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Autore: Severa Crouch    15/06/2023    2 recensioni
Prima della guerra, erano solo studenti della prestigiosa scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, una seconda casa per tutti loro.
L’inizio dell’anno scolastico 1974-1975 si apre con una minaccia: strani e pericolosi incidenti capitano agli studenti che si avventurano per i corridoi da soli. La preoccupazione inizia a crescere fino ad alimentare le voci su una possibile chiusura della scuola.
I fratelli Black, Sirius e Regulus, Robert Turner e i loro amici inizieranno a indagare su questo mistero, dimostrando che le Case di Hogwarts, a dispetto delle diverse vedute, possono unirsi quando c’è in gioco la sopravvivenza della scuola. Nel mezzo, l’amicizia, gli amori, le lezioni e il Quidditch.
Questa storia partecipa alla challenge “Gruppo di scrittura!” indetta da me sul forum “Writing Games - Ferisce più la penna” - aggiornamenti ogni 15 del mese.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Capitolo 5 - I misteri della Foresta Proibita



 

“Avete scoperto qualcosa?”

Alexandra e Barty stavano parlottando fittamente sopra un taccuino, segno che la loro missione segreta in biblioteca era andata a buon segno. Il sorriso pestifero di Alex gli confermò quanto aveva intuito, seguito da un identico sorriso sul volto di Barty. “Abbiamo scoperto molte cose, alcune veramente utili,” esordì Barty, gli occhi marroni brillavano di soddisfazione come un bambino che brama una ricompensa.

“Lo vedremo se saranno utili…” Jago li aveva appena raggiunti in compagnia di Desmond e Severus. Dall’altro lato della sala comune, Regulus intercettò lo sguardo di Eloise Rosier e dovette trattenere un sorriso divertito mentre la ragazza, colta in flagrante, arrossiva violentemente.

“Innanzitutto, abbiamo scoperto…”

“Fermo!” Severus Piton non parlava di frequente e quando lo faceva non era mai a sproposito. “Muffliato.”

“Che cos’è?” 

Un sorriso compiaciuto comparve sul volto di Piton a seguito della domanda di Alexandra. “Un incantesimo contro gli impiccioni. Adesso nessuno riuscirà a capire quello che ci stiamo dicendo.” Gli occhi di Alexandra si spalancarono di sorpresa e lo sguardo si spostò su Regulus e poi di nuovo su Severus. 

“Me lo devi insegnare!”

“Che hai in mente?” Barty la osservava con l’aria di chi stesse elaborando svariati piani pestiferi che implicassero l’utilizzo di quel nuovo incantesimo. 

“Robert e Sirius non potranno più scoprire i nostri piani,” confessò infine strappando una risatina a Regulus. I loro piani, a memoria di Regulus, consistevano sempre nel cercare di scoprire perché la mamma non sopportasse affatto zia Druella e perché Darlene, la mamma di Alex, sospirasse ogni volta che passava per la stanza dell’arazzo dei Black. C’erano altri piani che comprendevano lo scoprire dove i loro padri conservassero le uova di drago che commerciavano illegalmente e cosa bisbigliassero gli elfi nelle cucine, tanto da far indispettire Kreacher. Sebbene quei giochi sembrassero di un’epoca fa, di quando Regulus era un bambino e non un mago tredicenne che poteva andare a Hogsmeade, quei pensieri gli ricordavano anche che avrebbero potuto concretizzarsi precocemente, se gli attacchi agli studenti fossero continuati e il preside avesse deciso di chiudere la scuola o, peggio, sua madre avrebbe ritirato lui e Sirius da scuola. Un brivido di terrore scese lungo la schiena di Regulus alla prospettiva di tornare ad ascoltare le noiose lezioni del precettore, con Sirius che faceva i dispetti e non gli faceva capire niente. 

“Direi di pensare a risolvere il mistero di queste aggressioni.” 

Alexandra e Barty annuirono in sincrono mentre aprivano il loro taccuino. 

“Abbiamo guardato nella Sezione sui castelli infestati dai fantasmi e abbiamo chiesto al Barone Sanguinario se qualcuno avesse gettato una maledizione sulla scuola. Lui ci ha detto che ci sono forze oscure che si aggirano tra le mura del castello, ma non è una maledizione, quella riguarda solo un’aula.”

“Aurora Sinistra è stata aggredita fuori dall’Aula di Astronomia, che sia quella l’aula maledetta?” domandò Mulciber.

“Dovremo scoprirlo!” esclamò Avery, mentre Barty, più cautamente domandò: “Ma perché lanciare una maledizione sull’Aula di Divinazione? E cosa c’entra con Jason Prince?”

“Jason era nell’Atrio,” ricordò Regulus mentre cercava di mettere insieme i pezzi di quel puzzle che sembrava cambiare disegno in ogni momento: Aurora e Jason non ricordavano niente dell’aggressione, entrambi avevano livelli molto bassi di sangue. 

TUM! TUM-TUM! TUM!

“Il rumore è tornato!” Barty saltò giù dal divano e lasciò il taccuino in mano ad Alexandra, correndo verso la porta. 

“Crouch! Fermati!” urlò Mulciber andandogli dietro. 

“Barty!” Alexandra seguì il suo compagno di banco e Regulus non ebbe altra scelta che correrle dietro, terrorizzato che la sua amica potesse fare la fine di Jason. “Aspettatemi!” Alle loro spalle, prima che la sala comune diventasse troppo lontana, Severus Piton diceva a Desmond Avery: “Io non rischio un’altra punizione.”

