prima li invitiamo a fare chiarezza e riflettere bene sui loro sentimenti, poi facciamo di tutto perché siano vicini… se li lasciamo liberi di amarsi è un conto, altrimenti credo che equivalga a sottoporli ad un’inutile tortura.”
Demelza scosse la testa. “Non mi sono spiegata bene. Valentine continuerà ad avere il suo alloggio a Londra. Tutti noi abiteremo da un’altra parte. La vivremo come se fosse una grande vacanza. I ragazzi potrebbero imparare una lingua straniera, magari il francese o il tedesco… Julia potrebbe cercare anche lei un’occupazione; come istitutrice, con le dame di carità, qualsiasi cosa che la distacchi, in un certo senso, dalla nostra famiglia. Ognuno dei due ragazzi deve costruire la sua vita, Ross. Devono acquisire, anche agli occhi dei fratelli, una loro individualità. Solo allora sarà possibile vederli come due adulti, non come i due bambini cresciuti fianco a fianco come fratello e sorella… capisci che voglio dire? A Nampara non potrebbero mai essere tutto questo. Tutti, da sempre, li vedono come fratello e sorella. Non ho paura dello scandalo, non è questo, ma se un domani decidessero di unire le loro vite sarebbe preferibile iniziare da un ambiente meno ostile”.
Ross era perplesso. Ciò che affermava Demelza non era del tutto astruso, ma si trattava pur sempre di un salto nel vuoto…
“Ti prego Ross, fidati di me. Saremo sempre insieme. A Londra o in capo al mondo, saremo ancora noi”.
Nella penombra della stanza, illuminata solo dalle candele, lo sguardo di Demelza luccicava.
Ross la strinse forte a sé. Avevano attraversato tante tempeste, e la loro forza era sempre stata quella di restare uniti: sua moglie aveva ragione: a Londra o a Nampara, non importava.  Quello che contava era essere insieme.
Londra poteva essere un nuovo inizio. Ross non sapeva cosa il futuro avrebbe riservato alla loro famiglia, ai ragazzi, ai piccoli di casa, ma era certo di una cosa: neppure una briciola dell’amore che lui e Demelza avevano da dare sarebbe andata dispersa.  

 
  
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