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Autore: Orso Scrive    19/05/2023    1 recensioni
Alberto Manfredi e Aurora Bresciani ricevono l’incarico di gestire la sicurezza di una mostra dedicata alla storia della frontiera americana. Fare la guardia a vecchi cimeli privi di valore non sembrerebbe essere un incarico molto gratificante, per i due carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale. Ma dovranno presto ricredersi, quando la mostra verrà sconvolta da uno strano furto, che sembra collegato a un’antica maledizione degli indiani d’America e alla scoperta, ai tempi della frontiera, di una miniera misteriosa…
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'A&A - STRANE INDAGINI'
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16.

 

 

Roma, Italia, marzo 2022

 

 

In un modo o nell’altro, Black Eagle era riuscito a svignarsela. Come avesse fatto a eludere la sorveglianza, o a varcare le porte chiuse a chiave e guardate a vista, era qualcosa che nessuno riuscì a spiegarsi.

Nessuno, tranne ovviamente Shelton.

«Apache», lo sentirono bofonchiare, quasi divertito da quella situazione.

Meno divertita di lui, l’ispettrice Esposito parve sul punto di voler prendere a pugni qualcuno. Si limitò a dare una manata al muro. Emise un suono sonoro quando il suo palmo impattò contro la superficie. CIAF!

«Mi prenderò una lavata di capo!» gracchiò. Spostò gli occhi di fuoco sui suoi sottoposti. «Ed è tutta colpa vostra!»

Martini e gli altri cinque agenti dell’aeroporto – tre uomini e due donne – si guardarono l’uno con l’altra, cercando qualche parola per giustificarsi. Nessuno osò parlare.

«Oh, be’, quella ce la prenderemo senza dubbio pure noi», intervenne Alberto, conciliante, pensando a Iannaccone. «Non è la fine del mondo. Tanto siamo dipendenti pubblici, mica possono licenziarci.»

Erano usciti all’esterno dell’aeroporto. Essendo il retro, lì non c’erano taxi o altri mezzi pubblici, e nemmeno il viavai di veicoli privati che non cessava un istante sul davanti. Si trovavano in un piazzale asfaltato, con profonde buche qua e là ed erbacce che crescevano un po’ dappertutto, cintato da recinzioni di metallo rugginoso, chiuse da un cancello. Alcuni cassonetti dell’immondizia, contro un muro, emanavano un cattivo fetore che si propagava nell’aria. Un camion era parcheggiato a breve distanza da dove si erano fermati. Pochi metri più in là, era ferma l’auto di servizio della polizia.

Aurora la indicò.

«Forse, se ci affrettiamo, possiamo ancora intercettarlo mentre si allontana lungo la strada», propose. Dal tono della sua voce, lei stessa non ne sembrò troppo convinta.

Io non ho tanta voglia di continuare questo inseguimento, ma almeno non dovremo tornare in quella mostra puzzolente, si disse Alberto.

«Si può fare», accettò.

L’ispettrice Esposito fece cenno a Martini di seguirla. Prima di allontanarsi, si rivolse agli altri agenti.

«Se qui dentro succede qualcosa mentre sono via, vi faccio un culo così!» esclamò. «E sapere che non parlo in senso figurato.»

Martini si mise alla guida, e l’ispettrice si sedette al suo fianco. Gli altri tre occuparono il sedile posteriore. Alberto si trovò schiacciato nel posto centrale, con Shelton a destra e Aurora a sinistra. Subito, cominciò a mancargli il fiato.

Spero che finisca in fretta, meditò.

Martini esitò un istante, indeciso se accendere o meno le sirene. L’ispettrice fece un cenno di diniego con la testa. L’automobile fece manovra, uscì dal cancello e si avvio nella notte della campagna romana.

 

   
 
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