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Autore: Fuuma    14/07/2023    11 recensioni
Kei cresce lontano da leggende e tatuaggi e fili rossi del destino.
Avanza con le mani in tasca e le cuffie alle orecchie, per non sentire il mondo pronunciare la prima frase di qualcuno che non sarà mai lui.
{ kurotsuki | Scritta per la Do you want to know a secret? @Ferisce la penna — dedicata a Ciuscream }
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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pairing: Kuroo/Tsukishima { kurotsuki } & accenni alla kagehina

warnings: shounen ai; canon divergence – soulmate!au

 

I personaggi appartengono a chi di diritto.

 


 

Filo rosso, inchiostro nero

______________________________________

 

 

Kei apre gli occhi alla nebbia mattutina; dalle persiane filtra un sole a spicchi, scie di una luce granulosa che gli graffia il volto nel suo buongiorno. Regala alla finestra l’angolo di un’occhiata assonnata, mentre con la mano vaga tra le pieghe del futon srotolato a terra.

Accanto a lui le coperte sono ancora calde, ma s’afflosciano vuote, abbandonate.

Recupera gli occhiali, solleva la nebbia che gli appanna la vista e si volta a guardare il posto vuoto – sul cuscino c’è un biglietto piegato in due.

 

“Se vuoi, puoi tenere il letto caldo, mentre vado a prendere la colazione

—UV”

 

In basso traccia con l’indice i tratti di una firma che non è un nome, ma una promessa di eternità, non sono iniziali, ma una battuta beffarda, uno scherzo del destino. Un anagràfo – il suo.

Appallottola il biglietto e torna sdraiato.

 

*

 

Kei ha sei anni e mezzo quando compare il suo anagràfo[1].

Per la maggior parte dei bambini si manifesta al compimento dei sette anni, ma quello di Kei è un corpo fuori tempo, che gioca d’anticipo, salvo poi fregarlo al traguardo.

Lo ha intuito dagli sguardi confusi dei suoi genitori e da quello perplesso di suo fratello maggiore; se intorno a lui gli anagràfi sono decorazioni del corpo, frasi che serpeggiano intorno ai polsi o alle caviglie, che formano disegni sulla schiena, sui fianchi, sul petto, il tatuaggio sulla pelle della prima frase pronunciata loro dall’anima gemella, quello di Kei è una presa in giro, un dito medio alzato alla predestinazione.

Kei ha sei anni e mezzo quando capisce che per lui non c’è nessuno.

 

 

Kei cresce lontano da leggende e tatuaggi e fili rossi del destino.

Avanza con le mani in tasca e le cuffie alle orecchie, per non sentire il mondo pronunciare la prima frase di qualcuno che non sarà mai lui.

 

 

«Quello è il tuo anagràfo?»

Yamaguchi è un dito puntato alla clavicola scoperta di Kei – sotto gli occhi stupiti, un tappeto di lentiggini e guance ancora tonde da bambino.

Il tatuaggio di Tsukishima è una sbavatura nera sul candore di una pelle pallida, una crepa che s’apre beffarda sulla superficie della luna.

Kei abbassa lo sguardo e storce il naso, anche senza gli occhiali riesce a tracciare a memoria i bordi netti di quei glifi senza senso.

«È solo uno scarabocchio» risponde annoiato.

«Non sei curioso di sapere chi sia la tua Anima gemella?»

«No. Non mi piacciono le persone stupide e ho già la prova che si tratti di un’idiota.»

 

 

Eppure davanti allo specchio del bagno, quando a casa non c’è nessuno, Kei fissa il suo riflesso.

A guardarlo sono occhi d’ambra sporca, metodici e polverosi – come polvere è anche il resto, bloccato nello spazio che s’è ritagliato in una vita senza drammi e sorprese, lontano dalla luce del sole e dai fari della ribalta, dove non esiste la fatica, ma cala la polvere.

L’anagràfo se ne sta incastrato tra la spalla sinistra e la clavicola appuntita, facile da nascondere sotto il colletto di una maglietta, ma così semplice da scoprire.

Quello di suo fratello, è una frase tatuata sul fianco che forma una circonferenza, come un pallone da pallavolo, così adatto per Akiteru – Kei, invece, guarda il proprio e gli sembra un ghigno sghembo, il sorriso deforme di uno Stregatto. Ambiguo. Inutile.

«Che perdita di tempo.»

 

 

Kei ha quindici anni, un pallone di pallavolo tra le mani e, davanti a lui, un nanerottolo starnazzante che salta e rimbalza vomitando energia da tutti i pori. È stanco solo a sentirlo respirare, a sentirlo vivere con la forza di un sole in miniatura.

«Ah! Ba-ba-bakayama…» balbetta il rosso, quando si ritrova davanti al numero 9 della Karasuno.

«Uh?» gli sbuffa addosso Kageyama, un pugno alzato per sbatterglielo tra capelli di fuoco.

Kei è stanco solo a sentire il modo assordante in cui portano avanti la loro esistenza.

«Non ti sembra che Kageyama e Hinata siano strani oggi?» gli chiede Yamaguchi.

