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Autore: Lella73    24/05/2023    6 recensioni
Buongiorno e bentrovati a tutti! Torno a condividere con voi uno dei miei racconti, una mini-long in otto capitoli in cui partendo dall'episodio 20 (per me cruciale con quel brillante doppio duello dell'incipit, il ballo in alta uniforme e la partenza di Fersen) del nostro anime preferito, per offrire una via diversa ai Nostri. Ho immaginato eventi che possano offrire a Oscar e André un poco di leggerezza e gioventù, nonché opportunità e scelte alternative a quelle delle vicende note; ho cercato infine di costruire per loro un passato di ricordi vissuti assieme ed emozioni condivise.
Confido nella lettura attenta e sensibile con cui è stato seguito il racconto che ho già pubblicato qualche mese fa e ringrazio fin d'ora infinitamente per il tempo che mi vorrete concedere.
Ho scelto di far seguire l'intera storia da un "contesto musicale", affidando ai titoli di celebri canzoni il titolo di ogni capitolo. Spero proprio che lo spirito di ogni pezzo ricordato possa aiutare a comprendere lo spirito di ogni parte della storia.
Con molta emozione, non mi resta che augurarvi buona lettura!
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7 -  Ti voglio bene (non l'hai mica capito)
Vita in normandia, visita a Hortense, l'incapacità di amare e di lasciarsi andare, la partenza


La pioggia continuò battente nei due giorni seguenti: folate di vento portavano pesanti scrosci a infrangersi contro le finestre. Il mare era grigio e minaccioso e alti cavalloni sormontati da schiuma bianca si abbattevano sulla riva arrivando a coprire le spiaggia per molti metri. A Oscar non dispiacevano le burrasche del nord: protetta dal tepore della casa amava ascoltare il fischiare del vento e il rumoreggiare del mare. Sarebbero stati certamente giorni comunque quieti e piacevoli se la falla sul tetto non avesse ceduto nuovamente, creando non pochi problemi. 

Dopo aver riparato il buco nel solaio alla bell'e meglio con André, Madame Lorette si era immediatamente prodigata a cercare una manovalanza capace di sistemare la situazione in maniera definitiva e così già di buon mattino, preoccupata per il maltempo che non accennava a placarsi, aveva inviato il garzone in paese. Questi era tornato bagnato e infreddolito con notizie poco rassicuranti: in paese c'erano stati infatti diversi danni e nessuno era disponibile per accorrere subito a Villa Jarjayes. Madame Lorette aveva premiato la solerzia del garzone con del latte caldo alla vaniglia e una fetta di crostata, poi si era confrontata con Madamigella Oscar e André. 

Leggendo una profonda preoccupazione sul volto della governante, André si offrì di occuparsi personalmente del problema. Aveva seguito tante volte interventi e riparazioni a palazzo Jarjayes ed era sicuro di poter sistemare definitivamente la falla senza troppe difficoltà. Gli servivano un paio di buone braccia in aiuto e scrisse per Madame Lorette una lista del materiale di cui avrebbe avuto bisogno. 

Affiancato dal giardiniere, uomo dotato di buona manualità e non spaventato dai lavori faticosi, André si mise velocemente all'opera.

 

Trascorsero così alcuni giorni piuttosto affaccendati; Oscar passava per lo più il suo tempo con Rosalie, studiando insieme o distraendosi con giochi di carte o letture, mentre André restava in solaio a lavorare alacremente e Madame Lorette si adoperava affinché la casa fosse sotto ogni aspetto gestita alla perfezione.

Durante la permanenza alla Villa, Oscar aveva ricevuto diverse missive da parte di sua sorella Hortense: era ospite presso parenti della prima moglie del generale in una località poco distante e la pregava di andare a trovarla per qualche giorno. Oscar aveva inizialmente declinato, quindi ignorato le missive, ma i ripetuti inviti l'avevano costretta a rispondere e così quando la pioggia cessò, decise di accettare e di annunciare il proprio arrivo assieme a Rosalie; l'avrebbe presentata come sempre come una parente di sua madre.

