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Autore: SnapeOivalf    14/09/2009    2 recensioni
L'affascinante storia di un mimo che un giorno si ritroverà davanti l'uomo che avvererà i suoi sogni più profondi.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'era una volta un mimo

Erano le 4.45.
Era suonata la sveglia,come tutti i santissimi giorni dell’ultimo decennio della mia vita lì in Italia. Per fare il mio mestiere,anche se io non lo definirei proprio così,bisogna svegliarsi prestissimo perché la concorrenza era tanta. Non ero uno spazzino,né un manager,né qualcuno di importante. Ero un semplice mimo di quelli che si mettono sui marciapiedi delle grandi città ad inchinarsi appena qualcuno mette un centesimo nel barattolo.
Abitavo in un lurido monolocale nella periferia di Roma,malgrado fosse piccolo io ci stavo bene anche perché con lo ‘stipendio’ che ricevevo ogni giorno non potevo permettermi nulla di meglio. Per quel posto i proprietari chiedevano un prezzo altissimo. Convivevo con i ragni che tessono le loro ragnatele negli angoli delle pareti bianche. Al lato del mio letto,costituito solamente da un materasso appoggiato al pavimento,avevo la mia valigia con i quattro stracci che mi ero portato via dalla Romania. Dentro la valigia avevo la cosa a cui tengo di più: una cornice d’argento con la foto di mia madre,malata di un morbo molto raro.
Spesso mangiavo fuori perché quei vermi che mi avevano affittato il monolocale si erano portati via tutto,persino i fornelli. Non lo sapevo,ma quel giorno sarebbe stato il più bello di tutta la mia vita.
Dopo che mi lavai presi uno zaino con dentro l’essenziale,chiusi la porta e mi avviai alla fermata dell’autobus che mi avrebbe portato nei dintorni di Via dei Fori Imperiali. Quella mattina trovai subito l’autobus e ci salii. Il percorso era molto lungo e questo mi permetteva di viaggiare nella fantasia e nella speranza.
Ricordavo la mia infanzia trascorsa in Romania,la morte di mio padre e la malattia di mia madre. Pensavo poi ai miei fratelli sparsi nel mondo in cerca di lavoro per portare a casa i soldi che sarebbero stati usati per le cure di mia madre. Mi mancava molto la mia famiglia. Con i miei fratelli avevo un rapporto molto speciale e una passione in comune:il teatro. Amavamo così tanto recitare che mio padre,prima di morire,con un po’ di legno e cemento aveva costruito un palcoscenico dietro casa nostra e io e i miei fratelli organizzavamo quasi tutte le sere dei piccoli spettacoli per il paese. Quando decisi di venire qui a Roma presi un po’ dei vestiti di scena perché un ricco signore,di ritorno da un viaggio da Roma,ci raccontò dei mimi e così decisi di guadagnare qualche soldo per mia madre. Presi una bombetta,un pantalone nero e una camicia e partii con la prima corriera diretta in Italia.
Guardai fuori dal finestrino dell’autobus che il cielo era ancora nero e vidi la città addormentata. Mancavano ancora delle fermate ma dopo qualche minuto arrivai a destinazione. Scesi dall’autobus e mi avvicinai alla statua dell’imperatore Augusto lungo il marciapiede di Via dei Fori Imperiali. Ogni volta che rileggevo la frase in latino incisa sul piedistallo,anche se non capivo assolutamente cosa ci fosse scritto, mi sentivo forte e speranzoso di un futuro più allegro del presente.
Giravo lo sguardo a destra e a sinistra in cerca dei miei colleghi. Ognuno aveva un posizione esatta e nessuno avrebbe potuto sottrarla altrimenti quel qualcuno avrebbe passato dei guai seri. Mi misi alle spalle della statua e,aprendo lo zaino cominciai a vestirmi. Dopo essermi messo tutto addosso mi truccai la faccia. Presi il cerone e me lo sparsi su tutto il volto facendo attenzione a metterlo bene. Potevo fare quell’operazione anche ad occhi chiusi ormai. Era tutto pronto. Nascosi lo zaino dietro un cespuglio e mi misi in tasca i soldi guadagnati il giorno precedente. Appoggiai a terra un scatola di ferro e cominciai a lavorare aspettando persone che passassero. Di solito non parlavo con nessuno,anche perché nessuno mi rivolgeva parola. Il mio sguardo era fisso su una delle meraviglie del mondo:il Colosseo.
