Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: genius_undercover    05/06/2023    1 recensioni
[...] “Cos’è stato?!” La voce della prima donna rimbombò sulle pareti distrutte della struttura fatiscente.
“Topi schifosi.” Fu la risposta disinteressata dell’altra.
“Sì.” Confermò la Bestia. “Topi schifosi a forma di ladro inglese con arco e frecce.”
__
AU post S4a
OutlawQueen, CaptainSwan, Snowing, Rumbelle (minor)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Henry Mills, Regina Mills, Robin Hood
Note: AU, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Backfire

 

           “Henry, sei proprio sicuro che non sia successo niente?” 

“Sicurissimo.”

Regina accennò una risata e Henry appena la sentì mollò la presa per sorriderle di nuovo apertamente. 

Adesso la sua fretta si era trasformata in orgoglio, e poco importava che si trovassero entrambi fermi sul marciapiede, a meno di un isolato dal loro bed&breakfast di fiducia. 

“Tu mi nascondi qualcosa.” Dichiarò nuovamente la donna, stavolta con dolcezza. “Ammettilo.” 

“È che sono tanto contento di sapere che hai salvato la vita di quelle fate.” Spiegò il giovane, riprendendo a camminare con ostentata calma. “Voglio sapere ogni singolo dettaglio.”

Regina lo affiancò e prese a raccontare l’esperienza come se fosse stata una cosa da niente. Henry l’ascoltava rapito. 

Ben presto, il Credente si rese conto che, man mano si avvicinavano alla destinazione, il passo di sua madre si faceva più pesante e il suo sguardo diveniva più cupo, nonostante avesse finto normalità per tutto il tempo.

La confusione all’interno del locale si avvertiva sin da fuori. 

Regina non si era neanche accorta di star dimostrando una certa riluttanza alla prospettiva di entrare, ma a Henry non era sfuggito un bel niente. 

“È solo una colazione.” Le disse, arrestandosi proprio davanti alla soglia della porta a vetri.  

“Di che cosa stai parlando?” Gli chiese lei sinceramente confusa, puntando entrambe le mani sui fianchi. (Un gesto che Henry aveva imparato a riconoscere alla perfezione.)

“Lo so che non vuoi stare in mezzo alla gente.” Le rispose quindi, con un’alzata di spalle. “Che non vuoi vedere nessuno.”

Quelle parole colpirono Regina come una pugnalata.

Rimase immobile per diversi attimi, sorpresa che suo figlio potesse leggerla tanto bene. 

“Hai smesso di combattere. Me ne sono accorto, sai?”

“Henry…”

“Io non mi sono mai arreso.” Continuò il ragazzino, fronteggiandola con autentica testardaggine, una delle poche caratteristiche che aveva ereditato sia da Emma che da lei. “Tu invece sì e ti sbagli!  Devi continuare a lottare, per ottenere il tuo lieto fine. Anche se ti sembra di no, l’Operazione Mangusta non è ancora finita.”

La famigerata Regina Cattiva aveva appena perso una discussione con un adolescente senza nemmeno averla cominciata. Per poco non si commosse. “Non ce n’è più bisogno, tesoro.”

“Tu non ti rendi proprio conto!” Henry abbassò la testa con un certo imbarazzo. “Lui…ti voleva bene…molto bene, e io non ti avevo mai vista tanto felice in vita mia.”

“Non ho bisogno di lui.” Replicò pazientemente Regina, posandogli una mano sulla spalla e tirandolo così fuori da ogni vergogna. “Henry, voglio che mi ascolti bene, devo spiegarti una cosa importante.”

“Che cosa?” Le chiese, sinceramente curioso.

Tu. Sei tu, la persona più importante della mia vita. Fintanto che stai bene e mi sei vicino, sono la donna più felice di tutto il mondo.”

Il ragazzino non sapeva se essere più sconvolto per le parole in sé o per il fatto che dopo mesi di silenzi, monosillabi e spietato sarcasmo, sua madre fosse riuscita a mettere più di due parole in fila sui suoi sentimenti. 

Ed era la cosa più bella che avesse mai sentito. 

