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Autore: Nikki Potter    15/06/2023    0 recensioni
Dio quanto odiava Mycroft Holmes.
Lo considerava un arrogante, un saccente, un bastardo.
Eppure lo amava. Più lo odiava più lo amava, era un rapporto direttamente proporzionale.
Doveva essere un vero masochista per nutrire sentimenti d'amore verso un Holmes. Soprattutto per Mycroft.
L'uomo di ghiaccio. Il senza cuore. O meglio cuore di pietra come amava dire lui.
"Dovrei avere un cuore da qualche parte, anche se la sua unica utilità è pompare sangue" gli aveva detto una volta.
[Mystrade]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dio quanto odiava Mycroft Holmes.

Lo considerava un arrogante, un saccente, un bastardo.

Eppure lo amava. Più lo odiava più lo amava, era un rapporto direttamente proporzionale.

Doveva essere un vero masochista per nutrire sentimenti d'amore verso un Holmes. Soprattutto per Mycroft.

L'uomo di ghiaccio. Il senza cuore. O meglio cuore di pietra come amava dire lui.

"Dovrei avere un cuore da qualche parte, anche se la sua unica utilità è pompare sangue" gli aveva detto una volta.

Si conoscevano da più di dieci anni ormai, nel mentre lui si era sposato e aveva anche divorziato e a Mycroft era bastato semplicemente guardarlo per capire e sapere tutto senza bisogno che parlasse. E a differenza di Sherlock non sputava fuori commenti fuoriluogo o crudeli, stava semplicemente in silenzio.

Una vera liberazione non dover spiegare un accidente.

Mycroft era il classico gentleman inglese ben vestito, portamento elegante e dritto, modi per certi versi affettati e spesso il tipico ghigno sarcastico di chi sa tutto e ritiene gli altri degli idioti.

Beh dovette ammettere che poteva permetterselo, era il più intelligente di tutti, anche di Sherlock.

Ma a differenza del minore era meno preparato a gestire le emozioni.

Certo, pure Sherlock non era l'esperto in quel campo, anzi, ma era il primo ad ammettere quando aveva una debolezza e a riconoscerlo e chiedere assistenza, di solito di John.

Invece Mycroft faceva il duro per poi crollare miseramente in pezzi quando era solo.

Ricordava ancora bene la sua faccia mentre guardava dal vetro del corridoio il volto pallido di Sherlock coricato in un letto d'ospedale dopo essere quasi morto per overdose. Impassibile all'apparenza ma gli occhi pieni di demoni e paure, la mano stretta talmente forte all'ombrello da avere le nocche bianche.

Era stato dopo la faccenda di Eurus che aveva avuto la conferma che quella che Mycroft mostrava agli altri era una facciata.

Aveva trovato il maggiore degli Holmes chiuso nella cella della sorella in preda all'agitazione, gli occhi leggermente fuori dalle orbite, le mani che si torturavano e la fronte imperlata di sudore.

E la prima cosa che gli aveva chiesto non era stata "tirami fuori da qui" ma "mio fratello?" a riprova che un cuore ce lo aveva eccome.

"Sta bene, mi ha chiamato lui chiedendomi di trovarti. Tua sorella è di nuovo sotto custodia".

A quelle parole lo aveva visto come sgonfiarsi, il sollievo sulla faccia.

Teneva alla sua famiglia in modo quasi viscerale e invece faceva sempre lo stronzo.

Lo aveva portato alla sua villa e come gli aveva chiesto Sherlock lo aveva tenuto d'occhio.

Quella notte era stata crisi totale.

Mycroft non era andato a letto, era rimasto seduto sulla poltrona di pelle con gli occhi lucidi senza riuscire a versare una lacrima. Accanto aveva un bicchiere di brandy che gli aveva versato lui stesso sedendosi sulla poltrona davanti ed osservandolo tutto il tempo.

C'erano volute tre ore e ventitrè minuti prima che una lacrima sfuggisse da quegli occhi e rigasse la guancia su cui stava iniziando a vedersi la ricrescita della barba.

A quel punto Mycroft aveva sospirato prima di bersi un sorso di brandy, chiudere gli occhi e poi portarsi davanti alla bocca le mani congiunte.

Lui era semplicemente rimasto immobile ed in silenzio avendo come l'impressione di trovarsi davanti ad un avvenimento più unico che raro.

"Puoi andare a casa" aveva mormorato poi Mycroft con voce un poco roca.

"Non ti lascio in queste condizioni" aveva detto convinto.

Mycroft aveva riaperto gli occhi fissandolo. "Che condizioni?"

Aveva sbuffato. "Non sarò intelligente come te ma ti conosco abbastanza da capire che non stai affatto bene. Sei decisamente sotto shock per tutto quello che ti è capitato, è normale".

"Non per me".

Dio, quanto era idiota Mycroft Holmes. Doveva aver capito il suo pensiero vista la sua espressione infastidita.

Beh cavoli suoi, era l'ultimo dei suoi problemi.

"È normale" aveva ripetuto serio. "Per quanto tu cerchi di fare il robot sei umano come tutti noi".

Mycroft era rimasto immobile senza cambiare espressione.

"Hai visto morire delle persone, hai rischiato di morire... non è stata una passeggiata di salute e lo sai".

"Certo che lo so" aveva replicato con ovvietà.

"Ecco, visto che lo sai piantala di cercare di fare l'uomo di ghiaccio, quello che niente può scalfirlo. Anche perchè stai fallendo" gli aveva sbattuto in faccia vuotando il suo bicchiere di brandy.

Mycroft non aveva versato altre lacrime, erano semplicemente rimasti per le due ore seguenti a fissarsi alla ricerca di chissà cosa.

Poi ne aveva semplicemente avuto abbastanza e lo aveva spedito a letto a calci dopo aver versato del sonnifero nel secondo bicchiere di brandy.

Era stato dalla finta morte di Sherlock che erano passati dal lei al tu e lui si era sentito quasi autorizzato a trattarlo come una persona qualunque, senza più la soggezione di prima.

Non che gli fosse stato difficile, aveva avuto a che fare con Sherlock, era addestrato al carattere difficile degli Holmes.

Era forse uno dei pochi che non aveva proprio problemi a sbattere in faccia a Mycroft quanto fosse stronzo o stupido.

Perché sul campo relazioni sociali e sentimenti Holmes era proprio ottuso. Persino peggio di Sherlock che era un sociopatico iperattivo.

Mycroft lo chiamava quando aveva qualcosa da fargli fare, di solito inerente a Sherlock e a controllare che non si ficcasse nei guai, anche se da quando John era tornato a lavorare a tempo pieno col consulente investigativo al 221B era tutto decisamente sotto controllo.

Aveva sentito un paio di volte Sherlock dire a Mycroft a bassa voce "è ridicolo" oppure "sul serio fratello?" senza capire a cosa si stesse riferendo.

Forse al fatto che non aveva bisogno che gli facesse da babysitter. Beh la pensava come lui.

Gli era perfettamente chiaro che il suo fosse un sentimento a senso unico, non si era mai raccontato favolette o ipotizzato che forse, magari... no, ne era stato consapevole fin da subito, da quando aveva realizzato cosa per lui fosse Mycroft.

In pratica era stato fregato ma non aveva potuto farci proprio niente.

Era successa una cosa strana quando il padre di Mycroft era stato ricoverato per un infarto.

Mycroft in ospedale aveva mostrato la sua maschera di freddezza mentre Sherlock non aveva fatto altro che battere il piede a terra per il nervosismo, lo sguardo perso nel vuoto, forse nel suo palazzo mentale.

Era arrivato e gli era bastato guardare Mycroft in faccia per un paio di secondi. No, non stava bene per niente. Era terrorizzato, glielo leggeva negli occhi azzurri.

Gli era bastato un cenno col capo e Mycroft lo aveva seguito svoltando a destra in modo che nessuno li vedesse.

"Fallo" gli aveva detto.

"Cosa?"

Aveva guardato fisso in quegli occhi azzurri. "Quello che vuoi. Ma non ti permetterò di cadere a pezzi".

"Io non..."

"Mycroft" lo aveva bloccato serio.

Incredibile, era riuscito a zittire Holmes. Era quasi sicuro di essere uno dei pochi ad esserci riuscito, forse si contavano sulle dita di una mano.

Mycroft lo aveva guardato per diversi secondi immobile, fino a quando non aveva fatto un passo verso di lui. Era stato allora che Holmes gli aveva messo le mani sulle spalle senza interrompere il contatto visivo.

Non erano mai stati così vicini, a dirla tutta non si erano mai nemmeno toccati.

Aveva trattenuto il fiato quando una mano di Mycroft era risalita lentamente arrivando a posarsi sulla sua guancia.

La sentiva tremare leggermente contro la sua pelle ed era calda.

Il suo cuore stava battendo ad un ritmo spropositato ma non si era mosso.

Almeno fino a quando non aveva visto il labbro inferiore di Mycroft tremare leggermente prima che uscisse un tremolante "Gregory".

Si era lanciato verso di lui e lo aveva abbracciato stretto. Con sua enorme sorpresa Mycroft si era abbandonato totalmente contro di lui, affondando il viso nell'incavo del suo collo ma non aveva pianto. Si era semplicemente fatto sorreggere, esattamente come suo fratello faceva da anni con John.

Non lo aveva lasciato andare fino a quando non era stato lo stesso Mycroft a tirarsi su dalla sua spalla e a guardarlo in faccia con un'espressione che non gli aveva mai visto. Imbarazzo forse?

Erano davvero vicini, lo aveva realizzato quando John era venuto a chiamare Mycroft dicendo che Holmes senior stava bene e lo stavano portando in camera.

Una volta usciti dall'ospedale per lasciare tra loro gli Holmes John gli aveva fatto una semplice domanda non essendo sicuro di aver dedotto in maniera corretta.

"Tu e Mycroft...?"

Aveva scosso il capo. "No, aveva solo bisogno del supporto di un amico".

John aveva annuito anche se non molto convinto. "Certo. Certo".

Ed ora stava andando a velocità folle verso l'ufficio di Mycroft, era più vicino rispetto a Sherlock.

Sherlock che aveva scoperto di un doppiogiochista tra i collaboratori di Mycroft e che molto probabilmente voleva farlo fuori per non essere scoperto.

Plin.

Guardò la foto di Edward Hill che il minore degli Holmes gli aveva inviato e fermò la macchina davanti allo stabile fregandosene della sosta vietata.

Entrò dentro di corsa, la mano sulla pistola e gli occhi che scrutavano ovunque vigili e attenti.

Doveva trovare Mycroft e portarlo al sicuro.

Si diresse verso il suo ufficio ma lo intercettò vicino agli ascensori, era appena uscito.

La sua attenzione fu catturata da un rumore famigliare, quello di una pistola a cui veniva tolta la sicura.