Dietro di loro, Sugawara cattura una risatina melliflua nel palmo, con l’espressione di una volpe bianca.

«Questo è perché hanno realizzato di essere Anime Gemelle. Solo due come loro potevano essersi già incontrati e parlati un anno prima e rendersene conto soltanto adesso!»

Kei si passa le unghie sulla clavicola. Prude, un prurito che gli scava nelle ossa, che gli apre graffi nell’anima.

Lascia cadere il pallone – con un rimbalzo calcolato sbatte sulla faccia di Hinata – e si allontana verso l’altra metà del campo.

È stanco, stanco e basta.

 

 

Seduto a terra, Kei tira indietro la testa, chiude gli occhi e riprende fiato.

«Oh, quindi anche quelli come te hanno un’anima gemella, Tsukishima!»

La voce è quella squillante di Tanaka senpai, che, in piedi, spia oltre l’orlo del suo colletto e lo sorprende impreparato, con i denti che affondano nel labbro inferiore.

«Cos’è, una parola in lingua straniera?» si aggiunge Nishinoya; piccolo e svelto scopre la clavicola di Kei e il tatuaggio che la marchia: una “u” tracciata nello spazio vuoto di una “V”.

In due reclinano il capo, nei loro occhi la stessa confusione ch’era stata dei suoi genitori e di Akiteru.

Nishinoya batte un pugno nel palmo. «Ho capito, l’anima gemella di Tsukishima è un alieno!»

Con uno strattone, Kei torna a coprirsi, a ricomporsi. Lascia che sulle labbra danzi un sorriso beffardo e solleva occhi sottili gonfi di un giudizio maligno sui due compagni.

«Vista la vostra eloquenza non dovreste essere voi quelli preoccupati che la vostra Anima gemella vi creda alieni, senpai?»

Al sarcasmo, Tanaka risponde sollevandosi una manica e gonfiando il bicipite a pugno chiuso.

«Maledetto Tsukishima!»

Ma prima che anche Nishinoya scopra le chiostre dei denti che ha intenzione di stampare sul braccio di Kei, il Capitano li inchioda tutti e tre al posto con un’occhiata che sputa fuoco e fiamme.

 

 

Kei non ha bisogno di anime gemelle, il suo cuore se lo tiene trincerato nella cassa toracica, sotto una pelle pallida, e una scorza dura d’indifferenza. Ma per tutto il pomeriggio, nella palestra del Nekoma, ci sono occhi di un gatto randagio che lo inseguono dentro e fuori dal campo, anche quando siede in panchina e strizza tra le labbra una bottiglietta d’acqua fredda.

Kei si gratta la spalla, sotto la maglietta l’anagràfo è un prurito che per tutto il pomeriggio non gli ha dato pace.

Quelle che stanno affrontando sono partite d’allenamento, la sconfitta non lo tocca e al contrario di Hinata, non ci tiene a combattere all’infinito perché la palla non arrivi mai a terra. È soddisfatto quando il fischio chiude quell’incontro tra corvi e gatti. Ma mentre, tutti in riga, si inchinano agli avversari, ringraziandoli del loro tempo, dietro al collo scivolano brividi sconosciuti, richiamati da uno sguardo felino.

Il Capitano del Nekoma gli sorride sornione, un sorriso asimmetrico che tende a sinistra, dove ciocche corvine di una frangia scomposta colano languide a coprirgli un occhio.

Kei storce il naso, si chiede cosa possa volere da lui. E l’anagràfo prude, come se qualcuno continuasse a ricalcare con la punta di una penna i segni che lo marchiano, ancora e ancora.

«Tsukki, il coach del Nekoma vuole parlare con la nostra squadra» lo avverte Yamaguchi e poi si ferma.

Entrambi lo fanno.

Lo sguardo puntato alla maglia rossa numero 1, a dita lunghe che si sollevano su un volto lungo e appuntito, indice e medio separati a formare una “V” poggiata sulla bocca schiusa e una lingua in fuori.

Di colpo l’anagràfo non prude più, forse perché brucia come il resto del corpo di Kei, in una vampata di calore che lo incendia da dentro.

«AH!» Yamaguchi si appende alla sua manica, strattona e nella voce ha una nota incredula «Tsukki, è il tuo—»

«Sta’ zitto, Yamaguchi.» Anche quella di Kei ha una nota diversa, un tremolio lieve che lo accompagna fin quando non si volta e dà le spalle al ragazzo, in fuga verso gli spogliatoi.

 

 

Kuroo Tetsurou ha diciassette anni e una missione. Non s’interessa ai capricci del destino, in un mondo pieno di gente, non crede alla favola di una metà, là fuori, legata a un filo rosso. Per Tetsurou l’amore non è una manciata di parole tatuate – è desiderio e curiosità e mistero e un pizzico di malizia. Ma durante la partita d’allenamento, Tetsurou si fa distrarre da occhiali rettangolari e lo sguardo affettato del primino della Karasuno, e l’anagràfo prude senza sosta.