André non riusciva a raggiungere Oscar e Rosalie per pranzo, ma la sera si univa a loro per cena, sempre elegante e ordinato, intrattenendosi con loro nonostante le molte ore di fatica. Quando Rosalie si congedava, lui e Oscar rimanevano in compagnia bevendo cognac o sherry e a lei piaceva ascoltare André leggere per lei brani scelti che avevano amato o che lui le proponeva, parlandole di nuove letture e di nuovi autori interessanti. In questi momenti di quotidiana intimità Oscar provava una sensazione di pace infinita ed ora si sentiva dispiaciuta di doversi assentare, anche se brevemente.

 

Dopo il primo giorno, Oscar aveva trovato un pretesto per portare il pranzo ad André in solaio. Madame Lorette, impeccabile ed efficiente come sempre, non si era posta domande e dal giorno seguente le aveva fatto  semplicemente trovare il cesto già pronto. 

Dopo aver pranzato con Rosalie, Oscar raggiunse quindi André. Quando arrivò in solaio lo trovò intento a impastare malta in un ampio secchio, mentre Fernand il giardiniere, gli avambracci villosi e le mani grosse e callose,  preparava i coppi necessari a sostituire quelli rotti. André, una vecchia camicia con le maniche arrotolate fino ai gomiti e un paio di pantaloni logori e macchiati, la accolse con un sorriso. Lei rimase in silenzio a guardarlo mangiare, mentre lui scambiava qualche parola con Fernand e rideva ai suoi racconti gioviali; alzava tuttavia di tanto in tanto lo sguardo su di lei, per restare ogni volta con gli occhi impigliati per qualche prezioso istante.

 

Oscar si preparò alla partenza di malavoglia; si alzò di buon'ora senza alcun entusiasmo, ma fu piacevolmente sorpresa, presentandosi per la colazione, di trovare André ad attenderla. Quando arrivò il momento della partenza, lui si occupò di sistemare i pochi bagagli sulla carrozza e aiutò Rosalie a salire ed accomodarsi. Oscar, in piedi accanto allo sportello, sembrava non decidersi a prendere posto. André le appoggiò con dolcezza una mano sulla spalla. "Non ti divertire troppo in questi due giorni con tua sorella!" la canzonò. Lei sorrise, abbassando lo sguardo. "Quando tornerai il tetto sarà tornato come nuovo!" continuò lui. "Va bene." rispose Oscar, appoggiando già il piede sul predellino. André si allontanò, avviandosi a passi lenti verso l'ingresso. 

Dalle cucine, Aurelia si affrettò: voleva raggiungere Rosalie per un ultimo saluto, ma Madame Lorette aveva scorto dalla finestra Madamigella Oscar scendere dalla carrozza e correre verso André, ancora di spalle. Fermò perciò la figlia assegnandole immediatamente una commissione. Vide Oscar avvicinarsi ad André e prendergli la mano e lui girarsi sorpreso. Madame Lorette sorrise, testimone involontaria di un istante di tenerezza.

 

Hortense fu felice di ricevere Oscar; la accolse con profusione di attenzioni e si dimostrò ammirata da Rosalie, dalla sua bellezza e dalla sua naturale grazia. I parenti della prima moglie del generale si rivelarono ospiti attenti e cordiali e offrirono un'accoglienza raffinata. Rosalie si dimostrò brillante nella conversazione e perfettamente a proprio agio nei vari appuntamenti mondani che si susseguirono nei due intensi giorni di permanenza. Si tenne una cena di gala in loro onore e Oscar fu orgogliosa di vedere la sua protetta bellissima ed elegante negli  abiti che aveva preso per lei a Parigi.

Dopo cena Hortense si esibì al piano e ascoltandola distrattamente mentre sorseggiava cognac seduta accanto al cognato, Oscar si sorprese, accorgendosi  di pensare ad André. Si sorprese ancor di più rendendosi conto che le mancava: da che era bambina non era mai andata da nessuna  parte per più di un giorno senza di lui. Hortense finì il suo pezzo e gli astanti applaudirono; Oscar rimase seria, il pensiero di André stretto nel cuore. Il cognato richiamò la sua attenzione e Oscar sorrise automaticamente, applaudendo educatamente in direzione della sorella. 

Si coricò pensando che era la prima volta da che André era arrivato a palazzo Jarjayes, che loro due non avrebbero passato la notte sotto lo stesso tetto. L'indomani, nonostante le molte insistenze di Hortense, non volle prolungare la visita neppure di un solo giorno.