Non ragionò molto a quel punto, prese a correre più veloce verso Mycroft che stava parlando con una donna e si girò ad un certo punto verso di lui, lo sguardo sorpreso e confuso che si assottigliò. Probabilmente aveva dedotto qualcosa dalla sua faccia, ma non ebbe il tempo di pensarci.

Spinse a terra Mycroft nell'esatto istante in cui si sentì il rumore di uno sparo.

Chiuse gli occhi con una smorfia di dolore.

Che venisse colpito lo aveva messo in conto e non era neanche la prima volta, solo che a differenza delle altre volte non aveva perso subito conoscenza.

Si tirò su leggermente con una smorfia notando Mycroft a terra dietro di lui che lo guardava con la bocca leggermente aperta prima di puntare lo sguardo su qualcosa dietro di lui.

Capì tutto dai suoi occhi. Si girò e sparò subito.

Edward Hill cadde a terra con la pistola ancora in mano e un foro sulla fronte.

Solo a quel punto registrò che c'era qualcuno che stava urlando e che non riusciva a muovere il braccio sinistro, il dolore lancinante che partiva dalla spalla.

"Chiamate un'ambulanza!"

Era Mycroft che stava urlando inferocito.

Era coricato a terra e sentiva freddo.

Nella sua visuale comparve il volto di Holmes apparentemente calmo come al solito ma con la tempesta negli occhi.

"Non azzardarti a morire".

Sollevò un angolo della bocca. "Cos'è un ordine?"

"Certo".

Non rise solo perchè faceva un male del diavolo. Registrò anche le mani di Mycroft che premevano sulla ferita.

"Secondo... secondo le tue conoscenze... credi che..." riuscì a dire a fatica.

Credi che morirò?

"Non ci provare, ispettore" Mycroft era serio.

"Greg, ti avevo detto di aspettarci!" John Watson era arrivato.

E con lui ci doveva essere anche Sherlock.

Sherlock che appariva pallido e quasi furioso. Sapeva che la situazione gli stava ricordando un'altra morte, quella di Mary Watson.

"Se avesse aspettato sarei morto" disse Mycroft senza togliere gli occhi da lui.

Occhi che gli stavano dicendo "ti prego Gregory, ti prego..."

Quella fu l'ultima cosa che vide prima di perdere i sensi.

*

Sentiva un rumore costante e capì con diverso ritardo che era il battito del suo cuore.

Quindi era vivo.

Sentiva anche in lontananza la voce di una donna che gli stava parlando.

"Ispettore le stiamo togliendo il respiratore, non si agiti, così non avrà la gola irritata".

Era riuscito a socchiudere leggermente gli occhi vedendo figure sfocate, doveva essere sotto effetto di morfina. Molta morfina, perchè non sentiva nessun tipo di dolore.

Provò effettivamente una sensazione di fastidio e quasi vomito quando fu estratto il tubo che aveva nella trachea e che lo aveva aiutato a respirare.

Sentì per un momento come se gli mancasse l'aria e gli uscì un suono rauco dalla gola. Qualcuno gli sollevò leggermente la testa mettendogli delle canule nel naso che lo aiutarono a respirare meglio.

"Come si sente? Ha rischiato grosso, l'abbiamo presa per i capelli..."

Da quanto tempo era in ospedale?

"È stato in coma farmacologico per un paio di giorni per valutare eventuali danni cerebrali, non ha respirato per alcuni minuti in ambulanza".

Wow, non pensava che il colpo fosse stato così grave, non era nemmeno svenuto subito.

"Riesce a muovere le dita delle mani e le gambe?"

Aprì un po' di più gli occhi sbattendo le palpebre e mise a fuoco finalmente la stanza e la dottoressa, una donna di 50 anni, coi capelli corti e neri.

Mosse senza problemi sia le mani che i piedi e la vide sorridere e segnare qualcosa su una cartella.

Poi fece la domanda che gli frullava nel cervello da quando era stato svegliato.

"Mycroft?"

La dottoressa allargò il sorriso. "Ottimo, non ha problemi a parlare".

Si trattenne dal rivolgerle un'occhiataccia.

"Il signor Holmes è qui, la sta osservando dietro il vetro".

Deglutì. Girò la testa verso sinistra.

Mycroft era in piedi, perfetto nel suo completo blu scuro, le mani con ogni probabilità appoggiate al manico dell'ombrello che non poteva vedere. E lo stava fissando attentamente, troppo preoccupato per gioire del fatto che fosse sveglio.

Sapeva che stava valutando se avesse subito danni permanenti. Ma a parte l'intontimento della morfina che era ancora su di lui stava bene.

Ricordava ogni cosa fino a quando era svenuto sotto gli occhi azzurri di Mycroft che lo guardavano implorandolo di non morire.

"Lo faccia entrare" disse serio con voce gracchiante.

"Vuole dell'acqua?"

Annuì sentendo la gola secca ed il corpo chiedergli con urgenza di bere.

Vuotò due bicchieri e poi osservò di nuovo la dottoressa, l'effetto della morfina e dell'anestesia stava scemando.

"Lo faccia entrare" ripeté convinto.

"Il signor Holmes? È sicuro?"

Annuì con una smorfia di dolore, il movimento gli aveva fatto sentire il foro che aveva sulla spalla, poco sopra al cuore.

"Va bene. Ma niente sforzi" ordinò la dottoressa.

Dal cartellino apprese che si chiamava H. Grant.

"Dove vuole che vada?" replicò con uno sbuffo.

Non era sicuro nemmeno che sarebbe stato in grado di stare in piedi, figurarsi andare da qualche parte.

Non era pazzo come Sherlock da andare a zonzo pochi giorni dopo essere stato colpito da un proiettile fuggendo dalla finestra dell'ospedale.

Alzò col telecomando lo schienale del letto per mettersi seduto e poi chiuse gli occhi con un respiro profondo sentendo la dottoressa parlare in lontananza.

"Non lo affatichi, chiaro?"

Sentì la dottoressa tirare le tende per chiudere la finestra che dava sul corridoio.

Aprì gli occhi solo quando sentì il rumore della porta chiudersi.

Mycroft lo stava guardando scrupolosamente e se non fosse stato in un letto d'ospedale e leggermente sofferente forse sarebbe arrossito.

"Stai bene?"

Mycroft puntò gli occhi nei suoi quasi sorpreso che fosse vivo.

"Dovrei chiedertelo io".

Sbuffò. "Hai già visto che a parte il dolore alla spalla e che sono intontito un po' dagli antidolorifici sto bene".

Mycroft non replicò e lo trovò strano.

"Mi spieghi cos'è successo dopo?" chiese allora.

Holmes strinse più forte il manico dell'ombrello. "Sei stato caricato in ambulanza e John era con te. Sei andato in arresto cardiaco. Per tre minuti".

"Lo so, la dottoressa mi ha detto che non ho respirato".

"Sei stato morto per tre minuti" disse Mycroft con un tono di voce che non gli aveva mai sentito.

Era quasi... arrabbiato? Non riusciva a catalogarlo.

"Rischio del mestiere" replicò spostandosi in una posizione più comoda e facendo una smorfia per il dolore.

"Non avresti dovuto farlo".

A quelle parole alzò un sopracciglio. "Cosa? Salvarti?"

Mycroft rimase perfettamente immobile.

"Lo rifarei" disse sicuro.

Notò il labbro inferiore di Mycroft tremare leggermente.

"Hai dato alla mia vita un valore che non ha".

"Per me ce l'ha. E non solo per me. Come credi sarebbe stato Sherlock se tu fossi morto? E i tuoi genitori? E io?" ribatté quasi arrabbiato.

Possibile che non capisse di essere importante?

"Tu?" Mycroft era quasi sorpreso.

"Mi sarei sentito in colpa di non essere riuscito a salvarti. Non sarei probabilmente più riuscito a guardare in faccia Sherlock, avrei visto solo il mio fallimento" confessò. "Oltre al fatto che semplicemente non puoi abbandonarci tutti".

Non puoi abbandonare me.

Mycroft aveva la bocca leggermente aperta, doveva averlo lasciato ammutolito di nuovo.

"Nonostante tu e Sherlock non siate dei normali fratelli lo sai che lui ti vuole bene. Sarebbe stato devastato, Mycroft. E lo sai come sarebbe andata a finire".

Gli bastò un'occhiata per capire che stavano pensando la stessa cosa.

Dolore. Droga. Overdose. Morte.

"Avrei perso entrambi" mormorò con un sospiro greve guardandosi le mani appoggiate alle lenzuola.

"So già cosa significa perdere Sherlock, l'ho vissuto cinque anni fa" aggiunse. "Perdere anche te... no grazie".

Notò che Mycroft si era avvicinato al letto solo perché gli arrivò al naso l'odore della sua costosa acqua di colonia.

"E se tu fossi morto? O peggio avessi riportato dei danni celebrali permanenti?"

Sollevò lo sguardo ed osservò Mycroft.

Stringeva l'ombrello in modo spasmodico, era chiaramente in preda ad un'emozione che non stava riuscendo a gestire.

"Siediti" ordinò battendo una mano sul bordo del letto.

E Mycroft guardò quel pezzo di materasso per diversi secondi prima di sospirare e sedersi davvero.

Non credeva che lo avrebbe fatto, del resto Mycroft non aveva mai seguito gli ordini di nessuno, era lui che li dava.

"Proteggere le persone è il mio lavoro" disse serio. "Perdere te... è semplicemente inaccettabile".

Mycroft puntò gli occhi nei suoi e gli mancò il respiro per un attimo.

Registrò vagamente dal rumore della macchina a cui era collegato che il suo cuore aveva saltato un battito prima di riprendere a battere leggermente più accelerato rispetto a prima.

Ma Mycroft lo aveva notato eccome, lo stava scrutando a fondo alla ricerca di chissà che cosa. Forse una spiegazione scientifica.

Ma come si potevano spiegare razionalmente i sentimenti?

Se ne fregò del dolore e sollevò il braccio sano appoggiando la mano sulla guancia perfettamente rasata di Mycroft che era rimasto immobile. Ma i suoi occhi erano un vero cielo in tempesta.

Lo vide sollevare la mano e posarla sulla sua. Pensò che l'avrebbe presa e tolta dalla sua faccia, invece strinse la sua mano con forza ma allo stesso tempo delicatezza.

Smise semplicemente di pensare, aiutato forse anche dagli antidolorifici. Con l'altro braccio prese il bordo della giacca di Mycroft e se lo tirò contro, ritrovandosi fronte contro fronte, le punte dei nasi che si scontrarono per poi affiancarsi.

I due centimetri che separavano le loro labbra inaspettatamente fu Mycroft a cancellarli.

Le labbra di Mycroft erano sottili ma morbide. Ed il suo profumo di sandalo lo stava ipnotizzando facendolo rilassare contro di lui e registrare che il rumore impazzito in sottofondo altro non era che il suo cuore.

Aveva sempre sognato quel momento ma la realtà era senza dubbio meglio.