Regulus raggiunse Mulciber, la sua coda bionda era ben visibile alla luce delle torce, più avanti si intravedevano i capelli color paglia di Barty, mentre Alexandra sembrava invisibile, salvo che per il ticchettio delle sue scarpette sul pavimento di pietra. Regulus avrebbe riconosciuto i passi di Alexandra ovunque.

“Deve essere da questa parte,” disse Barty provando a tastare la parete. “Era un po’ di giorni che non si sentivano più questi rumori.”

“Qui è dove abbiamo trovato Jason,” ricordò Mulciber. “Tenete le bacchette a portata di mano.” Regulus si avvicinò ad Alexandra e le afferrò la mano, le domandò sottovoce: “Ricordi qualche incantesimo difensivo?” La vide annuire convinta e Regulus poté solo augurarsi che nell’evenienza avesse la prontezza di saperlo evocare. La cosa più complicata degli incantesimi, infatti, non era imparare le formule o i movimenti del polso e della bacchetta, ma riuscire a rendere tutto così naturale da riuscire a evocarli perfettamente al momento di necessità. Durante i duelli, poi, non era come quando si serviva il té o si svolgeva un compito in classe, era tutto molto più difficile, come Mulciber o Lucius Malfoy amavano sempre ricordargli. Voleva avere il sangue freddo di Desmond Avery o di Bellatrix, persino essere in grado di scherzare durante i duelli come Evan Rosier e Rabastan Lestrange. Li aveva osservati duellare la scorsa estate, a villa Black, sotto gli occhi delle cugine, mentre Bellatrix si divertiva con grida poco appropriate per una gentil-strega, come aveva detto zia Druella e mentre sua mamma e lady Turner avevano commentato sottovoce che era pur sempre la figlia di Druella. Regulus aveva provato a convincere suo fratello e Robert a organizzare un duello di incantesimi, ma era finito Disarmato e Pietrificato dopo pochi istanti, mentre sceglieva il suo primo incantesimo di attacco. Era stato costretto ad osservare Sirius e Robert andare via ridendo di lui. 

Strinse la bacchetta ancora più forte e si voltò verso Barty quando lo sentì urlare: “Ouch!” Alexandra puntò la bacchetta verso il punto in cui Barty era stato colpito e scandì velocemente: “Confundus!” 

Una voce le rispose: “Diffindo!” Regulus riuscì a intervenire prima che l’incantesimo offensivo colpisse la mano di Alexandra provocandole dei tagli: “Protego!”

Un’altra voce scandì: “Expelliarmus!” La bacchetta di Regulus volò e venne afferrata da Mulciber prima che il nemico vi mettesse su le mani. Poi, la voce di Robert Turner lo sorprese: “Regulus! Alex! Cosa fate ancora in giro per i corridoi?”

“Potrei farti la stessa domanda!” obiettò la sorella. 

“Non ci provare, Alex, scrivo alla mamma.”

“Così le spiegherai perché non eri nel tuo dormitorio!”

“Smettetela! Nessuno scriverà niente!” disse Barty. “Stavamo seguendo i rumori. Voi cosa stavate facendo? Avete trovato un altro studente ferito?”

Xenophilius Lovegood era emerso da quello che sembrava un incantesimo di Disillusione molto ben assestato: scuoteva la testa spaventato, gli occhi erano pieni di terrore. “Molto peggio.”

“Vediamo,” disse Barty.

“Non credo proprio, Crouch, non sono cose per uno studente del primo anno,” intervenne Robert.

“Alex e Barty tornano nel dormitorio se portate me e Jago.” Regulus provò a mediare cercando di non ottenere una chiusura totale dei Corvonero. Robert, dopotutto, aveva ragione: era meglio che degli studenti del primo anno rimanessero al sicuro in sala comune. Giles Ollivander guardò gli amici, era pallido in volto. “Sei proprio sicuro, Black?” 

Regulus osservò lo sguardo incerto di Jago. Era già abbastanza frustrante dover affrontare le voci su quanto i Serpeverde non fossero coraggiosi - Sirius ne faceva un mantra quando erano a casa - senza che ne fornissero una prova lampante tirandosi indietro. Così, determinati a risolvere il mistero e scongiurare la chiusura della scuola, annuirono.

“D’accordo, ma loro tornano in sala comune.” Robert era il solito puntiglioso e diffidente. Nel voler ribadire una condizione che Regulus aveva già proposto, voleva solo avere l’ultima parola per il solo fatto di essere più grande.

Alexandra sospirò rassegnata, prese la mano di Barty e lo trascinò verso la sala comune, ben consapevole di quanto suo fratello fosse testardo. “Non fatevi beccare da Gazza, mi raccomando,” mormorò loro Jago mentre seguivano i Corvonero fuori dal portone di quercia. 

Attraversarono i giardini sotto una pioggia fitta e incessante. L’erba era diventata una poltiglia fangosa al loro passaggio. I Corvonero li condussero fino al limitare della Foresta Proibita. Regulus e Jago si scambiarono uno sguardo preoccupato: in quei posti, alcuni studenti erano soliti incontrarsi per approfondire lo studio e la pratica delle Arti magiche che non erano ammesse a Hogwarts. Lucius Malfoy lo aveva accennato lo scorso anno, poco prima del diploma, aggiungendo che forse, un giorno se anche lui fosse stato sufficientemente degno, avrebbe ricevuto l’invito a unirsi a quella cerchia ristretta. Regulus era convinto che il Caposcuola Rowle o il suo amico Jugson avessero raccolto il testimone. Lucius aveva aggiunto che occorreva attendere di aver preso i G.U.F.O., perché le magie richieste erano molto avanzate e solo i maghi migliori potevano essere ammessi. 

