Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: Lella73    18/05/2023    5 recensioni
Buongiorno e bentrovati a tutti! Torno a condividere con voi uno dei miei racconti, una mini-long in otto capitoli in cui partendo dall'episodio 20 (per me cruciale con quel brillante doppio duello dell'incipit, il ballo in alta uniforme e la partenza di Fersen) del nostro anime preferito, per offrire una via diversa ai Nostri. Ho immaginato eventi che possano offrire a Oscar e André un poco di leggerezza e gioventù, nonché opportunità e scelte alternative a quelle delle vicende note; ho cercato infine di costruire per loro un passato di ricordi vissuti assieme ed emozioni condivise.
Confido nella lettura attenta e sensibile con cui è stato seguito il racconto che ho già pubblicato qualche mese fa e ringrazio fin d'ora infinitamente per il tempo che mi vorrete concedere.
Ho scelto di far seguire l'intera storia da un "contesto musicale", affidando ai titoli di celebri canzoni il titolo di ogni capitolo. Spero proprio che lo spirito di ogni pezzo ricordato possa aiutare a comprendere lo spirito di ogni parte della storia.
Con molta emozione, non mi resta che augurarvi buona lettura!
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 5 - Tre settimane da raccontare
Un bacio sulla spiaggia, la burrasca, un buco nel tetto, il generale alla Maison Anglaise

La giornata era trascorsa pigra. Oscar aveva risparmiato a Rosalie la lezione di storia e André le aveva poi convinte entrambe ad andare a cavalcare sulla spiaggia. Avevano corso forte, spingendo i cavalli al galoppo, all'inseguimento di punti immaginari sull'orizzonte. Quando si erano riavvicinati a Villa Jarjayes Rosalie aveva preferito rientrare: aveva visto Aurelia e aveva voluto raggiungerla subito. André aveva invitato Oscar a correre ancora e insieme avevano galoppato lungamente, sfidandosi a tutta velocità. Quando il sole si era abbassato sull'orizzonte, erano tornati verso casa e 

avevano lasciato che i cavalli riposassero brucando le sterpaglie che spuntavano qua e là fra la sabbia.  André aveva recuperato un paio di libri ed era tornato sulla spiaggia,  per  rimanere a leggere all'aperto, sull'ampio telo che di solito usavano quando si sedevano con Rosalie. 

Oscar era rientrata per dare disposizioni per la cena; aveva pensato di ritirarsi, ma poi aveva scorto André ancora sulla spiaggia ed era uscita. Era rimasta qualche istante a guardarlo, di schiena, seduto con i gomiti appoggiati alle ginocchia piegate e il capo chino su un libro aperto a terra; inizialmente pensò di raggiungerlo con del vino bianco o dello champagne, ma non lo fece. Prese anzi la rincorsa pensando di sorprenderlo e quando gli fu vicino allungò una mano, sfilandogli agilmente dai capelli il nastro con cui era legata la coda. Scappò correndo veloce, volgendosi di tanto in tanto, sorridente, per accorgersi che André si era immediatamente alzato, lanciandosi all'inseguimento. "Fermati!" le diceva, a voce alta  "Ridammelo!". "No!" gridò Oscar di rimando, cercando di correre più veloce. In poche falcate André le fu addosso, braccandola. Le strinse le braccia attorno alla vita attirandola a sé. Oscar si sentì trattenere, rise e si lasciò andare, abbandonandosi contro di lui. Caddero insieme, ma lui la protesse tenendola saldamente con un braccio, affinché non si facesse male. Una volta a terra André la trattenne, schiacciandola sulla sabbia col suo peso. Oscar tese il braccio verso l'alto, stringendo forte il nastro, mentre lui allungava la mano per recuperarlo. Sciolti, i suoi capelli erano più lunghi di quanto lei credesse e le ricadevano, folti e morbidi, sul viso e nella scollatura della camicia. Improvvisamente Oscar smise di ridere e abbassò la mano, che André strinse nella propria, senza lasciarla. Oscar divenne seria tutt'a un tratto; non seppe dire perché lo fece… non ci pensò, fu un gesto estemporaneo e spontaneo: si sporse appena e sfiorò le labbra di André, depositandovi un bacio lieve e leggero. Immediatamente pensò di aver sbagliato, di essere stata inopportuna e invadente. Pensò che André avrebbe fatto una battuta… o che l'avrebbe presa in giro… invece lui non rise di lei. Restò anzi immobile un istante, la mano sempre stretta attorno alla sua. Oscar vide nei suoi occhi il verde delle iridi farsi scuro e profondo. André lasciò scivolare il braccio con cui l'aveva protetta nella caduta, per appoggiarsi al gomito. Abbandonò la mano che le stringeva e le accarezzó una guancia con il dorso, due volte, per poi toccarle la bocca con la punta della dita. Con prepotente dolcezza spinse fino a farle dischiudere le labbra. Oscar lasciò che le sfiorasse appena la lingua. Non richiuse le labbra quando lui ne estrasse le dita per portarle a sua volta alla bocca e lo accolse quando finalmente la baciò. Oscar trattenne il fiato un istante: il bacio di André era profondo, esigente. Sentì il suo sapore, che riconobbe come famigliare, e respiró il suo respiro con la stessa meraviglia con cui si scopre il conforto dell'alba dopo una notte di oblio. Sentì André premere con una gamba fra le sue ginocchia e non oppose resistenza, offrendogli un abbraccio fatto di languore e stupito desiderio. André la baciò a lungo, con lentezza, fermandosi di tanto in tanto per guardarla negli occhi e accarezzarle le labbra. Oscar lasciò andare il nastro che ancora teneva stretto nella mano e questo volò lontano, trasportato dalla brezza del tardo pomeriggio, che lo fece volteggiare in mille capriole fino a raggiungere la battigia. Col braccio ormai disteso lungo il fianco, si ritrovò a stringere la sabbia nel palmo della mano, mentre appoggiava l'altra sulla spalla di André, alla base del collo, dove la camicia si apriva, offrendole un lembo di pelle profumato di salsedine.