Mosse le labbra e Mycroft inclinò leggermente il viso per baciarlo meglio, affondando con la lingua nella sua bocca facendolo sospirare.

Decisamente meglio di come si era immaginato.

Mycroft si staccò guardandolo con attenzione, studiando le sue reazioni, come se il battito del suo cuore che si sentiva in tutta la stanza non fosse sufficiente.

Aveva ancora la mano sulla sua guancia, la fece scivolare dietro, tra i capelli di Mycroft e riattaccò le loro labbra.

Non aveva idea se quella fosse una pazzia momentanea di entrambi, un episodio isolato che poi entrambi avrebbero ignorato o il preludio per altro, in ogni caso aveva intenzione di goderselo fino in fondo, fino a quando non fosse stato Mycroft ad alzarsi ed andarsene. Anche perché lui era bloccato a letto.

Ma Mycroft continuò a baciarlo portando una mano a toccargli il collo, il pollice che gli sfiorava la mandibola.

Furono due colpi alla porta a farli staccare di colpo risvegliandoli dalla loro bolla e facendo realizzare loro quello che era successo.

Guardò Mycroft ancora frastornato mentre lui aveva la bocca leggermente aperta, la sorpresa totale sulla faccia e la giacca stropicciata nel punto in cui la sua mano l'aveva stretta tirandolo a lui.

"Cosa..." farfugliò Mycroft in completa confusione alzandosi in piedi ed allontanandosi dal letto proprio mentre la porta si apriva facendo entrare prima Sherlock e poi John.

Il consulente investigativo lo guardò un secondo prima di puntare lo sguardo sul fratello che sembrava una statua di sale.

Era sicuro che Sherlock avesse capito cosa era successo.

John invece guardò lui con felicità.

"Sono contento che tu stia bene, Greg. Ho parlato con la dottoressa Grant, cinque giorni e potrai uscire".

Al momento non gliene fregava niente delle sue condizioni.

Lanciò un'occhiata preoccupata a Mycroft. Mycroft che fissava un punto indefinito davanti a lui, con ogni probabilità era nel suo palazzo mentale a cercare di decifrare quello che era successo.

Per lui era molto chiaro. Si erano baciati e lo avevano voluto entrambi. E sarebbero andati avanti se non fossero arrivati John e Sherlock.

A lui non era necessario un palazzo mentale per analizzare, amava Mycroft. Ma lui invece che provava?

Di sicuro confusione, ecco perché era chiuso nella sua mente.

Sherlock osservava Mycroft con curiosità e poi puntò lo sguardo su di lui con interesse e pregò che non facesse commenti inopportuni.

Già era teso per Mycroft, ci mancava solo preoccuparsi anche di Sherlock.

Dovette capire perché si limitò solo a chiedergli come stava.

"È buona la morfina?" commentò con un sorriso.

John ridacchiò e lui stesso si ritrovò a rilassare la postura.

"Utile" rispose.

"Concordo" replicò il minore dei fratelli Holmes.

"Io devo andare" esordì Mycroft riemergendo dalle sue elucubrazioni mentali. "Ho molte cose da fare".

Lo guardò attentamente per un paio di secondi prima di uscire, il cellulare in una mano e l'ombrello nell'altra.

Ho molte cose da fare... che voleva dire?

"Lasciagli tempo" disse Sherlock intuendo i suoi pensieri cupi. "Per lui è difficile ammetterlo".

Ammettere di avere dei sentimenti.

Gli era chiaro quello che intendeva Sherlock. Aveva aspettato anni, un altro po' poteva sopportarlo.

*

Erano due settimane che non aveva notizie da Mycroft. Era totalmente sparito.

E per quanto la cosa lo facesse infuriare ogni giorno di più era risoluto nel non contattarlo.

Non spettava a lui fare alcunché. Non stavolta.

Era tornato a lavoro da cinque giorni, la spalla gli dava ancora fastidio a volte.

Ogni volta che si faceva la doccia e poi si portava davanti allo specchio osservava la cicatrice viola scuro lasciata da quel proiettile destinato a Mycroft e gli si stringeva lo stomaco.

Lo avrebbe rifatto senza esitazione anche se lo odiava.

Prese un caffè d'asporto prima di andare in ufficio e la notò con la coda dell'occhio. Un'auto nera tirata a lucido.

Era la terza volta che la vedeva. Uno era un caso, due una coincidenza, tre una certezza.

Mycroft Holmes era un vero cazzone altro che genio.

Infuriato uscì col caffè in mano e bussò sul vetro che si abbassò.

Si trovò davanti l'assistente di quell'idiota, si chiamava Anthea se la memoria non lo ingannava.

"Dica a quell'idiota del suo capo che non ho bisogno di essere seguito" sbottò.

"Riferirò, ispettore Lestrade".

Il sorriso di quella tizia lo innervosì ancora di più. Si allontanò prendendo un sorso del caffè prima di gettarlo nel cestino.

Quella giornata era iniziata decisamente male.

Poi dopo una pila di documenti compilati in ufficio fu John a chiamarlo.

"Sherlock è sparito".

"Che vuoi dire? Da quanto tempo?" chiese salendo in auto.

"Da ieri sera" rispose John preoccupato.

"Mycroft? Lo sa?" si morse il labbro.

"No, volevo evitare di coinvolgerlo".

"Chiamalo" disse serio. "Tanto lo saprà in ogni caso".

"Giusto" John riattaccò.

Quanto a lui si limitò ad accedere all'applicazione per rintracciare il cellulare di Sherlock. Aveva fatto installare un GPS collegato al suo telefono dopo il casino con Eurus e a quanto sembrava aveva fatto bene.

Sollevò le sopracciglia. Sherlock era a casa sua.

Che diavolo...?

Guidò fino al suo appartamento e non si stupì affatto di trovare Sherlock seduto placidamente sul suo divano.

"Lo sai che John ti sta cercando?"

"Certo, gli ho detto io di chiamarti verso le sei del pomeriggio" rispose Sherlock con ovvietà. "Credevi davvero che non avrei notato il GPS?"

Non era proprio dell'umore per i giochetti quel giorno.

Plin.

Prese il telefono e notò che era Mycroft.

Lo hai trovato? M.

"Sherlock...?" buttò fuori irritato.

"Ti conviene rispondere a mio fratello o..."

Sherlock fu interrotto da un altro plin.

Rispondimi. M.

"Infatti, non è molto paziente" aggiunse Sherlock con un ghigno.

"Vuoi spiegarmi?"

Plin.

Sherlock è da te? M.

Mycroft sapeva che lui era rientrato a casa, lo stava ancora facendo seguire.

"Fuori" disse serio a Sherlock.

Lui lo guardò con interesse senza il minimo accenno ad alzarsi.

"Fuori, sono stato chiaro?!" esplose.

"Non vuoi sapere perché sono qui?"

"È uno dei vostri stupidi giochetti".

"Vostri?" ripeté Sherlock.

"Tuo e di tuo fratello" specificò. "Ma io non sono come John, quindi fuori. Sono armato e molto arrabbiato, non provocarmi".

Sherlock si alzò e lo guardò negli occhi. "Mio fratello è innamorato di te ma non lo ammetterà mai".

Rimase in silenzio alcuni secondi per assimilare quelle parole prima di rispondere. "Non mi ama abbastanza in questo caso".

Sherlock scosse il capo. "Tutto il contrario invece. Fossi stato un qualcosa di poco conto ti avrebbe già archiviato. Invece è da quando sei uscito dall'ospedale che ti segue. Lui fa così, lo sai".

Mycroft faceva così con le persone a cui teneva. Tipo Sherlock.

"Non mi basta questo" mormorò.

Sherlock addolcì l'espressione. "Lo so. Ma Mycroft non è mai stato innamorato, non gli è mai interessato davvero qualcuno. Ha avuto solo un paio di storie in cui c'era sempre sotto un motivo di convenienza. Questo è un campo nuovo per lui".

"Non sono un esperimento".

"No, non lo sei. Ma non sei un uomo che ha paura, l'hai dimostrato. Vai da lui e affrontalo. Oppure lascia la situazione com'è ma non aspettarti altro" consigliò Sherlock dandogli una pacca sulla spalla prima di andare.

Rimase immobile per un paio di minuti fino al nuovo plin del telefono.

Era di nuovo Mycroft.

Sherlock è uscito da casa tua. Che succede? M.

Sbuffò irritato prima di rispondere.

Sto venendo da te. G.

Uscì e salì di nuovo in auto prima di poterci ripensare.

Guidò come aveva fatto molte altre volte verso la villa di Mycroft e come le altre volte il cancello si aprì non appena si fermò davanti in attesa, senza bisogno di annunciarsi al campanello.

Posteggiò davanti alla porta d'ingresso e prese un grosso respiro prima di scendere.

Osservò per qualche secondo l'enorme porta con la certezza che Mycroft lo stesse fissando da una delle finestre del primo piano. Sentiva i suoi occhi addosso, era un formicolio sulla pelle.

Alzò lo sguardo ed infatti individuò la sua sagoma dietro il vetro. Si allontanò subito ma non abbastanza da non farsi scoprire.

Dio, che ridicolo. Anzi, tutta quella situazione era ridicola.

Il maggiordomo di Mycroft, Peter e qualcosa, gli venne ad aprire come sempre.

"Ispettore Lestrade, che piacere..."

Annuì, ne aveva abbastanza dei convenevoli.

"È al piano di sopra il suo capo, vero?"

Peter sorrise quasi divertito.

"Esattamente".

Aveva da sempre avuto l'impressione di stare particolarmente simpatico a quell'uomo.

"Fa senza accompagnarmi, conosco la strada" disse serio facendo un paio di passi prima di fermarsi. "Ah, se sente delle urla...non salga, non è necessario".

Peter si allontanò sghignazzando divertito.

Invece lui salì le scale chiedendosi come avrebbe potuto iniziare il discorso.

Si guardò intorno aspettandosi di trovare Mycroft in piedi, invece notò che era seduto sulla poltrona.

Guardò quella davanti vuota che stava aspettando proprio lui.

Si tolse la giacca e la appoggiò sullo schienale della poltrona notando che Mycroft aveva già un bicchiere di brandy sul tavolino accanto.

Beh era della sua stessa opinione, aveva bisogno di qualcosa di forte.

Andò verso il carrello dei liquori e si versò un bicchiere di scotch prima di andare alla poltrona e sedersi. Solo allora guardò Mycroft che invece lo aveva osservato tutto il tempo senza perdere una sua mossa.

Era in giacca e cravatta come al solito. Perfetto ma aveva le occhiaie sotto gli occhi, stava dormendo poco.

Rimasero in silenzio per un paio di minuti fino al plin del suo telefono.

Lo prese e guardò il messaggio.

Mio fratello è un idiota. Ricordatelo. S.

Sbuffò e poi decise di spegnere il telefono per evitare interruzioni.