Regulus un giorno vi sarebbe entrato, ne era sicuro, ed era il motivo per cui si stava impegnando moltissimo con gli incantesimi: voleva dimostrare a tutti ciò che diceva sempre sua madre, che i Black non erano secondi a nessuno. Il pensiero che quel posto fosse pieno di magia oscura e incantesimi avanzati, però, continuava a spaventarlo a morte. Non erano cose per uno studente del terzo anno e lui non era mai stato audace e irresponsabile come Sirius. Avrebbe dovuto tornare in sala comune con Alex e Barty e lasciare queste faccende a studenti più grandi come Jago, Desmond e Severus. Invece, Severus e Desmond si erano ritirati per paura di finire in punizione e avevano lasciato lui, Jago, Alex e Barty alle prese con queste indagini per evitare la chiusura della scuola.

In lontananza, il verso di una civetta a caccia interruppe il flusso dei suoi pensieri. Si sentì uno squittìo violento, segno che l’animale aveva trovato la sua preda. Tra le fronde degli alberi, Regulus sentiva dei movimenti e non era certo che fosse la pioggia. Era come se una miriade di occhi piccoli li stessero fissando. Si avvicinò a Jago e camminò vicino il suo compagno di Casa. 

“Guarda, Robert,” disse Xeno, “il sentiero è cambiato.”

Robert annuì, la mano pallida andò sotto il cappuccio della mantella a grattare la testa, poi Jago interruppe quel silenzio. “Sono come le scale, cambiano. L’ho letto in Storia di Hogwarts.” Regulus non era convinto che ci fosse scritto in Storia di Hogwarts, ricordava praticamente ogni pagina di quel libro che aveva divorato nell’anno in cui Sirius era partito per la scuola lasciandolo a casa ad annoiarsi in compagnia del precettore. Forse era un incantesimo difensivo dei loro compagni di Casa, per proteggere il luogo in cui praticavano gli esercizi di magie avanzate e segretissime.

“Questa volta, però, ho segnato gli alberi,” disse Lovegood, compiaciuto, mentre li conduceva dentro la Foresta. Regulus sapeva che Rowle era di ronda e che Jugson era impegnato a fare il cascamorto con una ragazza del sesto anno; si augurò di non incontrare nessuno della sua Casa e che quello che avevano trovato i Corvonero non avesse a che fare con i loro compagni Serpeverde. Jago doveva condividere le sue stesse preoccupazioni, a giudicare dal modo in cui teneva stretta la bacchetta e non parlava. Respirava piano, come per cancellare la sua stessa esistenza, quasi per non farsi sentire dalle creature che abitavano tra quegli alberi.

“Li senti anche tu?” domandò sottovoce. Jago annuì. Chissà se i Corvonero avvertivano la medesima sensazione o se fossero assorbiti dalla contemplazione delle loro stesse scoperte.

“Eccoci.”

Ollivander si fermò di colpo. Lovegood e Turner gli si avvicinarono, Robert mormorò: “Non credevo che potesse essere più ripugnante al secondo sguardo.”

“Perché adesso sai di cosa si tratta,” spiegò Giles.

“Che cos’è?” La domanda di Regulus attirò su di sé gli sguardi dei tre Corvonero. “Non lo vedi? Sono gatti, praticamente essiccati.”

“Gatti?”

“E topi, e scoiattoli, e altri piccoli animali,” aggiunse Xeno portandosi un pugno alla bocca come per impedirsi di rimettere. Robert gli passò una fialetta che doveva contenere qualcuna delle sue pozioni curative. Regulus superò i due Corvonero e si chinò per osservare meglio quella pila che, da lontano, sembrava un cumulo di vecchi mantelli da viaggio e che, solo avvicinandosi, si capiva che non erano bordi di pelliccia usati, ma corpi di animali. Era come se qualcosa li avesse svuotati, risucchiando tutto il contenuto del loro corpo, lasciando solo la pelle e le ossa. Le testoline degli animali, poi, erano raccapriccianti. Regulus si sforzò di non distogliere lo sguardo, temendo che Robert avrebbe riferito a Sirius quanto fosse terrorizzato alla vista di quei volti privi di occhi, con le bocche spalancate per il terrore che erano rimaste degli antri vuoti, decorati dalla dentatura di quegli animaletti.

 

***

 

“Non sono creature magiche…” 

Mulciber osservava quella pila di cadaveri con una freddezza che a Robert sembrava insolita, quasi come se vedere un cumulo di animali morti fosse una cosa familiare, come se il fatto che fossero animali comuni e non creature magiche attenuasse l’orrore di quello spettacolo. Un brivido gli scese lungo la schiena al pensiero di certi discorsi che aveva origliato a casa e a Grimmauld Place, sempre prima che Sirius arrivasse a portarlo via dall’orrore con una scusa qualsiasi. Spostò lo sguardo su Regulus che, invece, sembrava scosso. “Temo che qua in mezzo possa esserci il gatto della McNair,” disse con una voce flebile. L’orrore per Regulus era collegato al dolore che potevano provare i suoi cari e in questo aspetto era identico ad Alex.

“Il gatto di Margareth è scomparso?”

Regulus si strinse nelle spalle, incerto nella risposta: “A colazione ho sentito Eloise chiedere se il gatto fosse rientrato e Margareth scuotere la testa dicendo che spesso esce a caccia e torna dopo qualche giorno.”

“Se è un McNair come la padrona, vedrai che tornerà,” disse Jago. Era interessante osservare il modo in cui i Serpeverde badavano l’uno all’altro, come si guardavano le spalle e si rassicuravano. Forse Sirius aveva ragione e la delega poteva essere la soluzione, ma la disinvoltura di Jago verso l’orrore e quei modi di pensare, continuavano a non lasciarlo tranquillo. Certo, Alex e Regulus erano piccoli e forse avrebbero capito da soli quanto quel modo di pensare fosse sbagliato, forse aveva ragione Sirius e bisognava fare un passo indietro e lasciarli respirare e far compiere le loro scelte.