 

Seduta con le gambe accavallate, intenta a sorseggiare cioccolata dopo aver sbocconcellato un biscotto alle nocciole e mandorle, Oscar alzava di tanto in tanto gli occhi e da sopra la tazza osservava André sorridente ascoltare con attenzione i racconti di Rosalie, commentando di tanto in tanto con gentilezza. Appoggiò la chicchera e schiacciò con la punta del dito le briciole rimaste nel piattino di porcellana decorato a motivi floreali. Raccolse una scaglia di mandorla portandola alla bocca e non poté ignorare una sensazione di vuoto alla bocca dello stomaco ripensando alle dita di André che le sfioravano le labbra e la lingua. Le era mancato. Perché le era mancato? Perché erano sempre stati insieme. Ma come le era mancato? Non come le poteva essere mancato il conte di Fersen, per cui non poteva che sentirsi preoccupata, sapendolo in guerra. Le era mancato per questo: per la pace di questi momenti in cui non aveva bisogno di altro che essere se stessa… le era mancato perché era André…

Si alzò repentinamente e andò a versarsi un bicchiere di Armagnac, prendendo la bottiglia dallo stipetto intarsiato. André la seguì con lo sguardo; "Ne versi un po' anche per me?" le chiese. Oscar si avvicinò porgendogli il bicchiere; prendendolo André le sfiorò le dita, indugiando un istante più del necessario; gli occhi si incontrarono. Oscar, nervosa, abbandonò il proprio bicchiere e si mise al pianoforte.

 

André aveva mantenuto la sua promessa e al ritorno di Oscar e Rosalie il tetto era stato definitivamente riparato. 

Quando verso sera la carrozza era arrivata davanti all'ingresso di Villa Jarjayes, lui era ancora nella propria stanza. Madame Lorette, impegnata in guardaroba, si era resa conto dell'arrivo solo all'ultimo momento; aveva pensato che ad André avrebbe fatto piacere poter accogliere per primo Madamigella, ma giunta nell'atrio si era accorta che non avrebbe avuto il tempo necessario per raggiungerlo e bussare per avvertire, come sarebbe convenuto, così, ovviando alle sue solite maniere impeccabili lo aveva chiamato a gran voce. André era accorso allarmato e quando Madame Lorette si era scusata, indicando la carrozza ormai ferma, lui le aveva sorriso grato ed era uscito di corsa, arrivando ad aprire lo sportello prima che il cocchiere potesse scendere dalla cassetta. Rosalie era scesa per prima e dopo averlo salutato era subito andata incontro ad Aurelia che la aspettava accanto alla madre. Oscar lo aveva guardato in silenzio e aveva preso la mano che lui le porgeva. Lui l'aveva aiutata a scendere e l'aveva accompagnata fino alla sua stanza.

Ritrovarsi nuovamente tutti e tre a cena era stato piacevole e ora André  ascoltava Rosalie raccontare con entusiasmo della visita presso i parenti del generale. Di tanto in tanto alzava gli occhi su Oscar e presto si accorse che anche lei, ostentando una falsa indifferenza, lo osservava, lanciando sguardi furtivi oltre la tazza da cui sorseggiava cioccolata. Quando lei si alzò per prendere del liquore, le chiese di versarne anche per lui e quando lei gli porse il bicchiere, lui fece in modo da sfiorarle le dita, inducendola a guardarlo negli occhi prima di mettersi al piano. Quando la musica riempì la stanza Rosalie interruppe il suo racconto; André sorrise. Dandogli le spalle Oscar suonava nervosamente; André la sentiva pestare sui tasti conferendo alla melodia un andamento incalzante ed ebbe la certezza di esserle mancato.

 

Quando Oscar ebbe finito di suonare Rosalie si alzò in piedi battendo le mani, prodiga di complimenti. Oscar l'ascoltò ringraziando e quando la giovane si congedò, le auguró la buonanotte con dolcezza.