O meglio, l’aveva sempre saputa, ma Regina non era mai stata brava con quelle cose. Gliele aveva dimostrate, certo, ma raramente gliele aveva espresse con tanta chiarezza. 

“Sono consapevole che non è mai stato facile vivere con me. Sono stata terribile.”

“Volevi proteggermi.” Le rispose, ritrovando finalmente la voce per parlare. “Ci ho messo un po’, ma l’ho capito.”

“Non so proprio che cosa ho fatto per meritarti.”

“Non c’entra niente il merito, ne sono sicuro! Avevi solo bisogno di me come io avevo bisogno di te e sono tanto contento di esserci stato. Adesso entriamo?”

“D’accordo.”

Si voltarono entrambi verso la porta. 

Il cuore di Regina batteva impazzito: gli schiamazzi si facevano sempre più vicini e la cosa prese a darle istantaneamente sui nervi. 

Rivedere quell’acida della vedova Lucas, le avrebbe dato sui nervi, così come l’aspettativa che, a giudicare dalla confusione, presto avrebbe dovuto confrontarsi con almeno mezza città. 

Ma che cosa sta succedendo là dentro? 

Henry si fece immediatamente da parte, permettendo a sua madre di varcare la soglia per prima. 

Regina non si era sbagliata: mezza città era riunita dentro il locale e sembrava in agitazione. 

Non appena la videro, i cittadini fecero calare un silenzio assordante e un rumore di vetri infranti fu l’unica cosa che catalizzò l’attenzione di tutta la stanza. 

Da quel momento in avanti, ognuno trattenne il fiato. 

Emma e Killian avevano la bocca aperta. 

Ruby, Belle, Will Scarlett, Granny stessa attendevano con trepidazione lo svolgersi degli eventi. 

Anche Mary Margaret e David avevano lo sguardo fisso sulla regina, che credeva di star vivendo un’allucinazione. 

Robin Hood. 

Era seduto su uno dei tanti sgabelli del locale a meno di un metro da lei, carne e ossa. 

Sembrava stanco, affaticato, come se avesse corso ininterrottamente per miglia e miglia e stesse ancora lottando per ritrovare il fiato. 

Il bicchiere che doveva aver stretto fino all’istante prima non era mai arrivato alla sua bocca: appena si era accorto di lei, l’aveva lasciato schiantare a terra…e adesso la stava fissando con un’espressione indecifrabile.

“Ho ho!” Sghignazzò Granny da dietro il bancone del bar. “Prevedo fiamme, qui!”

“Shhh!” Bisbigliò immediatamente Ruby, intenzionata a non perdersi nemmeno uno sguardo.

Henry fino a quel momento era rimasto dietro alla sua mamma adottiva, per assicurarsi che rimanesse in piedi: era impallidita tanto che si era preoccupato che potesse svenire da un momento all’altro. 

Inaspettatamente, fu proprio Regina a rompere il silenzio, nonostante il subitaneo tentativo di non perdere il controllo fosse chiaro come il sole. 

“Non è possibile…” 

Malgrado il suo tono fosse ridotto ad un sussurro, fu chiaramente udibile nel silenzio teso. 

“Che ci fai qui?” Gli domandò poi con voce un po’ più ferma, muovendo i primi passi all’interno al locale. 

Robin riuscí finalmente a calmarsi. 

Prima di meditare di dirle qualsiasi altra cosa riguardante se stesso, doveva parlarle di ciò che aveva visto. 

Non poteva più tacere, aveva fatto tutta quella strada apposta per tornare da lei ed avvertire i suoi amici.

“Gold.” Fu l’unica parola che riuscì a pronunciare. 

Regina riacquisì l’insperato controllo all’istante. “Che cosa ha fatto?” 

Lui scosse la testa con noncuranza. “Niente, ma non starà fermo a lungo.” Sentenziò, senza distogliere gli occhi da quelli di lei. “Sei in pericolo, milady. Siete tutti in pericolo.”

“Perché?” Chiese Emma, interrompendo il loro contatto visivo. 