“Chi credete che possa aver fatto qualcosa del genere?”

“Perché pensi che sia stato qualcuno?” 

Il nervosismo con cui Jago aveva risposto alla domanda affatto casuale di Giles, aveva confermato una serie di sospetti: nella Foresta Proibita non giravano solo loro tre Corvonero. Giles sfoderò il suo miglior sorriso ironico, era un peccato che si intravedesse appena nella luce notturna: “Sbaglio o Crouch e baby Turner stanno studiando le case maledette?” 

“Ma quale maledizione può creare effetti del genere? E perché non lo ha fatto anche su Aurora e Jason?” domandò Mulciber.

“Forse perché chiunque sia stato, è stato interrotto?” Mulciber era bravo, ma Giles non cascava facilmente nelle provocazioni. Nel frattempo, Regulus e Xeno si erano avvicinati a quella pila di animali e Xeno disse: “Forse hanno ragione i Serpeverde, forse non è un mago l’autore di queste aggressioni.”

“Noi non abbiamo un’ipotesi chiara,” aggiunse Regulus. “Stiamo cercando di mettere insieme i pezzi. Questa pila, insomma, sembra quasi la tana di un animale che porta qui le sue prede.”

“Forse, quindi, Jason e Aurora sono vivi perché l’animale non è riuscito a portarli nella sua tana.”

“Forse.”

“Ragazzi,” disse Robert con la voce incrinata dalla paura, “ma se questa è la tana dell’autore delle aggressioni, noi ci troviamo nel posto sbagliato…” 

“O nel posto giusto,” aggiunse Xeno, “potremmo risolvere il mistero.”

“O morire,” convenne Giles. “Dovremmo dare retta a Turner e tornare a scuola prima che sia troppo tardi.” 

“Sono d’accordo con Turner e Ollivander,” si affrettò ad aggiungere Mulciber strappando un sorriso divertito a Robert che attendeva di scoprire il momento in cui la proverbiale codardia dei Serpeverde sarebbe venuta fuori. “Non è saggio rimanere nella tana di ciò che ha ridotto Aurora e Jason in fin di vita,” precisò, come per giustificare quella presa di posizione. Regulus annuì e tutti loro ritornarono verso il castello. 

Mulciber camminava davanti, parlava fittamente con Regulus e Robert provò ad ascoltare i loro discorsi. “Credi che siano?” domandò Regulus ricevendo in cambio solo un invito a star zitto. Xeno e Giles, proprio come Robert, avevano ascoltato.

“Avete delle idee su cosa possa essere?” domandò Xeno, ma Jago e Regulus negarono di avere delle idee. Eppure ciò contrastava con quanto si erano appena detti. “C’è una sola persona che può conoscere cosa avvenga nella Foresta Proibita,” disse infine Xeno. “Hagrid. Dovremmo andare a parlare con lui.”

“Parlare con il Guardiacaccia significa denunciare la nostra uscita notturna o anche solo aver violato la regola che rende proibito agli studenti l’accesso alla Foresta. Credi che Hagrid si farà intenerire dal nostro racconto di voler salvare la scuola?” obiettò Regulus.

Il comportamento era sospetto. Robert si disse che ne avrebbe parlato con Sirius alla prima occasione per capire cosa stessero architettando i Serpeverde. Dopo tutto, lui e i suoi amici, con quella Mappa incantata, erano in grado di scoprire tutti i movimenti degli altri studenti. Avrebbero potuto tenere d’occhio Regulus, Mulciber e persino Alex e Barty stando comodamente seduti in sala comune.

Salutarono Regulus e Mulciber nell’atrio della scuola e Robert si fermò un attimo per accertarsi che prendessero la strada per i sotterranei e che non si sentissero i passetti di Alexandra. Sperava che sua sorella fosse sufficientemente saggia da rimanere in sala comune e, magari, da andare a dormire e attendere l’indomani per ascoltare i racconti di Regulus. Ovviamente, erano speranze infondate, Robert era ragionevolmente sicuro che Alex fosse in sala comune, ma in attesa del suo amico, in pensiero all’idea che potesse capitare qualcosa a Regulus. Robert si domandò se sarebbe stata in pensiero anche per lui che, dopotutto, era pur sempre suo fratello e che per due volte era entrato in un posto pericoloso come la Foresta Proibita. 

Robert trascorse la notte in preda all’agitazione e alla preoccupazione. C’era qualcosa che si muoveva nella Foresta Proibita, qualcosa di oscuro e terribile, un predatore in grado di uccidere tutti quegli animali innocenti senza generare rumore e sospetto. Quando si fecero le tre di notte senza che fosse riuscito a calmarsi o a prendere sonno, si convinse ad assumere un sorso della pozione che aveva distillato per il compito del professor Lumacorno; questa gli avrebbe regalato un sonno senza sogni e garantito la capacità di avere lucidità sufficiente il giorno successivo. Dopotutto, come diceva sempre suo padre, non aveva senso perdere il sonno su cose su cui non possiamo intervenire. Prima di assumere il sorso di pozione spostò lo sguardo verso il letto di Giles. Le tende blu notte, intarsiate con le costellazioni color bronzo che riproducevano il cielo nel giorno della nascita di Giles, erano chiuse. Non trapelava alcuna luce né alcun suono, solo un leggero russare, segno che il suo amico dormiva profondamente. Non avrebbe potuto rimproverarlo per aver scelto la via più semplice, quella della serenità magicamente distillata. Dopotutto, Robert non aveva la stessa capacità di autocontrollo di Giles.

