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Autore: MissAdler    03/07/2023    8 recensioni
Itai doshin significa “diversi corpi, stessa mente” ed è un’espressione che ho trovato azzeccatissima per i personaggi di questo anime/manga. Si riferisce infatti a quella connessione che si viene a creare tra persone molto diverse tra loro che però hanno qualcosa che le unisce.
Questa sarà una raccolta di OS e flashine su varie ship, il rating cambierà e verrà segnalato di volta in volta.
1. Cascare nei tuoi occhi. KageHina
2. Non avere paura. AsaNoya
3. Vorrei. DaiSuga
4. Connessi. KageHina
5. Bright Star. BokuAka
6. 10 cose che odio di te. KuroTsukki
7. Autumn in Tokio. BokuAka
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Aoba Johsai, Shiratorizawa, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Coppia: Sawamura/Sugawara, past Sawamura/Kuroo
Rating: arancione
missing moment, da collocare durante la s2, un po' a piacere XD

 
 

VORREI
 
 
 
Il posto più bello del mondo l'ho visto
Ed erano i tuoi occhi col riflesso del sole



 
KŌSHI


Sugawara non sopporta di sentirsi così nervoso. Lui non si arrabbia mai. Non senza un motivo valido. Di solito è quello che disinnesca, che fa ragionare, che scioglie tensioni e addolcisce anche la situazione più amara. Ci sarà un motivo se quello sbruffone di Oikawa lo ha soprannominato Raggio di sole.
Al contrario, è Daichi quello che normalmente perde le staffe, che fa la voce grossa e tira le orecchie.
Eppure adesso è proprio la sua vicinanza che mette a dura prova i nervi del vicecapitano e gli fa temere una qualche esplosione imbarazzante.


“Mammina e papino stanno litigando. Lasciamoli un po’ da soli.”


Il fatto che sia stato proprio Kuroo a dirlo lo fa innervosire ancora di più. Ma almeno è sollevato che se ne sia andato, l’ultima cosa che desidera è dare spettacolo davanti ai suoi compagni e al Nekoma al gran completo.
La porta si chiude, il silenzio ovattato preme sulle tempie e gli fa rimbombare l’eco di quelle parole nelle orecchie.
Mammina e papino.
Che cosa stupida da dire. Dopo quello che ha scoperto poche ore prima non ha il minimo senso paragonarli a una bella famigliola felice.




L’amichevole di quel pomeriggio si è conclusa con la vittoria dei gatti. Per poco. Per pochissimo…
Ma Suga era in campo e aveva appena saputo. Non era concentrato e ha sbagliato. Un errore dietro l’altro, un effetto domino di cappellate.
Stupido, stupido Kōshi!
Anche Sawamura aveva iniziato a sbagliare, dopo aver visto come lo guardava. E un pochino Sugawara se ne era compiaciuto: provocare una reazione così evidente nel valoroso, imperturbabile capitano, senza pronunciare neanche una parola…
Una stupida vendetta, come stupido si è sentito lui subito dopo il fischio finale.


Sono le dieci di sera e i coach sono usciti a bere qualcosa insieme, i ragazzi del Nekoma hanno portato ai corvi yakisoba e takoyaki caldi: una specie di offerta di pace dopo averli battuti due set a uno.
Lui aveva già pronta una scusa, li avrebbe lasciati a banchettare nella sala comune e se ne sarebbe andato a dormire presto, certo di poter smaltire con una nottata di riposo quel nervosismo bruciante.
Ma no. Sawamura è un bravo capitano, è dovuto venire a chiedergli cosa non andasse, se si sentisse poco bene, se avesse bisogno di qualcosa…
“Sono solo stanco, credo che andrò a letto.”
“Ma è ancora presto, non hai mangiato niente.”
“Non importa, davvero, preferisco farmi una bella dormita.”
“Sei pallido. Dovresti misurarti la febbre…”
La sua mano gli aveva afferrato il polso e quello sguardo preoccupato lo aveva colpito come un pugno nello stomaco.
“Cavolo, ho detto che sto bene!”
Ma quel genere di risposta, quel tono e quell’aria stizzita non sono proprio da lui.
È stato allora che Kuroo ha fatto sloggiare tutti, in un brusio sommesso di curiosità e proteste colorite, chiudendosi la porta alle spalle senza guardarli.