“Perché lui sta tornando.” Spiegò Robin guardando la Salvatrice con preoccupazione. 

“Questo non è possibile.” Intervenne Belle. Aveva le lacrime agli occhi, ma la sua espressione tradiva rabbia. “È stato esiliato. L’ho esiliato io stessa. Non c’è modo in cui possa tornare.”

“Io l’ho trovato!” Fece presente Robin con gentilezza, palesemente rammaricato per aver  procurato le lacrime di un’amica. “L’ha trovato anche lui, però, e non sarà da solo.”

Qualcuno cominciò a bisbigliare e ben presto l'intero locale andò in fermento.

David dovette salire sul bancone per farsi ascoltare. 

“Raggiungete le vostre abitazioni e non lasciatevi prendere dal panico!” Proclamò il Principe a gran voce. Solo dopo diversi minuti la confusione venne sedata. “Abbiamo fermato l’Oscuro una volta. Ci riusciremo di nuovo.”

Non appena la folla rumoreggiante fu defluita all’esterno del bed&breakfast, David scese a terra e mise una mano sulla spalla di Robin, aiutandolo a rimettersi in piedi. 

“Dobbiamo fare in fretta.” Esclamò poi: anche se le sue parole erano state rassicuranti, ognuno sapeva che c’era poco tempo, prima che il panico dilagasse completamente in tutta la città. 

“Ti va di raccontarci cos'è successo?" Domandò Killian, rivolto all’arciere. “Te la senti, amico?” 

Robin annuì convinto. 

“Andiamo nel mio ufficio.” Propose Emma. Poi all’improvviso guardò Regina per avere un cenno d’assenso anche da parte sua. 

La mora accompagnò immediatamente Henry alla porta. 

Nonostante l’inquietudine dovuta alle parole di Robin, il ragazzino aveva il sorrisetto beffardo di chi la sapeva lunga. 

Regina ebbe così la conferma che Henry sapesse già del suo ritorno, perché quella mattina era già stato da Granny e sicuramente era stato presente al suo arrivo. 

Ecco perché era andato a prenderla in ufficio.

“Corri a scuola.” Gli disse, con un tono che non ammetteva repliche.

“Ma non è giusto! Proprio adesso che volevo sapere—“

“No, che non vuoi sapere!”

“Ma mamma!”

“Non mi sembri proprio nella posizione di poter discutere!”

Henry sospirò dispiaciuto, ma non perse il suo sorriso. “Mi racconterai tutto dopo, non è vero?”

“Sarà difficile!”

“Andiamo, mamma! Ho dovuto mentire per forza, altrimenti non avrei proprio saputo come portarti qui.”

“Niente da fare, giovanotto.” Regina incrociò le braccia. “Va’, ora. Non voglio che arrivi in ritardo.”

Henry decise di giocarsi l’ultima carta: lanciò uno sguardo a Robin, per poi fissare sua madre dritto negli occhi. “Scusa, per averti mentito. Mi perdoni?”

“Solo se la smetti di gongolare così tanto.”

Il ragazzino rise brevemente e prima di arrossire alzò una mano per salutare gli altri.  “Io te l’avevo detto che non avresti dovuto arrenderti!” Aggiunse poi a bassa voce, in modo che solo sua madre potesse sentire. 

“Va’, Henry.” Replicò lei. “Ci vediamo a casa.” 

E qualche istante dopo, Regina si ritrovò insieme a David, Emma, Mary Margaret e Uncino, a scortare Robin fino alla centrale di polizia. 

Nonostante camminasse a passo deciso, la donna sentiva la testa completamente vuota, come se galleggiasse nell’aria. 

Raramente le era capitato di provare una sensazione simile e non le stava piacendo affatto. 

Emma durante la strada non aveva fatto altro che girarsi verso di lei, per sorgere anche il minimo accenno di reazione, ma il suo volto si ostinava a rimanere imperturbabile, l’espressione altera e sicura come non la si vedeva da mesi.

Alla fine, gli Eroi e la Cattiva sedettero attorno alla scrivania. 

Robin, se possibile, sembrava ancora più sconvolto. 