Spostò lo sguardo verso il letto di Xeno. Al di là della cortina di velluto blu che rappresentava il cielo nel giorno della nascita dell’erede dei Lovegood, si intravedeva la luce della bacchetta, arrivava il suono di un respiro lento, unito al fruscio delle pagine, segno che il suo amico cercava conforto nella lettura di qualcuno dei suoi romanzi di avventura.

Ciascuno di loro, a modo proprio, era rimasto colpito da quanto aveva visto nella Foresta e ognuno reagiva a modo proprio: Xeno si distraeva con la letteratura, Giles aveva certamente intrapreso una delle sue tecniche per svuotare la mente dai pensieri negativi ed era riuscito ad addormentarsi. Non avrebbero potuto biasimare Robert che aveva solo la propria abilità da pozionista come elemento a cui aggrapparsi. Svitò il tappo della boccetta e prese un sorso di pozione prima di mettersi a letto e lasciare che le preoccupazioni svanissero e la stanchezza, finalmente, prendesse il sopravvento.

La mattina seguente, la prima cosa che vide Robert fu il cipiglio contrariato di Giles. 

“Buongiorno anche a te,” biascicò con la bocca impastata di sonno.

“Lo sai che non devi dipendere dalle pozioni. Non è salutare e tu vuoi fare il Guaritore.”

“Lo so, ma dopo quello che abbiamo visto ieri… Come hai fatto a prendere sonno?”

“Robert.” Giles puntava i suoi occhi verdi, dietro le lenti tonde degli occhiali, con aria seria. Non c’erano alibi. “È la terza notte di fila, questa settimana. Quante scuse devi trovare prima di ammettere che sta diventando un problema?”

“È solo un momento complicato. Passerà. Le pozioni servono proprio per questo, per aiutare a superare i momenti di difficoltà, è il senso della Medimagia, no?”

Il sopracciglio alzato di Giles, si unì all’espressione scettica di Xeno che si era girato verso di loro mentre annodava la cravatta blu e bronzo dell’uniforme. 

Si sentì con le spalle al muro e alzò le mani in segno di resa. “D’accordo, d’accordo. Farò attenzione, ve lo prometto.”

“Se vuoi ti presto uno dei miei romanzi,” propose Xeno.

“E risvegliarmi l’indomani con le tue occhiaie? No, grazie.” 

A giudicare dal modo in cui Xeno faticava a mettere in ordine i propri lunghi capelli biondi, ad annodare correttamente la cravatta (perché gli sembrava di sentire i commenti di sua madre in testa?), non doveva aver goduto di molte ore di sonno. Forse le pozioni non erano uno strumento corretto, forse potevano dare dipendenza, ma erano dannatamente efficaci. La scuola non le vietava. Almeno, non vietava le pozioni per dormire. Che senso aveva essere maghi, poter distillare pozioni se non si potevano usare? I suoi amici erano inutilmente preoccupati. 

Sirius avrebbe capito, capiva sempre, perché entrambi venivano dallo stesso ambiente, erano cresciuti insieme, e Sirius sapeva quali paure erano in grado di agitare certi pensieri. Robert si affrettò a prepararsi per scendere in Sala Grande per la colazione. Giles non mancò di notarlo. “Se speri che Sirius avalli la tua dipendenza, ti sbagli di grosso.”

“Non ho nessuna dipendenza. Sono in grado di smettere quando voglio e di dormire senza prendere pozioni. Però hai ragione, voglio parlare con Sirius, ma di quello che tramano i Serpeverde. Hai notato che sapevano dei sentieri?”

Giles annuì. “Non è scritto su Storia di Hogwarts.”

“Esatto.”

“Scommetti che Sirius e James, con la loro mappa sono in grado di scoprirlo?” Fecero cenno a Xeno di seguirli fuori dal dormitorio e mentre scendevano le scale della torre di Corvonero, dopo essersi accertati di aver superato orecchie indiscrete, continuò, “voglio fare anche un discorsetto a Mulciber. Non mi piace che Regulus sia così attaccato e nemmeno Alex e Barty, sono troppo piccoli e certi discorsi non dovrebbero sentirli.”

“Buona fortuna, allora, mi pare che sia inevitabile per tua sorella ascoltare certi discorsi,” disse Xeno, “è pur sempre l’ombra del figlio di Bartemius Crouch! Hai idea di cosa avrà sentito in casa del famoso cacciatore di maghi oscuri? Roba che farebbe impallidire i tuoi racconti sulle vetrinette dei Black!”

“Te lo concedo, Lovegood, ma a me importa solo che Alex non vada a zonzo nella Foresta Proibita, hai visto come vengono ridotte le prede di qualsiasi cosa ci sia là fuori?”

Xeno annuì, così come Giles. Robert, finalmente, sentì di non essere completamente pazzo nel preoccuparsi per la sorella. In Sala Grande andò diretto al tavolo dei Grifondoro dove un insolitamente mattiniero Sirius, insieme a James e un particolarmente assonnato Remus, stavano cercando di risvegliare Peter che si era addormentato tra un piatto di salsicce e uno di dolci.

“Nottata in bianco anche voi?” domandò Robert prendendo posto accanto a Sirius. 

“Puoi dirlo forte. Voi? Che ci facevate nella Foresta Proibita con Mulciber e Regulus?” 

La domanda arrivò diretta, senza alcun filtro e Robert non poté che apprezzarlo. “Li abbiamo incontrati nell’Atrio mentre tornavamo dai nostri giri di esplorazione. Sai che i sentieri cambiano?”

“Sì, l’ho notato, ma noi non li seguiamo. Non è prudente uscire nella Foresta Proibita quando c’è la luna piena.”

