Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: CatherineC94    20/07/2023    2 recensioni
«Come sempre batti in ritirata» osserva Augusta.
«Che ne sai tu?» ringhia Aberforth.
«Albus lo dice sempre» aggiunge Doge già alticcio.
«Chiudi quella fogna» lo minaccia l’altro, gli occhi saettanti.
|At the beginning
lPrima Prova: Let it bleed- Elphias Doge
lExtra- Ballo del Ceppo
lSeconda Prova: Folsom Prison Blues- Augusta Paciock
iTerza Prova: When You're Lost in the Darkness- Aberforth Silente
lQuesta storia partecipa al “Torneo Tremaghi - Harry Potter Edition” indetto sul gruppo Facebook L’angolo di Madama Rosmertal
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aberforth Silente, Augusta Paciock, Elphias Doge
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie '#Aberforth'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
When You're Lost in the Darkness
Terza Prova

 
 

 
 
 
 
La stanza del preside sembra ancora più esigua vista la folla raccolta.
«Beva, signor Silente».
Aberforth grugnisce.
«Non faccia problemi, sa che deve andare così» lo intima il funzionario del Ministero.
Aberforth non fa che imprecare, quella mattina è iniziata proprio male fin da quando l’hanno trascinato a forza in quella stanza con l’obbligo di buttare giù un liquido blu scuro che sembra tutt’altro che invitante.
«Beva» ripete uno di quelli.
«Beva oppure contatteremo un suo familiare più prossimo affinché riesca a persuaderla...» esclama un’altra tizia.
Gli occhi di Aberforth escono quasi fuori dalle orbite; si alza scattante e afferra la boccetta.
«Non fracassatemi le pluffe, meglio questo che lui…» ringhia e con un suono gutturale tracanna tutto il liquido.
 
 
Un sole forte lo sveglia.
Aberforth impreca come sempre e mezzo intontito si chiede cosa possa essere successo; poi realizza  e si limita a rimanere steso a terra. Si chiede se bere quell’intruglio sia stato saggio, anche perché tutta quella faccenda del Torneo fin dal principio ha minato quel briciolo di sanità mentale rimasto.
Certo, l’offerta a quel punto è sembrata molto vantaggiosa anche perché la recondita possibilità di parlare con quel lestofante di suo fratello l’ha inquietato fin troppo e quindi la scelta non ha mai soddisfatto veramente la sua volontà.
«Hai sempre avuto questo vizio».
Aberforth si solleva di scatto.
Scuote la testa, forse ha solo immaginato quella fastidiosa voce…
«La brutta abitudine di dormire a pancia in su!» esclama la voce di suo fratello che con estremo orrore lo sta fissando tronfio.
Albus sembra un’ombra; quasi etereo, sorride benevolo da far venire i brividi.
«Quindi sei morto?» chiede incredulo.
«Hai paura che lo sia?» gli chiede lui.
«Macché, faresti un favore a tutti. Sai quanta gente si salverebbe?!» spiega Aberforth cinico e a suo dire, anticipatore dei tempi.
Albus non risponde e il fratello si guarda intorno.
