Ora posso definirmi felice.
Sorrise, assaporando la fresca brezza del mattino. Nulla avrebbe potuto turbare quel giorno perfetto.
All'improvviso, un scossa elettrica lo percorse.
-Popo!
Sentendosi chiamare dal suo padrone, Popo lasciò cadere l'annaffiatoio e corse verso lui.
-Signore, cosa succede? Si sente male?
Il Supremo scosse il capo, lo sguardo fisso all'orizzonte. -Dimmi, Popo, cosa c'è oltre quelle montagne?-sussurrò, indicando un punto imprecisato verso le montagne rocciose dell'Ovest.
-Nulla. E' un'area desertica, disabitata.-disse Popo, senza accorgersi del lampo che passò negli occhi del padrone.
-Aggrappati a me. Ho intenzione di recarmi laggiù.- ordinò il Supremo afferrandolo per il braccio.-Poco fa ho percepito la lenta diminuzione di un'aura.-disse, precedendo l'ovvia domanda di Popo.
-Un'aura....ma chi?- cominciò Popo, guardandosi attorno, come se il proprietario di quell'aura misteriosa potesse materializzarsi da un momento all'altro.
-Un bambino, almeno credo.-furono le ultime parole del Supremo, mentre lui e il suo assistente sparivano in un lampo di luce bianca.
Il vento batteva implacabile il duro terreno desertico, sollevando nubi di polvere. Da anni ormai tutti gli animali se n'erano andati, compresa la difficoltà nel vivervi. Il cielo terso lasciava brillare il caldo sole, che illuminava il paesaggio. Il Supremo apparve sopra un'altura, seguito dal fedele assistente.
-Popo, cerca tra quei massi. Fa' presto.-aggiunse, vedendolo partire con cautela. Il suolo costellato da sassi di varie dimensioni non rendeva facile il cammino. Popo avanzava cauto tra di essi, guardandosi attorno. Nascosta dai detriti, una sfera grande quanto una persona adulta accovacciata riluceva sotto i raggi del sole. Popo si chinò, cercando di esaminarla: l'interno imbottito, il piccolo schermo tattile, probabilmente, erano stati progettati per percorrere viaggi di lunga durata attraverso la galassia. Sullo schermo, ormai quasi fuori uso, era possibile leggere una frase, sotto il vetro incrinato.
“Pianeta Terra. Errore numero 5938. Reale destinazione: pianeta Namecc.”
-Popo! Presto, vieni qui!- chiamò il Supremo, cercando di non muovere troppo ciò che teneva tra le braccia. I lunghi capelli neri, gli zigomi rotondi e ancora lievemente rosati tradivano femminilità in quel viso infantile. Una bambina di neanche sei anni.
Il Supremo scostò qualche ciocca corvina dalla fronte pallida della bimba, quasi con affetto. Non aveva mai visto un bambino così da vicino... Così, quella creatura all'apparenza così fragile era un alieno, pensò, avvicinandosi a Popo.
-Credo sia ora di andare.-disse. Popo deglutì, gettando un ultimo sguardo alla navicella abbandonata.
-Signore...non crede che dovremmo cercare di capire chi è questa bambina, e da dove viene?
Il Supremo aggrottò la fronte e rimase in silenzio, soppesando le sue parole.
-Credo che per oggi basti così. Su, torniamo a casa.
Non abituati a così tanta luce, gli occhi della piccola extraterrestre si schiusero a fatica alla calda luce d'estate. Anche se la sua mente era ancora annebbiata, il suo istinto le suggerì di alzarsi nonostante il dolore alla gamba. Con la vista appannata si guardò attorno, cercando di comprendere dove si trovasse: un'ampia stanza candida, senza finestre e per mobile solo un'enorme letto bianco. Regnava una pace assoluta, palpabile nell'aria. Ogni ansia, ogni preoccupazione appariva insignificante al cospetto della spiritualità di quel semplice luogo.
Le sue gambe iniziarono a muoversi da sole, portando la loro proprietaria in giro per quello strano posto e, senza che se ne fosse resa conto, era giunta all'esterno.
-Sono in mezzo alle nuvole!-esclamò ingenua, incantata dall'azzurro di quel cielo.
Sì, sembrava davvero di essere sospesi nel cielo...
-Benvenuta.-disse una voce. Popo era poco lontano, intento a curare aiuole colorate.
La bimba corrugò la fronte, guardandosi attorno. -Dove mi trovo?-domandò.-Questo posto è così strano...
-Tante cose sono diverse, o strane, come hai detto tu.-osservò l'altro-Questo è il Palazzo del Supremo, il dio della Terra. Io mi chiamo Mr popo, e sono il suo assistente. Qual'è il tuo nome?- chiese, aspettando una risposta che non giunse. La bambina era rimasta in silenzio, distogliendo lo sguardo dal suo interlocutore.
-Non ricordo più il mio nome.
A quella schietta risposta Popo rimase interdetto e non aggiunse altro, lasciandola sola con i suoi pensieri.
Davanti all'entrata del suo Palazzo, il Supremo li osservava in silenzio. Quella bimba lo incuriosiva: in lei non c'erano malizia o anche un minimo segno di cattiveria, ma un'acuta intelligenza e un'aura particolare. I suoi gesti, come il semplice muovere le mani e il suo modo di camminare erano energici, ma controllati.
In quel momento, probabilmente per una frase di Popo, rise, riempendo l'aria della sua voce. Sorrise. Era un scena rinfrancante, pacifica.
-Così non ricordi il tuo nome...Che ne dici di sceglierne uno nuovo assieme?- domandò Popo, avviandosi verso il suo padrone, seguito dalla bambina. Volse lo sguardo al Supremo, che si avvicinò, reggendosi al vecchio bastone di legno.
-Sherin- sussurrò, accarezzando la bimba con lo sguardo.-Ti piace?
-E' strano, non mi piace molto!- protestò la piccola, arricciando il labbro inferiore, in segno di disappunto. Senza aspettare un'ulteriore replica, il Supremo accennò a rientrare, consapevole che sarebbe stato trattenuto.
-Aspettate! Non so dove andare..e ho fame...-disse, massaggiandosi il pancino brontolante. Il Supremo alzò gli occhi alo cielo e, indicando Popo, disse: -Popo ti darà qualcosa da mangiare. Per il momento puoi rimanere qui...
A quelle parole Sherin si lasciò andare ad un grido di gioia, alzando le braccia al cielo. Quella sera il Supremo si coricò soddisfatto per aver aiutato quella bambina, dandole un posto dove stare.
-Per il momento...-pensò, prima di abbandonarsi ad un sonno profondo. Come poteva immaginare che sarebbe rimasta per quasi vent'anni...