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Autore: Jeremymarsh    12/07/2023    5 recensioni
Nel peggior giorno della sua vita, Kagome ripensa alle leggende che il nonno le raccontava da piccola prima di andare a dormire e alle quali ha smesso da tempo di credere.
È convinta che sia ormai impossibile uscire dal baratro in cui è precipitata all’improvviso, ma non è detto che tutti i mali vengano per nuocere. Un unico evento – per quanto disastroso – ha provocato conseguenze impensabili e ben presto dovrà affidarsi credenze e valori finora ignorati per sopravvivere, lasciando dietro ogni cosa conosciuta.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, izayoi, Kagome, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Lemon, Soulmate!AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo XXV: Immagini







“Che cosa vuoi capire? Non c'è niente da capire. Ci sono leggi che regolano il mondo e che non sono fatte né per noi né contro di noi. Quando scoppia il temporale, sai che il fulmine è il prodotto di due scariche elettriche opposte, le nuvole non sanno nulla di te. Non puoi prendertela con loro. Inoltre sarebbe ridicolo, non possono capirti.”

Suite Francese, Irène Némirovsky

 

 

Toga raggiunse il figlio quando ormai le presenze del minore e della fidanzata erano scomparse. Sperava che a un giorno di distanza da quella disastrosa cena, Sesshomaru avesse avuto modo di riflettere sull’accaduto e sulle parole che gli erano state rivolte da più di una parte.

Quando lo individuò, si assicurò che Rin non fosse con lui – immaginava, in realtà, che la ragazza non desiderasse tanto la sua compagnia al momento – e lo avvicinò.

“Sesshomaru, credo tu sia al corrente della situazione. Dopo la discussione di ieri, abbiamo ritenuto opportuno che Inuyasha e Kagome partissero stasera,” cominciò senza preamboli.

L’altro lo guardò come a chiedergli perché mai lo avesse reso partecipe, fulminandolo a causa dell’interruzione.

Tuttavia, a Toga non interessava: Sesshomaru poteva pure essere in balia di una crisi esistenziale, ma loro non avevano tempo. Per di più, in quelle settimane gli era stato dato abbastanza tempo per risolverla. Se ora si trovava davanti a quell’impasse, la colpa era solo sua. Quindi, i problemi che derivavano dalle sue assurde decisioni avrebbero dovuto aspettare, anche perché era certo che rimuginando e facendo come suo solito avrebbe solo continuato a far precipitare le cose.

Sesshomaru non sembrava dello stesso avviso, però.

“Se quei due vogliono fare da esca e andare in contro a morte certa, non è un mio problema.”

“Non sono andati in contro a morte certa,” sibilò il padre. “Ma noi non resteremo ad aspettare. Non appena Myoga tornerà ad informarci della posizione di Naraku, ci dirigeremo lì per liberarcene.”

“Ci? Non ricordo di essermi mai offerto di aiutarli. Ho già salvato una volta quella stupida donna, non mi interessa se è tornata di sua sponte da quell’essere. Mi dirigerò da Naraku, non temere, ma non voglio scocciatori tra i piedi e se quando arriverò Inuyasha sarà ancora lì, sarò io stesso a ucciderlo.”

Dopo tutto, non avrebbe comunque permesso a un essere come Naraku di togliergli la soddisfazione di eliminare il fratellastro. Quello era un suo compito.

L’Inu-no-Taisho alzò gli occhi al cielo in risposta. “Come dimenticarsi delle tue manie di protagonismo,” lo beffeggiò. “Non sono venuto qui per ricordarmi di questi tuoi difetti, Sesshomaru, né per convincerti. Il mio era un ordine e l’ennesimo avvertimento. Che però non ascolterai vero?” Sentì una presenza dietro di sé, quasi impercettibile, e immaginò che fosse lo stesso per Sesshomaru, ma la ignorò e continuò: “Avrai la possibilità di esercitare la tua vendetta su Naraku, ma non secondo i tuoi calcoli. Se ancora ti ostinerai ad andarmi contro, ricorda che hai tutto da perdere. Rin si sta dimostrando una ragazza intelligente e per quanto il destino possa averti scelto per starle accanto, non credo ci penserà molto prima di rinnegarlo quando capirà che non hai intenzione di cambiare i tuoi principi nemmeno per lei. E so che per noi demoni il tempo scorre molto più lentamente, ma non ne avrai ancora molto.”