 

Quando aveva sentito il rumore dei passi veloci attutito dalla sabbia, André non vi aveva prestato attenzione, convinto si trattasse di Rosalie che lo raggiungeva per farsi aiutare nelle consegne di letteratura e latino. Era perciò rimasto sorpreso quando la mano di Oscar gli aveva sfilato il nastro dai capelli. Si era alzato velocemente, ma si era soffermato un istante a guardarla correre: i lunghi capelli biondi che ondeggiavano al ritmo dei suoi passi, l'andatura terribilmente aggraziata e sensuale, il viso sorridente girato indietro a guardarlo. Quando si era lanciato all'inseguimento lei aveva riso: una risata argentina che gli aveva fatto scoppiare il cuore, perché era consapevole che questa era la sua Oscar, quella con cui lui era cresciuto condividendo ogni cosa e che la sua spontaneità, lontano dai duri obblighi di corte e di palazzo Jarjayes, era concessa a lui e a lui soltanto. La chiamò, gridandole di restituirgli il nastro, ma lei rifiutò, correndo  più forte. In poche falcate la raggiunse e la afferrò alla vita con entrambe le braccia. La sua arrendevolezza lo lasciò disarmato: si era abbandonata infatti contro di lui e il bel viso appena abbronzato era accanto al suo; i suoi capelli biondi e morbidi si mischiavano ai suoi scuri, ormai sciolti sulle spalle, gli sfioravano il collo e si insinuavano là dove la camicia si apriva sul torace. La strinse forte, con tenerezza disperata e quando caddero cercò di proteggerla passandole velocemente un braccio dietro la schiena.

Lei aveva alzato il braccio e ora lui cercava di riprendersi il nastro giocando sporco: l'aveva infatti costretta sotto il proprio peso e tendeva una mano verso quella di lei. Improvvisamente Oscar smise di ridere e si fece seria. André pensò di averle fatto male, di essere stato troppo violento o di essere troppo pesante per lei. Si sollevò appena e la guardò negli occhi. Trovò qualcosa di indecifrabile nello sguardo che incontrò. Oscar abbassò la mano in cui ancora stringeva il nastro e lui la avvolse nella propria. Poi successe qualcosa che non avrebbe mai potuto immaginare. Oscar si sporse verso di lui e gli sfiorò le labbra in un bacio lieve e timido che lo sorprese, lasciandolo in qualche modo commosso per la delicatezza e la coraggiosa intimità del gesto. La guardò per un lungo istante: lesse ingenuità, incertezza e forse anche stupore sul suo viso. Le lasciò la mano per accarezzarla, mentre si sollevava appoggiandosi sul gomito per avvolgerla in un abbraccio. Le passò il dorso della mano due volte lungo una guancia. Lei non lo respinse. André sentì una sensazione di vuoto allo stomaco, mentre scorreva con le dita lungo il profilo delle sue labbra, per poi spingersi fino ad aprirle la bocca e sfiorarle appena la punta della lingua. Quando ritrasse le dita le labbra di lei rimasero  dischiuse e umide e André si portò le dita alla bocca come a volerla assaporare ancor prima di baciarla. 

Un fiume di pensieri e di parole si affollava nella sua mente. Avrebbe voluto poterle dire che l'amava da sempre  e sempre l'avrebbe amata. Che voleva che il suo cuore di donna battesse solo per lui e che non l'avrebbe mai più lasciata andare via… Avrebbe voluto dirle che avrebbe passato tutta la vita al suo fianco se lei l'avesse voluto… il futuro non era tuttavia che una nube di incertezze e quello che poteva avere era soltanto il presente… ma il presente era questo: Oscar fra le sue braccia, distesa sotto di lui. Oscar che l'aveva baciato. Il suo primo bacio. Il primo bacio di Oscar  gli apparteneva. Era suo. Questo era il presente e niente né nessuno avrebbe mai potuto portarglielo via. Avrebbe fatto in modo che lei ricordasse per sempre questo primo bacio, che il pensiero rimanesse impresso assieme a lui e al rumore delle onde nel suo cuore in ogni giorno a venire. L'avrebbe baciata fino a toglierle il fiato.

Quando appoggiò la bocca sulla sua ritrovò un sapore che conosceva. Quando respirò il suo respiro riconobbe una fragranza che faceva parte di lui da sempre. La baciò lungamente, con desiderio ed esigenza. Un bacio profondo e intenso in cui fece proprio ogni sospiro ed ogni fremito di lei e che interruppe solo per accarezzare con le dita le labbra che si stava prendendo e per bucare col proprio sguardo cupido gli occhi azzurri che tanto amava, resi languidi e lucenti dalla scoperta di un desiderio finora sconosciuto. 