Ero totalmente affascinato dalla sua imponenza,dalla sua maestosità. Ne ero affascinato perché la sua grandezza simboleggiava per me qualcosa di irraggiungibile o di quasi impossibile. Passarono alcune ore e finalmente la città si cominciò a popolare di gruppi di turisti giapponesi,cinesi,inglesi,tedeschi insomma di tutte le nazionalità. Io a causa del mio lavoro ero riuscito a visitare la città poche volte e finalmente riuscii a capire per quale motivo ci fosse tutta quella gente.
Ecco il primo bambino. Mi irrigidisco. Lui ride e io faccio altrettanto e comincio a gesticolare per farlo ridere ancora di più. Alla fine gli porgo la mano e lui me la stringe poi infila la sua monetina nel barattolo di latta. I primi centesimi della giornata che sommati a quelli precedenti fanno più di seimila Euro. “Basta lavorare qualche altro giorno e poi me ne vado” pensai tra me e me. Avrei dato tutti i miei soldi per tornare indietro nel tempo o per veder stampato il sorriso di quei bambini innocenti sul mio volto.
Era arrivata l’ora di pranzo e decisi di lasciare la postazione per qualche ora. Quindi ripresi lo zaino tra i cespugli e dietro il grande Augusto mi struccai il viso. Proprio quando levai l’ultima macchia di cerone qualcuno alle mie spalle mi parlò.
“L’affitto!Devi pagare esattamente la quota di due mesi” la voce era ruvida e irritante.
“Signore ora non posso. Sa più di me quanto sia difficile pagare l’affitto,le prometto che domani o dopodomani darò tutti i soldi”
“Non posso aspettare due giorni te ne do uno solo”dopo aver detto quelle parole mi sferrò un pugno nello stomaco e caddi a terra. Questa situazione andava avanti da anni. Ogni qualvolta che io non pagassi l’affitto mi beccavo un pugno o peggio.
Caddi a terra e vidi lui che correva lontano. Presto qualcuno che aveva osservato la scena dall’altra parte della strada mi venne in soccorso. Si presentò dicendo di essere un giornalista.
“Si sente bene. Vuole mangiare qualcosa per tirarsi su?Offro io”
Io accettai perché non desideravo altro che mangiare. Mi portò in un ristorante da ricconi che nel menù aveva dei piatti che costavano quasi quanto il mio guadagno giornaliero. Ordinò tutto e mi disse:
“Sto raccogliendo interviste riguardo gli artisti di strada. Ti osservo da giorni e pensavo di farti qualche domanda anche se oggi non è la giornata giusta”
“Molto volentieri,signore”
.Ero molto preoccupato perché non avevo mai rilasciato un’intervista e poi il mio italiano non era perfetto malgrado fossi qui da dieci anni.
“Raccontami la tua vita”
Mentre consumavamo il primo gli narrai in breve la mia vita. Gli parlai di mia madre,della mia famiglia,della mia fuga e del mio scopo. Sembrava molto affascinato dalle mie parole nonostante le pronunciassi spesso in modo sbagliato. Non mi interruppe mai. Ero contento di parlare con qualcuno perché non lo avevo mai fatto,non avevo nessuno con cui parlare.
Appena finimmo di mangiare mi portò a casa sua,mi regalò dei vestiti e anche dei soldi.
“Sono rimasto affascinato dalla tua vita e dal tuo nobile scopo,quindi ti regalo questi. Prendili e mettili da parte per tua madre,come se li avessi guadagnati”
“Non posso accettare,signore”.
Erano tantissimi mi bastavano addirittura per partire e raggiungere mia madre.
“Sì che puoi. Accettali e parti. Raggiungi tua madre e richiama i tuoi fratelli. Scriverò un bellissimo articolo sulla tua vita fino adesso. E poi aspetta…”
Sollevò lo schermo del suo computer portatile appoggiato su una scrivania e,collegandosi a internet,prenotò un biglietto di solo andata per Bucarest,lo stampò e me lo mise davanti gli occhi. Non sapevo più come ringraziarlo.
Quando tornai a casa andai subito a trovare quel bruto che mi aveva picchiato nel pomeriggio e saldai l’affitto,avvisandolo anche che sarei partito la mattina seguente. Tornato a casa,radunai tutte le mie cose e dormendo pensai al giorno successivo.
Quello era stato veramente il giorno più bello della mia vita.
  
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