Si voltò e gli diede le spalle senza aspettarsi alcuna risposta. Gli sembrava che da anni ormai le sue conversazioni con Sesshomaru rispettassero sempre lo stesso copione e in fondo era così. Quante volte lo aveva avvertito? Quante altre era stato ignorato? Quelle parole che tanto si ostinava a rivolergli erano diventate ormai vuote.

Eppure, forse stavolta avrebbero avuto un qualche effetto che si sarebbe aggiunto al caos che era la mente del figlio al momento. E non perché aveva finalmente cominciato ad ascoltarlo, perché per la prima volta Sesshomaru aveva qualcosa da proteggere – e da perdere.

O forse si stava illudendo come sempre.

Lasciando la stanza e svoltando l’angolo, fece in tempo a notare una figura che scappava via, la stessa presenza che aveva percepito poco prima.

Chissà per quanto tempo l’orgoglio del figlio gli avrebbe incollato i piedi al pavimento o se, invece, l’avrebbe seguita subito. Da quello dipendeva tutto.

“Sono sicuro che ti accorgerai senza problemi dell’arrivo di Myoga,” concluse lasciandolo solo.

 

*

 

Suo padre aveva detto il vero, questa volta aveva davvero tutto da perdere.

Sesshomaru faticava ad accettarlo, forse e anche perché ancora non aveva accolto del tutto ciò – o meglio colei – che aveva da perdere. E se avesse esitato, sarebbe stato troppo tardi.

Testardo com’era, però, si aggrappava al suo orgoglio per paura che accettando di aver sbagliato, ammettendo i suoi errori, non ne sarebbe rimasto più nulla – che di lui non sarebbe rimasto più nulla e avrebbe fatto ancora più fatica a riconoscersi.

Come poteva sperare di restare al passo con tutti quei cambiamenti che lo travolgevano e al tempo stesso capirne il reale significato?

Cosa avrebbe significato per lui accettare un qualcosa che aveva rifiutato per la sua intera e lunga esistenza?

Da che era nato, gli umani erano sempre stati essere inferiori, ancora di più i demoni che si intestardivano a dire il contrario, e ricordava di aver faticato molto, da giovane, a conciliare l’immagine del forte guerriero che era l’Inu-no-Taisho con quella del genitore sposato con una principessa umana.

Poteva dire di non esserci mai riuscito del tutto.

E ora il destino si faceva beffe di lui, pretendendo che facesse lo stesso con l’immagine di se stesso guerriero e del demone attratto da Rin – un’altra umana.

Pretendeva che lo facesse in poco tempo.

Chiuse gli occhi ed inspirò, e il suo corpo tremò di conseguenza, quasi impercettibilmente, mentre tentava di farsi carico di ogni pensiero che gli affollava la mente.

La stanza era avvolta dall’odore del padre e della cacofonia delle loro emozioni; era quasi soffocante. Eppure, non faticò a distinguere lì in mezzo uno sublime e attraente; era ancora fresco e gli rivelava che non molto prima – secondi, minuti – Rin era stata proprio lì.

Riaprì gli occhi di scatto e ricordò di aver percepito la sua presenza quando Toga era ancora nella stanza. L’idea che avesse ascoltato il discorso che gli era stato fatto era inconcepibile, perché sapeva che l’impatto su di lei sarebbe stato disastroso.