Le passò una mano fra i capelli e spinse un ginocchio fra le sue gambe, lasciandosi sorprendere dall'accogliente morbidezza con cui lei accettò che si insinuasse fra le sue cosce. Oscar lasciò andare il nastro; un alito di vento lo condusse lontano.

 

Un vociare sempre meno distante li sorprese. André si girò su se stesso, Oscar si levò puntellandosi sui gomiti. Le voci si avvicinavano: Rosalie e Aurelia li cercavano. Il sole era ormai basso sull'orizzonte. La cena stava per essere servita. Entrambi si alzarono velocemente. A qualche passo l'uno dall'altra rimasero immobili, fissandosi per lunghi istanti. Oscar sentiva nel cuore un rincorrersi di emozioni cui non sapeva dare nome né forma. André strinse i pugni come a trattenere fra le mani quelle stesse emozioni; i capelli liberi dal nastro gli coprivano le spalle fino a mezza schiena e scendevano attorno al viso in ciocche scomposte.

Quando Rosalie li raggiunse pensò che avessero discusso: il silenzio denso e pesante fra loro e un'intensità sconosciuta nel loro occhi le fece pensare che si stessero fronteggiando; si preoccupò, ma Oscar si affrettò a sorriderle. "La cena è pronta?" le chiese con dolcezza, affiancandola e incamminandosi con lei e Aurelia verso la villa. André si voltò e le seguì con lo sguardo: Rosalie portava uno dei completi maschili che Oscar aveva preso per lei. Oscar si passava una mano fra i capelli per scrollare la sabbia e ascoltava la giovane; improvvisamente, tuttavia, si volse per guardarlo e André seppe che per la prima volta lei, veramente, poteva vederlo.

 

Madame Lorette stava controllando che le stanze fossero state riordinate per la notte e si occupava personalmente di riporre la biancheria stirata nei cassetti. Quando arrivò nella stanza di Oscar sistemó con cura le camicie, spianò per bene la piega del lenzuolo e sprimacciò i cuscini, poi si avvicinò alle finestre per accostare le tende. Con le mani già intente a sciogliere le passamanerie che trattenevano i panneggi, vide sulla spiaggia Oscar correre dopo aver sfilato il nastro dai capelli di André. Vide lui alzarsi e rincorrerla e i due cadere a terra. Li vide baciarsi mentre il nastro volava via sospinto dal vento leggero e sorrise sospirando di tenerezza. Mentre il languore di appassionati ricordi di gioventù veniva a bussare prepotente alla porta del cuore, là dove il dolore della perdita non era mai stato sopito, ripensò alle molte volte in cui da quando lo conosceva, fin da ragazzino, aveva letto l'amore sul volto di André e a quante volte nelle rispettose attenzioni di Madamigella Oscar per lui, aveva riconosciuto un affetto tangibile che mai si era permessa di osservare. Rimase a guardarli, abbracciati sulla sabbia, la testa bruna di lui china su quella bionda di lei, i capelli sparpagliati attorno a loro, le gambe improvvisamente intrecciate… e si dispiacque quando le voci lontane delle ragazze li distrassero. Se avesse potuto richiamare Rosalie e la figlia senza palesare la propria presenza alla finestra, l'avrebbe fatto, perché trovava che l'amore meritasse di non essere disturbato. Quando li vide alzarsi repentinamente e il giovane conte raggiungere Rosalie, mentre Aurelia aspettava qualche passo più indietro, si affrettò a chiudere le tende per farsi trovare pronta a dirigere il servizio della cena. Mentre raddrizzava le pieghe, libere ormai dai nastri che le trattenevano, lanciò un ultimo sguardo ad André, fermo sulla spiaggia e vide che Madamigella Oscar si girava per guardarlo. Abbassò gli occhi mentre un sorriso mesto le nacque spontaneo al pensiero del proprio amore perduto. Uscì dalla stanza velocemente. Dall'atrio già illuminato giungevano le voci di Rosalie e del padrone. Madame Lorette scese velocemente le scale. "Desiderate che vi aiuti a prepararvi per cena, Madamigella Oscar?" chiese premurosa. "Non occorre." rispose Oscar, più freddamente di quanto avrebbe voluto, lasciando Rosalie e avviandosi a capo chino verso le proprie stanze. André, i capelli a incorniciargli il volto fino a raggiungere il petto e uno sguardo indecifrabile negli occhi, era appena rientrato e richiudeva la porta dell'ingresso sul retro dietro le proprie spalle.

 