Robert scoppiò a ridere: “Tu parli di essere prudente? Cosa è successo a Sirius Black?” 

James ridacchiò, ma poi sistemò gli occhiali sul naso e si passò una mano tra i capelli scuri: “Sirius ha ragione. Non è il caso di girare per la Foresta Proibita di notte, senza un piano preciso e senza sapere cosa c’è lì dentro.”

“Abbiamo trovato un cumulo di animali morti,” disse Giles. “Gatti, scoiattoli, lepri, piccoli roditori. Erano completamente svuotati dall’interno, come se qualcosa avesse risucchiato via tutto e lasciato solo le ossa e la pelle. Mancavano persino gli occhi.”

“Per tutti i draghi…” mormorò Remus portandosi una mano davanti gli occhi.

“Scusa, non volevo turbarti,” disse Giles. “Hai bisogno di una mano? Vuoi che ti accompagni in infermeria.” Remus scosse la testa: “No, Madama Chips mi ha appena rilasciato. Ora dovrei tornare in dormitorio. Sono venuto a mangiare qualcosa prima di ritirarmi.”

Robert era colpito dal pallore di Remus, dalla stanchezza che trapelava da ogni parte del ragazzo, le occhiaie profonde e lo sguardo spento. Era come se qualcosa lo avesse sbattuto ripetutamente contro un muro. “Se hai problemi a dormire…” 

“Rob!” Giles lo ammonì con uno sguardo furibondo. “Non farmi svolgere ruoli che non mi piacciono.”

“Calmati, Ollivander,” intervenne Sirius. “Remus ha avuto tutte le pozioni necessarie dall’infermiera e sì, Turner, gioca a fare il Guaritore, e fortunatamente è anche bravo.”

“Non gioca a fare il Guaritore, Black. Il tuo amico non chiude occhio da settimane senza prendere almeno un sorso di pozione calmante. Sta diventando un problema e lui continua a negarlo.”

“Beato te che non hai problemi a dormire, allora,” gli rispose Sirius tagliando il discorso. Robert gliene fu grato. “Ad ogni modo, tornando alle cose serie, non mi piace che Regulus giri di notte nella Foresta Proibita.”

“Lo so, è stato frutto di una negoziazione.”

“Voleva venire anche Alex, suppongo.”

“Esatto. Abbiamo pensato che ci fossimo noi e Mulciber e che Regulus non avrebbe corso particolari pericoli. Dopotutto è anche bravo in incantesimi.”

“Mio fratello è un dannato secchione, ma non affiderei a Mulciber la sua incolumità.”

“Per Corinna, no! A Mulciber non si può affidare nulla, è un dannato idiota,” convenne Robert. “Ma voi sapete cosa combinano i Serpeverde nella Foresta Proibita? Mulciber sapeva dei sentieri che cambiano, ha detto che è scritto in Storia di Hogwarts.”

“Ma non è vero,” esclamò James. 

“Esatto.”

Sirius scosse la testa: “Mulciber è un tale idiota, presuntuoso, che potrebbe benissimo essersi accorto delle modifiche ed essersi inventato tutto pur di far vedere che ne sapeva qualcosa.”

“Non so, Sirius, secondo me Robert ha ragione. Forse è il caso che li teniamo d’occhio con la mappa. Da quando abbiamo implementato l’ultima modifica possiamo controllare le posizioni di tutti.”

“Grazie, Potter.”

“Di niente, ora tornate al vostro tavolo, altrimenti arriveranno anche i Serpeverde al nostro tavolo. Non vorrei sentire l’unto di Mocciosus prima di essermi del tutto svegliato.” 

 

***

 

Sirius osservò Robert e i suoi amici tornare al tavolo dei Corvonero. Non poté fare a meno di sentirsi preoccupato per l’amico. Aveva difeso Robert da Ollivander, ma la notizia che non riuscisse a dormire da settimane senza prendere una pozione era preoccupante. Altrettanto preoccupante era l’idea che Regulus girasse di notte per la scuola. Il pensiero che la notte precedente fosse nella Foresta Proibita, poi… Incontrò lo sguardo di Remus e vi lesse del terrore. Era una situazione pericolosa per non reagire in quel modo. Sirius nemmeno voleva sapere che cosa fosse passato per la mente di Silente quando aveva permesso di metterli in quella situazione. 

“Non sei stato tu.” Forse non sembrava sufficientemente sicuro che non fosse stato il suo amico, ma l’idea che Remus fosse riuscito a liberarsi degli incantesimi e scorrazzasse libero nella stessa Foresta Proibita in cui Regulus curiosava gli faceva gelare il sangue nelle vene. Non era colpa di Remus. No. Era colpa di Silente, che aveva permesso ciò, e di Mulciber, e Robert, e Lovegood e persino Ollivander che faceva la morale all’amico ma non aveva detto una parola sul portare un ragazzino del terzo anno con sé nella tana di un mostro.

“Come fai a dirlo?”

“I Lupi Mannari non risucchiano le prede, le sbranano. Ti basta come argomento per chiudere la questione?” 

“Fate silenzio,” li ammonì James bruscamente per poi sfoderare uno dei suoi migliori sorrisi alla vista delle ragazze. Sirius era troppo incazzato per riuscire ad apprezzare quel patetico corteggiamento che andava avanti da anni. “Lily, buongiorno! Marlene, Mary, qual buon vento vi porta in Sala Grande?”

“Il vento della colazione, Potter, ma sei ubriaco di prima mattina?” 

“Assolutamente sobrio, McKinnon.”

“E allora perché sei su di giri?”

“La vostra celestiale visione, naturalmente.”