“Prima di tutto raccontaci come hai fatto a tornare.” Chiese Mary Margaret con calma. 

“A cavallo.” Rispose immediatamente l’arciere. “Ho avuto la fortuna di trovarne uno in città prima di partire. 

Quando ho capito cosa voleva fare l’Oscuro, ho preso mio figlio e abbiamo lasciato di corsa New York. 

Non avevo nessuna mappa con me, non ero nemmeno sicuro di stare andando nella direzione giusta. Ho avuto degli indizi, però. Man mano che mi avvicinavo…c’era qualcosa che, non so come, mi diceva che stavo procedendo bene.”

“Che genere di indizi?” Domandò Emma, che aveva seguito tutto il discorso con le braccia conserte. 

Robin arrossì un istante, poi distolse lo sguardo, come se la domanda lo imbarazzasse  profondamente. 

“Io—come dire, credevo che fossero frutto della mia immaginazione…ma anche Roland mi diceva di vedere le stesse cose…”

“D’accordo, sorvoliamo.” Assicurò Emma, e il ladro riprese a parlare.

“La cosa importante è che a un certo punto mi sono ritrovato al confine che mi è apparso all’improvviso, come per magia.” 

“Se così fosse,” interloquì Mary Margaret “non ne capisco il senso. Non dovrebbe esserci la magia, fuori dal confine.” 

“Allora potrebbe esserci una falla.” Azzardò David.

“Non c’è nessuna falla.” Ribatté Emma. “Ma posso andare a controllare.”

“Hai detto che Gold non verrà da solo.” Ricordó Killian, riportando la conversazione sull’argomento principale. La stanza non era mai stata tanto silenziosa.

“È vero.” Confermò Robin. “C’erano due donne. Parlavano di qualcosa riguardante il lieto fine.” 

Regina a quel punto si alzò in piedi. Portò le mani sui fianchi e prese a camminare nervosamente avanti e indietro. 

Emma e Mary Margaret avrebbero potuto vedere gli ingranaggi girarle in testa, chiaramente, come in quel momento le vedevano i capelli corvini.

“Parti dall’inizio.” Propose la Salvatrice con fare incoraggiante.  

“Io e Marian avevamo appena avuto una…una discussione piuttosto accesa. Roland ci ha sentiti. Era già strano da mesi, ma questo l’ha fatto definitivamente spaventare: non mi aveva mai sentito alzare la voce in quel modo…e da sua madre non voleva farsi avvicinare, quindi avevo semplicemente deciso di portarlo fuori per calmarlo. 

Siamo abituati a camminare, noi due. 

Da sempre. 

Senza rendercene conto siamo arrivati in un posto a dir poco assurdo.”

“Che cos’era?” Chiese David. 

“Una struttura in rovina…come un castello dopo che lo abbandoni a sé stesso, ma la gente continuava a uscire ed entrare da lì dentro come se non se ne curasse. Sembravano dei morti ambulanti in realtà*, e Gold era confuso tra loro. 

I suoi vestiti sembravano logori, zoppicava ed era ridotto male come non l’avevo mai visto.” 

“E tu non potevi non seguirlo.” Intervenne Uncino. 

“Esattamente. Ho nascosto Roland e sono entrato in quel tugurio orribile senza farmi vedere.

Ho sentito il patto. L’Oscuro ha preso accordi con queste due persone per portarvi via il lieto fine o quantomeno rovinarvelo. Ha intenzione di cercare l’Autore per ribaltare le leggi magiche e annientarci tutti non appena torna qui.”

“E ha bisogno di alleati per questo?” Mormorò Regina di colpo. “Voglio dire, ciò che vuole fare è piuttosto chiaro, ma fin’ora ha sempre agito da solo."

“Hai detto che c’erano delle persone con lui.” Chiese Biancaneve. 

“Due donne.” Confermò Robin. “Sono arrivate a poco tempo di distanza l’una dall’altra.”

“E com’erano fatte?” Domandò Emma. 

Robin si accigliò, scandagliando più dettagli possibili nella sua memoria. “Le ho solo intraviste, purtroppo. Suppongo fossero terrificanti.”