Ancora, sapeva che il padre non aveva avuto torto: Sesshomaru non aveva molto tempo e, soprattutto, non avrebbe potuto analizzare i sentimenti che lo travolgevano uno a uno prima di prendere una decisione.

Non aveva fatto altro da quel primo incontro: analizzare, riflettere, incanalare, e a cosa era servito?

Doveva agire d’istinto e lasciare perdere per una volta l’orgoglio a cui ancora si aggrappava con ostinazione. Dentro di sé la battaglia andava avanti ed era più sanguinosa di quella che avrebbe avuto luogo da lì a poco, ma non gli era concesso comunque il lusso del tempo.

Anzi, era corretto dire che gliene era stato concesso tanto ma lo aveva sprecato.

Se fosse rimasto in quella stanza, a riflettere sul da farsi, l’immagine che aveva di sé sarebbe rimasta ancora intatta – a parte le cicatrici che lo avevano inevitabilmente già segnato.

Se l’avesse lasciata, se avesse raggiunto Rin, si sarebbe infranta del tutto e in seguito avrebbe dovuto lottare più duramente per ricomporla da capo, smussare gli angoli e adattarla a ciò che di nuovo lo aveva colpito. Ma ne avrebbe guadagnato lei.

O, almeno, rifletté, avrebbe avuto più possibilità.

Scosse la testa per la sua stupidità, per non essersene reso conto prima, per aver preso in giro il fratello e non essersi rivelato migliore.

In un modo o nell’altro, avrebbe dovuto combattere con se stesso, qualunque fosse la sua decisione, perché quell’immagine di sé che aveva voluto tanto preservare sarebbe stata da ricostruire in ogni caso.

Si era già frantumata.

Però, ora capiva che se avesse scelto la seconda possibilità, non avrebbe dovuto farlo da solo.
 

Arrivato nella stanza di Rin, la ragazza non c’era.

Pensava di essere stato abbastanza veloce, che non fosse passato molto da quando Toga lo aveva lasciato, ma in realtà il suo dissidio interiore gli aveva rubato più di quanto credesse.

Di nuovo, la sua personale percezione del tempo lo aveva tratto in inganno.

Infatti, osservando con più attenzione la stanza, notò una pergamena poggiata sulla toletta.

In una grafia disordinata e frettolosa, poche parole gli comunicavano ciò che già il demone aveva temuto trovando la camera vuota: Rin aveva lasciato il castello, convinta che la mancanza di rispetto che Sesshomaru riservava al suo stesso sangue era indicativa di che persona era.

Come avrebbe potuto ancora sperare che rispettasse lei, allora?

Gli diceva di aver sperato – e sperato – in quelle ultime settimane che potesse dimostrarle anche una minima apertura, qualcosa che le facesse intendere che era disposto a lavorare con lei. Ma dopo gli ultimi risvolti credeva di essersi illusa.

La lettera si concludeva così.

Non lo informava di altro né tanto meno diceva dove fosse diretta, anche se lui avrebbe potuto seguirne le tracce senza problemi. Non pensava, infatti, che avesse avuto così tanto tempo per allontanarsi.

O almeno credeva.

Quanto era passato in realtà?

Era combattuto tra la rabbia per l’ennesimo affronto e la preoccupazione; non poteva dimenticare, infatti, che l’aveva portata lì al castello per la sua sicurezza.

E non c’era nessun altro luogo che riteneva più sicuro, non di certo quel villaggio umano dove era cresciuta e dove nessuno si interessava a lei.

Che scellerata era stata ad andar via, avventata; la rabbia che provava in quel momento era dovuta sicuramente al modo in cui aveva trascurato la sua sicurezza, e non per altro.

Si lasciò avvolgere un’ultima volta dall’odore di lei e poi abbandonò la lettera, prima di inseguirla, sperando non fosse troppo tardi.