Il crepuscolo aveva portato con sé dense nubi che incombevano sull'orizzonte: una striscia netta di cielo nero avanzava nel rossore degli ultimi raggi del tramonto. Il vento si era fatto più forte e le onde che andavano a rompersi sulla battigia erano sempre più gonfie e spumeggianti. André, fermo alla finestra del bovindo dello studio, guardava il mare farsi sempre più grosso e minaccioso; presto sarebbe piovuto. Madame Lorette dirigeva una cameriera che finiva di mettere a punto la tavola già apparecchiata per la cena. Rosalie era china sul libro di letteratura e Oscar sedeva sul sofà, gli occhi bassi, una coppa di champagne in una mano e l'altra impegnata a tormentare la punta di un ricciolo biondo. Respirava piano, silenziosa. Era allerta, quasi spaventata dal rumore dei pensieri e delle emozioni che si susseguivano incalzanti nella sua mente. Al momento in cui la cena fu servita, fu l'ultima a sedersi, quando ormai André e Rosalie avevano già preso posto e Madame Lorette, con la zuppiera in mano, le rivolgeva uno sguardo interrogativo. Guardò André mangiare tranquillo chiacchierando amabilmente con Rosalie, mentre lei non riuscì a sorbire più di due o tre cucchiai della delicata crema di porri. Rifiutò le seguenti portate, guardando André continuare invece a mangiare con gusto prima lo scorfano al forno con la purea di cavolfiore e poi la torta alla melassa; sorrideva, apparentemente tranquillo, mentre lei continuava a sentire come una vertigine al ricordo insistente del sapore salino delle dita che le avevano accarezzato le labbra e le avevano toccato la lingua e al pensiero della bocca di André sulla propria. Si sentì impaziente nell'attesa che Rosalie si ritirasse e quando lei se ne andò augurando la buonanotte, rimase sorpresa di vedere André sedersi semplicemente con un libro e un bicchiere di armagnac. Fuori dalla finestra la pioggia aveva iniziato a scendere copiosa e formava fitte cordicelle sulle ampie vetrate. Da bambini quando c'era burrasca cercavano di aprire uno spiraglio di finestra per ascoltare il mugghiare del vento e il fragore dei cavalloni; reggevano l'anta insieme, sporgendosi a turno e tirandosi indietro, ridendo per le gocce di pioggia sul viso. Oscar sorrise: una volta il vento era stato troppo forte e la finestra si era richiusa con forza, intrappolandole due dita. Aveva gridato e André l'aveva liberata, per poi correre alla ricerca di Madame Lorette per recuperare un poco di burro con cui lenire le nocche scorticate. Lei aveva pianto e André le aveva asciugato le lacrime, chiudendo la finestra e raccontandole una favola. La ricordava ancora: parlava di uno stormo di oche che si era rifugiato in un lago nel parco della villa per sfuggire alle intemperie. Lei aveva osservato, sempre puntigliosa, che nel parco di Villa Jarjayes non c'era nessun lago e così André le aveva risposto che durante la notte le temperature erano scese tanto da far ghiacciare l'acqua e così al mattino quando le oche erano volate via avevano portato il lago via con loro. Oscar lo aveva ascoltato con stupore e quando gli aveva detto, dopo averci pensato un attimo, che era impossibile, ormai non stava più piangendo e il dolore alle dita era stato dimenticato. Alzò furtivamente lo sguardo: André era insolitamente elegante per una serata informale… e portava al collo il suo fazzoletto. Ora che l'aveva visto, non era più capace di guardarlo allo stesso modo.

 

Quando era rientrato dalla spiaggia, André aveva raggiunto silenziosamente la propria stanza. Aveva richiuso piano la porta appoggiandovisi contro con tutto il peso ed era restato immobile per un tempo indefinito, poi aveva cercato un altro nastro per i capelli e si era preparato per la cena con cura particolare, non tralasciando di indossare il suo fazzoletto. A cena si era accorto che Oscar lo aveva notato; aveva mangiato con appetito, sentendosi addosso i suoi sguardi furtivi e ripetuti. Non l'avrebbe lasciata andare… Non l'avrebbe lasciata andare mai più. Ma sapeva anche che se si fosse lasciato trasportare dall'euforia e dai sentimenti che gli gonfiavano il cuore, lei lo avrebbe allontanato.

Quando Rosalie si congedò da loro, si limitò quindi a sedersi sul sofà di velluto rosso con un libro e un bicchiere di armagnac, osservando di tanto in tanto Oscar, in piedi, che guardava la pioggia dalla finestra. La burrasca aveva gonfiato il mare e un fulmine illuminò improvvisamente le onde, quasi immediatamente il tuono arrivò a squarciare l'aria della notte. André vide le spalle di Oscar sussultare appena al frastuono improvviso. Alla luce dei doppieri i suoi capelli erano di un color oro antico. Lei si volse, un'espressione di attesa sul viso e una luce febbrile negli occhi. André sostenne il suo sguardo. Il rumore della pioggia riempiva il silenzio fra loro. Un bussare sommesso annunciò l'arrivo di Madame Lorette: mortificata di dover disturbare veniva ad avvertire che purtroppo la furia del vento e della pioggia aveva danneggiato il tetto e ora un preoccupante rivolo d'acqua si riversava incessantemente nel corridoio del piano superiore. André appoggiò il libro e il bicchiere. "Venite," disse "vi aiuto io madame. Vediamo se si può fare qualcosa.".

 

Nel corridoio scuro, illuminato dalle lampade ad olio, il viso di Madame Lorette aveva un aspetto fra il dispiaciuto e il preoccupato. Osservando l'acqua che dal solaio scendeva copiosa nel corridoio, André pensò di aver visto già una volta quella stessa espressione sul volto della governante di Villa Jarjayes. Era stato tanto tempo prima; lui poteva aver avuto dodici o tredici anni. Si era sempre trattato di una richiesta di aiuto. Allora lui non dormiva in una delle stanze del piano nobile: era stata Oscar ad assegnargli la prima volta una di quelle stanze… quella accanto alla propria… quando avevano iniziato a frequentare la villa soli, senza Madame la Comtesse. Madame Lorette era venuta a svegliarlo a tarda notte: il volto angosciato, le mani in tormento che si stringevano fra loro… André ricordò di essere rimasto più colpito di vederla con i lunghi capelli scuri attraversati dalla ciocca chiara sciolti e lisci, che di accorgersi che Madame era in camicia da notte. "C'è bisogno di un uomo…" gli aveva detto, gli occhi speranzosi.