Sirius alzò gli occhi al cielo. Era incredibile come James riuscisse a fare il deficiente in modo convincente per non far insospettire gli altri. Era come se cercasse di attirare su di sé le attenzioni per distogliere gli sguardi da Remus, dalla sua condizione malconcia e persino dall’aria torva che Sirius doveva avere. 

“Cosa è successo a Peter?” domandò Mary che gli si era seduta proprio accanto e nello scavalcare la panca, gli aveva sfiorato la spalla senza ottenere la benché minima reazione. Sirius lo avrebbe preso in giro per l’occasione sprecata quando si sarebbe svegliato.

James sorrise a Mary mentre indicava con un cenno del capo Peter. “Dorme. Prova a baciarlo: potresti risvegliarlo, trasformarlo in un principe o in un ranocchio, in ogni caso, qualcosa dovrebbe sciogliere l’incantesimo del sonno profondo, come nelle migliori favole.”

“Sei un cretino, Potter,” tagliò corto Mary mentre spostava delicatamente il ciuffo biondo di Peter dal piatto di salsicce in cui era scivolato. Sirius non mancò di notare che Lily Evans, invece, aveva riso per la battuta e ora James sorrideva compiaciuto. Era tutto così patetico. Remus doveva pensarla allo stesso modo, posò il tovagliolo sul tavolo e si alzò diretto al dormitorio. Aveva ottenuto la dispensa dalle lezioni del mattino per poter riprendere le forze. Sirius lo seguì, si scambiò uno sguardo d’intesa con James che rimase con Peter e le ragazze mentre lui accompagnava Remus. Si sarebbero rivisti a lezione. Non aveva senso muoversi in gruppo, avrebbero dato nell’occhio e ormai erano diventati sufficientemente bravi nel dare conforto a Remus passando inosservati, o quasi. Dal tavolo di Serpeverde, quella piaga ambulante di Mocciosus li osservava con il suo grugno abituale. Sirius si impose di ignorarlo e di non cedere a quella voce che gli diceva di attraversare la Sala Grande, sollevare Mocciosus e prenderlo a pugni davanti a tutti. Era così arrabbiato che nemmeno l’uso della magia gli avrebbe dato soddisfazione, voleva spaccargli quel brutto naso adunco che si ritrovava, sporcarlo di sangue e togliergli per sempre la voglia di guardarlo.

Non appena furono sulle scale che portavano alla torre di Grifondoro, Remus crollò. “Non riesco a credere che tuo fratello fosse nella Foresta Proibita! E Robert! E Lovegood! E Ollivander!”

“Se per questo c’era anche Mulciber e noto con piacere che di lui non ti preoccupi affatto.” Remus aveva ragione, ma la colpa non era sua, ma di chi lo aveva messo in quella situazione e di quei cretini che andavano in giro per la Foresta Proibita di notte.

“Avrei potuto incontrarli! Avrei potuto ferirli, infettarli o, peggio, ucciderli!” Remus si passava stancamente le mani sugli occhi.

“Lo sai che non puoi, la scuola è protetta! Silente te lo ha ripetuto all’infinito.” 

“No, Sirius, tu non capisci! Non so come sia successo. Ho superato le barriere magiche e ho iniziato a girare nella Foresta Proibita. Volevo tornare a scuola, da voi. Non ho ricordi chiari, più sensazioni, è come se lui avesse visto i miei ricordi e bramasse voi, i miei amici!” Remus non nominava mai il lupo che dimorava in sé, lo chiamava sempre in modo impersonale. A volte, era la cosa, altre diventava lui, a seconda di quanto avesse paura. Più di frequente era il mostro.

“Ha visto i suoi amici, signor Lupin?” 

La voce del preside, Albus Silente, comparve sul pianerottolo del terzo piano, mentre continuavano a salire le scale. Li invitò a fermarsi con lui prima che le scale cambiassero ed entrambi lo raggiunsero nel punto esatto in cui Aurora Sinistra era stata aggredita.

Remus annuì. 

“Molto bene. È un’evoluzione del tutto normale della maledizione. Non ha nulla di cui preoccuparsi. Questo significa che ci sono bisogni così profondi che meritano di essere ascoltati.”

“Non voglio far del male a nessuno! Sono fuggito!”

Silente gli sorrise benevolmente, mentre Sirius si sentiva ancora più arrabbiato: come poteva sorridere tranquillamente di fronte alla preoccupazione di Remus? E alla sua! “Ha qualcosa da dire, signor Black?”

“Sì, preside. Remus è preoccupato, come può essere così tranquillo?”

“Perché Remus non ha violato nessun incantesimo di protezione. Non sarebbe possibile. Madama Chips ha notato delle ferite più profonde negli ultimi mesi e abbiamo deciso che non era saggio che riversasse tutta quella energia distruttiva contro di sé. Abbiamo aumentato il perimetro e le abbiamo concesso di girare per la Foresta Proibita.”

“Volevo venire a scuola! Volevo trovare i miei amici, e morderli, e costringerli a diventare Lupi come me!” Le lacrime di Remus si liberarono nel momento in cui diede voce a quel desiderio. James aveva ragione, dovevano assolutamente portare avanti gli allenamenti di Trasfigurazione e riuscire a diventare Animagi, altrimenti Remus sarebbe impazzito e non potevano permetterlo.

“E non è riuscito a farlo. Si è perso nella Foresta Proibita, perché gli incantesimi che proteggono la scuola e i suoi studenti non rendono possibile il suo avvicinamento. L’amicizia è un sentimento importante, un legame preziosissimo. L’umano dovrà insegnare al lupo che gli amici devono rimanere lontani, per la loro incolumità. Non controlli i movimenti, lasci sfogare l’energia dell’animale, si concentri sulla sua mente.”