Suga non è affatto sicuro che qualcuno non abbia portato qualche birra di straforo, che i primini non siano mezzi ubriachi, ma ora non gli importa, non è la mammina della squadra, non è un adulto che deve occuparsi di ogni cosa. Ha sempre provato a farlo perché è la sua indole, gli viene naturale prendersi cura delle persone, avere a cuore i suoi amici e fare di tutto per il loro bene, dare il massimo per ciò che ama. Anche se poi non è mai il protagonista, anche se la maggior parte delle volte resta fermo a guardare e deve ingoiare la frustrazione come uno sciroppo amaro.
Sacrificarsi per un bene superiore, fare un passo indietro per dare alla squadra una speranza di vittoria.
Eppure adesso, con lui, farsi da parte è così difficile…


“Suga…”
“Mi dispiace, non farci caso, ok? Credo di essere solo stanco. Anzi, forse hai ragione, ho anche la febbre, mi ci vuole una bella dormita e tornerò come nuovo, non preoccuparti.”
“Cosa ti ha detto Kuroo durante il secondo set?”
“Ma di che parli?” cinguetta sfoggiando uno dei suoi soliti sorrisi miti e portandosi una mano dietro la testa, ignorando il cuore che inizia a martellargli nel petto.
“Ho visto che ti ha detto qualcosa sottorete.”
Suga non risponde, la sua faccia non riesce a mantenere quella maschera allegra, gli angoli della bocca sono improvvisamente pesanti e si abbassano in un broncio che coinvolge anche fronte e sopracciglia.
“Ti ha detto di quello che è successo all’ultimo ritiro qui a Tokio, non è vero?”
Sugawara proprio non ce la fa a rispondere adesso. Le parole gli restano impigliate in gola e ha come la sensazione che se si sforzerà di sputarle fuori gli strapperanno anche tutto il resto: tonsille, ugola, trachea, sfilacciandogli pure il cuore.
Ma Sawamura è di fronte a lui e l’angoscia sul suo viso è tanto evidente da fare male, perciò si sforza e annuisce lentamente, guardando altrove, un punto imprecisato sulla maglietta bianca del capitano.
Non sa perché faccia così male.
Daichi e Kuroo.
O forse lo sa fin troppo bene.




Il capitano è in forma oggi! Mi toccherà lasciarlo stare sopra anche stavolta…


Come?


Non te l’ha detto? Che scemo, si fa un city-boy e non se ne vanta con gli amici!


Il sangue che si gela, il cuore che si spacca come uno stupido soprammobile di cristallo. Un gingillo impolverato di cui ci si ricorda solo nel momento in cui si frantuma.




Sottorete capita di prendersi insulti, provocazioni, qualche spintone di straforo. Ma quello…
Le immagini che hanno affollato la testa del vicecapitano da lì in avanti sono state così disturbanti da farlo dissociare totalmente. Flash di baci, di carezze, di corpi sudati che aderivano l’uno all’altro, che si torcevano in un groviglio di muscoli tesi e gemiti ovattati.
Daichi che baciava qualcuno che non era lui.


Qualcuno che non era lui.




Era successo solo una volta, l’anno prima, al compleanno di Asahi. Nishinoya aveva rubato una bottiglia di sakè di suo nonno, Shimizu era andata via presto e la tranquilla serata nel seminterrato di casa Azumane si era trasformata in una baraonda.
Sawamura aveva provato a rimettere tutti in riga, ma anche lui era vagamente alticcio, dopo un paio di bicchierini.
Nessuno aveva avuto il coraggio di rifiutare, un po’ perché era una varietà eccellente di sakè, ma soprattutto perché si trattava di una tacita sfida tra maschi, una prova di coraggio, una specie di iniziazione. Una cosa stupida, che Sawamura aveva rifiutato quasi fino all’ultimo, fino a quando non era stato proprio Suga a dirgli che per una volta poteva anche lasciarsi andare e divertirsi.
I ricordi di quella notte sono tutt’ora confusi. Fiocchi di neve sulle guance, le luci gialle dei lampioni sulla strada di casa, le labbra calde e asciutte di Daichi un attimo prima di vederlo andare via.


Non ne hanno mai parlato, non è più successo. Per giorni Sugawara si era ritrovato a credere di esserselo immaginato, ma era bastato un unico sguardo in palestra, una minima esitazione durante un passaggio, per fargli capire che era stato reale, che Sawamura ricordava tutto.