"È Sherlock?" chiese Mycroft.

"Come se tu non lo avessi già capito dalla mia faccia" replicò.

Mycroft non disse nulla come a confermare le sue parole.

"Appunto" buttò fuori. "Ti dà dell'idiota e sono d'accordo con lui".

Mycroft non cambiò espressione, era una maschera di sale. Ma lui lo conosceva abbastanza da notare le labbra assottigliarsi leggermente, segno che le sue parole non gli erano piaciute affatto e che era nervoso.

"Cos'è questa cosa che mi stai facendo seguire?"

"Non sei ancora pienamente ristabilito. Hai il braccio sinistro ancora un po' rigido, avresti dovuto stare a casa altri giorni" rispose Mycroft serio.

"A casa mi annoiavo. E poi sto bene" ribatté. "Sono stato molto peggio di così".

Vide un'ombra negli occhi azzurri di Mycroft, le sue parole dovevano averlo turbato.

Bevve un sorso di scotch, odiava vederlo preoccupato, gli venivano due rughe tra le sopracciglia che ogni volta aveva la tentazione di distendere con le dita.

"Comunque non è necessario che mi fai seguire da una scorta. Non sono il tipo di poliziotto che si mette nei guai come un idiota" aggiunse. "Altrimenti sarei morto da un pezzo".

"Non ti reputo un idiota" ribatté Mycroft.

"Questa sì che è una novità. Per te sono tutti degli idioti, persino Sherlock" replicò. "Mai venuto il sospetto che forse l'unico idiota sia tu? Immagino di no".

Notò una mano di Mycroft stringersi a pugno. Si stava arrabbiando. Doveva ammettere che non aveva mai visto Mycroft perdere le staffe, aveva sempre mantenuto il suo aplomb in pubblico.

Ma ora erano loro due da soli a casa sua, quindi forse si sarebbe lasciato andare del tutto.

E lo sperava davvero perché altrimenti non sarebbero andati da nessuna parte.

"Mi chiedo cosa tu abbia intenzione di fare, farmi seguire per sempre e guardarmi da lontano? Davvero ridicolo" disse serio finendo il suo bicchiere di scotch e appoggiandolo al tavolino.

"Sono preoccupato per te. Mi sento responsabile" ribattè Mycroft piccato.

"È il mio lavoro" replicò. "Non è stata colpa tua, ho scelto io di prendere quella pallottola".

"Non avresti dovuto".

"Oh per l'amor del cielo!" esclamò incazzato alzandosi. "Non puoi controllare le decisioni degli altri, Mycroft. È sempre stato questo il tuo problema, il voler controllare ogni cosa, credere di poter prevedere le scelte delle persone che hai attorno. Ma non sempre funziona, vero? Perché ci sono di mezzo i sentimenti e su quello proprio non ne sai niente".

Mycroft si era irrigidito, le labbra talmente assottigliate per la rabbia che sembrava un serpente pronto ad attaccare.

"Ti sembra davvero così incredibile che io abbia voluto proteggerti?"

"Sì" rispose Mycroft senza esitazioni.

Quella sua certezza sgonfiò la sua rabbia facendola sostituire dalla tristezza.

"Oddio, non mi guardare così, non lo sopporto" sbottò Mycroft.

"È davvero triste la poca considerazione che hai di te" ribatté. "Devi solo abituarti".

"A cosa?" chiese Mycroft.

Percepiva la sua rabbia ma la ignorò totalmente.

Si avvicinò alla sua poltrona fermandosi pochi centimetri prima di toccare le sue ginocchia.

"Sei sempre stato tu a proteggere, a vegliare sulle persone a cui tieni. Ma adesso anche tu hai persone disposte a proteggerti".

Lo sguardo di Mycroft si fece più intenso.

"Tu non puoi..."

Si chinò appoggiando le mani ai braccioli della poltrona.

"Io ti proteggerò sempre. Esattamente come tu vuoi proteggere me facendomi seguire. Per quanto per te sia difficile ammetterlo provi quello che provo io" disse serio affondando nei suoi occhi azzurri.

A quella distanza sentiva il suo profumo e come al solito il suo cuore aveva accelerato.

"Io non..." proruppe Mycroft.

Gli prese una mano e la appoggiò al petto.

"Lo senti? Batte forte e veloce come il mio".

Spostò la mano stavolta sopra il suo cuore.

"Non devi avere paura di me o di questo. Mai, Mycroft" disse serio.

"Ho paura di me. Io non so se..." mormorò Mycroft incerto.

"Quello lascialo decidere a me per una volta" lo bloccò.

Poi gli sorrise e sentì la mano di Mycroft sopra il suo cuore stringere la camicia e tirarlo verso di lui.

Lo baciò e gli sembrò di tornare a respirare davvero.

*

Si svegliò sentendo il famigliare formicolio che provocavano gli occhi di Mycroft su di lui.

Aprì gli occhi constatando che infatti Holmes lo stava guardando.

Avevano fatto sesso ed era stato fantastico. Nonostante quello che potesse pensare Mycroft non era la prima volta che lo faceva con un uomo, aveva capito di essere bisessuale fin dall'adolescenza.

Ma forse Mycroft lo aveva saputo lo stesso senza bisogno che parlasse, come sempre.

Allungò la mano verso di lui appoggiandola sulla guancia.

Mycroft si appoggiò ad essa prima di prenderla e baciarne il dorso.

"Stai bene?" chiese.

Holmes sorrise apparendo imbarazzato. "Sì, tu?"

Dio, quanto diavolo era insicuro Mycroft Holmes? Era davvero stupito da questa cosa.

"Benissimo" rispose. "Che ore sono?"

Mycroft si girò per guardare la sveglia. "Le tre e diciotto".

"Ok" rotolò e scese dal letto recuperando i boxer ed infilandoli.

"Dove vai?" Mycroft lo osservava confuso.

"A fare il caffè. Il tuo maggiordomo?"

Non voleva rischiare di trovarsi davanti Peter in mutande.

"Siamo soli" rispose Mycroft.

"Tu resta qui, torno subito".

Aprì la porta della stanza.

"Gregory?"

Si voltò curioso.

"Un cucchiaio di zucchero".

Sorrise. "Lo so".

Mycroft era l'unico a chiamarlo col suo nome completo senza abbreviare a Greg. Sherlock gli aveva detto che odiava i nomignoli e quando i loro genitori lo chiamavano Myc.

Non ebbe difficoltà a trovare il barattolo del caffè e quando prese due grosse tazze si mise a ridacchiare. Avevano la stampa della Regina, proprio da Mycroft.

Le riempì mettendo in quella di Mycroft un cucchiaio di zucchero e nel suo mezzo.

Poi tornò di sopra giusto in tempo per sentire Mycroft parlare al telefono.

"Sherlock falla finita".

Appoggiò le tazze al comò e prese il telefono dalla mano di Mycroft.

"Sherlock vattene a letto o ti mando la pattuglia antidroga".

"Perfido. Stare con mio fratello ti fa male" replicò Sherlock con tono divertito.

"Lo sai che ore sono?"

"Io sì. E tu che ci fai ancora da mio fratello?" chiese Sherlock allusivo.

"Usa l'immaginazione. Buonanotte" rispose.

"Buonanotte, cognato" Sherlock attaccò prima che potesse mandarlo al diavolo.

"Tuo fratello è diventato un gossipparo per colpa della signora Hudson" commentò lanciando a Mycroft il telefono.

"Ti danno fastidio i commenti che farà?"

"Che faccia quello che vuole" rispose passandogli la tazza di caffè. "Fino a quando si limita a quello..."

"Già" concordò Mycroft capendo al volo.

Prese un sorso di caffè e si sedette sul letto. "Com'era Sherlock da piccolo?"

Mycroft abbozzò un sorriso nostalgico. "Il più normale tra noi, immagino".

Lo osservò bere un sorso di caffè prima di riprendere il discorso.

"Era ossessionato coi pirati. Aveva un cappello da pirata e una spada di legno finta e mi correva intorno tutto il giorno".

Sorrise. Mycroft poteva raccontarsi tutte le balle che voleva, che non aveva un cuore ecc. ma l'espressione del viso quando parlava di Sherlock era chiara, avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggerlo.

"E tu? Com'eri?" chiese curioso.

Mycroft sbuffò. "Mi piaceva leggere, soprattutto i classici. E a differenza di Sherlock avevo capito subito di essere diverso, più intelligente degli altri. Avere il mio quoziente intellettivo porta spesso ad annoiarsi. E se Sherlock per combattere la noia assumeva droga o nel migliore dei casi si diletteva con esperimenti chimici io mangiavo".

Ecco spiegati i commenti che Sherlock a volte faceva a Mycroft sulla dieta.

"C'è stato un periodo in cui ero davvero ossessionato dal peso".

"È da lì che derivano le tue insicurezze" disse sorpreso.

Mycroft lo guardò. "In parte. E in parte ho da sempre il terrore di fallire".

"Mai andato da un terapista?" chiese curioso.

Dall'occhiata di Mycroft capì. "Sono tutti troppo stupidi e non avrebbero capito".

"Chiedi al dottor Watson, la sua era terribile. Una vera incompetente".

Si ritrovarono a ridacchiare.

Parlarono per le due ore seguenti prima che finissero per baciarsi e poi a fare sesso di nuovo.

*

Avevano installato una routine lui e Mycroft.

Per almeno quattro sere a settimana lui andava a villa Holmes e passavano la notte insieme, in caso di imprevisti si chiamavano. E in ogni caso se non erano insieme la sera si telefonavano e adorava sfidare Mycroft a capire com'era stata la sua giornata solo dal tono della sua voce al telefono prima di raccontargliela.

Una notte fu svegliato da un suono strano. Aprì gli occhi confuso accendendo la lampada sul comodino prima di focalizzare accanto a sè Mycroft e che quel suono era stato prodotto da lui. Lui che muoveva la testa di scatto da una parte all'altra, la fronte imperlata di sudore.

"Mycroft" prese a scuoterlo con decisione fino a quando non spalancò gli occhi.

Occhi in cui lesse la paura.

"Va tutto bene, hai avuto un incubo" spiegò accarezzandogli le guance.

"Scusa se ti ho svegliato".

"Non dire idiozie, non è da te" replicò.

Mycroft abbozzò un sorriso prima di prendergli una mano e baciarne il dorso.

Avevano dormito fronte contro fronte tenendosi stretti e solo settimane dopo Mycroft gli aveva confessato di aver sognato Sherlock che si puntava al mento la pistola facendo il conto alla rovescia terminato con il rumore di uno sparo e lui a terra morto in una pozza di sangue.

Era un incubo ricorrente, a volte al momento dello sparo Sherlock spariva e compariva lui morto davanti a Mycroft.

Immaginava fosse normale, a distanza di anni John a volte sognava ancora Sherlock buttarsi dal tetto del Bart's.

Una sera era tornato a casa dopo un inseguimento ed era a pezzi.