 

*

 

Appiattito contro un tronco, nascosto tra i tanti alberi della foresta che nascondeva il luogo in cui la fidanzata era stata condotta, Inuyasha respirava faticosamente, il petto che si alzava e abbassava a un ritmo troppo veloce, mentre rifletteva su quale fosse la mossa migliore da compiere.

Myoga era già scappato ad avvisare Toga della loro posizione – entusiasta e più veloce che mai, a seguito di altre minacce nel caso in cui avesse sbagliato strada – e Inuyasha era rimasto solo, in tempo per udire l’esclamazione di sorpresa che aveva lasciato le labbra di Kagome non appena era entrata nella caverna.

Si trovava in difficoltà? Doveva accorrere?

Digrignando i denti e affondando gli artigli nella corteccia, il mezzo demone si era imposto di non essere avventato. Anche se ogni suo istinto gli urlava di correre più veloce che mai, aveva incollato i piedi a terra con una forza tale da scavare.

Nel frattempo le orecchie erano erette sul capo cercando di ascoltare qualsiasi indizio che lo aiutasse, qualcosa che giustificasse un suo intervento, ma il silenzio che lo circondava gli stava solo logorando i nervi.

Le aveva assicurato di avere fiducia in lei e perciò che stava impiegando tutta la sua forza per non lasciare quel nascondiglio improvvisato, ma ogni parte di lui gli ricordava cosa ci fosse in ballo, cosa sarebbe accaduto se avesse esitato e Kagome fosse rimasta ferita.

Si concentrò sul proprio respiro, tentando di rallentare il cuore che batteva impazzito e minacciava di uscirgli dalla cassa toracica, che lo stava rendendo quasi sordo; chiuse gli occhi e scosse con forza la testa come se quel gesto fosse abbastanza per liberargli la mente da ogni timore.

Era in grado di essere razionale, questa volta non c’era spazio per errori o per le sue scelte avventate.

Non poteva sapere che nello stesso istante Kagome si stava pentendo per non essere riuscita a ingoiare quella reazione istintiva.

Eppure, alla fine non deluse le sue aspettative: gli artigli affondarono ancora di più nell’albero, i piedi nel terreno umido e rischiò di scheggiarsi i denti, ma Inuyasha non si mosse.

Non era arrivato il momento.

Qualunque cosa avesse colto di sorpresa Kagome, per adesso non rischiava ancora nulla e lui non avrebbe mandato all’aria un piano già molto fragile.

 

*

 

“Kagome, sapevo che saresti tornata da me.”

La voce, un po’ roca, proveniva dall’alto e alzando leggermente il volto, Kagome riconobbe quella che era la testa di Naraku.

Dovette trattenere un conato di vomito così come il disgusto che lo scenario davanti a lei le aveva internamente provocato – lo stesso che aveva garantito la sua prima reazione appena entrata nella caverna.

Del mezzo demone che aveva incontrato dopo essere stata rapita non rimaneva più nulla se non il viso, bello e crudele come ricordava – e dunque inquietante.

Attorno a lui vi erano quelli che lei avrebbe descritto come resti e organi di mille altri demoni inferiori di varia natura che si muovevano e si univano sotto i suoi occhi; code e tentacoli strisciavano, cuori e fegati pulsavano, liquidi si mischiavano ed emanavano un odore così forte e repulsivo da mettere a dura prova la sua resistenza.

E nel mezzo di quell’ammasso di carne e tessuti, la testa di Naraku gravitava in alto, attaccata a un collo più sottile e allungato del normale, che la guardava con un ghigno sul volto e degli occhi che non avrebbe mai dimenticato.

Tutto ciò occupava gran parte della caverna in cui si trovavano e rendeva l’aria che respirava asfissiante e pesante insieme alla pressante aura demoniaca che Naraku emanava.

“Ti starai chiedendo cosa sia tutto questo,” continuò lui dato il silenzio di Kagome. La fissò dritta negli occhi e lei annuì con il capo per dargli una risposta ma ancora incapace di parlare. “Ebbene, sto rendendo più forte il mio corpo per te.”

