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Autore: sacripante23    08/07/2023    0 recensioni
[https://it.wikipedia.org/wiki/Cronache_del_ghiaccio_e_del_fuoco]
[https://it.wikipedia.org/wiki/Cronache_del_ghiaccio_e_del_fuoco]
Il notaio criminale scoppiò in una risata fragorosa.
“E' sempre una questione di denari, Dante. Per ottenere grazie femminili, conforto religioso, la sicurezza... Gli uomini come te e come me, siamo degli alchimisti: impugniamo il ferro per ottenere oro” e toccava col palmo della mano l'arma portata alla cintura.

Braavos, la città rinascimentale che richiama in sè la galassia delle Signorie Italiane.
La Città Segreta, luogo di maschere pragmatiche, dove il guadagno fà da padrone, ma anche un luogo aperto e ferocemente anti-schiavista. Caratteristiche che ne fanno una macchia bianca che risplende nel mondo grigio e crudele descritto da G.R.R. Martin.
Ma cosa sappiamo veramente di lei e delle persone che la vivono?
In un racconto che incrocia le atmosfere da Cappa e Spada delle opere di Arturo Perez-Reverte e quelle Poliziesche di Raymond Chandler, uno spadaccino onesto, ma tremendamente cocciuto, entra nelle trame di Targaryen e Martell all'ombra del Titano.
Questo racconto ha lo scopo di offrire a chi legge momenti di svago e divertimento. In caso contrario chiedo ai lettori aiuto per migliorare in futuro e mi scuso in anticipo perchè, come diceva ben altro Autore, "non s'è fatto apposta"
Genere: Avventura, Azione, Noir | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Aveva cenato con una zuppa di pane, un quarto di vino e della carne secca; poi si era lavato faccia e mani in una catinella e pagato con un paio di soldi la signora del piano di sotto che gli aveva rammendato le vecchie calze alla luce di una candela di sego. 
Dante si era preparato a uscire con tutte le precauzioni del caso. Aveva indossato il medesimo abbigliamento di quella mattina e sopra al farsetto, un corpetto imbottito con maglia ad anelli, lo stesso che aveva sempre indossato in battaglia. Non che temesse un brutto tiro da parte di Meridio. Sebbene fosse un ufficiale dei berretti, ed un vecchio amico e collega, poteva essere raggirato anche lui. E se così fosse stato, Dante non gli avrebbe riservato certo del rancore, in una città così grande che si diceva ospitasse più di un milione di persone, non sempre era facile distinguere amico da nemico. 
Comunque fosse, il condottiero aveva preso le sue precauzioni per presentarsi all'appuntamento. Si era messo sul retro della cinta la cinquedea. Larga cinque dita, nella parte più vicina all'elsa, si restringeva notevolmente verso la punta, dandogli una forma triangolare. Molto comune a Braavos, la lama pesante e la modesta lunghezza di poco più di due palmi, la rendevano in grado di fare da seconda arma, pugnale o mancina, oppure come arma principale in spazi ristretti come vicoli o sulle galee.
Ed aveva infilato uno stiletto appuntito nella manica a sbuffo, in un apposito taschino interno. La lama era in acciaio, lunga e sottile, con una punta molto acuminata. Proveniente dai regni ponentini, era molto utile per tirare fendenti, ma soprattutto perchè la sua lama sottile poteva passare agilmente attraverso le maglie della cotta. Un'arma facile da nascondere, aveva una forte penetrazione e poteva funzionare benissimo arma di estrema difesa. Mentre faceva tutte queste manovre, per un attimo, girando gli occhi in cerca del costoliere, aveva incrociato lo sguardo con quello della sua immagine riflessa nello specchio, l’unico lusso che si concedesse. La luce della candela si rifletteva sulle guance glabre, accentuando l’ombra di barba che stava iniziando a formarsi. I suoi occhi sfuggirono immediatamente, nascondendosi. 
Ma fu questione di un attimo. 
Subito dopo tornarono a guardarsi, franchi. L’immagine ricambiava un leggero sorriso.
“La vita è una lotta, ma non è detto che debba essere spiacevole, eh ragazzo”
Poi si era messo alla cinta il costoliere ed aveva verificato che si muovesse nella guaina senza difficoltà. Nel pomeriggio aveva affilato il taglio con la cote. Il condottiero aveva infine indossato la cappa ed i guanti. 