Mycroft era seduto a letto al telefono e parlava di roba di lavoro. Si era tolto i vestiti restando in boxer e si era infilato sotto alle coperte. Mycroft non sembrava nemmeno essersi accorto della sua presenza.

Sospirò e scivolò verso di lui fino a mettersi prono ed abbracciarlo appoggiando la testa sulla sua spalla e chiudendo gli occhi. Adorava l'odore di Mycroft e la sensazione della seta della maglia del pigiama sotto la guancia.

Mycroft spostò il telefono nell'altra mano e con quella libera gli accarezzò i capelli massaggiandogli il cuoio capelluto per rilassarlo. Col cavolo che non si era accorto di lui, era troppo intelligente per non riuscire a fare due cose insieme.

Girò la testa verso l'alto dandogli un bacio sul collo prima di ritornare alla posizione di prima e addormentarsi con nelle orecchie il rumore del cuore del suo compagno.

Non si era nemmeno reso conto di vivere ormai da Mycroft fino a quando una mattina non aveva visto una parte dei suoi vestiti nell'armadio. Rimase immobile davanti a quell'immagine fino a quando Mycroft non si posizionò dietro di lui dandogli un bacio sulla guancia.

"Stavo aspettando che lo capissi anche tu".

Sentì le sue braccia avvolgerlo e si appoggiò a lui automaticamente.

"Per te va bene?"

L'insicurezza nella voce di Mycroft lo portò ad abbozzare un sorriso e a girare la testa verso di lui.

"Non fare domande ovvie".

Mycroft sorrise e lui si sporse per baciare quel sorriso meraviglioso.

Sherlock in sua presenza non aveva mai fatto commenti sulla relazione col fratello, ma era certo che invece lo facesse con Mycroft ogni tanto. Tra fratelli era normale.

Peccato che Sherlock non si rendesse conto di esagerare a volte. Di solito era John a fermarlo.

Quella volta salì le scale del 221B con l'intenzione di portare Sherlock sulla scena di un omicidio parecchio strano quando aveva sentito la voce di Mycroft.

"La mamma era preoccupata, mi ha detto che non la richiami da giorni".

"Sono stato impegnato".

"A fare cosa esattamente? Sparare al muro?" replicò Mycroft secco.

"No, a fare sesso".

Sollevò entrambe le sopracciglia sorpreso.

"Come anche tu, no?"

Sbuffò.

"Irene Adler, avrei dovuto immaginarlo" disse Mycroft.

Che a Sherlock piacesse quella tizia non lo sorprese. Si ricordava benissimo quanto fosse rimasto affascinato da lei anni fa. Tuttavia credeva che fosse morta, a quanto sembrava invece era vivissima.

"Ci mandiamo dei messaggi e a volte ci vediamo. Come vedi sì, sono stato impegnato" replicò Sherlock.

"Anche io ho una relazione Sherlock, ma lo trovo il tempo per chiamare i nostri genitori".

"Tu ci vivi con Lestrade, ovvio che lo trovi il tempo" ribatté Sherlock piccato.

"Beh meglio saperti a fare sesso che a drogarti".

Si trovò d'accordo con Mycroft.

"Mi sto ancora chiedendo cosa ci trovi in Lestrade" Sherlock iniziò a strimpellare le corde del violino.

"E tu in Irene Adler?" rilanciò Mycroft.

"Ammiro Lestrade".

"Sul serio?"

"Mi chiedo molto di più cosa ci trovi lui in te. Davvero inspiegabile. Ci vuole parecchio coraggio e molta pazienza per stare con te" rispose Sherlock. "Non sei una persona facile".

"Senti chi parla" disse entrando nella stanza.

Guardò Sherlock infastidito notando appena la sorpresa sulla faccia di Mycroft.

"Touché ispettore" riconobbe Sherlock con un piccolo ghigno.

"Chiedi scusa" disse serio come non mai.

Sherlock strabuzzò gli occhi. "Cosa?"

"Per tutte le volte che hai fatto commenti sgradevoli a Mycroft" continuò. "Chiedi scusa, Sherlock".

Sherlock lo osservò prima di rispondere. "Wow. Sei davvero innamorato".

"Sherlock, fallo o non ti dò più casi interessanti da seguire" replicò ignorandolo totalmente.

Sherlock sorrise. "Ok, scusa fratello caro. Sono insensibile a volte, so che puoi comprendere meglio di chiunque altro".

"Certo, Sherlock" Mycroft faticava a nascondere un sorriso soddisfatto.

"Ora muoviti, ho un omicidio che credo ti piacerà" disse con tono autoritario.

Sherlock mollò il violino e si avviò verso la sua stanza per prendere il cappotto.

Mycroft si alzò raggiungendolo prendendogli il viso e baciandolo intensamente.

"Mi piace quando usi il tono autoritario" commentò Holmes a bassa voce.

"Potrei usarlo anche stasera" gli diede un bacio veloce proprio cinque secondi prima che Sherlock ritornasse in salotto.

"Bene fratello ora puoi andare. Ci pensa Greg a farmi da babysitter oggi".

Mycroft li precedette lungo le scale mentre lui parlava a Sherlock della scena del crimine.

Amava Mycroft ma non poteva negare che c'erano momenti in cui voleva strozzarlo.

Ecco, in quel momento, seduto sulla poltrona che ormai era diventata la sua decisamente aveva voglia di picchiare qualcuno.

"Scusa se ti faccio male" gli disse John appoggiando un batuffolo di cotone pregno di alcol sul taglio che aveva sullo zigomo.

Fece una smorfia per il bruciore mentre si ostinava a non guardare Mycroft neanche per sbaglio.

Sherlock era ancora al telefono con Donovan che parlavano dell'arresto dei Porter, mentre Mycroft era in piedi in silenzio che lo guardava in ansia.

Beh poteva pensarci prima.

Quei due fenomeni dei fratelli Holmes avevano scoperto che lui era il target di Finn Porter, un ex agente dell'M.I.6 che ce l'aveva con Mycroft.

E invece di parlarne con lui avevano deciso di attuare un piano tra loro in cui Mycroft avrebbe fatto da esca per salvare lui.

Peccato che non avevano tenuto conto che anche se non aveva il loro super cervello era un ispettore di Scotland Yard e conosceva bene entrambi da aver notato delle cose strane.

Così si era ritrovato come un imbecille a spiare Mycroft preoccupato che stesse male, lo aveva visto troppo nervoso e agitato nell'ultima settimana, ed aveva finito per avere davanti la scena che non avrebbe mai voluto vedere in tutta la sua vita.

Mycroft e un uomo a lui sconosciuto che lo stava minacciando con un coltello.

"Quando ho ricevuto il tuo biglietto Holmes credevo che fossi impazzito. Incontrarmi da solo sapendo con ogni probabilità che ti avrei ucciso".

"Che sorpresa per te, vero?" rispose Mycroft inespressivo.

Erano in un parcheggio sotterraneo di un centro commerciale in disuso ed era nascosto dietro una colonna di cemento. In mano aveva la pistola aspettando il momento giusto per agire, il cuore che batteva furioso.

"Decisamente. Anzi, pensavo che ti avrei fatto un favore nell'eliminare quell'ispettore. Hai sempre detto che l'amore era uno svantaggio" rispose il criminale.

"Già, infatti guarda dove sono".

Tutto quello che gli era entrato nel cervello era che Mycroft lo aveva fatto per proteggerlo. Dio che idiota.

"Non sono uno stupido Holmes da credere che tu sia venuto qui da solo. So che tuo fratello è qui fuori. O forse dovrei dire era".

Mycroft sgranò leggermente gli occhi.

"Anche io ho un fratello disposto ad aiutarmi. Per quello che ne so eravamo rimasti d'accordo che gli avrebbe rifilato una dose di eroina da farlo andare in overdose".

Sospirò. Grazie a dio che si era portato dietro John e che quando aveva visto Sherlock lo aveva lasciato con lui. Con tutta probabilità avevano già bloccato quel tizio.

"E il mio socio che sta controllando che tutto vada come deve andare".

Sentì in quel momento la canna di una pistola alla nuca.

"A terra la pistola, ispettore".

Trattenne un'imprecazione e buttò a terra l'arma mentre quel tizio lo prese per la giacca conducendolo allo scoperto.

Mycroft lo guardò orripilato ed in chiaro panico, con una pistola puntata alla testa.

Lui era solo incazzato per quella situazione di merda che poteva essere gestita diversamente se solo quei due idioti Holmes gli avessero detto la verità.

"Già, abbiamo notato che il tuo fidanzato ti stava tenendo d'occhio. Davvero un bel colpo per noi" disse il nemico di Mycroft divertito. "Sono felice che si sia unito a noi, ispettore".

"Con chi ho il piacere di parlare?" chiese.

"Finn Porter, ex agente dell'M.I.6. E quello che ti sta puntando la pistola alla testa è Dimitri Uliya".

Fantastico. Dimitri Uliya era un omicida evaso circa sei mesi prima e altamente pericoloso.

"Questa non te l'aspettavi, vero Holmes?"

Mycroft lo guardava immobile ma vedeva nei suoi occhi il terrore che gli succedesse qualcosa.

"Che pensi di fare, Finn? La polizia sarà qui tra poco" disse cercando di trovare una soluzione.

Non aveva idea di dove fossero Sherlock e John ma sapeva che quest'ultimo avrebbe di sicuro chiamato la polizia.

"Beh il mio obiettivo non era Mycroft ma tu fin dall'inizio, ispettore Lestrade" rispose Porter rivolgendogli un ghigno sadico.

Strano, non sentiva niente, nessuna emozione. Pensava avrebbe avuto paura, invece era lucido e stava valutando ogni mossa da fare.

"Ah ho capito. Vuoi uccidermi davanti a Mycroft per farlo soffrire, giusto?" disse inespressivo.

Non guardava Mycroft, se solo lo avesse fatto in quel momento avrebbe perso la lucidità e doveva rimanere concentrato.

"Bravo ispettore. Holmes ti sottovaluta, non sei così stupido".

"Tu sì invece" disse la voce di Sherlock.

E fu come il segnale che stava aspettando.

Pestò il piede di Uliya sorprendendolo e gli prese la mano con la pistola abbassandogliela con un colpo facendogli perdere l'arma e al contempo rompendogli il polso.

Quello gli tirò un pugno con l'altra mano facendogli perdere per un attimo l'equilibrio e si trovò a terra con Uliya sopra di lui, le mani sul collo.

Lo colpì con un pugno al collo abbastanza forte da stordire il suo avversario che mollò la presa e ne approfittò per ribaltare la situazione e spingerlo a terra.

"Fermo dove sei" Mycroft aveva in mano una piccola pistola uscita fuori dal manico del suo ombrello.

E la stava puntando addosso a Uliya che si immobilizzò sotto di lui.

Notò John e Sherlock che avevano bloccato Porter senza troppa difficoltà.