“Non è molto su cui basarsi.” Commentó la Salvatrice, incrociando le braccia. 

“Praticamente niente.” Ammise il Ladro. “E me ne rammarico. La mia abilità di vedere nel buio si è rovinata…ma la memoria non mi ha mai tradito. Posso provare a descrivere le loro voci.”

“Ottima idea.” Disse Biancaneve. “Magari può aiutare! Abbiamo affrontato ogni sorta di cattivo, sono sicura che lo capiremo.”

“Una delle voci era molto profonda e—”

“Profonda più o meno di quella di Regina?” Chiese Uncino, ed Emma trattenne una risata a stento.

“Chiedo scusa?!” Protestò la mora, smettendo di camminare all’istante. “Che razza di domanda è?”

“Legittima! Sto solo cercando di aiutare il mio amico!” 

“Bada a quello che dici, pirata da strapazzo.”

“Non discutete, per favore.” Esclamò l’arciere, facendoli smettere all’istante. “Killian non dice il falso: ciò che ho sentito lì dentro non è neanche lontanamente paragonabile alla voce di Regina, ne’ a quella di nessun altro su questa terra. Era davvero terribile, come se non appartenesse a questo mondo.”

Uncino incrociò le braccia. “Ti è sembrato che volesse avvolgerti nei suoi tentacoli e strapparti fino all’ultimo soffio di vita dai polmoni?”

“Sì…” Robin sgranó gli occhi. “Sì, chi te l’ha detto?”

Il Capitano scosse la testa, e in un moto di stizza sbatté l’uncino contro la scrivania, dimentico di non avere più la mano. “Dannazione! Non mi sorprende che si sia alleata col Coccodrillo.”

“È chi penso che sia?” Chiese Regina, accantonando il risentimento verso il pirata per un attimo. 

“E come diamine faccio a sapere a chi stai pensando?! Se tu la maledetta strega, qui dentro.” 

“Vorreste spiegare anche a noi?” Domandò Emma, leggermente indispettita dalla loro intesa. “Di chi si tratta?”

“Ursula.” Esclamò semplicemente Uncino. 

“La Strega del Mare.” Dichiarò Regina, nello stesso istante. 

“Ho sentito molto parlare di lei.” Mormorò Biancaneve. “È ancora così pericolosa? Insomma, se è lontana dal mare…”

“Abbiamo il mare, qui.” Osservò Killian. 

“Questo è totalmente irrilevante.” Puntualizzò la mora. “Se quella sottospecie di mollusco ha trovato il modo di uscire dall’acqua e procurarci grane, non fa differenza dove appoggia i tentacoli. La stessa idea che sia in combutta con Gold potrebbe essere un grandissimo problema.” 

“Tu come conosci la Strega del Mare?” Chiese David. 

“Ho dei trascorsi da cattiva, conosco i cattivi.”

“Robin,” Chiamò Emma, ristabilendo il silenzio “sapresti descriverci la voce dell’altra donna?”

“Quella trasudava perfidia, avevo i brividi ogni volta che pronunciava una parola. Ma la cosa più inquietante era ciò di cui parlava.” 

“Che vuoi dire?” Chiese Killian. “Ti riferisci al lieto fine o del fatto che vogliono ucciderci tutti?”

Robin si portò una mano sul ponte del naso, sempre più stanco. “Parlo di un’arma. Useranno quella, per ucciderci. Credo che in questo modo riusciranno ad attirare l’attenzione dell’Autore ed ottenere il loro lieto fine.” 

“Hanno detto dove si trova, quest’arma?” Interruppe Biancaneve. Qualcosa stava cominciando a preoccuparla oltre misura. 

“Sotto la città.” Rispose l’arciere. 

“Che cos’è?” Fece eco David, angosciato almeno quanto la moglie.

“Non…non lo so, non l’hanno detto. A volte mi sembrava che stessero riferendosi ad una persona, piuttosto che a uno strumento vero e proprio.”

Quella risposta li sconvolse tutti. 