Mosse un tentacolo a un indicare parte di quella massa incorporea e solo allora Kagome notò che in alcuni punti stava prendendo forma. Suo malgrado, la studiò più attentamente, e mettendo i vari tasselli insieme comprese che Naraku stava infatti realizzando ciò che le aveva detto.

Partendo dal corpo che era stato dilaniato nello scontro con Sesshomaru, ne stava ricostruendo uno ancora più forte e di sicuro con più armi a disposizione per il prossimo incontro con i demoni cane.

Sgranò leggermente gli occhi.

Tutto stava andando come avevano premeditato al castello; se avessero aspettato ancora, avrebbero dato a Naraku il tempo di rafforzarsi e attaccarli avendo dalla sua parte l’effetto sorpresa.

Tuttavia, sebbene lei si trovasse lì mentre ancora quel rinnovo non era stato completato, si rendeva anche conto che il tempo era limitato. Avrebbero potuto avere da ore a giorni prima che Naraku riprendesse le forze e li attaccasse con tutto ciò che aveva a disposizione.

Non potevano sapere quanto né lei poteva comunicare questa scoperta; doveva solo sperare che Myoga fosse veloce e con lui anche tutti coloro che dovevano assisterli dal castello.

Affinché tutto andasse a loro favore, dovevano ingaggiare Naraku in una battaglia prima che egli si riprendesse e quel corpo nuovo si riformasse.

Nel frattempo, lei avrebbe dovuto temporeggiare, ma era più facile a dirsi che a farsi.

Come avrebbe dovuto tenerlo occupato se non riusciva nemmeno a spicciare parola? Non era nemmeno sicura di riuscire a mentire, fargli credere che quello era il luogo dove voleva essere davvero.

“Ti vedo titubante, cara Kagome,” la interruppe ancora. “Non credi che basterà a sconfiggere quei cani?”

Lei scosse il capo. “No,” esclamò con la voce più ferma di quel che avrebbe creduto possibile. “Sono rimasta solo sorpresa; non mi aspettavo decidessi di fare... questo propria ora.”

Questo cosa? Avrebbe dovuto trovare parole migliori per non fargli capire di essere a conoscenza del vero motivo per cui si stava rendendo forte, motivo che era chiaro lui non volesse rivelare.

Il suo corpo era uscito sconfitto dallo scontro con Sesshomaru e ne aveva approfittato. Altrimenti non vi avrebbe mai messo mano, non data la sua arroganza e ingenuità. Ma a lei non avrebbe mai parlato della sua umiliante sconfitta.

Rifletté che nonostante avesse cambiato nome e aspetto, c’erano ancora molte cose che le ricordavano Onigumo.

Era uno sciocco, uno sciocco che però adesso aveva il potenziale di distruggere le loro vite.

Naraku ghignò. “Non devi preoccuparti. Non appena mi sarò sbarazzato una volta per tutte di loro, ti mostrerò meglio i piani che ho per questa forma evoluta. E dimenticherai questo scempio.” Mosse ancora un tentacolo mentre i suoi occhi rossi vagavano affamati su di lei. “Non ci sarà più bisogno di nascondere quelle smorfie.”

Kagome si immobilizzò. “La mia era semplice sorpresa. Mi aspettavo il Naraku che ho incontrato la prima volta.”

Il mezzo demone scoppiò a ridere, entusiasta. “Lo sapevo che avevo avuto un certo effetto. Dopo tutto, ho scelto il volto migliore solo per te.”

La sacerdotessa chinò leggermente il capo per non mostrare la sua espressione e con grande sforzò aggiunse: “L’ho apprezzato. È molto... carismatico.”

Non aveva dubbi che il povero uomo a cui Naraku aveva rubato l’aspetto lo fosse stato e, se si sforzava, poteva intravederne ancora l’ombra dell’attrattiva. Tuttavia, l’anima malvagia di Onigumo lo aveva imbruttito e ne era nato Naraku.