E si sentirono le sirene della polizia in lontananza.

"Sua l'idea di chiamare la polizia" disse Sherlock indicando John.

"L'altro Porter?" chiese non volendo altre sorprese.

"Fuori, ammanettato ad un cancello" rassicurò John.

Poi erano arrivati i suoi colleghi che avevano portato via i Porter e Uliya e in tutto quel tempo non aveva rivolto parola a Mycroft.

Erano saliti tutti e quattro sulla sua auto ed aveva guidato fino a casa, i due Holmes seduti dietro, il maggiore che lo guardava preoccupato dallo specchietto retrovisore e il minore perso nel suo palazzo mentale.

Dio com'era furioso. Aveva rischiato di morire pur di chiedere il suo aiuto e dirgli la verità.

"I segni sul collo spariranno in un paio di giorni" disse John esaminandolo.

Sbuffò. Al momento non gliene fregava niente, quello era il minore dei suoi problemi.

Anche John era parecchio arrabbiato con Sherlock per essere stato tenuto all'oscuro della situazione, ma forse essendo solo amici e non essendo la prima volta ci stava passando sopra molto meglio di lui.

"Stai bene?" si arrischiò a chiedere Mycroft esitante.

Notò Sherlock sogghignare, doveva essere la prima volta che vedeva Mycroft così in difficoltà.

Incredibile, Mycroft Holmes terrorizzato da lui.

"Fuori, Sherlock. John grazie ma io e Mycroft vogliamo stare da soli" disse serio.

John aveva capito benissimo l'antifona e indossò veloce la giacca. Sherlock invece rimase immobile osservando ad intermittenza lui ed il fratello.

"Stanno per litigare, vero John?"

Si alzò in piedi. "Esatto Sherlock. E non mi piacciono gli spettatori, per cui..."

Indicò la porta.

John prese Sherlock per il braccio e lo condusse fuori chiudendo la porta.

Solo allora guardò Mycroft che lo fissava rigido e nervoso.

"Ho sempre creduto che fossi l'uomo più intelligente che avessi mai incontrato, ma questa sera ne ho dubitato" iniziò stringendo una mano a pugno.

"Gregory..."

Assottigliò gli occhi e Mycroft si zittì all'istante.

"Che diavolo volevi fare?! È una settimana che non dormo chiedendomi che cavolo stessi combinando..."

"Tu ti sei accorto..." Mycroft era sorpreso.

"Certo! Sei un uomo abbastanza abitudinario fuori dal lavoro. E io sono un poliziotto e ti conosco, ovvio che ho visto che eri strano" ribatté arrabbiato. "E invece di parlare con me no, facciamo un piano suicida con Sherlock".

"Gregory..."

"Siete due idioti!" urlò furioso.

"Donovan sapeva tutto, era in contatto radio con Sherlock" lo informò Mycroft. "Non avevo intenzione di mettermi in pericolo, la situazione era monitorata".

"Certo, e il mio arrivo ha sconvolto i tuoi piani" disse tagliente.

"Non pensavo ti fosso accorto che..."

"Cosa? Che eri nervoso e ansioso più del solito e che dormivi poco? O che per diverse ore al giorno non eri rintracciabile? Tu che sei non disponibile vuol dire solo che mi stai facendo seguire e significa che sta succedendo qualcosa".

Mycroft era sorpreso.

"Non pensavi che fossi così sveglio, vero?"

Andò verso il carrello dei liquori e si versò uno scotch doppio.

"La cosa che più mi ferisce è stata la tua mancanza di fiducia in me. Perchè diavolo non me l'hai detto? Le coppie parlano, Mycroft. E so che non ci sei abituato ma il bersaglio qua ero io. Era me che volevano uccidere".

"Per colpire me! Non volevo agitarti, volevo proteggerti!" Mycroft sembrava volesse fargli capire qualcosa che gli sfuggiva.

"Dannazione, sono un poliziotto non una damigella in pericolo, Myc!"

Sapeva quanto lo infastidisse essere chiamato con quel diminutivo, ma se ne fregò, era troppo furioso.

Buttò giù il bicchiere di scotch sbattendolo rumorosamente sul tavolo.

Mycroft sussultò leggermente a quel rumore. "Non volevo rischiassi ancora la tua vita per me. Ho già vissuto cosa significa stare in un corridoio d'ospedale in attesa di sapere se sei vivo o morto. E allora non era neanche come adesso".

Lo guardò con attenzione, era agitato e stava cercando di fargli capire qualcosa di importante. E lui lo capì dai suoi occhi azzurri.

"Allora non mi amavi ancora come oggi" completò per lui.

Mycroft fece un piccolo cenno di assenso prima di abbassare lo sguardo.

"Dentro di me lo sapevo che sarebbe arrivato questo giorno".

Corrugò le sopracciglia. Di che diavolo stava parlando?

"Sono una persona difficile e poco incline a mostrare i suoi sentimenti" continuò Mycroft. "L'uomo di ghiaccio".

Mycroft fece una risata bassa e secca che lo irritò portandolo a desiderare un altro bicchiere di scotch. Ma rimase fermo perché aveva la sensazione che quello sarebbe stato un momento di svolta per loro.

"Ho sempre saputo che sarei stato solo nella vita. È per questo che non mi sono mai lasciato andare a sentimenti come l'amore. Per non soffrire. Sono sempre stato un codardo".

Mycroft lo guardò e si sentì legato a lui come non mai. "Ma tu sei riuscito dove tutti avevano fallito. Hai rotto il ghiaccio. E adesso che sta per succedere non ti fermerò".

Pensava che se ne sarebbe andato. Che lo avrebbe lasciato. Strano, in tutta la sua rabbia quella era stata l'unica cosa che non aveva mai pensato.

Camminò verso Mycroft fermandosi davanti a lui, senza togliere gli occhi dai suoi azzurri.

"Pensavo lo avessi capito".

"Cosa?" proruppe Mycroft in un sussurro agitato.

"Puoi essere un idiota colossale come stasera ma io non me ne andrò mai via da te" rispose serio prendendogli le guance con le mani. "Io ti amo Mycroft Holmes".

Notò Mycroft trattenere il respiro.

"Posso vivere senza di te, ci riuscirei. Ma semplicemente non voglio".

Mycroft si tuffò sulle sue labbra baciandolo disperatamente e lui lo accolse stringendolo a sè con forza.

Fecero l'amore tutta la notte senza lasciarsi un attimo, con la consapevolezza ancora più forte del sentimento che li legava.

Era il primo Natale ed erano nel salotto della casa dei genitori di Mycroft e Sherlock.

Inutile dire che Violet e August Holmes lo adoravano, in particolare August.

"Vi ho osservati... non hai idea di quanto Myc abbia bisogno di te, Greg. Sono molto più tranquillo ora".

Mycroft odiava il Natale ma lo stava gestendo bene.

Erano seduti sul divano mentre invece Sherlock era sulla poltrona.

"Sono delle persone davvero carine i vostri genitori" commentò.

"Terribilmente normali" convenne Sherlock con un sorriso.

Quel pomeriggio erano stati da Eurus a Sherrinford. Lui non era andato, era rimasto lì con John e Rosie.

"Anche io e Greg siamo normali" commentò John entrando in salotto e annuendo all'occhiata di Sherlock. "Rosie dorme".

Ormai aveva quasi tre anni ed era una bambina parecchio sveglia. Secondo Sherlock aveva un QI più alto del normale.

Mycroft gli passò un bicchiere di brandy e notò che anche Sherlock e John ne avevano in mano uno.

"Tornato tra noi?" chiese Mycroft con un sorriso dolce.

"Scusa, a volte anche io vado nel mio palazzo mentale" replicò divertito.

John ridacchiò.

"Davvero difficile spegnere il cervello" concordò Sherlock. "Per noi specialmente. Nemmeno quando sono quasi morto ha smesso di funzionare".

"A me succede" ribatté Mycroft sorprendendolo.

"Sul serio?" Sherlock sembrava scioccato.

"Sì".

Mycroft lo guardò e lui capì trovandosi a sorridere come un idiota.

John ridacchiò consapevole mentre Sherlock li guardava tutti confuso.

"Mentre facciamo l'amore, Sherlock" disse soddisfatto bevendo un sorso di brandy.

Sherlock corrugò le sopracciglia. "Ma a me non succede".

"Lo fai con la persona sbagliata allora" replicò.

John annuì concorde. "Non ti fidi totalmente. È un lasciarsi andare reciproco".

"Nemmeno io mi fiderei di Irene Adler" commentò.

"Già" Mycroft bevve un sorso del suo brandy.

"Non ci sentiamo da un po'. Vedersi ancora peggio" confessò Sherlock.

"Ti sei annoiato" disse John.

"O forse vuoi inconsciamente di più. Ma sai che lei non è quel tipo di persona da relazione stabile e tutto il resto" buttò lì appoggiandosi con la testa alla spalla di Mycroft.

"Tutto il resto? Intendi matrimonio e figli?"

"Precisamente Sherlock".

"E voi due allora?"

Alzò un sopracciglio. Figurarsi se Sherlock li lasciava tranquilli.

"Io sono già stato sposato. E per quanto riguarda i figli non li ho voluti nemmeno con Angela" rispose.

"Io e i bambini non andiamo d'accordo" aggiunse Mycroft.

La domanda di Sherlock non li aveva colti impreparati. Avevano parlato di figli una sera ma entrambi stavano bene così, oltre al fatto che Mycroft aveva 48 anni e lui 45. Decisamente troppi a loro modo di vedere per occuparsi di un bebè.

"Tocca a te portare avanti il cognome" disse Mycroft al fratello.

"Meglio non con Irene Adler" aggiunse lui convinto.

"Su quello sono d'accordo" John annuì.

"Ovvio non con Irene" disse Sherlock spiazzando tutti.

Corrugò le sopracciglia. Non sentiva e vedeva Irene da tempo...

"Chi è?" chiese solamente.

"Sherlock sul serio?" John pareva quasi offeso di non essere stato informato.

Mycroft girò il viso per guardarlo come per avere una conferma del suo pensiero. Annuì brevemente.

"Ci sono tutti i segnali" sbottò Sherlock quasi arrabbiato.

"Che segnali?" chiese John perplesso.

"Gli stessi che aveva anche Mycroft quando gli piaceva Greg ma non voleva ammetterlo" rispose Sherlock contrariato.

"Sherlock, ti sei innamorato?" chiese con un sorriso.

Sherlock sbuffò. "Non lo so che cos'è. Ma la penso decisamente troppo e questo non va bene per il lavoro".

"Hai usato le stesse mie parole dell'altra volta" gli fece notare Mycroft.

"E ti avevo dato dell'idiota" aggiunse Sherlock con uno sbuffo.

"È Molly, vero?" disse collegando tutti i puntini.

Sherlock sgranò gli occhi sorpreso. "Come diavolo...?"