Il mantello proteggeva dall'umidità delle notte bravosiane che saliva dai canali per entrare nelle ossa. Inoltre era un capo molto pratico al momento di battersi nelle strade male illuminate e strette: buttandosi un lembo intorno al collo o arrotolandolo intorno al braccio sinistro, il mantello faceva da schermo attutendo i colpi dell'avversario; e gettato sulla sua spada dell'avversario, lo intralciava, offrendo l'occasione di un affondo. 
Naturalmente tutto questo voleva dire lentezza nei movimenti e soprattutto maggiore peso. In una città galleggiante come Braavos, non era da augurarsi finire a mollo con indosso tutto quel peso in metallo. Per questi motivi Dante utilizzava un corpetto particolare: progettato con allacci  che permettessero di sganciarlo in pochi attimi da parte dell'uomo caduto in acqua, era molto usato nelle scorte per mare e gli era stato affibbiato il nomignolo di “martin pescatore”. 
Insieme alla piuma sul cappello, il condottiero si affidava a quegli accorgimenti perché spingessero l’eventuale bravo, in genere armato alla leggera, a più miti consigli. 
Finalmente scese le scale e si avviò per la sua strada, guardingo.
Al tramonto, la gente per bene si rinchiudeva in casa, mentre i bravi imperversavano fino all’alba,  mescolandosi con quel tipo di persone a cui piaceva svagarsi per la Città Segreta come se la notte gli appartenesse, compresi giovanotti di ottima famiglia. Riuniti in crocicchi, gravitavano attorno allo Specchio Lunare o altri luoghi centrali, ma non era impensabile trovarne qualcuno che si addentrava in zone meno frequentate. Sempre pronti a battersi fra di loro ed atteggiarsi a Danzatori dell’Acqua, erano altrettanto lesti nel lanciare sfide a qualsiasi sconosciuto armato che incontrassero per la via. Si trattava del principale flagello notturno che esistesse a Braavos. Venivano usati come paravento da tagliagole e briganti, che approfittavano della licenza di muoversi armati per la città data a chiunque. 
L’unico argine a questa situazione di caos erano le ronde dei singoli rioni, fra cui militava sporadicamente lo stesso Dante: si coordinavano con gli uomini del bargello e quelli alla dipendenze della Terza Spada per far rispettare le numerose gride che il Duca aveva emanato riguardo il divieto di scatenare risse o aggressioni contro una persona disarmata sulle pubbliche vie. 
A Braavos le persone erano caldamente invitate a sbudellarsi con delle buone lame in singolar tenzone, oppure a fracassarsi le ossa in privata sede. 
Oltre i cancelli, dove non sempre la legge ducale e le ronde arrivavano, si poteva intuire la presenza della Pieve sommersa. Le pallide luci che sbocciavano la sera assieme agli echi di baldoria; marinai e stranieri a cui era proibito l'ingresso nella Città Segreta di sera. Provenivano dalle varie case di divertimento, fra vecchie costruzioni semi affondate nel fango lagunare e barconi fissati ai pontili in modo semipermanente. 
Un lampione, aveva detto Meridio: le istruzioni lo avevano portato a prendere il primo ponte sulla destra fino a trovare un muro di mattoni. Fin lì era andato tutto bene. Effettivamente un lampioncino acceso illuminava la cavità di una postierla, oltre la quale si indovinava il tetto scuro di una casa. Era quell'ora particolare in cui la luna svaniva dal cielo, gli abitanti delle case gridavano: «Occhio, piove!» prima di gettare porcherie dalle finestre, e sicari e briganti tendevano l'agguato alle loro vittime nell'oscurità. 
Ma lì non c'erano nessuno e sembravano non esserci mai stato: regnava un silenzio assoluto.
Dante stava studiando il posto. Esplorava gli angoli più bui con lo sguardo, cercando di non guardare direttamente la luce per evitare di esserne abbagliato, prima di proseguire per altri due o tre passi, fermarsi e ripetere il tutto. Alla fine era giunto alla posterla. 