“Voglio spiegarti.”
“Non serve, davvero. È che non immaginavo ti piacesse proprio lui, ero convinto che ultimamente ti vedessi con Michimiya, pensa che scemo! Non ci avevo capito niente!”
Le parole gli escono a raffica mentre ostenta una risata che risulta decisamente poco credibile, debole, come ora sono deboli le sue gambe. Vorrebbe sedersi, sdraiarsi, rannicchiarsi sotto una coperta e diventare invisibile. Dormire per giorni. Tutto, pur di fuggire da quello sguardo che ora lo sta squarciando senza pietà.
“Ma no, Michimiya è solo un’amica” mormora Daichi infilando le mani nelle tasche dei pantaloni e stringendosi nelle spalle. “E Kuroo...”
“Non ti devi giustificare con me, non serve, davvero!”
“Però io voglio che tu lo sappia.”
Perché Sawamura pensa di dover dare delle spiegazioni? Perché proprio a lui?
Trascorre tutto il suo tempo a occuparsi della squadra, proprio come un padre si occupa dei suoi figli. Ma in fondo Daichi è solo un ragazzo, perché non dovrebbe volersi divertire? Perché lui dovrebbe esserne così sconvolto?
O forse non è quella la parola giusta. Sugawara non è sconvolto. Non solo.
È geloso.
“È successo solo una volta” riprende il capitano abbassando la voce di un’ottava, sfoggiando un insolito rossore sugli zigomi, “e non è stato come avrebbe dovuto essere, non era lui la persona con cui... aaaahh merda! Perché è così difficile??”
Suga percepisce tutto il nervosismo che gli gravava sulle spalle scivolargli di dosso come un drappo di seta.
“Perché me lo stai dicendo?”
Daichi si stringe ancora di più nelle spalle, le mani ben calcate nelle tasche e gli occhi che saettano dai suoi calzini a quelli di Suga.
“Lo… lo sai perché.”
Sì, è vero. Forse lo sa. Forse l’ha sempre saputo ma non osava sperarlo.
Il modo in cui Daichi lo ha guardato fin dal primo giorno, il modo in cui gli parla o gli sorride. Con lui il capitano è diverso. Come se lo ritenesse… speciale?


Prima che abbia il tempo di crederci davvero, di arrossire o di realizzare cosa sta per succedere, Daichi gli prende il viso tra le mani, il tempo di soffiargli piano sulla bocca e poi lo bacia.



 
•♡•


 
DAICHI


Le labbra di Kōshi sono sottili e tenere, proprio come le ricordava. Tremano contro le sue e si schiudono in un sospiro. Sulla lingua Daichi sente un sapore dolce, che inghiotte ancor prima di realizzare cosa stanno facendo.
Non riesce a credere di aver trovato il coraggio, dopo tutte le paranoie, il terrore di rovinare la loro amicizia, gli equilibri della squadra e anche il suo – quello mentale – che ora sta andando direttamente a farsi benedire.
Ma chi se ne importa di tutte le cose fragili che si rovinano per così poco, di tutte le stronzate che lo hanno frenato tanto a lungo, quando la pelle di Suga è così bianca, così liscia sotto le dita.
Vorrebbe quasi chiedere un time-out e correre a ringraziare Kuroo, perché nelle sua idiozia ha fatto qualcosa di buono, ha rotto gli equilibri, li ha spinti uno tra le braccia dell’altro. Un po’ lo odia per aver fatto soffrire Suga, forse anziché ringraziarlo dovrebbe prenderlo a pugni, o magari fare entrambe le cose, ma ora che lui e Kōshi sono così vicini non ha la minima intenzione di staccarsi da lui e continua a far scorrere le mani sotto la sua maglietta, assorbe il suo calore, respira il suo profumo che è così dannatamente buono, così familiare e diverso allo stesso tempo, più intenso, più caldo… e si chiede come abbia fatto a resistere per tre anni senza saltargli addosso, dove abbia trovato la forza di starsene al suo posto.


“E se gli altri dovessero rientrare?”
“Non rientreranno tanto presto.”
“Come lo sai?”
“Kuroo li terrà lontani per un po’.”