Sono nella Foresta Proibita senza alcun dubbio; in lontananza avverte rumori molesti e in tutta onestà non ha paura. Qualunque cosa sia nascosta dietro quei tronchi e muschi ammuffiti non gli farà alcun male, di lato infatti ha la vera macchina da guerra implacabile e sofisticata che condivide il suo stesso sangue.
Senza degnare di uno sguardo Albus si mette in marcia verso destra.
«Perché segui quel sentiero?» gli chiede riflessivo.
Aberforth non risponde.
«Dovresti guardarti bene in giro, anche perché la Foresta è enorme» continua Albus.
«Senti, ignobile essere vattene da dove sei venuto, non ho mai avuto bisogno di qualcuno perché dovrei averne di te?!» ringhia Aberforth .
Albus ribatte« Devo venire con te, fino alla fine».
«Bla, bla, bla. Se non mi dai un bacetto avrai un folletto sotto il letto. Hai finito?» lo scimmiotta Aberforth.
Albus non emette più un suono e meditabondo decide che l’unica cosa da fare è seguirlo attraverso quei sentieri impervi.
Aberforth dal canto suo vorrebbe scappare molto lontano; quel Torneo è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso fin dall’inizio e adesso ritrovarsi anche quel mostro di lato, dopo tutto quello che è successo gli sembra una barzelletta di cattivo gusto, come quelle che fa lui volutamente per far innervosire la gente.
La Foresta diventa sempre più fitta con il passare del tempo e mentre Albus non fa che analizzare ogni suo problema fin da quando ha poggiato le chiappe sul vaso per la prima volta, Aberforth nota che c’è qualcosa che giace a terra.
«Dovresti aprirti di più con le persone, sei troppo sulla difensiva» sta blaterando da ore.
«Forse dovrei schiantarli prima che riescano a dire il loro nome, in effetti è uno spreco di tempo e di energia ascoltare quelle inutile frottole» dice Aberforth che finalmente si rende conto che la cosa che giace a terra è un Unicorno.
«Oh» riesce a dire Aberforth che in vita sua non ha mai visto un animale più bello di quello.
«Che animale nobile» spiega il sapientone.
Aberforth non l’ascolta; lentamente osserva l’animale che sembra agonizzante.
Qualcosa dentro si smuove; forse è la sua immagine che balza davanti agli occhi, forse è quel bianco puro che ricorda chi ha perso per sempre.
Non ci pensa due volte e con fare abile trova la ferita dell’animale.
«Non sapresti farlo, non hai studiato abbastanza» esclama Albus con serietà.
Ma Aberforth non l’ascolta minimamente; vorrebbe solo mandarlo a quel paese, solo perché  non si è mai preso la briga di guardare al di là del suo enorme naso  adunco e così rendersi conto che ha le sue stesse capacità solo che non ha la voglia e l’intenzione di usarle.
«Sei bravo» constata dopo poco tempo.
 La gente pensa che lui sia un mostro. Lo nota quando passeggia per i fatti suoi nei corridoi, quando a cena  non trova quasi mai nessuno al suo fianco. 
Nessuno hai mai visto al di là, ciò che la sua corazza nasconde e forse è anche meglio così. Perché lui si sente come separato da un velo e ormai dentro quella bolla non sente la necessità di uscirne.
Stare da solo, non essere ferito e quindi non soffrire.
 