Verso la tarda mattinata lui e Oscar, appena adolescenti, erano rientrati da una cavalcata sulla spiaggia e si erano sorpresi di trovare il generale alla villa. Il generale non amava il nord e soprattutto, sempre ligio e austero, non concepiva l'idea dello stare in villeggiatura. Lui e Oscar, sguaiati e rumorosi, erano entrati correndo e si erano subito bloccati, cercando di ricomporsi velocemente, quando nel grande salone di ingresso si erano trovati al cospetto del conte de Jarjayes.

 

L'acqua aveva già creato una pozza preoccupante sul pavimento del corridoio. Madame Lorette era corsa a prendere degli stracci con cui poter arginare e asciugare. Quando Oscar arrivò, André si stava togliendo la giacca per poter lavorare più liberamente. Oscar la prese e lo guardò avviarsi verso il solaio. Entrò nella propria stanza e avvicinò il collo della giacca al viso, annusando. Era l'odore di André. Lo stesso che conosceva da sempre. Lo stesso che aveva sentito poche ore prima respirando il suo stesso respiro, accogliendo il suo bacio. Appoggiò la giacca sul letto. Quando uscì nel corridoio c'era solo Madame Lorette che cercava di asciugare per terra. 

 

Nel solaio scuro il vento e la pioggia si insinuavano freddi fra la polvere, avanzi di costruzione e qualche vecchio baule. André trovò presto la falla e cercò qualcosa con cui ripararla. Madame Lorette lo raggiunse con un lume. Sporgendosi dal buco del tetto André riuscì ad afferrare un paio di coppi che la burrasca aveva rovesciato. Fra i tralicci, un'asse si era danneggiata lasciando cadere il reticolato che sorreggeva le tegole. Madame si affrettò a cercare qualcosa di utile fra il ciarpame e André poté presto mettersi all'opera. Lavorarono in silenzio, senza bisogno di parole inutili, come tanto tempo prima, quando appena ragazzino l'aveva seguita nella notte. André ricordava di essersi vestito rapidamente e di non aver domandato nulla. Aveva solo seguito Madame Lorette fino alla porta di servizio, dove era arrossito fino alla radice dei capelli trovando in piedi ad aspettare qualcuno che chiunque fosse vissuto anche un solo giorno in paese non poteva non conoscere: il nano della Maison Anglaise. "Devi andare con lui e portare a casa il padrone." gli aveva detto Madame Lorette. André aveva annuito senza parlare ed era uscito nella notte guardandosi più volte indietro: nel rettangolo di fioca luce della porta, Madame Lorette era rimasta immobile finché lui non era salito sul birroccio e il cavallo, un baio giallo e stanco, non era stato spronato con la punta dell'orrendo bastone che tutti conoscevano e tutti cercavano di non guardare.

Arrivati a destinazione André aveva ormai scoperto che il nano aveva origini italiane e portava un nome storico e altisonante: Annibale. Questi aveva passato l'intero tragitto a raccomandargli di essere rispettoso, perché la sua padrona era una gran signora e meritava rispetto. André non aveva mai risposto, limitandosi a spostarsi solo un po' più in là ogni volta che Annibale si era sporto toccandogli la spalla o il braccio.

 

"Pronta?" disse André "Ora spingiamo forte insieme verso l'alto!". Madame Lorette mise le mani ben aperte sul traliccio che André aveva recuperato e sistemato fra le assi e insieme fecero pressione, fino a incastrarlo bene. L'acqua smise di scendere, ma Madame sistemó comunque una grande bacinella per il bucato sotto la falla. "Per stanotte dovrebbe tenere, ma domani dovremo cercare qualcuno per riparare per bene il tetto." sentenzió André, mentre si puliva le mani con uno straccio che Madame gli porgeva. "Mi occuperò io di tutto." risoluta, determinata, Madame non mancò di farsi carico, come sempre, di ogni responsabilità per la casa. Scesero con attenzione lungo la scala a pioli. André lasciò che la governante andasse per prima.

"Mi occuperò io di tutto."... gliel'aveva detto anche Madame l'Anglaise quando, tanti anni prima, ancora ragazzino era entrato a testa bassa nella sua Maison. "Tu devi solo portarlo a casa con discrezione. Ti metterò a disposizione un fiacre anonimo. Sai condurre i cavalli?". André aveva annuito salendo le scale dietro la matrona. Ricordava ancora la voce profonda e mascolina, il tessuto nero dello strascico del suo abito mentre camminava davanti a lui e il tappeto rosso che correva sui gradini della scalinata profilata da un corrimano dorato. Curioso, aveva sbirciato cercando di non farsi vedere: giovani donne più o meno svestite sedevano annoiate sui sofà. Non c'erano avventori. Tutto gli era sembrato sospeso e immobile, fra il rosso del velluto e il luccichio delle luci che si riverberava infinite volte sugli specchi che coprivano quasi interamente le pareti. 