Ancora seduta al piano, si accorse che André, rilassato sul sofá di velluto rosso col suo bicchiere di Armagnac, reggeva un volume di Tacito di cui teneva il segno con un dito stretto fra le pagine chiuse. Mentre lei amava leggere Tacito, sapeva che non era fra gli autori preferiti di André. Incuriosita gli lanciò uno sguardo obliquo; "Da quando ti diletti con Tacito?" chiese ironica. André si alzò e in un attimo le fu alle spalle. Sporgendosi verso di lei fino a portare il viso accanto al suo, aprì il libro sul leggio del pianoforte. Oscar non poté fare a meno di ridere: ben spianato fra le pagine fitte di caratteri stampati e appunti al lapis, ricordi di studi e consegne degli anni di studio, faceva bella mostra di sè un foglio malamente strappato su un lato, leggermente ingiallito lungo i bordi, su cui era disegnata stentatamente la figura di un gentiluomo dalla testa di capra, con tanto di corna che spuntavano dall'abbozzo di un cappello piumato. Sopra il disegno, in un corsivo svolazzante ed artefatto, si leggeva "Monsieur La Chèvre". L'opera era anche firmata: "I banditi giustizieri O. e A.". Lei e André non erano più che bambini all'epoca del disegno! Erano sempre stati allievi studiosi e diligenti, ma stare in villeggiatura non era come essere a palazzo Jarjayes… e così con il mare che occhieggiava dalle ampie finestre del bovindo dello studio si erano sempre ritrovati tutti e due svogliati e poco attenti. Ricordavano entrambi che Monsieur Lachève, il loro precettore,  non faceva che richiamarli: "André! Signor contino! Attenti!" ma anziché stare ad ascoltarlo, loro si scambiavano di nascosto disegni satirici (.. e spesso poco rispettosi…) su di lui, il cui nome si prestava sempre purtroppo a facili ed irriguardose storpiature. Il disegno rimasto per tanto tempo nascosto nel libro di Tacito della piccola biblioteca della Villa, era stato evidentemente fatto a quattro mani… Oscar ricordava che si erano firmati  "banditi giustizieri" sull'onda dei racconti di Robin Hood che avevano ascoltato e letto e che li avevano molto impressionati.

Oscar volse il viso; André era così vicino che lei gli sfiorò una guancia con la punta del naso, ma lui non si ritrasse. Si avvicinò anzi di più e senza esitazione la baciò. Lei aprì la bocca per accoglierlo, le mani ferme in grembo come un attimo prima, quando ridevano insieme del disegno ricordo d'infanzia. Lui le accarezzò  piano uno zigomo. Oscar chiuse gli occhi per un attimo; il sapore dell'Armagnac era sensuale nella bocca di André. Forse le sarebbe piaciuto toccarlo. Alzò una mano per appoggiarla alla sua nuca. I suoi capelli erano morbidi… ma lei già lo sapeva. Sapeva ogni cosa di lui… ma fino ad ora non si era mai resa conto che ogni cosa di lui le fosse tanto cara. Oscar si staccò un istante per accarezzargli le labbra con la punta delle dita, poi si sporse per baciarlo di nuovo. André era esigente; la baciava  intensamente  e profondamente e il suo respiro era caldo e umido. Oscar pensò che forse, davvero, valeva la pena di non essere razionale per una volta… valeva la pena di lasciarsi andare, di vivere e basta. Le sembrava di poter finalmente bere dopo aver avuto sete per molto tempo. Si fermò e si alzò, costringendo André a indietreggiare di un passo, ma allungò una mano per trattenerlo, stringendogli le dita fra le sue. "Perché non mi hai detto niente?" chiese a bruciapelo, per poi mordersi l'interno del labbro: André non le avrebbe mentito. Non le mentiva mai. Era lei piuttosto a mentirgli. Spesso. Per mentire a se stessa… ma ogni volta lo faceva senza guardarlo, perché sapeva che lui non si lasciava ingannare affatto. Sapeva che poteva leggerle la verità negli occhi, nella voce… nel cuore. Si pentì e avrebbe voluto non aver detto niente perché sapeva che ora André le avrebbe risposto con la verità e lei non sapeva se voleva sentirla, la verità… se era pronta a sentirla… e soprattutto se era pronta ad accettarla…