Aberforth fa finta che il tizio non esista e mentre imperterrito cura quella ferita immagina che la vita è davvero ingiusta e quanto avrebbe voluto poter guarire altre ferite, per salvarla.
«Non avresti potuto» dice Albus come se avesse letto nel pensiero.
«Adesso è troppo. Inutile essere, non la nominare. Non devi dire una parola» lo minaccia Aberforth.
«Dico solo la verità» risponde.
Aberforth non ha tempo nemmeno di provare a schiaffeggiarlo che qualcosa morde la sua mano.
Transale per il dolore e quando comprende cosa sta succedendo un sorriso amaro increspa il suo volto.
«Finalmente la storia finisce qua» annuncia alzando la mano che ha un colorito bluastro.
«Acromantula» constata Albus.
 
 
Il sudore imperla il volto di Aberforth che a fatica sta tentando di uscire da quella dannata prova; la ferita gli duole fino a lacerargli i muscoli e le ossa.
«Manda qualche segnale, verranno a prenderti» consiglia Albus.
«No» gli dice secco.
«Hai il braccio nero, ti sei infettato» continua lamentoso.
Aberforth si guarda intorno attento; il braccio è completamente blu scuro.
«Magari muoio, così hai fatto fuori due su due e puoi andare a fare il campeggio estivo col Piccolo Doge» sussurra maligno per poi sospirare tranquillo quando si rende conto che ciò che ha cercato finalmente è davanti agli occhi.
«A te starebbe bene un braccio così, tutto nero. In pendant con la tua anima illustre» dice sarcastico Aberforth che sobbalza euforico quando vede una particolare erba che potrebbe salvargli la vita. 
Albus l’osserva interessato mentre si avvolge la strana erba alla mano e con fare sapiente riesce a far ritirare il veleno dell’animale.
«Come hai fatto?» chiede interdetto.
«Aspetta e spera che lo vengo a dire a te» grugnisce Aberforth.
Procede veloce fino a quando si rende conto che da quelle parti c’è un covo di Golden Snidget.
Aberforth non ci sta, anzi non ci pensa proprio. Non ne vuole sapere niente e quindi decide che aggirare il problema sia la migliore soluzione; così salta dietro ad un tronco riverso per ritrovarsi in un grande spiazzo.
«Bel posto per far pascolare una capra» dichiara tranquillo.
«Non ho mai capito perché ti piacciano questi animali» osserva Albus che ha immaginato diverse congetture che preferisce non esprimere a voce alta.
«Perché mordono le chiappe con acida consapevolezza» spiega Aberforth che sogna dopo Hogwarts di possedere un animale così e di aizzarglielo contro fino a quando non deve correre su e giù per tutta Hogsmeade.
All’improvviso un rumore acuto li fa voltare.
«Ma che diamine…» impreca Aberforth.
Vicino allo spiazzo, in un grande lago un Serpente Marino ha spalancato le fauci.
«Sembra pericoloso» osserva Albus.
«Macché è dolce come uno zuccherino» aggiunge sarcastico il fratello.
Aberforth ha i nervi a fiori di pelle; non solo si trova in una palude dispersa nella Foresta ma adesso anche il serpentone tenta di staccargli qualche gamba.
Si guarda intorno e capisce che c’è solo una via d’uscita: attraversare la pozza d’acqua.
Ride nevrotico.
«Dovremmo portarlo ad Hogwarts, sai com’è per studiarlo» dichiara Albus.
«Così diventa un luogo più sicuro?» lo sbeffeggia Aberforth che però in quel preciso istante capisce che un modo c’è per poter passare indenne e così mette in atto la sua proverbiale astuzia.
«Sai che ti dico, cervellone? Dovresti andare ad osservarlo da vicino. Alla fine sembra più piccolo del Basilisco di Salazar Serpeverde» suggerisce con acume.
Gli occhi di Albus si accendono.
«Due serpenti nello stesso castello? Mmhh» mormora meditabondo fluttuando per quelle parti.
In quel preciso istante Aberforth ha tolto la veste da mago e rapido si è gettato nell’acqua; il Serpente Marino apre le fauci verso l’ombra di Albus Silente e lui nuota con allegro cinismo fino all’altra sponda fino a quando suo fratello esclama: «Ma sei nudo?!».
«Sei un immane balordo» ringhia.
Il Serpente Marino ha scovato l’arcano e si getta a capofitto verso Aberforth che non vede l’ora di schiantare quel lurido doppiogiochista di Albus.
Qualcosa gli afferra la gamba e le fauci graffiano il polpaccio; ma Aberforth non demorde e con un calcio ben assestato lo allontana arrivando dall’altra parte.
«Quindi, non hai il perizoma tigrato come Merlino? Sono solo voci di corridoio» constata ad un certo punto Albus.
Poco dopo l’urlo belluino di Aberforth riempie il silenzio della Foresta.
 