Dopo un lungo silenzio, Emma afferrò la maniglia del cassetto in un gesto convulso e sotto gli occhi dei presenti si mise a frugare al suo interno. 

“Cosa stai cercando?” Domandò Mary Margaret, intenta a decifrare la forma di tutti quegli oggetti buttati alla rinfusa. 

La Salvatrice, invece di risponderle, estrasse un acchiappasogni. 

Robin squadrò immediatamente l’artefatto con diffidenza, quasi avesse percepito una qualche energia maligna in esso.

“A che servirebbe quel coso?” Domandò David. 

“Ad ascoltare tutti insieme le voci che ha sentito Robin.” Spiegò Emma, e Regina sentí l’esigenza di distogliere lo sguardo da lui: era consapevole cosa implicasse il funzionamento di quell’oggetto. 

Si voltò quindi del tutto, mentre la bionda poneva l’acchiappasogni sotto il volto del Principe dei Ladri. 

“Come si fa?” Chiese quell’ultimo. “Devo guardarci dentro?”

“Devi piangere.” Rispose la bionda. “Concentrati intensamente sul ricordo più triste che hai, al resto penso io.”

Robin sgranó gli occhi e cercò istintivamente una via di fuga: si sentiva così stupido. 

Così stupido. 

Non era stato in grado di aiutare i suoi amici e adesso avevano dovuto ricorrere a quegli stratagemmi magici che lui non comprendeva nemmeno un po’, senza contare che non sapeva proprio come avrebbe fatto a piangere senza sembrare ancora più idiota. 

“Robin.” Esclamò Mary Margaret, stringendogli improvvisamente una mano tra le sue. “Sei gelido. È tutto a posto.”

“Devi calmarti, amico.” Aggiunse Uncino, notando che l’incanto di Emma non stava funzionando. Si fece quindi da parte: doveva essere imbarazzante per lui, piangere davanti a tutti. 

“Hai tutto il tempo.” Esclamò la Salvatrice, ma dopo minuti di interminabile silenzio, non apparve nulla. 

“Regina.” Chiamò allora David, attirando la sua attenzione. “Vieni, andiamo a bere qualcosa.”

Regina seguì il Principe Azzurro ai distributori automatici del piano sottostante senza fiatare e senza degnare di uno sguardo il resto della stanza. 

           “Pensa alla cosa più sconvolgente che tu abbia mai vissuto.” Ripeté Biancaneve, continuando a tenere la mano di Robin tra le sue. “È l’unico modo che abbiamo perché questa cosa funzioni.”

“D’accordo…” Mormorò Robin. Cercò nei recessi della sua mente il ricordo più triste che avesse. Non appena i suoi pensieri si riempirono di momenti terribili, Emma vide i suoi caldi occhi azzurri farsi lucidi di tristezza. 

Non ci volle molto a che una lacrima atterrasse al centro dei fili intrecciati dell’acchiappasogni. 

Killian allora corse a richiamare David e Regina, e tutti insieme ascoltarono con attenzione la conversazione intera, mentre Robin si faceva da parte per ricomporsi.  

“Non ci voglio credere.” Esordí Uncino.

“Tremotino e Ursula li conosciamo.” Ricapitolò la Salvatrice. “Chi è la terza cattiva?”

“Crudelia De Mon.” Esclamò Regina, con le braccia conserte e un mezzo sorriso. “Dovevo aspettarmelo.” 

“Crudelia De Mon?” Ripeté Emma. “Quella, Crudelia De Mon? Quella fissata con le sigarette lunghe e le pellicce dei cani?”

“E il gin.” 

“Ora conosciamo la minaccia.” Rifletté Uncino, rivolto agli Azzurri. “Dovremmo fare dei turni di guardia per sorvegliare la città, vi pare?”

David non recepì una parola. 

Mary Margaret era profondamente assorta nei suoi pensieri.

C’era qualcosa di strano nell’aria. 

Regina aveva ripreso a camminare stizzita per la stanza, persa in chissà quali ragionamenti. Anche Emma era pensierosa, tuttavia fu la prima a riprendersi. 