André espiró guardandola negli occhi. Oscar vide nel verde delle iridi una determinazione che non conosceva. "Perché ti ho atteso con una pazienza di cui sono stupito," rispose André, la voce bassa e profonda "perché voglio poterti dire quello che provo per te senza che tu mi allontani o te ne vada.". Le cinse la vita attirandola a sé. La sentì irrigidirsi, ma non lo respinse. La baciò di nuovo, profondamente, prima di portare la bocca al suo orecchio, per dirle sottovoce, con fermezza: "Io ti amo Oscar. Credo di averti sempre amato.".  Oscar si divincolò dal suo abbraccio per guadagnare la porta ad ampie falcate; le mani strette a pugno, nel buio del corridoio gridò, chiamando due volte Madame Lorette. André, un'espressione dura sul volto, la guardò impassibile, espirando rumorosamente; strinse le labbra e serrò la mascella, determinato a non permetterle di mentire né a lui, né a se stessa.

La governante accorse allarmata. "Partiamo domani. Di buon'ora. Conto sulla vostra impeccabile capacità di organizzazione. Sono spiacente per il poco preavviso." le disse Oscar con lo stesso cipiglio con cui dava ordini alle sue guardie reali, per poi andarsene, sparendo nell'oscurità della casa.

Madame Lorette volse lo sguardo su André, con aria interrogativa. Lui scosse appena la testa, in un muto segno di diniego, prima di passarle davanti e avviarsi a passo spedito verso il piano nobile, inoltrandosi, come Oscar prima, nel buio. Quando raggiunse la porta della propria stanza, quella di Oscar era già chiusa e un denso silenzio avvolgeva ogni cosa. Indugiò un istante prima di ritirarsi, chiudendo rumorosamente. 

 

In piedi dietro la porta della propria stanza, le mani basse dietro la schiena, con i palmi appoggiati al legno, Oscar sussultò sentendo la porta sbattere nella stanza accanto. Sentì l'impulso di uscire. Avrebbe voluto fare irruzione nella stanza di André e gridargli che non si sarebbe dovuto permettere! Che avrebbe dovuto tenersi per sè le sue parole e i suoi sentimenti! … ma non lo fece. "Perché non mi hai detto niente?"... gliel'aveva chiesto lei. Gliel'aveva chiesto anche se conosceva già la risposta. La conosceva benissimo. "Credo di averti sempre amato.". Conosceva la risposta da sempre? Non avrebbe saputo dirlo…  ma certamente la conosceva da quando aveva sfiorato le labbra di André e aveva lasciato che lui la baciasse sulla spiaggia. Cosa aveva creduto di poter fare? Cosa aveva creduto di poter provare? … di poter vivere? Non era questo che ci si aspettava da lei. Non sarebbe dovuta partire. Non avrebbe dovuto lasciare Versailles e il proprio ruolo. Colonnello delle guardie reali. Il colonnello Jarjayes. Quello era il suo ruolo! Si tolse le scarpe e ne lanciò una attraverso la stanza con stizza, colpendo la finestra. La raggiunse. Aprì un'anta, poi la richiuse repentinamente, coprendo con le pesanti tende l'immagine della luna che si specchiava sul mare nero della notte, cospargendo di fili argentati le onde.  Si lasciò cadere sulla poltroncina. Non poté dormire.

André, il respiro contratto, il cuore in tumulto, le mani sui fianchi, restò fermo in piedi nel centro della propria stanza dopo aver sbattuto la porta. Sarebbe voluto uscire. Avrebbe voluto entrare nella stanza di Oscar e darle della vigliacca. Chiederle perché  ammettere di amare la spaventava tanto e perché lasciarsi amare la spaventava ancora di più… Avrebbe voluto domandarle perché gli aveva chiesto di parlare se poi non era disposta ad accettare le sue parole… Arrabbiato, frustrato, lasciò cadere le braccia. Non avrebbe dovuto risponderle. Non le avrebbe dovuto dire niente! In un impeto di rabbia diede un calcio al nulla. Vide ben ripiegato accanto alla toletta il fazzoletto da collo. Non poteva essersi sbagliato! Si buttò a sedere sul letto con pesantezza, incassò la testa fra le spalle prendendosela fra le mani, i gomiti appoggiati alle ginocchia. Sbuffò.