Sotto una luce oleosa il condottiero bussava quattro volte. Dopo di che liberò l'impugnatura del costoliere e mise la mano sinistra vicino al pomo della cinquedea. Di là dal muro si udirono alcuni passi e la porta si aprì silenziosamente. La sagoma di un uomo si stagliò sulla soglia. 
“Il vostro nome”
“Dante dei Liberti”
Senza dire altro il domestico, che a prima vista non sembrava indossare alcuna livrea, lo precedette lungo un corridoio polveroso, lanterna in mano. L’edificio era vecchio e per Dante sembrava un casermone abbandonato. 
Non era raro trovare edifici come quello, una volta parte integrante del tessuto mercantile della città, poi abbandonati a causa di rovesci economici. Soprattutto nella zona detta della Pieve Sommersa, dove le correnti marine e la marea montante avevano decretato la fine per molti degli edifici, non più considerati appetibili e comodi per il trasbordo e lo stoccaggio delle merci, nonostante la vicinanza con il Porto degli Stracci. Così, mentre la gente comune di Braavos, tipicamente onesta e laboriosa, si allontanava da quei luoghi, decretandoli abbandonati, altre figure si affacciavano offrendo una nuova vita a quei magazzini, anche se non sempre gradita. 
Briganti da strada, biscazzieri a cui era stata tolta la licenza, contrabbandieri, tutta questa popolazione mal tollerata in altri luoghi della città si era riversata nella zona della Pieve. Con poche pretese e molta disperazione avevano riciclato tutto quello che gli capitava a portata di mano, nonostante le rimostranze dei pescatori e di quei coltivatori di anguille che trovavano ancora comodo muoversi verso quelle zone. Le ronde rionali e gli uomini del bargello si limitavano a tenere sotto controllo la zona, come un minaccioso randello pronto a calare se si fosse superato un determinato limite. Linea che negli ultimi tempi si era fatta più lasca al variare della politica ducale che andava a concentrarsi più sugli affari “de extra” come la situazione politica nel Mare Stretto, piuttosto che a quelli “de intra”.  Invece il confine fisico era formato dai cancelli attorno al Porto degli Stracci, sbarrati la sera dai bargelli. 
Dante, preceduto dal servitore, era entrato in una stanzetta dalle pareti nude, senza mobilio, dove una lanterna posata sul pavimento illuminava gli sbreghi sul muro. 
“Vi devo chiedere di pazientare ed aspettare che vi chiami, messere.” disse il servitore
In un angolo della stanza c'era un uomo avvolto in un ferraiolo nero con la testa coperta dal cappuccio. Questo individuo non aveva fatto il minimo movimento, neanche quando furono lasciati soli. Rimaneva immobile nel suo cantuccio, come una statua scura, ad osservare il nuovo arrivato. L'unica cosa viva che si scorgeva tra il cappuccio e il mantello, tenuto alto a coprire la bocca, erano gli occhi. Nerissimi e brillanti, la luce sul pavimento li illuminava tra le ombre. 
Con un'occhiata, Dante notò gli stivali da cavallerizzo e l'impugnatura di una spada che formava un abbozzo fra le pieghe del vestito, mentre la punta spunta dall'estremità del ferraiolo. Doveva trattarsi una grossa spada ad una mano e mezzo, da cavaliere. 
Nessuno dei due disse una parola e rimasero entrambi lì, fermi e silenziosi ai lati opposti della lanterna che li illuminava dal basso. Dante poteva vedere che l’altro lo stava studiando attentamente. Gli occhi dell’uomo correvano dai suoi stivali mal sagomati ai pantaloni stinti che si intravedevano sotto la cappa. Indugiarono sul cappello con la piuma purpurea. 
Per essere onesto con se stesso, il condottiero si sentiva leggermente a disagio di fronte a quell’esame accurato, ma non intendeva distogliere lo sguardo dall’uomo e ne studiava le mosse. Non aveva neanche terminato quel ragionamento che il silenzioso individuo si era staccato dalla sua posizione e si era dileguato, sempre in silenzio. 
La situazione stava diventando surreale. 
Come se rispondessero ad una invocazione, i passi del servitore giunsero all'orecchio del condottiero poco dopo e l'uomo fece la sua ricomparsa. Superate una rampa di scale ed un paio di corridoi, giunsero in una saletta piccola e riparata, con un fuocherello da cui non provenivano i normali miasmi della torba braavosiana. 