"Davvero, Sherlock?" John trattenne una risata.

Mycroft lo guardò con un sorriso soddisfatto.

"Stare con mio fratello ti ha reso più intelligente" commentò Sherlock compiaciuto.

"Ti distrae sul lavoro. E la devi vedere per forza... ovvio che fosse lei" disse scrollando le spalle. "Oltre al fatto che lo speravo per te. È una brava ragazza e ti ama da anni".

"E ti rivedi un po' in lei" aggiunse Sherlock.

"Sì" ammise. "Voi Holmes siete decisamente lenti nel capire qual è il meglio per voi".

John e Mycroft risero.

"Scusa" mormorò Mycroft dandogli un bacio sulla fronte.

"Beh, che vuoi fare?"chiese John.

"Aspettare" rispose Sherlock portandosi le mani congiunte alle labbra.

"Che idiozia" replicò. "I tuoi sentimenti non cambieranno col tempo. Anzi sarà sempre peggio".

John annuì.

"E provare a dimenticarla uscendo con altre persone non funzionerà" aggiunse serio. "Te lo dice uno che ci ha provato a dimenticare tuo fratello, e non mi pare che ho avuto successo".

"Meno male" commentò Mycroft mettendo la mano sopra alla sua appoggiata al divano.

"Quindi che dovrei fare?" domandò Sherlock incerto.

"Dille quello che senti" rispose John convinto.

"Io ho fatto così con Mycroft" raccontò. "L'ho bloccato sulla poltrona impedendogli di scappare e gli ho detto quello che era per me".

"Con mia enorme sorpresa" aggiunse Mycroft stringendo la sua mano.

"La stessa che avrà Molly immagino" mormorò Sherlock ansioso.

"Beh, tu lo sai che ti ama, te lo ha detto..." lo rassicuró John.

"Quasi due anni fa. E da allora è un po' distante" replicò il consulente investigativo. "E la cosa mi infastidisce".

"Si è tutelata, Sherlock" disse Mycroft con ovvietà.

"Non puoi pretendere che cancelli quello che è successo. Non funziona così" aggiunse. "Molly sa che le vuoi bene e non ti ha cancellato dalla sua vita per quello. Oltre al fatto che è da masochisti vederti lo stesso, ma la capisco, più masochista di me..."

"Non voglio che mi cancelli!" Sherlock era contrariato.

"È la prima reazione spontanea di fronte ad un problema. Cancellarlo o ignorarlo nella speranza che vada via" replicò. "Molly ha provato a cancellare i suoi sentimenti per te e tu li stai ignorando, aspettando per vedere se se ne vanno via".

Sherlock assottigliò gli occhi. "Mi stai dando dell'idiota".

Mycroft sorrise.

"In modo indiretto" John annuì. "E decisamente tocca a te fare qualcosa".

"Sono d'accordo" Mycroft aveva iniziato ad accarezzargli la mano col pollice.

"Ti basterebbe semplicemente parlarle in modo diretto e normale. Molly ti ha sempre capito benissimo e sa come sei fatto" aggiunse girando la mano per intrecciarla con quella di Mycroft.

Sherlock aveva lo sguardo puntato su di lui. "Ho sempre trovato assurdo che qualcuno potesse amarmi in quel modo anche se sono un sociopatico... ma poi guardo te con Mycroft e vedo come lo guardi e quello che ti lega a lui... e a volte sono sorpreso".

Mycroft sorrise comprensivo. "Lo ero anche io all' inizio. Userò una frase che una volta mi ha detto Gregory: posso vivere senza di te, ci riuscirei, semplicemente non voglio".

Strinse più forte la sua mano come a volerlo ribadire di nuovo.

"E per te è lo stesso" disse John.

"In verità no" lo contraddisse Mycroft. "Io non riesco più a vivere senza di lui".

Girò il viso toccando con la punta del naso la pelle del collo di Mycroft e respirando il suo odore. Mycroft Holmes non gli aveva mai detto chiaramente ti amo ma quelle parole erano per lui la stessa cosa.

Quella notte nel letto della vecchia stanza di Mycroft lo aveva coccolato un bel po'.

"Ci sono i miei genitori dall'altra parte del corridoio" mormorò Mycroft a bassa voce rispondendo però al suo bacio.

Rise sulla sua bocca. "Quello che hai appena detto fa molto sedici anni".

"E la cosa ti eccita" dedusse Mycroft con un ghigno.

"Molto" confermò. "Faremo piano".

Mycroft lo baciò annuendo e ribaltando le posizioni, bloccandolo sotto.

"A casa mia conduco io".

Ridacchiò. "Agli ordini, capo".

Mycroft lo baciò in modo irruento e con foga e lui si lasciò trascinare dalla sua passione.

Il Natale poi era passato per la felicità di Mycroft ed il ritorno a Londra era stato tranquillo fino ad una sera di fine gennaio in cui aveva ricevuto un messaggio da Sherlock.

221B. Vieni subito. Da solo.

Era appena uscito da lavoro e guardò lo schermo del telefono abbastanza perplesso.

Guardò l'orologio. Che diavolo poteva volere Sherlock da lui alle 8.35 di sera?

Sospirò e mandò un messaggio a Mycroft.

Sherlock vuole vedermi. Ti scrivo quando sto tornando a casa.

Ormai non gli faceva più strano come le prime volte definire quel villone come casa sua.

Salì in auto e proprio quando accese il motore sentì il plin di risposta.

Ok. Tienimi aggiornato in caso... lo sai.

In caso Sherlock fosse strafatto. Lo sapeva eccome.

Guidò verso Baker Street e riuscì incredibilmente a trovare parcheggio abbastanza vicino.

Quando arrivò ad aprirgli fu la signora Hudson che appariva perplessa come lui.

"L'ha chiamata Sherlock, vero? L'ho visto ed è strano..."

"Droga?" chiese solo.

"Oh no, assolutamente no. Era calmo ma quasi assente, troppo preso a pensare" rispose la signora Hudson certa. "Vada di sopra e scopra che cos'ha".

Salì le scale chiedendosi che cosa potesse essere successo a Sherlock e perché volesse vedere lui e non John.

Entrò nel salotto e trovò Sherlock seduto a gambe incrociate sulla poltrona, le mani giunte davanti alle labbra e gli occhi che fissavano un punto del tappeto.

"Sherlock?" lo chiamò esitante.

Holmes alzò lo sguardo verso di lui e lo trovò smarrito e terribilmente confuso. Ed erano state pochissime le volte che aveva visto Sherlock così confuso.

"Avevi ragione".

Sgranò gli occhi sorpreso. Era la prima volta che si sentiva dire da lui una cosa simile in circa dodici anni di conoscenza.

"A che proposito?"

"Molly" disse Sherlock con un sospiro.

Ok, decise di sedersi sulla poltrona di John.

"Che è successo?"

"Io... non ho idea di come sia successo" iniziò Sherlock. "Ero al microscopio e lei mi stava parlando delle condizioni del corpo di Fink ed io ad un certo punto l'ho sentita vicina a me, il suo profumo... ho smesso di ascoltare e mi sono ritrovato a baciarla".

Aveva la sensazione che non fosse finita qui.

"E quando ho capito cosa stavo facendo ero talmente sconvolto che me ne sono andato".

"Molly che cosa ha detto?" chiese curioso.

Sherlock inclinò leggermente la testa. "Niente in verità, era immobile. Probabilmente era scioccata come me. L'ho sentita solo pronunciare il mio nome quando stavo già uscendo dal laboratorio".

Decise di fare LA domanda. "Perché sei andato via?"

Sherlock sospirò. "In quel momento con Molly... il mio cervello era totalmente spento".

Annuì soddisfatto. "Ed è stato un male? Hai avuto paura?"

"Non mi era mai successo. Mai, capisci? Ed io... credo di aver avuto bisogno di metabolizzare che..."

"Che sei davvero innamorato, Sherlock" venne in suo aiuto.

Sherlock non rispose ma era chiaro dalla sua espressione che era arrivato alla stessa identica conclusione.

Il campanello suonò e non aveva il minimo dubbio sull'identità della persona alla porta.

Si alzò in piedi. "Me ne vado, credo che Molly voglia parlarti da solo".

Sentirono due voci femminili al piano di sotto a confermare le sue parole.

"Mycroft è diverso da quando sta con te" disse Sherlock con un accenno di sorriso. "Meno impostato e più il fratello bambino che ricordo".

Era la prima volta che Sherlock parlava da solo con lui del fratello in modo serio e non scherzoso.

"È sereno. Ha sempre pensato che non ci fosse nessuno in questo mondo in grado di capirlo, che fosse solo... fino a quando sei arrivato tu. Il suo pesce rosso".

"Pesce rosso?" ripeté perplesso.

"Mycroft capirà" disse Sherlock con un sorrisino furbo che si cristallizzò quando entrò Molly, talmente nervosa da tormentare la sciarpa con le mani.

"Ciao Greg".

"Ciao, io me ne stavo andando" disse andando verso la porta.

"Grazie dell'aiuto, Greg" lo salutò Sherlock anche se i suoi occhi chiari erano puntati su Molly.

Uscì con Sherlock ancora seduto a gambe incrociate sulla poltrona mentre Molly si toglieva la sciarpa.

"Che ti succede, Sherlock?"

Dio mio, non era nemmeno arrabbiata ma preoccupata.

Sherlock era davvero fortunato ad aver trovato una donna come Molly.

Scese le scale non sentendo urla, il che per lui era un buon segno ed una volta fuori dal 221B scrisse a Mycroft.

Va tutto bene. Tuo fratello ha solo capito di essere davvero innamorato. E fregato.

Mycroft gli rispose due minuti dopo.

Prima o poi doveva capitare anche a lui.

Si ritrovò a sorridere come un idiota prima di salire in auto.

Un paio di settimane dopo aveva notato Mycroft particolarmente nervoso e soggetto ad incubi notturni, era per quello che si trovavano nell'enorme vasca da bagno che usavano raramente, piena di acqua calda e schiuma e lui era avvinghiato a Mycroft appoggiato al suo petto e lo stava coccolando con baci sul collo e passando la spugna sulle braccia e il torace.

"Ti stai rilassando?"

Mycroft con gli occhi chiusi mugugnò un assenso.

Fosse stato per lui sarebbero potuti restare così per ore.

"È stato un anno fa domani" disse Mycroft dopo un paio di minuti di silenzio.

"Cosa?"

"Che ti hanno sparato".

Ah. Se ne era completamente scordato, ecco perché Mycroft era suscettibile da giorni.

In tutta risposta lo strinse di più a sé.

"Stiamo insieme da quasi un anno" gli fece notare.

"Non mi sembra vero" rispose Mycroft abbozzando un sorriso.

"Ti amo" mormorò al suo orecchio.

Mycroft si girò verso di lui, gli baciò la cicatrice del proiettile sulla spalla e poi lo guardò.

"Anche io".