 

La partenza fu triste e frettolosa. Madame Lorette aveva dato prova di tutta la sua efficienza ed era riuscita a organizzare ogni cosa nel poco tempo che le era stato concesso. Oscar aveva rifiutato persino la colazione e la governante si era premurata di preparare un ricco cesto di generi di conforto per il viaggio. Rosalie aveva accolto con grande tristezza la notizia dell'improvvisa partenza, cui Madamigella si era rifiutata di dare spiegazioni che non fossero generiche allusioni a qualche non ben definito richiamo da Versailles. Lei e Aurelia si erano salutate abbracciandosi e piangendo, promettendosi di scriversi con assiduità e di cercare di rivedersi presto. Avevano continuato a stringersi le mani finché André, dopo aver aiutato Rosalie a salire in carrozza, non aveva chiuso lo sportello. Oscar era già salita senza aspettarli, prendendo posto nell'angolo di un divanetto e girando il viso verso il finestrino che dava sul parco per non dover vedere la Villa e il mare allontanarsi una volta partiti. Aveva salutato Madame Lorette e il poco personale di servizio presente con poche parole di ringraziamento fredde e distaccate. André era salito in cassetta serio e taciturno e aveva incitato i cavalli a voce bassa, con un gesto secco e deciso delle redini, che andarono a sollecitare gli animali, colpendoli sulle terga. La carrozza partì subito a una velocità sostenuta. Madame Lorette, ritta e compunta accanto alla figlia, la guardò allontanarsi con tristezza, augurandosi in cuor suo che "il giovane conte" potesse trovare il coraggio di non sprecare il dono dell'amore e della gioventù.

 

Il viaggio fu lungo e noioso. Oscar rimase sempre trincerata dietro un ostinato silenzio e nonostante si sforzasse di essere gentile con Rosalie, non le rivolse che poche parole. André rimase sempre in cassetta e mangiò solo, durante una breve sosta. Oscar non mangiò affatto. Dopo diversi tentativi di conversare caduti nel vuoto, Rosalie si arrese al silenzio e fra i sospiri e il dispiacere per aver dovuto lasciare un posto che le era diventato subito caro e un'amica cui si era molto affezionata, passò il suo tempo leggendo e assopendosi di tanto in tanto. Fu necessario fermarsi per la notte; la cena nella piccola sala della locanda "Le vieux sapin" non fu affatto così allegra come durante il viaggio verso il mare. Madamigella Oscar si ritirò senza nemmeno darsi la pena di offrire una scusa, lasciando Rosalie sola con André. Mesti, mangiarono poco e di mala voglia e la giovane preferì ritirarsi presto, non mancando tuttavia di lasciare una carezza lieve sulla mano di André, fermo al tavolo con un boccale di birra la cui schiuma si era già dissolta; lui le sorrise con gentilezza: sempre cara, Rosalie!

Oscar si era spogliata in fretta e si era buttata sul letto sbuffando dopo essersi rinfrescata velocemente. Nuovamente, tuttavia, avrebbe trascorso una notte insonne, perché per quanto si girasse e si rigirasse non riusciva a trovare requie.



Note al settimo capitolo

Come sapete già, la storia e i capitoli portano titoli di canzoni: 

Per l'intera storia:
These are the days of our lives
Da "Innuendo" - Queen - 1991

 

Per il settimo capitolo:
Ti voglio bene (non l'hai mica capito?)
Vasco Rossi, dall'album "Colpa d'Alfredo", 1980

 

Per quanto riguarda i ricordi di infanzia di Oscar e André, benché abbia fatto ricerche non sono riuscita a stabilire se effettivamente il personaggio di Robin Hood fosse noto nella Francia dell'epoca, ma non trattandosi che di un piccolo accenno non fondamentale per lo sviluppo della trama, ho scelto comunque di lasciare questo riferimento nella narrazione.

La battuta di André ("Ti ho atteso con una pazienza di cui sono stupito") è in realtà di Retth Buttler e nuovamente l'ho presa a prestito dal genio creativo di Margaret Mitchell. La battuta seguente ("Io ti amo Oscar. Credo di averti sempre amato.") è invece presa dalla traduzione italiana originale dell'episodio 28 dell'anime "Lady Oscar", "Un innamorato respinto".

   
 
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