Non gli dice che quel gattaccio sapeva perfettamente della sua cotta stratosferica per lui, che aveva minacciato più volte di sputtanarlo col diretto interessato, se non si fosse dato una mossa a dichiararsi. Non gli dice che insieme si sono divertiti, hanno sperimentato e trovato un po’ di sollievo dai loro amori creduti impossibili, ma che l’unico ragazzo che ha sempre voluto davvero è solo lui: il suo migliore amico, la persona più saggia e gentile che conosce, che gli dà coraggio, sicurezza, voglia di impegnarsi, la persona che ammira di più.
Forse gliele dirà più tardi, tutte queste cose, ora vuole solo togliergli i vestiti, spingerlo su quel divano, stendersi sopra di lui e continuare ad assaggiare ogni centimetro della sua pelle, affondare il naso tra i suoi capelli, nell’incavo del suo collo, nella piega dell’inguine.
Con il cuore a mille e il respiro corto fa scorrere le dita nel solco al centro del suo petto, sull’addome leggermente cavo, le costole sporgenti sotto la pelle quasi trasparente. I polpastrelli disegnano linee invisibili intorno all’ombelico e poi più giù, sfiorando la peluria chiarissima. Kōshi getta la testa all’indietro e scopre la gola, i capelli una corona d’argento sulla stoffa nera del divano. Daichi non può smettere di guardarlo, si rifiuta di sbattere le palpebre e se potesse eviterebbe perfino di sfilarsi la maglietta per non interrompere il contatto visivo.


Gli piace toccare Suga, ma quando è Suga a toccare lui per un istante gli sembra di aver dimenticato come si respira.
Magari più tardi si deciderà a dirgli anche che è innamorato perso di lui già da quando erano due primini spaesati, ma tutto ciò che adesso riesce a balbettare è un sei bellissimo roco e strozzato, a cui Kōshi risponde con il suo sorriso più puro, le guance rosse, gli occhi liquidi. E quando Daichi scivola dentro di lui basta veramente poco e tutto il suo universo esplode e diviene caos, svaniscono i contorni, si ribalta l’orizzonte, si mischiano i colori. La luce è accecante. Una luce argentata e pura come i capelli di Suga impigliati tra le dita.
Le sue labbra sottili, le guance arrossate, quella piccola voglia vicino all’occhio…
Daichi ama tutto di lui, ogni singolo particolare, anche quel piccolo gemito che si lascia sfuggire mentre inarca la schiena e gli affonda i polpastrelli nelle scapole.


 
•♡•


“Perché non me l’hai detto?”
“Perché tu non me l’hai detto??”
“Era così ovvio! Come hai fatto a non capirlo? Dalla panchina guardo quasi sempre te.”
“Pensavo che lo facessi per farmi notare gli errori!”
“Beh, sì. Ma anche perché sei un bel tipo.”
“Senti chi parla! Mister Raggio di Sole…”
“Sarebbe un complimento?”
“N- no! Cioè, sì. Ma la prossima volta che Oikawa prova a richiamarti così gli sguinzaglio contro Azumane!”
“Che ha più paura di lui…”
“Allora Tanaka!”
“Sai, forse se non fosse stato per Kuroo, avremmo continuato a fare finta di niente all’infinito.”
“Sì, è probabile.”
“Dici che dovremmo ringraziarlo?”
“Mh. Solo dopo che ci saremo presi la rivincita in campo!”





 
FINE


 
ANGOLINO DELL'AUTRICE

Hello there. Chiedo scusa per questa roba confusa e nosense, nessun gatto o corvo è stato maltrattato durante la stesura. Ammetto che quando l'avevo pensata mi era sembrata perfetta, poi ho iniziato a scriverla e ho ricevuto una notizia molto brutta che mi ha fatto passare la voglia di continuarla. Un po' mi sono forzata, perché odio lasciare le cose a metà, ma ammetto che sono felice di averla portata fino alla fine, perché in fin dei conti mi piace scrivere, è qualcosa che amo fare, e mi ha aiutato a distrarmi un po'.
E poi Daichi e Suga sono una coppia dolcissima e comfort, mi hanno tenuto compagnia per qualche giorno e gliene sono molto grata. Ci ho infilato un po' di angst perché boh, ma alla fine Kuroo è stato il cupido della situazione, quindi lo perdoniamo no?
Ho iniziato a shippare Daichi e Kuroo (ma solo come friends with benefit) dopo aver letto una rossa di Violet, quindi ho voluto inserirci questa cosa, ma per me il vero amore di Sawamura è sempre stato e sempre sarà Sugawara. ♥
Se volete lasciarmi due parole, anche solo per dirmi se ha senso, mi farete contenta.
La citazione è presa da una canzone di Psicologi, che dà il titolo anche alla storia (lo so, è un titolo a cazzo di cane, ma non mi veniva in mente niente, gh).
A presto, spero. :/
Aislinn
   
 
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