“Mi mostrerai presto il tuo apprezzamento,” ordinò sicuro di sé, senza notare il brivido che la percorse tutta, “ma intanto avrò bisogno di qualche altra rassicurazione.”

“R-rassicurazione?” Non poté evitare il balbettio.

“Ho bisogno di sapere con certezza che il tuo arrivo qui sia stato volontario. Sebbene le mie amiche mi abbiano tenuto al corrente del vostro viaggio, ho avuto troppe sorprese e non vorrei essere interrotto ancora una volta dai quei cani. Devo essere sicuro che le tue azioni non siano ancora controllate da loro.” Sul viso erano scomparsi i ghigni o le espressioni lascive, ora c’era spazio solo per gli occhi duri e le labbra contratte.

Stringendo la presa attorno all’arco che aveva ancora sulla spalla, Kagome non si fece intimorire. “Pensavo di avertelo dimostrato già venendo qui stanotte. Ho dovuto fare attenzione mentre scappavo e-”

“Non mi basta!” la interruppe alzando la voce. “Sono stato ingannato più di una volta da riconoscere che quei bastardi stanno progettando qualcos’altro e tu, mia dolce Kagome, sei il modo migliore per farlo.”

“Non mi avrebbero mai mandato da te,” cercò di farlo ragionare ancora lei. “Quel mezzo demone è esageratamente protettivo nei miei confronti, mi controlla sempre. Per assicurarmi di non essere seguita ho dovuto aspettare la notte, l’unico momento in cui lui non poteva tenermi d’occhio.”

Lo vide assottigliare lo sguardo e farsi sospettoso e si diede della stupida per aver insistito tanto.

Cominciava ad avere paura mentre attorno a lei i tanti tentacoli si muovevano; si rendeva conto che la posizione attuale di Naraku non gli impediva di colpirla.

“Non mi piace questo tuo modo di rispondermi, Kagome. Non sei mai stata così. Questa è un’altra colpa di quello sporco mezzo demone. Ho detto che dovrai fare qualcosa per me e lo farai, siamo intesi?”

Istintivamente, Kagome fece un mezzo passo indietro e quando se ne accorse sperò che Naraku non ci avesse fatto troppo caso.

Pregò anche che Inuyasha fosse in ascolto e che non intervenisse prima che Naraku rivelasse i suoi piani per lei.

Era disposta ad essere colpita nel frattempo, ma quello non era il momento giusto per un’azione da parte di Inuyasha.

Strinse ancora di più la presa sull’arco fino a far diventare le nocche bianche e Naraku seguì quel movimento.

“Quell’arma ti servirà a breve. Hai fatto bene a portarla.”

“Come ho già detto, ho dovuto fare molta attenzione,” azzardò Kagome. “L’ho portata per proteggermi se qualcosa andasse storto. Ma non pensavo di averne bisogno qui…” prese una boccata d’aria e aggiunse con grande fatica: “ora che sono al sicuro.”

Doveva sapere subito cosa mai avesse in mente e doveva farlo parlare. C’erano infatti poche cose per cui arco e frecce sarebbero potute servire e quelle possibilità non le piacevano per nulla.

Il vecchio Onigumo ghignò ancora. “Hai ragione, non ne avrai bisogno per proteggerti.” Poi spostò lo sguardo da lei e lo portò su qualcosa alle sue spalle.

Kagome ebbe paura a voltarsi, ma alla fine i rumori che sentiva la costrinsero a farlo. Quando posò gli occhi sui nuovi arrivati le fu impossibile non lasciarsi andare a un altro grido e per poco non fece cadere l’arco.

“Kagome, ti presento Byakuya, un mio nuovo fedele servitore.”