Al piano superiore la signora l'aveva introdotto in una stanza molto sobria rispetto agli ambienti che aveva appena percorso: tende color panna, mobili di solido mogano… e un grande letto con una spalliera riccamente intarsiata, su cui sedeva a petto nudo, i pantaloni in parte calati e la testa fra le mani, il generale, piangendo come un bambino, mentre due ragazze gli accarezzavano i capelli spettinati e cercavano inutilmente di consolarlo. André aveva sbarrato gli occhi facendo un passo indietro, ma Madame l'Anglaise l'aveva sospinto in avanti. "Aiutami!" gli aveva intimato "Dobbiamo rivestirlo e ve ne dovete andare subito. Ho già perso affari a sufficienza stanotte cacciando tutti i clienti per lui!". André si era allora fatto avanti, recuperando la camicia e la marsina che aveva trovato appoggiate in fondo al letto. Il conte de Jarjayes aveva alzato su di lui uno sguardo sofferente e vacuo. "Sono io, signor generale." gli aveva detto lui "Sono André. Lasciate che vi aiuti. Vi riporto a casa.". Il generale era ubriaco. André non l'aveva mai visto ubriaco. Né l'avrebbe più rivisto: il generale non beveva. Quando si era apprestato a rivestirlo aveva notato il suo fisico: asciutto e prestante nonostante l'età… e forgiato da una vita di dura disciplina militare. Cercando di infilare le braccia uno alla volta nelle maniche della camicia, aveva visto sulla pelle segni e cicatrici e si era chiesto se veramente, da padre, poteva aver voluto e scelto questo per Oscar… André aveva sospirato: per la sua Oscar, con la pelle sottile e diafana, i lineamenti delicati, le forme aggraziate… Vestire il generale si era rivelato più difficile del previsto: questi infatti non aveva dimostrato nessuna intenzione di aiutare e Madame l'Anglaise era rimasta a guardare immobile con le braccia incrociate sul petto. Mettergli la giacca era stata un'operazione piuttosto impegnativa e André aveva inizialmente allacciato i bottoni in maniera sbagliata, trovandosi poi costretto a liberarli dalle asole e a ripetere tutto da capo. Aveva quindi invitato il conte ad alzarsi, ma senza successo; aveva cercato di alzarlo di peso, ma il suo fisico acerbo non era stato in grado di sorreggere tutto il peso di un adulto. Si era allora come materializzato dal nulla Annibale, che lo aveva aiutato a condurre il generale lungo le scale e  poi fuori, quindi  a caricarlo sulla carrozza scura. André era allora salito per la prima volta solo in cassetta: sapeva portare la carrozza, ma finora l'aveva fatto solo col cocchiere. Aveva pensato di partire subito, invece una voce l'aveva raggiunto, perentoria: "Dove credi di andare?". "A casa. Dove credete che voglia andare?" avrebbe voluto rispondere, ma aveva taciuto, mentre Madame l'Anglaise lo stava raggiungendo, un piccolo borsello rigido in una mano e una tazza fumante nell'altra. Quando gli era stata vicino l'odore di qualsiasi cosa fosse stata nella tazza l'aveva costretto a voltare il viso. "Aspetta!" gli aveva ordinato lei "I conti de Jarjayes sono un'istituzione qui! Non vorrai riportarlo da sua moglie in questo stato!". André aveva spalancato gli occhi figurandosi la contessa Marguerite: sua moglie?? Lui aveva sperato proprio di non incontrarla per niente, sua moglie!

 