Il suo tatuaggio è uno schiaffo all’ego che gli adorna l’ombelico; la prima volta che lo ha letto ha sorriso, sentendo sulla pelle la lama di quella lingua impietosa che deve appartenere alla sua anima gemella.

È una scritta elegante, lettere oblunghe e sottili che per qualche motivo gli fanno venire in mente il ragazzo più alto della Karasuno. Chissà che frasi ha tatuato addosso uno così, con la pelle di luna e un volto bianco come pagine scritte a inchiostro simpatico – devi essere più furbo per poterlo leggere, devi giocare sporco per poterlo colpire.

E Kuroo nemmeno ci pensa quando tira fuori la lingua e la spinge in mezzo a due dita a “V” – ch’è forse parlare con quel che ha tra le gambe che non nella testa, ma quando il ragazzo lo fissa ed arrossisce, non crede esista al mondo nulla di più delizioso.

Quando scappa, Kuroo gli è alle costole, fin nello spogliatoio.

«Ho sempre pensato fossi analfabeta,» il ragazzo apre la bocca ancor prima di sentirlo entrare «invece sei solo un pervertito.»

La prima frase che gli rivolge è uno schiaffo all’ego e un battito mancato del cuore.

Tetsurou ride divertito.

«Sei tu.»

 

*

 

«Sei ancora a letto.»

Kei sposta lo sguardo su Kuroo, quando lo vede spalancare la porta della stanza con un piede – in una mano un bicchiere di cartone colmo di caffè aromatizzato alle nocciole e nell’altra una sporta di plastica con tutti gli ingredienti per la colazione.

«Mi stupisci Tsukki, è la prima volta che fai quello che ti è stato detto.»

Kei inarca un sopracciglio buttando fuori un sospiro leggero. «L’ho fatto perché sono stanco e volevo riposare ancora un po’. Ieri notte qualcuno non mi ha fatto dormire, l’hai dimenticato?»

«Scusa, tanto, kozou[2], pensavo che voi giovani d’oggi aveste più energia.»

«Non mi starai confondendo con Hinata?»

Kuroo ridacchia, si inginocchia sul bordo del futon lasciando sporta e caffè in terra, si tende in avanti e sfiora la spalla sinistra di Kei con un bacio che ricalca la sbavatura nera del suo anagràfo – che forse, più che un vaffanculo alla predestinazione è ben altro tipo di richiesta.

«Se mai dovessi scambiarti per quel gamberetto, hai il mio permesso di uccidermi.»

Kei affonda una mano tra capelli corvini. «Preferisco abbandonarti al tuo miserabile destino.»

«Non lo faresti.»

Kei sorride, un sorriso dolciastro, bugiardo e polveroso.

Tetsurou glielo leva dalla faccia con un bacio che sa di caffè, amaro e intenso; affonda con la lingua nella sua bocca, ad abbeverarsi dei suoi sospiri finché non sono entrambi senza fiato.

«Sei bloccato con me per sempre, Tsukki.»

Quando il bacio si scioglie, sul volto della luna rimane solo una spruzzata di rosso e un languido desiderio.

«Vale lo stesso per te.»

 

[ 1.851w ]



[1] tra le varie soulmate!AU che esistono al mondo, una delle mie preferite è quella che si manifesta con un tatuaggio che può essere il nome dell'anima gemella o la prima frase che verrà detta (o varianti di questo genere). Detto questo sono una ladra e una persona senza fantasia; e infatti l’idea di chiamare il tatuaggio "anagràfo" non appartiene a me. Non ho letto tantissime soulmate!AU, ma tra tutte quelle che mi sono capitate (anche in inglese) soltanto un’autrice usava questo termine, quindi sono quasi certa che l’idea sia sua, tutta sua. Quindi sì, se ve lo state chiedendo il termine anagràfo appartiene a Itsamess e, per i curiosi, l'ho rubato (!) dalla sua fic “Con il tuo nome sulle mie labbra” – che tra le soulmate!AU italiane è forse una delle migliori che abbia mai letto (andate, leggetela e spargete un po' d'amore, coffcoff).

[2] ragazzo o anche moccioso


 

Forse non è stata una scelta particolarmente intelligente quella di buttarmi su una KuroTsuki soulmate, considerato che è completamente fuori dalla mia comfort zone - e infatti ho altre tre versioni di questa fic che ho calciorotato su marte prima di arrivare a quella definitiva. Non ho ancora deciso cosa pensare del risultato, ma per ora sono contenta almeno di averla finita perché si tratta di un regalo per Ciuscream (sorpresa! (?)) che è fan della coppia. So che invece non sei fan di Hinata e ho cercato di ridurre al massimo la sua presenza ma non sono riuscita a trattenermi, gomen-ne!

A parte gli scherzi, Tsukishima è un personaggio che mi uccide perché è maledettamente complicato, ma spero comunque che la fic ti piaccia.

Oh! Per chi si stesse ancora chiedendo cosa vuol dire il gesto che ha fatto Kuroo: LOL, non cambiate mai, anime pure~

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Scritta per la Do you want to know a secret? @Ferisce la penna
Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2024 indetti sul forum Ferisce più la penna

   
 
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