Una donna, dal lungo vestito color malva, stava seduta con le mani conserte, dietro al piccolo tavolo situato al centro della stanza, con una lampada sopra. Portava i capelli castano chiari raccolti in una lunga treccia adagiata su di una spalla. Guardava i movimenti del condottiero da dietro una maschera che le copriva la parte superiore del volto. Si intravedevano occhi verdi, mentre le mani erano ben curate, ma non portavano nessun monile. La maschera era variopinta con una predominanza di colori chiari, in materiale rigido. Dante immaginava che appartenesse a quel gruppo di accessori molto in voga un paio di stagioni prima per la grande festa dello Smascheramento. 
“Ben arrivato, messere. Confido che l’appuntamento a quest’ora non vi abbia incomodato, ma prego, sedetevi”
E non aggiunse altro, aspettando che Dante si muovesse verso la sedia, anche se il termine non rendeva giustizia all'oggetto, visto che la spalliera e il sedile erano fornite di imbottiture di raso. 
Il condottiero si mosse, a disagio. In quella casa abbandonata non c’erano segni di incuria a parte la polvere e le mura un po' sbrecciate. Le stanze erano ben areate, non si sentiva odore di muffa, mentre un caminetto scoppiettante e delle sedie di raso completavano il quadro di una piccola stanzetta da ricevimento, magari un salottino abbiente. 
Inoltre quella persona lo faceva riflettere: se la cura delle mani e del viso dicevano una cosa, la mancanza di gioielli ne dicevano un’altra. La maschera, anche se datata, era in perfette condizioni, lo stesso vestito, tutt’altro che appariscente, sembrava molto ben conservato, se non addirittura nuovo. 
Era possibile che, oltre al servitore canuto, vi fossero altri uomini a servizio della donna, magari oltre alla porta che stava alle sue spalle. Se la prendeva con se stesso perché non si era premurato di controllare tutto il profilo della casa, accontentandosi di ispezionare solo la facciata. Era stato troppo sicuro delle raccomandazioni di Meridio. 
Come si collegava il suo presunto incarico con quella donna?
Forse quella donna era di una casata come i Fregar o gli Elyphiantes? O magari un ramo collaterale dei Rogare? Da buon bravosiano, Dante era a conoscenza delle notizie principali riguardanti le famiglie più illustri della città, quali i Custodi, i Placiti ed i Correggitori. Ad esempio, tempo prima alcuni Rogare avevano preferito stabilirsi nella Città Segreta ed acquisirne la cittadinanza, mentre la maggior parte intraprendeva l’avventura di tornare a Lys. 
Oppure si stava sbagliando e si trattava di una cortigiana? Molte di esse, una volta smessa la professione, riuscivano comunque a mantenere buoni rapporti con i personaggi del “Castello di poppa” come si soleva dire. 
Una risata argentina lo strappò dai suoi pensieri. La dama aveva coperto la bocca con il dorso della mano. Calmatasi, rivelò la calda ombra di un sorriso sui suoi lineamenti. 
“Perdonatemi, messere. Non volevo mancarvi di rispetto, ma è da tempo che non raccolgo sguardi così interessati e…sì, devo ammettere di aver provato un attimo di onesto piacere. Ma credo che sia giunto il momento di presentarmi. Sono il Cigno Bianco, riverisco Dante dei Liberti” E chinò il capo, mentre il condottiero continuava a fissarla.  
Il Cigno Bianco. 
Si raccontava che avesse iniziato come una semplice e povera ragazza, appena arrivata dalle torbiere dell’entroterra, ma in capo ad alcuni anni era divenuta una delle più apprezzate sarte della città. Non c’era gran dama che non andasse da lei per farsi fare un vestito su misura. Non c’era gentiluomo che non cercasse di ottenere i servigi del suo studio professionale per sé o per le proprie promesse. Non c’era filatura grande o piccola che non volesse essere associata a lei.  Non c’era singolo concorrente che non cercasse di infamarla con i più turpi pettegolezzi. 