Lo baciò piano, godendosi quel momento.

Col suo lavoro aveva imparato a godersi ogni momento bello.

Quando aveva affrontato il discorso con John davanti ad una birra si erano capiti alla perfezione.

"In Afghanistan potevo morire ogni giorno".

Ed in effetti pure John era quasi morto.

Tanto per cambiare stavano indagando su un pazzo che uccideva apparentemente a caso e Sherlock era nervoso come non lo vedeva dai tempi di Moriarty.

Pure Mycroft era in ansia ma sapeva nasconderlo decisamente meglio.

"Ora ho qualcosa da perdere" gli aveva detto Sherlock preoccupato.

Sapeva che parlava di Molly. Stavano insieme finalmente e il minore dei fratelli Holmes non gli era mai sembrato così tranquillo, casi a parte.

Sherlock e John erano riusciti a scoprire l'identità del pazzo grazie anche a Mycroft e gli avevano mandato foto e nome.

Albert Hunt, 42 anni, rinnegato a suo dire dalla società perché bipolare e schizofrenico.

Sally cercò nel database e trovò la sua cartella e un presunto indirizzo.

"Andiamo a controllare" disse infilando la giacca.

Uscì e rallentò il passo perché gli suonò il telefono.

"Mycroft".

Sally si adeguò alla sua andatura.

"Gregory, Sherlock e John dicono che Hunt ha in mente qualcosa".

"Sto andando con Sally al suo domicilio" disse uscendo dalle porte di vetro dell'ingresso.

Il suo sguardo fu catturato da un'auto argento parcheggiata davanti al piazzale della stazione di polizia. Ed era strano, dalle ultime norme di sicurezza era vietato parcheggiare lì, oltretutto non era nemmeno una delle loro auto.

Prese Sally per il polso.

"Ma quell'auto?"

Lei lo guardò e pensarono entrambi alla stessa cosa un secondo prima dell'inferno.

L'ultima cosa che sentì prima dello scoppio fu Mycroft dire il suo nome.

Quando aprì gli occhi si trovò a terra, l'odore di bruciato gli entrava nelle narici.

Sentiva rumori di allarmi e sirene che spezzavano il silenzio altrimenti assordante.

Aveva un forte mal di testa. Si guardò intorno e capì di essere stato sbalzato di alcuni metri verso le porte di vetro antiproiettile e di averci sbattuto addosso senza romperle, ma crepandole prima di rotolare a terra.

Sally era stesa accanto a lui e pure lei si stava svegliando.

"Capo..."

"Sei tutta intera?" chiese sentendo il sangue scendere da un taglio che aveva sulla fronte e macchiargli la guancia sporca di fuliggine e briciole di cemento.

"Credo di sì" Sally si mise seduta.

Trovò il suo telefono con lo schermo in pezzi ed inutilizzabile.

Poi al rumore delle sirene e degli allarmi si aggiunsero anche le urla di panico.

Si alzò traballando ed appoggiandosi al muro per non cadere.

E alle urla di panico registrò anche rumore di spari.

Fu automatico prendere la pistola e strizzare gli occhi per vedere oltre il fumo. E cazzo, vide quel pazzo di Hunt sparare ai poliziotti feriti a terra e farsi strada verso la centrale, verso di lui e Sally che era ancora a terra.

Hunt si girò verso di lui e si guardarono mezzo secondo prima che lui premesse il grilletto. E prima che cadesse di nuovo a terra, del tutto instabile sulle gambe.

Ma anche Hunt era caduto a terra, colpito al collo dal proiettile ed in una pozza di sangue.

"Capo, ti ha colpito di striscio alla testa" disse Sally trascinandosi verso di lui.

Sentiva vagamente un leggero bruciore alla tempia, vicino all'attaccatura dei capelli e altro sangue caldo scendergli sulla faccia.

"È morto, ispettore" disse un poliziotto avvicinandosi a lui con un medico. "Ha ucciso quel pazzo che voleva farci fuori tutti".

"Lestrade!"

Intravide la figura alta e slanciata di Sherlock raggiungerlo di corsa seguito da John che si chinò subito su di lui.

"Va portato in ospedale. Subito!" disse John con urgenza dopo avergli guardato gli occhi. "Potrebbe avere un'emorragia interna. Anche Sally".

A confermare quasi le sue parole vide Donovan vomitare sangue.

"Chiama Mycroft! Digli che sto bene, io... chiama Mycroft, chiamalo Sherlock... chiamalo..." farfugliò agitato prima di perdere i sensi sorretto dalle braccia di John.

Quando si svegliò la prima cosa che sentì oltre al dolore alla schiena era una mano stretta saldamente alla sua.

E anche se aveva gli occhi ancora chiusi sapeva che era Mycroft. Sentì il suo profumo nelle narici, doveva aver capito che si stava svegliando.

"Gregory?"

Sollevò le palpebre e lo trovò chino su di lui, lo sguardo azzurro preoccupato che si fermò nei suoi occhi.

"Sei in ospedale, hai un trauma cranico, una contusione alla schiena, un polso slogato e due tagli sulla fronte" gli elencò. "Però stai bene".

"Che è successo? Sally?" chiese con voce rauca.

"L'hanno operata, aveva un'emorragia interna. Ma ora sta bene" rispose Mycroft con un accenno di sorriso.

Sollievo. E poi di nuovo ansia.

"Quanti sono morti?"

"Con l'esplosione due poliziotti e un civile. Con i proiettili quattro poliziotti" rispose Mycroft.

Lo ricordava, aveva visto Hunt camminare verso lui e Sally, guardarlo in faccia con la pistola puntata... si toccò il cerotto che aveva sulla tempia.

Se l'era cavata per una manciata di centimetri, probabilmente perchè aveva perso l'equilibrio per il trauma cranico ed era caduto a terra.

Solo fortuna in pratica. Come era stata fortuna che nelle sue condizioni lo avesse colpito ed ucciso.

Poi realizzò un'altra cosa.

"Mi hai salvato".

Mycroft lo guardò leggermente confuso. "Io non ero lì".

Sorrise. "Sì invece. La tua chiamata".

"In che modo?"

"Ho rallentato il passo quando ero al telefono con te, lo faccio sempre" rispose. "Se non mi avessi chiamato sarei morto nell'esplosione".

Mycroft lo guardò con una nuova consapevolezza, notò la sua mano tremare e gliela strinse più forte.

"Lo faccio senza rendermene conto. Quando mi mandi un messaggio o mi chiami io rallento e spesso mi fermo anche, perché vieni prima di tutto il resto".

Mycroft gli prese il viso con le mani e lo baciò piano guardandolo poi negli occhi a distanza ravvicinata, con le punte dei nasi una di fianco all'altra.

"Sarei perso senza di te, lo sai vero?" mormorò Mycroft a voce bassa. "Completamente annientato".

"Non credere nemmeno per un attimo che per me non sarebbe lo stesso" rispose serio.

Mycroft lo baciò di nuovo e a suo parere era meglio quello della morfina.

Non aveva potuto lamentarsi di Mycroft. Si era preso cura di lui nelle tre settimane seguenti di convalescenza ma in questo era sempre stato bravo, si era allenato per anni a prendersi cura di Sherlock e di tutti senza farsi vedere.

Adorava quando Mycroft si infilava sotto le coperte e si avvicinava abbracciandolo da dietro, lui automaticamente si rilassava appoggiandosi al suo petto.

Sentire il suo respiro sulla nuca era meglio di qualsiasi ninna nanna.

Una sera mentre stavano cenando notò Mycroft più silenzioso del solito che gli lanciava lunghe occhiate di sottecchi.

Al momento del dolce decise che ne aveva abbastanza.

"Mi dici che hai?"

Mycroft sembrò quasi sorpreso.

"Parla. Ho capito che c'è qualcosa che ti tormenta" disse serio mollando il cucchiaino del dolce. "Devo tirarti fuori le parole con le tenaglie?"

Mycroft alzò un angolo della bocca. "A volte mi stupisco ancora di come tu mi conosca così bene..."

Una volta capito per lui Mycroft Holmes era facile da decifrare. Era un uomo straordinario sotto molteplici aspetti ma anche tremendamente abitudinario. Sherlock era decisamente più complicato a suo modo di vedere.

"Ci ho pensato e lo so che tu sei già stato sposato, ma..."

"Sì" rispose di getto.

Il suo cuore aveva accelerato di colpo e sentiva un calore avvolgerlo che lo faceva sentire bene e felice.

"Ma non ti ho ancora chiesto per bene..." protestò Mycroft.

"Sì, Mycroft" lo interruppe di nuovo.

Mycroft sbuffò contrariato ma sorridendo al contempo.

"Vuoi sposarmi?"

Si alzò e si chinò accanto alla sedia di Mycroft, guardandolo dal basso.

"Sì. Sì e ancora sì. Ti basta come risposta?"

Mycroft gli regalò un sorriso luminoso prima di abbassarsi e baciarlo.

Era stata una cerimonia veloce in comune con i signori Holmes, Sherlock, Molly, John e Rosie.

Gli capitava spesso da quel giorno di guardare la fede d'oro che aveva al dito, girarla col pollice e sorridere come un idiota.

E Sherlock e Molly avevano seguito il loro esempio pochi mesi dopo annunciando anche nel mentre che sarebbero diventati presto genitori.

Lui aveva riso felice per loro, come anche John mentre Mycroft era rimasto sorpreso prima di sorridere. Invece Violet Holmes era scoppiata in lacrime all'idea di diventare finalmente nonna e August aveva dato una pacca sulla spalla di Sherlock.

"Zio Mycroft, suona bene, non trovi?" commentò infilandosi sotto le coperte.

"Non credevo sarebbe mai successo" ammise Mycroft appoggiandosi a lui, la testa sulla sua spalla. "Sono davvero felice per Sherlock".

"Lo so che hai sempre avuto il terrore di trovarlo morto in qualche vicolo per overdose".

"Già" confermò Mycroft. "Tu come ci vedi fra dieci anni?"

Non esitò a rispondere. "Come adesso. Solo coi capelli più grigi e più rughe".

Mycroft rise. "Non mi dispiace come scenario".

"Nemmeno a me" gli diede un bacio sulla guancia. "Sherlock tempo fa mi ha definito il tuo pesce rosso. Ha detto che tu avresti capito".

Mycroft sorrise. "Mi costa ammetterlo ma su quel discorso Sherlock è stato più intelligente di me".

"Davvero?"

"Non avevo capito quanto fossi solo fino a quando tu non sei riuscito ad avvicinarti abbastanza per farmi comprendere che ti volevo vicino" rispose Mycroft.

"Beh ora la solitudine scordatela. Fino alla fine io ci sarò" replicò accarezzandogli i capelli.

"Anche io".

Entrambi guardarono le loro mani intrecciate, le fedi che brillavano l'una accanto all'altra.

Sempre.

 

 

Nikki Potter

  
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