Il demone dai lunghi capelli neri avvolti in una coda di cavallo le fece un mezzo inchino, ma Kagome era troppo occupata a guardare con orrore la persona che portava in spalla per potergli prestare alcuna attenzione.

Se lo avesse fatto, avrebbe notato anche cosa non andava nel viso del nuovo arrivato.

“Sotto mia richiesta è andato a recuperare qualcuno che doveva unirsi assolutamente a questa festa.” Tornarono a guardarsi e fu in quell’istante che Kagome ebbe davvero paura; forse nemmeno nel suo primo incontro con Sesshomaru o nella notte del suo rapimento ne aveva avuta così tanta. “Tu, mia cara Kagome, dovrai ucciderla. Solo così avrò infine la certezza definitiva che sei libera di agire come preferisci e che nessuno ti sta controllando.”

 

*

 

Ancora con artigli infilati nella corteccia del tronco e i piedi affondati nel terreno, Inuyasha ascoltava senza perdersi una parola lo scambio tra Naraku e Kagome e comprendeva che il tempo era poco.

L’attuale trasformazione in corso di quell’essere poteva essere sia un bene che un male.

Sarebbe risultata una cosa favorevole se suo padre e gli altri sarebbero arrivati presto e avrebbero avuto la possibilità di attaccarlo quando era ancora vulnerabile.

Al contrario, un secondo di troppo e si sarebbero ritrovati di fronte un demone del quale non sapevano tutto, un’incognita.

Entrambi i casi, però, presupponevano uno scontro senza riserve: Inuyasha sperava che sarebbe stato l’ultimo e che ne sarebbero finalmente liberati. Lui sapeva che ce l’avrebbe messa tutta.

Al tempo stesso il discorso di Naraku lo stava agitando più del dovuto, sentiva che qualcosa non quadrava. Quel presagio era tutto fuorché rassicurante.

Così come Kagome, sapeva che se Naraku voleva che lei utilizzasse il suo arco per provare la sua lealtà nulla di buono poteva uscirne.

Mentre rifletteva su quelle cose, sentì qualcuno avvicinarsi a gran velocità e nascondendosi di più, fece appena in tempo per notare un demone nuovo che trasportava un’umana in spalla.

Assottigliò lo sguardo e annusò l’aria e prima che potessero scomparire dalla sua vita, riconobbe colei che veniva trasportata.

Lo shock fu tale da immobilizzarlo, ma quando si riprese, mezzo secondo dopo, erano già spariti e lui cominciò a mandare i peggiori epiteti al fratellastro.

L’orgoglio di Sesshomaru aveva ancora una volta rovinato i loro piani e ora Inuyasha era costretto a intervenire nonostante sia lui che Kagome fossero stati più che cauti nell’avanzare.

Perché la persona che aveva appena visto incosciente era Rin e il grido di Kagome gli confermò che l’aveva riconosciuta anche lei.

Non avrebbe più potuto permettere che Kagome continuasse da sola, non dopo aver finalmente capito cosa Naraku aveva in serbo per tutti loro.

Eppure, le sorprese non erano ancora finite e, di nuovo, a Inuyasha vennero strappate le poche opzioni che aveva a disposizione.

“Un momento, Naraku,” sentì una nuova voce parlare, una che presumette fosse quella del demone che aveva rapito Rin, “pare che qualcun altro voglia unirsi a questa riunione.”

Inuyasha si bloccò di nuovo, prima di sentire improvvisamente uno sguardo su di sé. Alzando lo sguardo, notò un singolo occhio svolazzare sopra di lui e poi sentì Byakuya dire: “Ho appena superato il mezzo demone nascosto nella foresta.”

 

 


N/A: 

Mi sono fatta attendere più del solito, ma spero che il capitolo abbia soddisfatto le vostre aspettative. Spero di riuscire a pubblicare il seguito quanto prima e che sarete ancora qui per leggerlo. 

Un abbraccio 💕.

 

 

   
 
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