Vi era chi diceva che avesse racimolato i primi soldi come prostituta nei locali di infimo ordine della Pieve Sommersa, chi diceva che fosse un’ex-farmacista che avesse usato tonici sbagliati con ricchi clienti, chi infine affermava che aveva entrature con gruppi come i Piangenti e gli Uomini senza volto…
Anche il suo simbolo, sicuramente più famoso in città del volto della riservata padrona, era oggetto di ipotesi: la più gettonata era che fosse un omaggio ai suoi primi clienti e finanziatori, un gruppo di nobili delle Isole d’Estate e delle loro caratteristiche navi. Poi, improvvisamente, aveva chiuso la propria bottega presso Piazza delle Gilde, e si era allontanata dall’attenzione del pubblico, nonostante le insistenze contrarie, arrivate anche da importanti clienti. In qualunque caso quella donna non lasciava indifferenti e polarizzava le opinioni su di lei. 
Ed in una realtà in cui ogni individuo doveva vivere costantemente strattonato da un milione di persone sparse su un centinaio di isolette, il pettegolezzo era una specie di intrattenimento condiviso, al pari del canto e del teatro. 
Ma lei aveva continuato a difendere la propria riservatezza con la stessa decisione di quando era all’apice della fama. Un alone di mistero si era posato sul suo nome. Un aspetto che ora il condottiero poteva apprezzare. 
Sarebbe stata una lunga serata. 
La donna, dopo essersi presentata, era passata immediatamente a discutere delle precedenti esperienze di Dante con dovizia di particolari. Negli occhi era scomparsa quella punta di autoironia e divertimento. Al suo posto, vi era ora un atteggiamento professionale e scrupoloso degno del più grigio burocrate della Banca del Ferro. 
Dante ne era impressionato. 
“Probabilmente vi avranno già accennato qualcosa, messere. Ma il compito per cui vorrebbero impiegarvi è di scortare nei prossimi giorni un gruppo di persone attraverso Braavos, dopo il tramonto”
“Che tipo di persone? E per cosa?” aveva chiesto il condottiero con voce neutra
Il silenzio era stata la risposta a quella affermazione, l’esitazione nella donna era evidente e si protrasse finchè il domestico non ricomparve con un bigliettino. Il Cigno Bianco lo aveva nascosto nella manica dell’abito subito dopo averlo letto.
“Messer Dante, seguite le vicende che avvengono nelle terre di ponente? Nei Sette Regni?”
“Per la verità non molto, so solo quello che potrebbe sapere qualunque bravosiano: dopo la cacciata delle teste bianche il nuovo re ha imposto la pace e al momento sembra funzionare”
La dama sembrò non cogliere il modo in cui aveva definito la decaduta casata dei Targaryen. D'altronde a Braavos non erano in molti quelli che nutrissero particolare simpatia per le ultime vestigia del terribile mondo dei draghi. 
“Ecco, dovete sapere che la guerra con il Folle è sicuramente l'evento più importante per i suoi effetti, ma non certo l’unico. Esso ha finito per…oscurare altri fatti avvenuti in precedenza. Casi che hanno coinvolto persone di alto rango, dei nobili, costretti ad andare in esilio”
“Hanno trovato rifugio da questa parte del Mare Stretto”
La donna fece un cenno col capo. 
“Ora, la situazione interna si è mutata e potrebbe esserci uno spiraglio per rendere la loro situazione più favorevole”
“Niente più esilio”
“E’ l’eventualità migliore”
“Il loro nuovo re è pronto ad accoglierli?”
“Non credo che si sia interessato della loro condizione, ma probabilmente membri molto vicini alla corte intendono agevolarli”
Il condottiero tacque. 
La vita al Palazzo ducale era uno delle questioni più in voga in qualunque discussione fra i cittadini di Braavos e lui non riteneva che le cose fossero diverse nella corte ponentina. Ma qualcosa in quella spiegazione non quadrava. 
“Se sono favorevoli perché avviene tutto lontano dalla luce del sole?”
“Non tutti lo sono: la presenza di molte persone è nota. Da qui la necessità di siglare un accordo essenziale per il loro ritorno. Temono che i loro avversari abbiano dei sospetti e vogliano impedirlo.”
“Non potrebbero organizzarsi tramite un legale oppure con un corriere?”