“Devi tornare all’accampamento?” Chiese, rivolta a Robin. 

“Non…non dovremmo buttare giù un piano per difenderci da quei tre?” Domandò lui, confuso. “Dobbiamo cercare quell’arma prima di lui, non c’è tempo da perdere!” 

“Prima di fare qualsiasi cosa devi riprenderti.” Esclamò di colpo Biancaneve. 

“Permettimi di accompagnarti.” Fece eco David, ripresosi a sua volta dallo sconvolgimento di poco prima. 

“Credo di farcela da solo, ti ringrazio.” 

“Insistiamo.” Decise Mary Margaret e Robin cedette: non era nelle sue corde contraddire una principessa, ed era davvero stanco…adesso che ci pensava, aveva lasciato Roland a Little John senza nemmeno una spiegazione. 

“Io vado a sorvegliare il porto.” Propose Uncino. “Se quella strega saltasse fuori dall’acqua verrete debitamente avvisati.” Concluse, e si precipitò fuori senza salutare né Regina né Emma. 

La Salvatrice lo seguì con lo sguardo e mentre anche Robin si apprestava ad uscire scortato dagli Azzurri, cercò immediatamente gli occhi di Regina. 

La trovò intenta a fissare un punto indefinito fuori dall’unica finestra che c’era nella stanza, in completo silenzio.

Emma le si avvicinò cautamente, posando una mano sulla sua spalla. 

“Come ti senti?” 

Regina si voltò, ma non le rispose. Forse non sapeva cosa dirle. 

Sembrava si fosse appena ripresa da un incubo terribile, un altro atroce scherzo del destino. 

“Andiamo ad avvertire Leroy e gli altri nani, prima che irrompano nel tuo ufficio urlando di paura.” Propose la bionda. 

“Vai pure, se ci tieni.” Replicò l’altra, sottraendosi alla sua presa. “Io ho di meglio da fare.”

“Che cos’hai in mente?” 

“Quello che dovresti fare anche tu: vado a cercare un incantesimo di protezione per sigillare i confini, prima che Tremotino e le sue balie arrivino.”

“D’accordo. Chiamami non appena lo trovi, voglio aiutarti a lanciarlo.”

Regina annuì e fece per incamminarsi verso l’uscita, quando si sentì chiamare. 

Emma adesso le stava sorridendo come aveva fatto Henry proprio quella mattina da Granny. 

Ed esattamente come le era già capitato, la mora ebbe il sentore che dietro quel sorriso ci fosse il ritorno di Robin. 

“Andrà tutto bene.” Disse infatti la Salvatrice.

Regina scosse la testa e tirò le sue labbra piene nel ghigno più tagliente che avesse. “Stai cominciando a parlare come tua madre, Swan, non sei divertente.”

“Non intendevo esserlo.”

“Allora smettila. Sai bene quanto trovi inquietanti questi discorsi, specie se fatti da te.”

“Ho terrorizzato Regina Mills?”

“Oh, sì. A morte, ma per la noia.”

“E chi l’avrebbe mai detto!”

“Sarà bene che non lo sappia anima viva.” 

“Non temere, sindaco, io so mantenere i segreti.”

Quell’affermazione cancellò totalmente il ghigno di Regina. Il suo volto divenne di marmo, i suoi occhi si velarono di rabbia: un segreto rivelato le aveva rovinato la vita, e nonostante fossero passati dei secoli, quella ferita bruciava ancora.

Emma si maledì per quella battuta. Non poté fare altro che guardare la mora andarsene definitivamente. 

            Regina percorse la strada che portava alla sua casa col cuore in gola e a passo di carica, ignorando malamente i cittadini che provavano a fermarla per strada per avere informazioni. 

Quando raggiunse l’ingresso, allungò la mano per afferrare la maniglia e si barricò dentro casa. 

Finí per adagiarsi contro la porta. La testa era sul punto di scoppiarle, il cuore era colmo di sensi di colpa per aver piantato Emma in asso poco prima. 

Con le gambe tremanti, si lasciò cadere fino a finire a terra.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: genius_undercover