“Come?”

“Posso darle qualche lezione, se me lo permetterà.”

Remus annuì con un sorriso debole che, finalmente, affiorava dalle labbra. 

“Ora vada a riposare, è fondamentale che sia in forze.” 

Sirius comprese che Silente stava per congedarsi quando rivolse loro un cenno del capo. Non poteva andare sprecato un incontro con il mago più potente di tutto il mondo magico. Così, Sirius lo richiamò: “Professore!” Gli occhi azzurri di Silente brillarono e Sirius non sapeva dire se fosse curiosità (era possibile soprendere Albus Silente?) o semplice soddisfazione per il coraggio che i suoi studenti avevano trovato. “Lei sa cosa risucchia il sangue dagli animali nella Foresta Proibita?”

Le labbra del preside si distesero in un sorriso indecifrabile: “Ho delle idee, signor Black, una più improbabile dell’altra, ma conto di chiarirne qualcuna dopo aver scambiato due parole con Hagrid. Ora, se non sbaglio, ha incantesimi alla prima ora. Sono sicuro che il signor Potter la sta aspettando e che il signor Lupin è in grado di raggiungere la torre di Grifondoro da solo.”

Sirius e Remus si scambiarono uno sguardo perplesso ed entrambi annuirono comprendendo che il colloquio con Silente era giunto al termine. La scala tornò ad attaccarsi al pianerottolo e Sirius rimase per qualche istante ad osservare Remus che continuava a salire, mentre Sirius andava verso la classe di Incantesimi. Il solo pensiero di avere lezione con i Serpeverde gli faceva sprofondare l’umore ancora più giù. Almeno, finché non sentì in lontananza una risata familiare. Le labbra di Sirius si incurvarono in un sorrisetto perfido nel momento in cui chiamò a gran voce: “Ehi! Pix! Vecchio amico!”

Il Poltergeist comparve al suo cospetto eseguendo una piroetta, seguita da una serie di scoppiettii nell’aria. “Oh, il signor Black, traditore del sangue magico! Nei bassifondi, le Serpi l’appellano così.”

“Sai, Pix, io credo che le serpi debbano strisciare, non trovi?” Sirius cercò di dissimulare quanto trovasse offensivo quell’appellativo. Se Pix avesse intuito che era un modo per ferirlo, non avrebbe esitato a sfruttarlo a proprio vantaggio. Pix, invece, poteva essere un preziosissimo alleato nei suoi programmi per migliorare la giornata.

L’allusione di Sirius sedimentò nella mente del Poltergeist nel momento in cui interruppe la capriola a metà e, con la testa ancora tra le gambe, si voltò ad osservarlo. Era buffissimo con l’aria sorpresa e, bisognava ammetterlo, non era semplice sorprendere un Poltergeist che aveva conosciuto secoli di studenti. 

“Mi sembra che sia nella loro natura… Ha in mente qualcosa, signor Black?” Il sorriso di Pix si allargò ancora di più, lo sguardo si accendeva di speranza quando domandò: “Qualcosa che potrebbe far infuriare il signor Gazza?”

In quel momento, Sirius non era in grado di dire chi dei due avesse le aspettative più elevate. Si limitò ad annuire: “Esattamente!” 

Pix ruotò su se stesso fino a portare il proprio orecchio all’altezza della bocca di Sirius che sussurrò: “Sai, credo che un pavimento oliato potrebbe rendere impossibile alle serpi di camminare, le costringerebbe a strisciare, rivelando a tutti la loro natura…” Pix scoppiò a ridere, fece due piroette e scomparve con uno scoppio che lasciò Sirius divertito e impaziente di osservare la scena.

Naturalmente, non aveva alcuna intenzione di finire nei guai, entrò in classe, prese posto accanto a James e Peter che, finalmente, era tornato nel mondo della veglia. “Cosa è quel sorriso?” domandò Peter a cui non sfuggiva mai un indizio di una possibile malefatta.

Sirius rilassò le spalle, finalmente a proprio agio e disse: “Lo vedrete molto presto.”

James si morse un labbro per nascondere la risata e, fingendo di guardare sul libro di Incantesimi, domandò: “Hai incontrato Pix?”

“Puoi giurarci. Non vedeva l’ora di aiutarmi!”

Il primo tonfo per terra, seguito da un’imprecazione, attirò le loro attenzioni. Sentirono la voce di Desmond Avery che sollevava da terra il povero malcapitato, Rowle. Sirius sbirciò fuori dalla porta appena in tempo per vedere Pix, alle spalle di Avery, far comparire delle uova e urlare: “Attenti alle uova!” Avery perse l’equilibrio e cadde sopra Rowle. 

“Striscia! Striscia! Serpentello!” gridava Pix tra una capriola e l’altra, mentre Peter e James non riuscivano più a trattenere le risate. Fu solo quando anche Mulciber e Mocciosus finirono per terra, unti e sporchi di uova, che Sirius considerò la propria giornata raddrizzata. In lontananza si sentivano le urla di Gazza che si lamentava del Poltergeist e minacciava di invocare l’intervento del Barone Sanguinario per bandirlo, una volta per tutte, dalla scuola. L’arrivo del professor Vitious mise fine al caos di Serpeverde doloranti e offesi, alle urla di Gazza e persino alle risate di Pix con pochi gesti fluidi della bacchetta che ripulirono i pavimenti, i Serpeverde e chiusero il Poltergeist fuori dall’aula.

Mocciosus e i suoi amici aprirono il libro di Incantesimi con l’aria quanto più contrariata, mentre James non esitò a offrirsi volontario per l’esercitazione di Incantesimi.

 
   
 
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