“La sigla dell’accordo richiede condizioni particolari e la presenza di un elemento terzo che faccia da arbitro”
“Tanto da doversi fare di notte?”
“Sì, l’accordo deve avvenire nella massima riservatezza e per questo sono pronti a prendere serie misure di riservatezza”
“Madama, perdonatemi, ma tutto questo è abbastanza fumoso, per non dire…teatrale” Dante fece un vago gesto indicando tutto quello che gli stava intorno. 
La donna aveva aggiustato la maschera e lo fissava freddamente
“Debbo convenire che la situazione è particolare, ma lo è per voi come per me. Immagino che sappiate qual è la mia attività, giusto?”
“Naturalmente, il vostro nome è rinomato sulla costa”
Da sotto la veletta era spuntato un leggero sorriso
“Mi adulate, messere: si tratta solo di un’eco di quello che è stato, nulla più. Però mi è capitato, durante periodi particolari, come lo Smascheramento, di essere contattata da clienti che richiedevano il massimo riserbo ed imponevano precondizioni di lavoro molto stringenti. Immagino che come Lancia Spezzata anche voi teniate alla riservatezza del vostro cliente, non è vero?”
“Sì, è un prerequisito della nostra Gilda”
La donna muoveva leggermente il capo in segno di assenso, soddisfatta. 
“Ecco, potete immaginare che il nostro… committente? Sì credo che la parola sia quella giusta…Dicevo, ha preteso sia da me che da voi un supplemento di riservatezza. Se provate a vedere la cosa sotto questa luce vi accorgerete che la situazione non è poi così inusuale”
Lo spadaccino trasse un profondo sospiro e ripensò alla ricompensa offerta.
“No, immagino di no”
“Ecco, personalmente ho applicato lo stesso metodo e la cosa mi ha rasserenata alquanto”
“Deve essere una questione molto importante se richiede tutte queste attenzioni. Si tratta forse della rotta perduta di Alys Westhill per il passaggio attraverso il Mare del Tramonto?”
La donna era tornata a sorridere
“Non sono stata edotta sui particolari. Comunque è abbastanza importante da richiedere la presenza di un soldato della condotta ducale…”
“Per non parlare di una delle persone che probabilmente conosce come nessun altro il castello di poppa di Braavos”
“Il mio lavoro me lo ha permesso, sì”
Rimasero un attimo a fissarsi in un silenzio complice, prima che il condottiero si alzasse e, lentamente, si fosse avvicinato al caminetto. Non si era ancora tolto la cappa, eppure sentiva il bisogno di calore per scacciare l'umidità dei canali. La dama rimase in silenzio, lasciando allo spadaccino il tempo di raggruppare le idee. 
Dante era tornato a pensare all’uomo con il mantello nero. 
Voltando leggermente la testa verso il Cigno Bianco, riprese a parlare. 
“Non mi avete ancora detto di chi si tratta, ho bisogno di sapere, almeno in generale, che tipo di persone debbo difendere e a cui fare da guida…”
“Temo che siamo arrivati al limite di quello che mi è consentito dire…”
"Credo che sia il caso che io risponda alle sue domande, ser” disse una voce forte e stentorea.
Voltatosi, Dante vide che in fondo alla stanza stava entrando l'uomo con il ferraiolo. 
Si era tolto il cappuccio ed ora Dante poteva vedergli la faccia alla luce della lanterna e del camino. Alto e magro, giovane. Il viso era segnato da alcune cicatrici, un paio di baffi sottili e molto curati gli conferivano un’aria esotica che ne accentuava la giovane età. Gli occhi e i capelli, lunghi fino alle spalle, erano neri come il resto del suo abbigliamento tranne gli stivali da cavaliere. Sul fianco portava una spada ad una mano e mezzo, con la guardia ridotta ed un’ambra sul pomolo. 
“Permettete che mi presenti, mi chiamo Robin della nobile casata Darklyn” aveva detto l’uomo, fissando dritto negli occhi l’interlocutore. 
Lo spadaccino fece altrettanto
“Dante dei Liberti, messere”
Il Cigno Bianco assunse un'espressione neutra e le labbra strette. 