Aberforth ha fame, freddo, fame, rabbia, fame e ancora fame.
«Avresti potuto cacciare qualcosa, sembri davvero agreste, ecco» ammette Albus con una pacata ovvietà da far venire l’ulcera.
«Se esco vivo da questa storia e ti prendo, finisce male. Oh sì, eccome se finisce male!» bisbiglia fuori di sé che pensa a tutti i modi che conosce per dare fastidio alla gente.
Trova dei rami e tenta in qualche modo di scaldarsi con quell’ombra maledetta che non fa che ripetergli quanto sia indecoroso andare in giro nudo.
Poi però il freddo, quello che ti entra dentro le ossa e Aberforth inizia a tremare come una foglia.
«Che succede?» chiede per la prima volta spaesato.
Albus non risponde, ma il freddo aumenta sempre più fino a quando non la sente urlare.
«Sei davvero il mio preferito».
Aberforth sussulta.
«Guarda, questa piccola capretta gioca con me!».
«A-ariana» mormora battendo i denti.
«Non è lei! Svegliati, non è lei. Sono Dissennatori!» urla suo fratello.
Aberforth non ci crede. Quell’immenso idiota non riesce a vederla? Ariana è ferma davanti a lui, con i lunghi capelli color dell’oro che si muovono alla brezza e il sorriso dolce che ha fin da piccola l’ha caratterizzata.
Sta ancora sorridendo quando lui si mette a correre quando capisce che può finalmente abbracciarla forte, che finalmente può chiederle scusa per il male che gli hanno causato.
«Fermi! Perché state litigando?!» urla ad un certo punto.
«Non stiamo litigando, piccola. Non ti agitare!» dice lui apprensivo.
«Non è lei, non è lei!» grida angosciato Albus.
Invece le sue mani stringono quelle di Aberforth che piange per la gioia; lei è viva, lei è ferma davanti ai suoi occhi e quel blu immenso che ha fin da bambino l’ha cullato quando ha avuto paura lo fa ancora una volta.
«Aberforth» lo ammonisce Albus.
Il freddo l’ha paralizzato e quelle mani che per un breve istante di gloria sono sembrate soffici ad un certo punto diventano artigli che lo stringono; il sorriso di Ariana scompare e la disperazione del Dissenatore che lo sta per eliminare per sempre si palesa.
«E-expecto p-patronum» sussurra ma senza volontà, senza voglia.
Forse è quella la fine, il punto e Aberforth crede che sia dopotutto giusto.
«NO!» grida Albus.
Aberforth si prepara alla fine tranquillo ma tutto cambia quando un trottare nervoso lo scuote.
Debole, nudo e affamato apre gli occhi e con stupore immenso nota che l’Unicorno che ha salvato prima sta in qualche modo allontanando il gruppo di Dissennatori che hanno deciso di banchettare con la sua anima.
«Per il tanga di Merlino che roba, da uscir fuori di testa» bofonchia quando si ritrova con il viso sudato a terra.
L’animale trotterella felice e lentamente poggia il capo sulla sua spalla.
Aberforth si alza da terra a fatica.
«Grazie» mormora accarezzando la criniera; ancora è scosso da ciò che ha visto prima.
«Devi ancora trovare l’uscita» lo ammonisce il fratello.
Aberforth non lo degna di uno sguardo perché sa bene cosa fare.
Si avvicina lento all’animale  e con uno scatto veloce sale in sella.
«Sei nudo! Trasfigura qualcosa, veloce» dice ancora Albus.
«Chiudi quella fogna» ruggisce.
Sfiora l’Unicorno sicuro e con cavalcate veloci si inoltrano nel cuore della selva che finalmente non fa più paura e mentre l’aria gli scuote i capelli finalmente capisce che deve farlo, deve vincere per lei.
Eccola la dannata coppa ed ecco tutta la gentaglia che quando lo vede arrivare nudo urla e con un sorriso da folle rimane di stucco.
La banda che prima ha suonato canzonette allegre interrompe rapidamente la sua esecuzione; Abeforth afferra la coppa e l’osserva annoiato.
«Per Godric! Il tizio è nudo!» grida il Ministro della Magia.
«Che indecenza!» urla una donna .
«Che ignominia!» dice qualcun altro.
«Niente male, però» aggiunge chissà chi.
«SILENTE!» tuona il preside.
Aberforth sorride malizioso e fa un cenno ad Augusta e Doge che battono le mani come due allocchi.
«Inutile che vi scandalizzate, dopotutto è  pur sempre un bel panorama!» latra.
Sghignazza e scappa via con l’Unicorno alla ricerca di una sbronza e tanta amarezza.
«Finalmente è finita la pagliacciata!» è tutto ciò che la gente è riuscita ad udire al suo passaggio; poi il fatto che sia rimasto nudo per tre giorni e tre notti con una bottiglia di Ogden Stravecchio ad abbracciare  la statua del cinghiale al piano di sotto è leggenda.
Leggenda come la storia di Aberforth, il campione cinico e introverso che odia il genere umano e che affiderebbe la sua stessa vita ad una capra.
Ma questa è un’altra storia.
 
 
 
 
 
 
 
 Note


Non ci credo che sia finita, lo ammetto: mi dispiace.
So che questo capitolo tocca il fondo ma è bene finire col botto. Se vi piace posso aggiungere un capitolo spin off per capire chi ha messo il nome del nostro campione nudo come un lombrico nel calice di fuoco.
Fatemi sapere e grazie mille per aver seguito questa storia strampalata.

 
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: CatherineC94