Oscar, seduta sul letto, le gambe accavallate e le braccia lungo i fianchi, sentì rumori provenire dalla stanza accanto: André doveva essere sceso dal solaio. Guardò la giacca che aveva lasciato accanto a sé esitando qualche istante, quindi si alzò e la prese per raggiungerlo e portargliela. L'uscio era accostato; non bussò. André, a torso nudo, chino sulla toletta, si stava rinfrescando, la camicia abbandonata sul pavimento ai suoi piedi e il fazzoletto che lei gli aveva regalato, invece, accuratamente piegato sul ripiano accanto al catino. Lo sguardo basso, sulla porta, Oscar esitò. La luce fioca del lume a olio disegnava le forme di André con riflessi caldi e dorati; l'aveva visto cento altre volte compiere gli stessi gesti. Avevano condiviso tanti momenti come quello. Si erano vestiti tante volte insieme. Eppure ora esitava, immobile. Eppure ora, guardandolo, lo vedeva diverso. André si levò e si volse, prendendo uno degli asciugamani di lino pronti sulla mensola. Vedendola ferma sulla porta le sorrise. Era lui, pensò Oscar, era il suo sorriso. Lo stesso che conosceva da sempre e da sempre la faceva sentire a casa. Perché ora le sembrava tanto diverso? "Ti ho riportato la giacca." gli disse, piano. "Sei gentile!" rispose lui, cercando in un cassetto una camicia pulita. La marsina di André ancora stretta fra le mani, Oscar lo guardò vestirsi. "Sei riuscito a fare qualcosa per il tetto?" gli chiese, ostentando indifferenza. "Per stanotte ce la caveremo," rispose lui "ma domattina Madame Lorette chiamerà qualcuno per sistemare bene. Sono cadute alcune tegole. C'è qualche danno.". Oscar lo guardò lisciare le pieghe della camicia, poi gli porse la giacca. Prendendola, lui la guardò negli occhi. "Non è una serata troppo fresca…" le disse, appendendo la giacca alla spalliera della sedia dello scrittoio. "... e non è nemmeno tardi," continuó "avevo aperto una bottiglia di eccellente Armagnac. Ne vuoi? Possiamo tornare un po' nello studio.". "Non mi va," mormorò lei "ero venuta solo per augurarti la buonanotte.". Il viso sottile, lo sguardo incerto e luminoso, la fronte leggermente aggrottata, i capelli che ricadevano, a riccioli, lunghi e morbidi oltre la curva lieve dei seni… André ebbe un moto di tenerezza che sentì di non poter arginare. Avanzò verso di lei. Oscar fece un passo indietro, ma quando lui le fu vicino e le prese il viso con una mano, accarezzandola con il pollice mentre le altre dita sfioravano piano la pelle sottile appena dietro l'orecchio, non si sottrasse. Oscar sollevò una mano per aggrapparsi leggermente al colletto della camicia di André. Ne seguì il profilo trattenendo l'orlo fra le dita e quando arrivò al petto aprì la mano per appoggiarla interamente a lui. Percepì sotto la stoffa la pelle tiepida e ancora accaldata, sentì il movimento regolare del respiro, avvertì la forma solida e rassicurante del torace. Di nuovo inalò la sua stessa aria e sentì la propria pelle accaponarsi quando lui le appoggiò una mano sul fianco, attirandola delicatamente a sé. Per la prima volta nella sua vita, nella dolcezza di quell'abbraccio silenzioso, ebbe la percezione del proprio corpo. Sentì qualcosa sciogliersi in fondo al cuore, mentre una sensazione di vertigine le riempiva lo stomaco. Ebbe paura. "Buonanotte André." sussurrò. Lui, la bocca già vicina alla sua, volse appena il viso, arrivando a sfiorarle l'orecchio con le labbra. "Buonanotte Oscar." mormoró, la voce bassa e carica di attesa trattenuta. Quando il fiato di André le accarezzò, quasi impercettibile, la base del collo, un brivido sottile le percorse la nuca. Lui la lasciò andare. Oscar si allontanò. La testa bassa, percorse lentamente i pochi passi che la separavano dalla propria stanza, ma alzò lo sguardo su André un'ultima volta prima di aprire la porta e sparire dietro di essa.

Nella solitudine della propria stanza Oscar tolse le scarpe gettandole da una parte, poi si lasciò cadere sul letto, le braccia alzate sopra la testa, i palmi rivolti verso l'alto, le gambe lasciate pendere oltre il bordo. Chiuse gli occhi e sospirò, mentre una leggera euforia la induceva a sorridere senza motivo. Ricordò un tardo pomeriggio di tanti mesi prima, in cui si era sdraiata allo stesso modo sul letto, nelle proprie stanze a palazzo Jarjayes, dopo essersi congedata dal Conte di Fersen, col cuore colmo di un turbamento che non aveva saputo definire. Nemmeno ora era in grado di dare un nome all'insieme di emozioni e sentimenti che sentiva rincorrersi dentro di lei, ma certamente questi non la turbavano. Provava anzi una sorta di ubriachezza del cuore che la faceva sentire leggera.

 

André, il respiro contratto, il desiderio negli occhi, rimase qualche istante a fissare la porta chiusa della stanza di Oscar prima di chiudere anche la propria. Si passò una mano sul viso e fra i capelli, sorridendo; eccola la sua Oscar, nella sua meravigliosa fragilità… Non l'avrebbe lasciata andare via mai. Aveva pensato tutta la vita che il suo amore così forte sarebbe potuto essere sempre abbastanza per tutti e due, ma ora… ora che l'aveva tenuta fra le braccia, ora che aveva visto il suo sguardo cercarlo, ora che aveva assaggiato le sue labbra, sapeva che non era così. Ora comprendeva che l'amore di uno soltanto non sarebbe stato mai sufficiente, perché ora sapeva di poter essere riamato.

Si mise seduto sul letto, i gomiti appoggiati alle ginocchia, la testa incassata fra le spalle… quanto tempo era passato da quando Oscar si era lasciata abbracciare da lui? Erano bambini o poco più.

Quando tanti anni prima, appena tredicenne, era tornato a Villa Jarjayes col padrone era ancora notte; aveva trovato Madame Lorette ad attenderlo sulla porta di servizio, già vestita di tutto punto. Lei lo aveva aiutato a far scendere il generale e gli aveva raccomandato di sistemare il fiacre e i cavalli nelle stalle: avrebbe provveduto lei a farli tornare a chi di dovere. Insieme avevano condotto il conte lungo le scale nel silenzio della notte, poi Madame gli aveva detto di tornare a dormire un po': si sarebbe occupata lei di tutto il resto. Camminando stancamente attraverso il corridoio buio, André si era spaventato trovando una figura esile avvolta in una veste chiara in piedi davanti alla porta di una delle stanze del piano nobile. Si era fermato trasalendo; Madame la Comtesse lo aveva fermato dicendogli poche parole, con voce bassa e vibrante: "Sei un ragazzino per bene. Promettimi che non frequenterai mai più luoghi tanto inverecondi!". André era rimasto immobile, trattenendo il fiato. Nell'oscurità aveva potuto distinguere del volto della contessa Marguerite solo il profilo. Lei gli aveva allora appoggiato una mano sulla spalla ribadendo: "Prometti!" e lui aveva annuito energicamente, scappando via subito dopo.