“Ser Robin, vedo che avete cambiato idea…”
“Sì lady, pensavo di tenermi in disparte come concordato, ma ascoltandovi mi sono accorto dell'errore. Le mie scuse, ser, la mia riservatezza ha ecceduto la buona creanza”
Il cavaliere si era messo la mano destra sul cuore ed aveva chinato il capo, alla moda di Myr, lo spadaccino rispose con un breve inchino.
“Mi fa piacere che abbiamo potuto presentarci messere. Siete voi l’uomo che ha richiesto una Lancia Spezzata?”
Lo sconosciuto tornò a fissare il condottiero con i suoi occhi neri e penetranti, poi si avvicinò al camino ed allungò le mani per ricevere il calore. 
“Vedete, dai tempi di mio padre e di…Duskendale, ho viaggiato per le Città Libere. Ma non mi sono mai trattenuto a lungo in un luogo e non posso dire di essere familiare con nessuno di essi, a parte Myr, che è stata quasi una seconda casa. Purtroppo i Rykker mi hanno spinto a muovermi molto negli ultimi anni e nel timore che si facciano vivi mi costringono a muovermi lontano dalla luce del sole, dove non si aspetterebbero, a Braavos dopo il tramonto… e so che la Città Segreta non dà molta confidenza agli estranei, soprattutto di notte”
“I Rykker sono i vostri nemici?”
“Sono la famiglia che ha ottenuto il feudo di Duskendale e non intendono rinunciarvi”
“Le Terre Regie sono lontane, messere”
“Nonostante gli ultimi anni, Duskendale è ancora un porto molto attivo. Non sarebbe difficile trovare un imbarcazione e dirigersi qui sotto mentite spoglie”
“Capisco”
“Adesso, dopo la scomparsa del Folle Tiranno e l’arrivo del nuovo Re, posso sperare in una buona occasione. Gli stessi sostituti della mia famiglia devono scontare lo sfavore della corte…Non possono correre rischi”
“E’ comprensibile”
Il nobile sospirò e poi, raccolte le mani dietro la schiena, iniziò a muoversi avanti e indietro, mentre continuava a parlare.
“Non vi nascondo che la questione è oggetto di vita e di morte sia per loro che per me. La mia precedente…lontananza dai Sette Regni e l’impossibilità di contattare i pochi amici di mio padre, avevano reso i Rykker sicuri del fatto loro, ma adesso…con la mia ricomparsa…Probabilmente non ci sarebbe cattiveria a cui non si abbasserebbero”
“Questo, perdonatemi, ma lo ritengo scontato, se ho ben capito la vostra posizione”
Il condottiero era convinto che nessun uomo è disposto a rinunciare a quello che considera suo di diritto: la giusta quantità di pertiche di buon terreno diventavano un’ottima causa a cui sacrificare onore, giustizia e tutto il resto. Un argomento che, da buon braavosiano ed abituato a lottare quotidianamente per un dito di spazio in più per respirare, comprendeva quasi istintivamente. 
Tuttavia lo spadaccino sentiva il bisogno di aggiungere qualcosa. 
“Comunque, messere, non dimenticate che questo è un luogo estraneo sia per voi che per loro. Sarete in vantaggio, potendo contare su persone del luogo”
“Quindi mi aiuterete, ser? A riguadagnare l’onore perduto? A riavere la casa dei miei padri? Potrò contare su di voi come potente scudo contro I pericoli della notte? Ad essere nuovamente ammesso fra i miei pari e terminare con una vita errabonda e priva della consolazione delle dolci Terre Regie?”
“Ho solo due mani, messere. Posso offrirvi la mia spada, nient'altro” mormorò Dante scuotendo il capo. 
Il viso del cavaliere si fece teso, mentre le gote si arrossarono e gli occhi sembrarono mandare un lampeggio minaccioso. Per un attimo, la mano guizzò verso l’impugnatura della spada, trattenendosi all’ultimo. 
Dante non ne rimase impressionato. 
Aveva visto i visi di troppi uomini per scandalizzarsi di fronte a così poco. Volti che lo fissavano da dietro picche e spade, occhi che ritenevano la sua vita meno di zero, uomini che credevano di vivere solo in guerra, persone che non avevano più nulla da perdere.
Ed i suoi, ogni mattina, di fronte allo specchio.
“Avete mai fatto, nella vostra carriera, attività di guardia d’onore, messere?” chiese rapidamente il Cigno Bianco. 
“Durante il Forzamento di Ny Sar ho fatto parte della scorta degli emissari inviati presso l’ammiraglio volantino per chiederne la resa” aveva risposto lo spadaccino, fissando il cavaliere.  
“Il forzamento? Non è forse accaduto durante la guerra fra Norvos e Qohor? Era coinvolta anche Volantis?” insisteva la donna.
“E' accaduto durante la tregua: Volantis aveva cercato di espandersi oltre il Lago delle Daghe. La mia condotta prevedeva di fare da scorta alla flotta fluviale di Norvos…”
“Come mai siete stati coinvolti?” la donna aggrottò le sopracciglia. 
“Partecipava anche un gruppo di esperti dell’Arsenale ed avevano chiesto anche il mio aiuto”
“Ah, capisco…Devo dire che questi particolari mi giungono nuovi, non sono un’esperta, ma immagino che siano di interesse per un cronista o uno storico”
“Non credo. A nessuno interessa queste minuzie: il Forzamento è comunque avvenuto e le trattative erano destinate a fallire.”
“Come fate ad esserne così certo?”
“Uno degli inviati volantini ha cercato fin da subito di provocare uno degli emissari a duello. Credo vi fosse di mezzo una vendetta personale…Non voleva sentire ragioni anche se lo sfidato era ferito e faticava a camminare”
“E come si è risolta?”
“Era presente anche il figlio dello sfidato e ne ha preso il posto. Io facevo da secondo e secondo le regole sono intervenuto su sua richiesta quando aveva ricevuto una stoccata di striscio sul fianco. All'inizio non sembrava grave, ma aveva perso troppo sangue e ho dovuto affrontare anche l'altro avversario”
"Lo avevano aggredito in due?" esclamò sorpreso il cavaliere. 
"Secondo gli accordi ognuno dei due sfidanti poteva chiedere al proprio secondo di intervenire in qualunque momento." vedendo l'espressione incredula di Darklin, aggiunse "E' un tipo di duello basato sulla strategia: devi scegliere il momento giusto per intervenire e sfruttare quel breve vantaggio prima che l'avversario chiami il suo secondo"
“Scusate per l’indiscrezione, ma avete vinto?” chiese la dama. 
“Sono qui a parlarne con voi” disse il condottiero accennando ad un sorriso. Non l’aveva detto, ma per quella condotta aveva ricevuto un premio ulteriore di ben mezza asta d’argento di Norvos. 
Il Cigno Bianco, arrossita leggermente, si era voltata verso il cavaliere. 
“Con questo ritengo ci si possa dire soddisfatti delle vostre credenziali. Ne convenite, ser Robin?”
Il cavaliere aveva allontanato le mani dalla spada. L’atteggiamento si era fatto più rilassato e negli occhi non vi era più traccia di quel luccichio che il condottiero aveva notato prima. 
Se fosse stato propenso all’autocompiacimento, Dante si sarebbe azzardato a pensare che il ponentino lo stesse fissando con rispetto. 
“Possiamo contare sul fatto che accetterà quest’incarico riservato, messer dei Liberti?”
“Sì, anche se resta da definire il compenso”
“Naturalmente. ecco” mentre parlava, la donna aveva aperto un cassetto. Prese una borsa di tela e la tese al condottiero. 
“Metà in anticipo ed il resto a lavoro finito”
Dante non perse tempo ad aprire la borsa e controllarne il contenuto. 
Monete in acciaio, grandi quanto il palmo della sua mano, luccicarono allegramente alla luce del fuoco. Metallo fresco di conio, che contro le dita faceva sentire le incisioni precise e recenti. Potente strumento che per Dante voleva dire cibo fresco, buon vino, vestiti nuovi e confortevoli, un luogo asciutto e caldo dove dormire. Inoltre c'era la possibilità di uscire a fare bisboccia con amici e conoscenti senza preoccuparsi dei prezzi e vergognarsi per dover rifiutare qualche scelta troppo costosa. 
Sotto lo sguardo complice del Cigno Bianco e quello confuso del cavaliere nero, il condottiero rivolse un ampio sorriso al denaro. 
   
 
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