L'indomani il generale non si era presentato a colazione. 

La contessa era arrivata prima del solito quell'estate alla Villa. Aveva trascorso mesi particolarmente difficili che l'avevano enormemente prostrata e aveva detto al marito di aver bisogno di riposo e tranquillità. Dare alla luce Oscar, dopo due aborti spontanei che l'avevano duramente provata, aveva infatti  minato il suo fisico di natura già fragile. Il dottor Lassonne aveva sconsigliato altre gravidanze e il generale, intento ad educare con disperata ostinazione la sua ultimogenita come un maschio, era sembrato ormai rassegnato a non avere altri figli. Contrariamente a ogni aspettativa, tuttavia, una sera fu annunciata una nuova maternità di Madame la Comtesse. André ricordava perfettamente il volto preoccupato di sua nonna durante il solenne annuncio. A palazzo Jarjayes la vita era stata solitamente sempre piuttosto austera, tuttavia il generale aveva voluto dare un sontuoso ballo per il quale non aveva badato a spese. Erano seguiti mesi di anomalie e stranezze, durante i quali lui e Oscar avevano potuto beneficiare di un'insolita libertà, poiché il generale aveva dato l'impressione di aver temporaneamente dispensato la figlia dalle molte ore di addestramento cui l'aveva sempre sottoposta.

Le euforie e le stranezze erano terminate tutte in una volta in una notte di nebbia in cui fu mandato con urgenza a chiamare il dottore: la contessa Marguerite era stata piegata dal dolore; violente doglie erano infatti arrivate a preannunciare un parto prematuro, che era terminato con la venuta al mondo di una minuscola creatura avvizzita e senza vita, non più grande della mano di un uomo. André ricordava sua nonna che la mostrava al generale avvoltaa pietosamente in un panno. Era un maschio. Rosso e freddo già dopo pochi istanti. Il generale non aveva voluto toccarlo e aveva lanciato con violenza un pesante vaso di cristallo contro la vetrata che era andata in mille pezzi con fragore, mentre le rose della contessa si sparpagliavano scompostamente sul tappeto.

 

André sospirò; si era spogliato lentamente, riponendo con cura ogni indumento. Sdraiandosi sotto le lenzuola aveva ripensato al corpo di Oscar disteso sulla sabbia nel pomeriggio, morbido sotto il suo peso… e stretto a lui poco prima: un corpo esile e aggraziato, sottile ed elegante, eppure in grado di sopportare dolore e fatica. 

Dopo la notte in cui lo aveva recuperato alla Maison Anglaise il generale era partito senza voler vedere nessuno. Aveva accettato il comando di un reggimento, André non ricordava dove, ed era rimasto lontano per mesi. Quando era tornato sembrava invecchiato di mille anni. La luce orgogliosa dei suoi occhi si era come trasformata in una cupa determinazione di cui aveva finito col rendere vittima la figlia. André ricordava con dolore un'Oscar poco più che bambina, le forme acerbe e il viso delicato, sottoposta a ore di addestramento che la sfinivano, trattata con una durezza che aveva finito con lo smorzarne il carattere allegro e punita in maniera impietosa per una colpa da cui non avrebbe mai potuto redimersi: non essere nata maschio.  André aveva accolto e raccolto le sue lacrime finché lei non aveva imparato a nascondere la propria dolcezza. Aveva cercato di consolarla finché lei gliel'aveva permesso…  e finché ogni gesto di tenerezza non era diventato per lei dimostrazione di debolezza, l'aveva abbracciata.

Ora, dopo tanto tempo, Oscar gli aveva offerto nuovamente se stessa, gli aveva permesso di vederla e guardarla per come era: la sua Oscar spavalda, capace di sfidare il mondo a testa alta, eppure così fragile dinnanzi alla potenza dei sentimenti… André ricordò un pomeriggio di molti mesi prima, quando, guardando Oscar misurarsi al fioretto con il conte di Fersen, aveva riconosciuto in lei un cuore di donna di cui forse lei stessa non era stata ancora nemmeno consapevole. Allora si era tuttavia dolorosamente reso conto che quel cuore di donna non stava battendo per lui. Ora invece… ora… ripensando a Oscar fra le sue braccia… a Oscar che si lasciava baciare, a Oscar che lo guardava come mai aveva fatto prima… ora era certo che quel cuore di donna battesse per lui. 

Nonostante la pioggia la notte era calda. André si rigirò più volte nel letto. Si addormentò tardi. Sognò Oscar fra le sue braccia.

Come sapete già, la storia e i capitoli portano titoli di canzoni: 

 

Per l'intera storia:
These are the days of our lives
Da "Innuendo" - Queen - 1991

 

Per il sesto capitolo:
Tre settimane da raccontare
Fred Bongusto - 1973

 

Nei ricordi di Oscar e André bambini il racconto delle oche volate con il lago ghiacciato è tratto dal film "Pomodori verdi fritti alla fermata del treno" (1991).

Il personaggio di Madame l'Anglaise è liberamente ispirato a quello di Bella Watling da "Via col Vento" di Margaret Mitchell.

Nel racconto dei ricordi riguardanti il passato del Generale mi sono permessa di omaggiare l'ottimo racconto di Dorabella27: "Era una notte buia e tempestosa".

 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Lella73